La nonviolenza e' in cammino. 1081



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1081 del 12 ottobre 2005

Sommario di questo numero:
1. Margarida Mendonca: Il nostro si' alla pace e alla vita
2. Giuseppe Burgio: Si'
3. Nino Lisi: Si'
4. Fulvio Cesare Manara: Si'
5. Francesco Pistolato: Si'
6. "Adital": Anche l'Associazione brasiliana gay, lesbiche e transgender e'
impegnata a favore del disarmo, per il si' al referendum
7. Luciana Sbarbati: La pace e' una forza che libera le coscienze
8. Enrico Peyretti: Alba
9. Augusto Cavadi: Come battere la mafia con i principi della pace
10. Marinella Correggia: Dopo lo tsunami. Resta la lotta gandhiana
11. La "Carta" del Movimento Nonviolento
12. Per saperne di piu'

1. LETTERE DAL BRASILE. MARGARIDA MENDONCA: IL NOSTRO SI' ALLA PACE E ALLA
VITA
[Ringraziamo Margarida Mendonca (per contatti: naida at uol.com.br) per questo
intervento. Margarida Mendonca e' impegnata nel Movimento dei Focolari e nel
Forum di riflessione e azione diaconale, esperienza interreligiosa di
costruzione di pace e solidarieta']

Il nostro gruppo appartiene al Frad (Forum di riflessione ed azione
diaconale), uno dei progetti collegati alla Diaconia, una istituzione
ecumenica che da 38 anni lavora nel Nordest del Brasile per la pace, per lo
sviluppo della coscienza critica nella nostra realta', per l'impegno nella
trasformazione sociale, per la promozione dei diritti e della
responsabilita' dei giovani.
Nel Frad si incontrano ogni mese persone di dodici Chiese e di sei movimenti
ecumenici. Io personalmente appartengo al Movimento dei Focolari che svolge
qui un ampio lavoro ecumenico per l'unita' e per la pace.
*
In questo periodo la televisione brasiliana trasmette i programmi
informativi sul referendum. La maggioranza della nostra popolazione subisce
ingenuamente la manipolazione operata dalla propaganda dei gruppi economici
che vogliono fare prevalere il commercio delle armi. Questi gruppi sono
molto forti: hanno il potere e i soldi per i programmi a pagamento in tv, e
fanno leva sulla paura della popolazione per le rapine, l'impunita' dei
criminali e gli arbitrii della polizia che qui e' non di rado in combutta
con la mafia delle armi.
Il lavoro di coscientizzazione fatto dal nostro gruppo si basa sul Vangelo,
per costruire quella pace che Dio vuole per il nostro paese e per l'intera
umanita'. Aderiamo al si' al referendum per il disarmo, perche' vogliamo
essere promotori della vera pace.
Le armi sono strumenti di morte, e fare uso delle armi e' segno di una
persistente barbarie.
Dobbiamo invece far prevalere la ragione attraverso il dialogo, e cercare di
gestire e risolvere positivamente i conflitti che danno origine alla
violenza.
*
Insieme alla Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, ed insieme al
Comitato statale per i diritti umani, tutte le Chiese che compongono il Frad
si sono radunate per il lancio ufficiale della Campagna per il si' al
refeendum. Il nostro motto e' il seguente: "Le cristiane e i cristiani
votano si'". All'iniziativa erano presenti le seguenti Chiese: anglicana,
battista, congregazionale, due Chiese luterane, due Chiese presbiteriane,
mennonita, metodista, Esercito della salvezza, cattolica, pentecostale; e i
seguenti movimenti ecumenici: Movimento dei focolari, Cebi (Centro di studi
biblici), Asas (Associazione di azione solidale), Amas (Associazione
mennonita di azione sociale), Mep (Movimento evangelico progressista),
Progetto "Il cammino".
Stiamo diffondendo uno opuscolo sul disarmo e abbiamo fatto varie
manifestazione.
*
Il nostro si' il 23 ottobre vuole essere una testimonianza della pace che
gia' viviamo tra noi e che cerchiamo di costruire nella societa' che ci
circonda.
In questa fase finale della campagna per i referendum abbiamo bisogno di
molta preghiera e di unire i nostri pensieri perche' la forza del bene possa
trionfare.
Il nostro indirizzo e': Frad-Diaconia, e-mail: paadi at diaconia.org.br

2. 23 OTTOBRE. GIUSEPPE BURGIO: SI'
[Ringraziamo Giuseppe Burgio (per contatti: giuseppeburgio at libero.it) per
questo intervento. Giuseppe Burgio, docente e saggista, da anni impegnato in
iniziative didattiche e associative di prevenzione del disagio nella scuola,
si occupa di pedagogia interculturale all'Universita' di Palermo]

Il successo commerciale dell'articolo minaccia seriamente l'esistenza della
clientela e, quindi, le vendite future. La vendita di armi e' una forma
radicale di consumismo: non consuma solo il pianeta ma nasce per consumare
anche il consumatore. Proibiamola: si' al referendum.

3. 23 OTTOBRE. NINO LISI: SI'
[Ringraziamo Nino Lisi (per contatti: ninolisi at galileo.it) per questo
intervento. Nino Lisi, fa parte della comunita' di base di San Paolo a Roma,
del comitato di gestione di "Amistrada" (Rete di amicizia con le ragazze e i
ragazzi di strada guatemaltechi), e di molte altre esperienze di
solidarieta' e di pace; da sempre impegnato nel movimento delle comunita'
cristiane di base, ne e' uno dei rappresentanti piu' noti in Italia]

Che lezione, ragazzi.
Ve l'immaginate un referendum per l'abolizione del commercio ed il possesso
delle armi nella "piu' grande democrazia del mondo"? E nel paese di Putin? O
nel nostro paese, "culla della civilta'"? In un mondo nel quale persino la
democrazia si "esporta" con le armi, nel quale con le armi si e' convinti
(non lo credono tutti, ma molti) che si debba e si possa battere il
terrorismo, nel quale molta ricerca scientifica e' volta alla fabbricazione
di armi piu' micidiali, e vi sono arsenali in grado di distruggere tutto il
pianeta un incredibile numero di volte (una sola non basta), c'e' qualcuno
che propone  di eliminare l'uso privato delle armi da fuoco in un solo
paese, neppure annoverato tra  i 7 od 8 grandi della Terra.
Che pazzia.
Ma cosa crede costui? Che se la maggioranza dei brasiliani votera' si', il
giorno dopo il mondo sara' cambiato?
*
Si', sara' cambiato.
Il mondo non lo si cambia d'un colpo tutto intero. Ma poco alla volta, a
piccoli passi. E questo del Brasile non sarebbe neppure un passo tanto
piccolo. Sarebbe la cultura di un intero popolo a cambiare, la sua idea
della convivenza, i suoi convincimenti circa due dei piu' diffusi tabu'
della nostra epoca: la sicurezza e la difesa. Ed una volta tanto il mito
della violenza sarebbe contraddetto. E non con un proclama. Ma con una
scelta concreta.
Che bello sarebbe. Costituirebbe un esempio: testimonianza che si puo'
osare; che oltre che sperare in un mondo migliore lo si puo' cominciare a
costruire, subito e qui. Cioe' li', in Brasile.
Ma se li', perche' non altrove. Qui da noi? E in Israele? E in Russia, e
negli Stati Uniti, e in Uganda, e in Irak, e in Cina? Dappertutto?
Che sogno. Che pazzia. Che utopia.
Ma non sono anche i sogni, le pazzie, le utopie che muovono la storia?
*
Ed allora che non uno, o cento o mille, ma milioni di si' escano dalle urne
in Brasile il 23 ottobre.
Ed il giorno 24 continuiamo anche noi in Italia a lottare per contendere
spazio alla violenza e contrastarne la cultura.

4. 23 OTTOBRE. FULVIO CESARE MANARA: SI'
[Ringraziamo Fulvio Cesare Manara (per contatti: philosophe0 at tin.it) per
questo intervento. Fulvio Cesare Manara e' un prestigioso studioso e amico
della nonviolenza; nato a Bergamo il 29 giugno 1958, coniugato con tre
figli, laureato in filosofia presso l'Universita' degli studi di Milano
discutendo la tesi "Fides falsa. Il concetto di eresia in Tommaso d'Aquino",
ha frquentato seminari di ricerca e studio presso vari enti: il Program on
Nonviolent Sanctions della Harvard University, la Western Michigan
University, la American Philosophical Association (Central Division), e la
Albert Einstein Institution (Cambridge, Ma, Usa), perfezionato a Padova in
didattica della filosofia, ricercatore esterno della Fondazione Tovini
presso il Dipartimento di filosofia dell'Universita' di Padova, dove conduce
una ricerca sul laboratorio di filosofia. Nell'anno accademico 2004-2005
insegna religioni e diritti dell'uomo al Master di II livello
dell'Universita' degli Studi di Bergamo. Nel settore della didattica della
filosofia insegna filosofia e storia nei licei statali; opera quale
formatore di formatori e interviene in corsi di formazione promossi da
istituti superiori in varie parti d'Italia ed in seminari e corsi promossi
dal Ministero e da altre agenzie (la piu' recente attivita' e' la funzione
di moderatore in due forum della Sfi per l'Indire); ha collaborato al
laboratorio di didattica della filosofia presso la Siss Veneto; e' membro
del consiglio direttivo e della commissione didattica nazionale della
Societa' filosofica italiana; suo campo di sperimentazione e di indagine e'
la comunita' di ricerca filosofica e il laboratorio di filosofia; collabora
in qualita' di redattore a "Comunicazione filosofica. Rivista telematica di
ricerca e didattica filosofica" (sito: www.getnet.it/sfi/013.html);
collabora in qualita' di formatore esterno al corso di perfezionamento in
filosofia e didattica della filosofia dell'Universita' degli Studi di Bari,
e al corso di perfezionamento in metodologia dell'insegnamento filosofico
presso l'Universita' degli Studi di Padova. Nel settore disciplinare della
didattica della filosofia ha pubblicato una quindicina di saggi e alcune
recensioni, oltre al volume Comunita' di ricerca e iniziazione al
filosofare. Appunti per una nuova didattica della filosofia, Lampi di
Stampa, Milano 2004. Nel settore degli studi sulla nonviolenza si occupa
continuativamente di etica della nonviolenza, settore in cui ha pubblicato
una ventina tra saggi e articoli; opera quale formatore con esperienza di
metodologia attiva: addestrato nelle competenze dell'ascolto attivo e della
gestione del lavoro di gruppo, grazie ad una esperienza ventennale di
animazione e facilitazione di gruppi, anima a sua volta all'ascolto attivo,
ad una gestione di gruppo centrata sulla leadership partecipativa ed alla
trasformazione nonviolenta dei conflitti; sta completando un volume in cui
raccogliera' una serie di saggi sull'opera gandhiana. Dal 2002 e'
collaboratore della cattedra di pedagogia sociale dell'Universita' degli
studi di Bergamo, ove si occupa in particolare del tema della trasformazione
nonviolenta dei conflitti]

Negli ultimi numeri di questo foglio siamo stati testimoni di una grande
espressione corale di opposizione alla cultura che sostiene la produzione e
il commercio delle armi.
Le politiche di disarmo sono sempre buone politiche, naturalmente, e le
ragioni espresse qui da tutti gli intervenuti sono condivisibili, nettamente
e sicuramente. E questo referendum brasiliano e' un evento storico, senza
dubbio.
Anch'io, cittadino del pianeta, sostengo la campagna brasiliana a favore del
si'.
*
Aggiungo solo una riflessione utile per noi, comunita' dei cittadini del
pluriverso orientati alla nonviolenza. Sono preoccupato per la radicale
insufficienza di questo progetto, di ogni progetto di disarmo.
Premono in me potenti domande che voglio condividere con chi legge questo
foglio, per andare oltre ogni presa di posizione superficiale. Sono domande
che mi sembrano legittime e non trovano facile risposta solo nella parola
"si'".
*
In primis: da cittadini italiani, quali siamo anche quasi tutti noi
intervenuti: che diciamo, che facciamo con i tristi primati del nostro paese
in quanto produttore di armi? Quale resistenza proponiamo? Pensiamo ad
esempio alla campagna condotta in Lombardia, per la proposta di disarmo,
contro la minaccia di cancellazione di una legge sulla riconversione
dell'industria bellica, e la proposta di un referendum: e' vero, abbiamo
raccolto 15.000 firme (tre volte quelle necessarie): ma questa campagna
tutta italiana sembra riscuotere ancora meno attenzione dell'evento
brasiliano. Eppure siamo sulla stessa strada. Vogliamo pensare globalmente,
e va bene, ma guai se perdiamo di vista i dettagli... (cfr.
http://www.disarmolombardia.org/index.htm).
Che diciamo, che facciamo, quando sentiamo che, nel generale declino del
"made in Italy", l'industria armiera nostrana si distingue perche' va
decisamente controcorrente? Quest'anno colleziona autorizzazioni
all'esportazione per quasi 1,5 miliardi di euro con un incremento del
+16,18% ripetto all'anno scorso. In tre anni l'export di materiale bellico
italiano e' cresciuto di oltre il 60% (cfr.
http://unimondo.oneworld.net/article/view/109044/1/).
*
Inoltre: la lotta per la pace e la nonviolenza non puo' fermarsi solo
all'opposizione alle armi. Le guerre e la violenza criminale non la fanno le
armi: la fanno le menti e le azioni, la volonta' degli uomini. Una volta
tolte le armi, l'uomo non e' ancora "disarmato" e tantomeno e' divenuto con
cio' "nonviolento".
*
E' semplice, ed e' cio' che mi inquieta. Voglio condividere con voi queste
domande legittime ed inquietanti.
Trovare le energie e le risorse per parlare sul disarmo e' tutto sommato
facile.
Un po' piu' difficile trovare e mettere in opera quelle per resistere con
azioni contro la corsa alle armi, e per agire politiche di riconversione.
Quelle per educarci ed educare alla nonviolenza stanno su un ulteriore,
altro piano, se cio' significa renderci in grado, nelle opere, di agire
trasformando i conflitti la' dove siamo.
Le parole sono azioni, certamente, ma qualcuno ci disse anche che renderemo
conto di ogni parola priva di effetto, inefficace, che non ottiene, non
produce, non da' nulla...
Io stesso, sto solo parlando?

5. 23 OTTOBRE. FRANCESCO PISTOLATO: SI'
[Ringraziamo Francesco Pistolato (per contatti: fpistolato at yahoo.it) per
questo intervento. Francesco Pistolato, studioso, docente, lavora
all'Universita' di Udine; e' tra i promotori di un programma di cultura di
pace all'interno delle universita' e delle scuole della macroregione Alpe
Adria, comprendente il Friuli-Venezia Giulia, la Carinzia e la Slovenia; e'
altresi' impegnato nell'Associazione Biblioteca Austriaca di Udine, che ha
tra l'altro realizzato una mostra fotografica itinerante sulla Resistenza,
gia' esposta in vari luoghi, tra cui la Risiera di S. Sabba di Trieste, e
che e a fine 2005 andra' nella Gedenkstaette des Deutschen Widerstands di
Berlino, ed e' visitabile in rete nel sito:
www.abaudine.org/virtunascosta/virtu.htm]

Aderisco con grande convinzione al referendum brasiliano.
Ritengo che il solo fatto che si sia potuto indire un tale referendum, anche
a prescindere dall'esito eventualmente negativo per la possente propaganda
della lobby dei fabbricanti, sia non solo un segno di speranza, ma anche un
chiaro segnale di civilta'; condivido la gioia che un tale esempio ci venga
dal sud del mondo.

6. VOCI DAL BRASILE. "ADITAL": ANCHE L'ASSOCIAZIONE BRASILIANA GAY, LESBICHE
E TRANSGENDER E' IMPEGNATA A FAVORE DEL DISARMO, PER IL SI' AL REFERENDUM
[Da padre Ermanno Allegri (per contatti: ermanno at adital.com.br) riceviamo e
diffondiamo il seguente articolo diffuso dall'agenzia stampa "Adital".
Ermanno Allegri e' direttore di "Adital", Agenzia d'informazione "Frei Tito"
per l'America Latina, tel. 8532579804, fax: 8534725434, cellulare:
8599692314, sito: www.adital.com.br ; "sacerdote bolzanino da trent'anni in
Brasile, gia' segretario nazionale della Commissione Pastorale della Terra e
ora direttore di un'agenzia continentale (Adital, sito: www.adital.com.br),
nata come strumento per portare all'attenzone della grande informazione
latinoamericana i temi delle comunita' di base e l'impegno contro la
poverta'. Allegri e' stato chiamato a contribuire al coordinamento delle
azioni di sensibilizzazione in vista del referendum che si terra' in Brasile
alla fine di ottobre che ha come tema la messa al bando del commercio delle
armi da fuoco che in tutta l'America Latina costituisce un rilevante fattore
di violenza (omicidi, rapine, ecc.). E' una battaglia civile e di diritto
importantissima per tutto il Brasile, ma anche per il movimento per la pace
di tutto il mondo. La posta in gioco e' grande ma i poteri che contano (le
multinazionali delle armi) sono gia' all'opera per vincere, mettendo in
campo enormi fondi. Allegri chiede che questo tema venga messo nell'agenda
anche del movimento per la pace italiano e chiede anche un aiuto finanziario
per coordinare l'attivita' di sensibilizzazione di Adital" (Francesco
Comina)]

L'Associazione brasiliana di gay, lesbiche e transgender (Abglt) ha
approvato una risoluzione a favore del disarmo fin dal congresso svoltosi
nel gennaio del 2005.
Claudio Nascimento, segretario responsabile per i diritti umani della Abglt,
in un comunicato stampa diffuso recentemente, invita tutti ad impegnarsi in
questa campagna di fondamentale importanza anche per ttenere la diminuzione
degli omicidi di cui sono vittima le persone omosessuali, cosi' come tutti i
brasiliani.
L'Associazione brasiliana di gay, lesbiche e transgender sta diffondendo ai
suoi iscritti e alle sue strutture territoriali un documento per sollecitare
l'impegno a sostegno del disarmo e per il si' al referendum del 23 ottobre.
Claudio Nascimento ha ricordato la capacita' di mobilitazione dei piu' di 4
milioni di gay, lesbiche, bisessuali, transgender e simpatizzanti che sono
scesi nelle strade nelle piu' di 50 sfilate dell'orgoglio gay in tutto il
Brasile, per la cittadinanza e contro la discriminazione e la violenza, e
chiede che tutte e tutti dicano con orgoglio "si' a un Brasile senza armi.
Il 23 ottobre votiamo si' (scelta di voto n. 2)".

7. RIFLESSIONE. LUCIANA SBARBATI: LA PACE E' UNA FORZA CHE LIBERA LE
COSCIENZE
[Ringraziamo Luciana Sbarbati (per contatti: mre.nazionale at fastwebnet.it)
per questo intervento. Luciana Sbarbati (Roma, 1946), gia' assistente alla
cattedra di Psicopedagogia alla Lumsa, consulente di Psicologia clinica
presso gli Ospedali Riuniti di Jesi (Ancona), direttrice della scuola
materna "Montessori" e vicedirettrice della Biblioteca Comunale di
Chiaravalle, preside e presidente del Collegio dei presidi del centro
Italia, membro dell'Osservatorio nazionale dell'Handicap, direttrice per il
Ministero della Pubblica istruzione di corsi di specializzazione, presidente
della "Commissione di indagine sull'handicap", ha fatto parte della
Commissione per le pari opportunita' del Ministero della Pubblica
Istruzione. Eletta nel Parlamento italiano per tre legislature, attualmente
fa parte del Parlamento europeo. Dal 2001 e' segretaria nazionale del
Movimento Repubblicani Europei. Tra le opere di Luciana Sbarbati: Il
messaggio morale ed educativo di Antoine de Saint-Exupery; Adolescenti
incontro alla vita; Educazione alla liberta' in Maria Montessori; Handicap e
integrazione scolastica; L'Europa e la sfida dei nuovi diritti di
cittadinanza: asilo, immigrazione, integrazione]

Nei paesi civili quando si stabiliscono delle relazioni, esse sono
generalmente governate da formali rapporti, dal buon senso e dalla
lungimiranza di chi civilmente intende costruire e crescere nel rispetto
delle liberta' altrui.
Per questo non si puo' prescindere dalla condizione di pace.
Pace intesa, pero', come consapevolezza di una condizione conquistata grazie
alla lotta di intere generazioni. Pace non solo come non belligeranza, ma
come situazione complessa in cui molte variabili concorrono a garantire
stabilita', relazioni, condizioni in cui diritti e doveri godono di
reciprocita', c'e' rispetto dell'individuo, non e' mai calpestata la
dignita', convivono diversita' di culto, di sesso, di religione, di
nazionalita', di classe e nessuno esercita il potere in modo arbitrario a
danno di altri.
Quando dovessero ricorrere queste condizioni, non saremmo comunque in
presenza del pacifismo fine a se stesso, perche' esso non e' percorribile in
societa' complesse come quelle attuali, dove anche la pace necessita di un
governo.
Governare la pace vuole dire difenderla dal terrorismo internazionale, dalle
armi chimiche, da qualsiasi forma di prevaricazione o affermazione di forza,
ma significa anche prevenire la disuguaglianza, la fame, il degrado urbano,
morale, civile, culturale dei popoli; l'emarginazione sociale, le devianze,
per costruire una politica piu' giusta nella difesa dei diritti umani e
nella lotta ai privilegi di pochi.
E' sicuramente vero, purtroppo, che in alcuni paesi e' piu' facile o piu'
vantaggioso far ricorso alla violenza o convincere qualcuno a imbracciare un
fucile piuttosto che mandarlo a scuola o aiutarlo a lavorare e a formarsi
una coscienza civile e un'autonomia di giudizio. Per essere veramente liberi
bisogna essere in grado di esercitare la capacita' critica che solo
l'istruzione puo' garantire. La maggiore poverta' e' l'ignoranza.
In paesi in cui mancano gli elementi essenziali quali l'acqua e il cibo e
dove e' impossibile accedere a qualsiasi tipo di formazione e' chiaro che
non esiste la democrazia e che l'affermazione della pace e' una utopia.
La pace non e' fine a se stessa, ma e' una forza che libera le coscienze,
che consente l'accesso alla cultura, che stabilisce regole democratiche.
Quando l'esercizio della forza dovesse realizzare queste condizioni, per
qualcuno vuol dire che il fine puo' giustificare il mezzo utilizzato, ma
forse occorrerebbe chiedersi cosa si e' fatto per evitarlo, e cosa si e'
fatto per prevenire tutto cio' che mina la pace stessa.

8. RIFLESSIONE. ENRICO PEYRETTI: ALBA
[Ringraziamo Enrico Peyretti (per contatti: e.pey at libero.it) per averci
messo a disposizione il seguente testo apparso sulla bella rivista "Rocca",
nel fascicolo del primo ottobre 2005. Enrico Peyretti (1935) e' uno dei
principali collaboratori di questo foglio, ed uno dei maestri piu' nitidi
della cultura e dell'impegno di pace e di nonviolenza; ha insegnato nei
licei storia e filosofia; ha fondato con altri, nel 1971, e diretto fino al
2001, il mensile torinese "il foglio", che esce tuttora regolarmente; e'
ricercatore per la pace nel Centro Studi "Domenico Sereno Regis" di Torino,
sede dell'Ipri (Italian Peace Research Institute); e' membro del comitato
scientifico del Centro Interatenei Studi per la Pace delle Universita'
piemontesi, e dell'analogo comitato della rivista "Quaderni Satyagraha",
edita a Pisa in collaborazione col Centro Interdipartimentale Studi per la
Pace; e' membro del Movimento Nonviolento e del Movimento Internazionale
della Riconciliazione; collabora a varie prestigiose riviste. Tra le sue
opere: (a cura di), Al di la' del "non uccidere", Cens, Liscate 1989;
Dall'albero dei giorni, Servitium, Sotto il Monte 1998; La politica e' pace,
Cittadella, Assisi 1998; Per perdere la guerra, Beppe Grande, Torino 1999;
Dov'e' la vittoria?, Il segno dei Gabrielli, Negarine (Verona) 2005; e'
disponibile nella rete telematica la sua fondamentale ricerca bibliografica
Difesa senza guerra. Bibliografia storica delle lotte nonarmate e
nonviolente, ricerca di cui una recente edizione a stampa e' in appendice al
libro di Jean-Marie Muller, Il principio nonviolenza, Plus, Pisa 2004 (libro
di cui Enrico Peyretti ha curato la traduzione italiana), e una recente
edizione aggiornata e' nei nn. 791-792 di questo notiziario; vari suoi
interventi sono anche nei siti: www.cssr-pas.org, www.ilfoglio.org e alla
pagina web http://db.peacelink.org/tools/author.php?l=peyretti Una piu'
ampia bibliografia dei principali scritti di Enrico Peyretti e' nel n. 731
del 15 novembre 2003 di questo notiziario]

Alba - Poi, per tutto il giorno, non si sentira' piu' cosi' bene, in tutti i
toni, la frenata sibilante del primo tram, e il concerto di ferraglie della
ripartenza. Nell'alba, ogni cosa, alle orecchie, agli occhi, alla mente, e'
pura e nitida, appare dal silenzio e emerge dalla notte ben distinta, col
suo nome e forma e suono. Percio' l'antico racconto sapiente dice che
all'alba del mondo le cose furono create una alla volta, giorno dopo giorno,
perche' ogni cosa merita di essere riconosciuta e nominata, e non confusa.
*
Bimbi - Sale sul tram 16 un nugolo di bimbi con le loro indaffarate maestre,
di qualche gruppo estivo. Tutti col loro berrettino giallo e lo zainetto:
una frotta di pulcini, o canarini che mettono insieme un clamoroso
cinguettio. Sui volti silenziosi degli adulti compare qualche sorriso.
L'invasione non fa protestare, ed anzi qualcuno lascia il posto a sedere,
che i bimbi occupano due a due. Almeno stanno un po' li' fermi... L'umanita'
adulta riesce quasi a riconoscersi nei bambini, a vedere in loro le proprie
non esaurite possibilita': "se non diventerete come bambini...".
*
Gira il mondo - Dormiamo, per il caldo, a finestra spalancata. Sono le
quattro e non riprendo sonno. Osservo il cielo, di uno scurissimo blu.
Compare appena a sinistra, dal montante della finestra, una viva luce, forse
una forte stella. Mi sposto e guardo: e' la luna brillante, una fetta di
bianco splendente, uno spicchio di cocomero d'argento, un'unghia di luce
conficcata nella notte. Viaggia lentissima, ma viaggia: in mezz'ora taglia
l'angolo sinistro del vano e scompare in alto. Che tu dorma o vegli gira il
mondo a meraviglia intorno a te.
*
Milani - Il 18 ottobre saranno 40 anni dalla grande lettera ai giudici, di
don Milani.  Qualche citazione, quasi a caso: "Siamo riandati cento anni di
storia italiana in cerca d'una 'guerra giusta'". "E' dalla premessa di come
si giudicano quelle guerre che segue se si dovra' o no obbedire nelle guerre
future". "Un delitto come quello di Hiroshima ha richiesto qualche migliaio
di corresponsabili (...) Ognuno di essi ha tacitato la propria coscienza
fingendo a se stesso che quella cifra andasse a denominatore. Un rimorso
ridotto a millesimi [un evidente errore di stampa ripetuto nelle edizioni
porta qui 'millenni' invece di 'millesimi' - e. p.] non toglie il sonno
all'uomo d'oggi". "E noi stiamo qui a questionare se al soldato sia lecito o
no distruggere la specie umana?".
*
Terzani - La lettura piacevole del gran libro di Tiziano Terzani, Un altro
giro di giostra (Longanesi), fa pensare: sulla malattia e il dolore, grazie
ai quali ci chiediamo il perche' della vita (p. 571), sulla scienza e la
medicina, sulla morte, su violenza e nonviolenza, su Occidente (specialmente
gli Usa) e Oriente, sulle religioni e la spiritualita', sulla natura e il
nostro io. C'e' curiosita' intelligente ma non infatuazione ingenua per il
mistero dell'Oriente. Quella sapienza sa che il visibile e' solo una parte
del mondo (p. 348). Oriente e Occidente sono due visioni della vita, una
fondata sull'esplorazione del mondo interiore con poco, troppo poco,
riguardo per quello esterno, l'altra tutta diretta, anche utilmente (lui si
cura il cancro a New York), al dominio del mondo fuori, troppo ignorando
quello interiore; la sintesi non e' avvenuta: sempre piu' l'Asia, con
preziose eccezioni, insegue lo stesso tipo di felicita' che ha reso noi
infelici (p. 249-50). Terzani era e resta europeo: per noi il valore supremo
e' la vita, per gli indiani la non-vita, moksha, la liberazione dal
rinascere (pp. 411, 440). Eppure, la soluzione non verra' dalla scienza,
dalla ragione, dalla politica, ma forse da quella coscienza dell'unita' del
tutto, integrata con la nostra coscienza dell'unicita' di ogni persona, e
dell'impegno gli uni per gli altri, per cui Terzani, dopo l'11 settembre,
davanti al crimine delle opposte guerre, trova indecente fare ancora
l'eremita (p. 560) e, prima di morire nel 2004, scrive le ardenti e tenere
Lettere contro la guerra, dedicate al nipotino di due anni, al futuro umano.
*
Vangelo - Una sintesi del Vangelo potrebbe essere nel "Date senza sperare
alcunche'" (Luca 6, 35). E' il comportamento di Dio, che e' "buono anche
verso gli ingrati e i cattivi". Giustamente la religione ci chiede di essere
grati, perche' cio' fa bene a noi, ma Dio non ha bisogno della nostra
religione. Ci propone solo di imitarlo: amate piu' di quanto siate amati,
amate chi non vi ama, siate giusti con chi e' ingiusto, fate del bene a chi
vi fa del male. Cosi' farete crescere il mondo, mentre calcolo e avarizia lo
rendono misero, arido, feroce. Se la religione parlasse di questo, piu' che
di se stessa...

9. RIFLESSIONE. AUGUSTO CAVADI: COME BATTERE LA MAFIA CON I PRINCIPI DELLA
PACE
[Ringraziamo Augusto Cavadi (per contatti:acavadi at lycos.com) per averci
messo a disposizione questo suo articolo apparso nell'edizione palermitana
del quotidiano "La Repubblica" il 6 ottobre 2005.
Augusto Cavadi, prestigioso intellettuale ed educatore, collaboratore del
Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato" di Palermo, e'
impegnato nel movimento antimafia e nelle esperienze di risanamento a
Palermo, collabora a varie qualificate riviste che si occupano di
problematiche educative e che partecipano dell'impegno contro la mafia.
Opere di Augusto Cavadi: Per meditare. Itinerari alla ricerca della
consapevolezza, Gribaudi, Torino 1988; Con occhi nuovi. Risposte possibili a
questioni inevitabili, Augustinus, Palermo 1989; Fare teologia a Palermo,
Augustinus, Palermo 1990; Pregare senza confini, Paoline, Milano 1990; trad.
portoghese 1999; Ciascuno nella sua lingua. Tracce per un'altra preghiera,
Augustinus, Palermo 1991; Pregare con il cosmo, Paoline, Milano 1992, trad.
portoghese 1999; Le nuove frontiere dell'impegno sociale, politico,
ecclesiale, Paoline, Milano 1992; Liberarsi dal dominio mafioso. Che cosa
puo' fare ciascuno di noi qui e subito, Dehoniane, Bologna 1993, nuova
edizione aggiornata e ampliata Dehoniane, Bologna 2003; Il vangelo e la
lupara. Materiali su chiese e mafia, 2 voll., Dehoniane, Bologna 1994; A
scuola di antimafia. Materiali di studio, criteri educativi, esperienze
didattiche, Centro siciliano di documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo
1994; Essere profeti oggi. La dimensione profetica dell'esperienza
cristiana, Dehoniane, Bologna 1997; trad. spagnola 1999; Jacques Maritain
fra moderno e post-moderno, Edisco, Torino 1998; Volontari a Palermo.
Indicazioni per chi fa o vuol fare l'operatore sociale, Centro siciliano di
documentazione "Giuseppe Impastato", Palermo 1998, seconda ed.; voce
"Pedagogia" nel cd- rom di AA. VV., La Mafia. 150 anni di storia e storie,
Cliomedia Officina, Torino 1998, ed. inglese 1999; Ripartire dalle radici.
Naufragio della politica e indicazioni dall'etica, Cittadella, Assisi, 2000;
Le ideologie del Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Volontariato
in crisi? Diagnosi e terapia, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2003; Gente
bella, Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2004; Strappare una generazione alla
mafia, DG Editore, Trapani 2005. Vari suoi contributi sono apparsi sulle
migliori riviste antimafia di Palermo. Indirizzi utili: segnaliamo il sito:
http://www.neomedia.it/personal/augustocavadi (con bibliografia completa).
Vincenzo Sanfilippo e' uno degli animatori del gruppo-laboratorio "Percorsi
nonviolenti per il superamento del sistema mafioso", promotore del convegno
che si e' svolto a Palermo il 21-22 maggio 2005. Riportiamo di seguito una
breve notizia biografica di Enzo Sanfilippo scritta gentilmente per noi nel
2003 da lui stesso: "Sono nato a Palermo 45 anni fa. Sono sposato e padre di
due figli, Manfredi di 18 anni e Riccardo di 15. Sono stato scout e capo
scout fino all'eta' di 30 anni. Ho svolto il servizio civile in un Centro di
quartiere della mia citta'. Ho frequentato l'Universita' di Trento dove mi
sono laureato in sociologia. Ho perfezionato i miei studi a Bologna in
sociologia sanitaria. Dal 1989 lavoro nella sanita' pubblica, nei servizi di
salute mentale dove mi sono occupato finora di sistemi informativi e
inclusione sociale di soggetti  con disagio psichico. Chiusa l'attivita' con
gli scout, con mia moglie Maria abbiamo cercato di impegnarci nell'area
della nonviolenza. Abbiamo fatto parte per diversi anni del Movimento
Internazionale della Riconciliazione (Mir) per poi approdare al movimento
dell'Arca di Lanza del Vasto al quale aderiamo come alleati dal 1996. Dallo
stesso anno facciamo parte di un gruppo di famiglie palermitane ("Famiglie
in cammino") con  il  quale facciamo esperienze di condivisione spirituale e
sociale. Frequentiamo il Centro di cultura Rishi di Palermo dove pratichiamo
lo yoga. Con gli altri tre alleati dell'Arca siciliani (Tito e Nella
Cacciola e Liliana Tedesco) abbiamo organizzato diversi campi su vari
aspetti dell'insegnamento dell'Arca (canto, danza, yoga, lavoro manuale,
ecumenismo) presso un monastero a Brucoli (Sr) dove Tito e Nella hanno
abitato per cinque anni. Quest'anno abbiamo acquistato una casa in campagna
presso Belpasso (Ct) dove Tito e Nella andranno ad abitare e a lavorare: la'
assieme a loro e a vari amici speriamo di riprendere le attivita' di
approfondimento e di lavoro sulla pace, la nonviolenza, l'insegnamento
dell'Arca". Opere di Vincenzo Sanfilippo (a cura di), Nonviolenza e mafia, D
G Editore, Trapani 2005.
Per richieste alla casa editrice dell'utile libro di cui qui si parla (a
cura di Vincenzo Sanfilippo, Nonviolenza e mafia, D G Editore, Trapani 2005,
pp. 160, euro 14): tel. e fax: 923540339, e-mail:
info at ilpozzodigiacobbe.com, sito: www.ilpozzodigiacobbe.com]

All'indomani delle stragi mafiose del '92 alcune associazioni nazionali
organizzarono in Campania prima, in Puglia dopo, dei convegni per capire
quale potesse essere il ruolo del cittadino comune nella piu' ampia
strategia di contrasto al fenomeno criminale dilagante. L'attenzione si
concentro' sin da allora su una tradizione di riflessione e di azione che,
partendo da Gandhi e passando per Martin Luther King, arrivava a Danilo
Dolci: l'esperienza pluriennale della nonviolenza attiva.
Purtroppo la tensione intellettuale e morale di quegli anni, per una serie
di ragioni anche comprensibili se non condivisibili, e' andata scemando:
dunque anche quel filone di ricerca si e' estinto. O, forse, si e' incuneato
sotto il terreno e ha seguito un percorso carsico. Infatti nel giugno del
2003 e' apparso, sulla prestigiosa rivista "Satyagraha" di Pisa, uno studio
del sociologo palermitano Enzo Sanfilippo proprio dedicato a focalizzare "Il
contributo della nonviolenza al superamento del sistema mafioso". Da
quell'occasione altri studiosi, operatori sociali, militanti
dell'associazionismo hanno voluto trarre lo spunto per riaprire la questione
ed e' cosi' nato un gruppo-laboratorio (ovviamente aperto ai cittadini che
volessero farne parte) che si riunisce periodicamente per aggiornare le
analisi e per sperimentare ipotesi di intervento inedite.
Che cosa e' maturato sino ad oggi? Quali i temi piu' controversi? Quali le
prospettive operative piu' immediate? Per fare il punto sulla situazione e'
stato preparato un dossier che in questi giorni arriva nelle librerie (AA.
VV., Nonviolenza e mafia, DG - Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2005) e che
potrebbe servire a sfatare certi equivoci e ad aprire nuove piste.
Gia': perche' e' quasi impossibile nominare l'approccio nonviolento ai
conflitti senza creare fraintendimenti. Il primo, piu' plateale, consiste
nell'intenderlo come sinonimo di buonismo, arrendevolezza, attendismo
pressoche' passivo: che senso avrebbe adottare un simile approccio davanti a
individui spietati che non hanno mai posto limiti all'efferatezza e alla
tracotanza? Ma, appunto, non si tratta di questo. Chi ha l'ardire di
avvicinarsi alla nonviolenza, la assume come metodo per vincere. Per battere
l'avversario non accontentandosi di immobilizzarlo provvisoriamente, ma
cercando di conquistarlo definitivamente alla causa della giustizia.
Bloccare il violento e' necessario e non di rado e' anche il massimo che ci
si possa prefiggere come obiettivo: ma non e' sufficiente. Possiamo
permetterci un respiro di sollievo solo quando avvertiamo in lui i sintomi
di una crisi radicale e l'avvio di un qualche ravvedimento sincero.
Tutto cio' resterebbe utopico (nell'accezione deteriore del termine) se
l'ottica fosse di tipo esclusivamente, o prevalentemente, interpersonale:
una sorta di tu-per- tu da individuo a individuo. No: si tratta di
guadagnare un punto di vista complessivo, sistemico, "politico". Come si
legge efficacemente nel volume, e' solo avendo come riferimento il "sistema
sociale" che si possono tentare "una ricerca e una prassi che superino
l'approccio repressivo, orientato alla soppressione, ma anche quello
preventivo, orientato ad evitare che qualcosa avvenga, a favore di un nuovo
modo di vedere e di agire che chiamerei trasformativo, orientato cioe' a
superare una condizione riconosciuta, nella quale tutti siamo inseriti".
Ma con questa precisazione arriviamo ad una terza, decisiva considerazione.
Se siamo convinti che le cosche mafiose costituiscano una sorta di cancro
del tutto estraneo al tessuto sociale e storico del Meridione italiano, la
strategia nonviolenta ci apparira' inopportuna e inefficace: non bastano
quattro investigatori onesti e determinati con un plotone di carabinieri ben
addestrati militarmente per estirpare il fungo velenoso? E' questa la pia
illusione - e in alcuni esponenti politici la consapevole menzogna - che
pervade l'immaginario collettivo e la retorica d'occasione. Diversamente
vanno le cose se si ammette, in sintonia con la lezione nonviolenta, che la
sfera dei "giusti" e degli "ingiusti" non si lascia tagliare con l'accetta:
che il sottosistema mafioso non avrebbe linfa se non all'interno di un piu'
ampio sistema sociale "mafiogeno". Detto altrimenti: che "Cosa nostra" e le
altre organizzazioni criminali minori non potranno essere sradicate e
scardinate se il contesto siciliano non si libera dalla corruzione, dal
clientelismo, dalla vigliaccheria nelle scelte soggettive e dalla miopia
nelle realizzazioni collettive.
La sfida della nonviolenza, dunque, interpella tutti e ciascuno: il killer
che spara per mille euro ma anche il magistrato che non si incaponisce a
individuarne il mandante in giacca e cravatta; l'amministratore pubblico al
guinzaglio del boss ma anche l'elettore che vota per lui in cambio di
promesse; il barone della sanita' che distribuisce arbitrariamente i posti
di primario e di assistente, ma anche i giovani medici che per anni
strisciano ai suoi piedi in attesa di riceverli. Anzi, interpella persino il
distratto uomo della strada che si reputa estraneo al problema della mafia
"perche' non aderisce ad essa o non ne approva l'operato": in "un insieme
considerato sistematicamente l'ignoranza non e' piu' un alibi, c'e' un
dovere di attenzione che fa si' che anche la semplice disattenzione sia gia'
responsabilita'".

10. ESPERIENZE. MARINELLA CORREGGIA: DOPO LO TSUNAMI. RESTA LA LOTTA
GANDHIANA
[Dal quotidiano "Il manifesto" dell'8 ottobre 2005.
Marinella Correggia e' una giornalista particolarmente attenta ai temi
dell'ambiente, della pace, dei diritti umani, della solidarieta', della
nonviolenza. Tra le sue pubblicazioni: Manuale pratico di ecologia
quotidiana, Mondadori, Milano 2000, 2002.
I coniugi Jagannathan (novantatreenne discepolo e compagno di lotta di
Gandhi) e Krishnammal, sono tra le figure piu' vive e prestigiose della
nonviolenza nel mondo, insieme hanno fondato l'organizzazione sindacale
nonviolenta Lafti (Land for Tillers' Freedom), delle cui attivita'
Krishnammal e' infaticabile animatrice; insieme hanno condotto grandi lotte
nonviolente ad esempio contro le multinazionali dei gamberetti (le cui
attivita' imprenditoriali hanno effetti distruttivi per l'ecosistema), e
portano avanti il programma costruttivo del sarvodaya (soprattutto case,
mucche, educazione dei bambini e degli adulti); dopo lo tsunami il Lafti e'
anche fortemente impegnato nella solidarieta' con le vittime del maremoto.
Su Jagannathan e Krishnammal cfr. il libro di Laura Coppo, Terra gamberi
contadini ed eroi, Emi, Bologna 2002. Per contatti, lettere di sostegno,
contributi, richieste di informazioni, ospitalita', viaggi, etc. contattare
in Italia l'ong Overseas di Spilamberto (Modena) all'indirizzo
overseas at overseas-onlus.org, ovvero in India direttamente il Lafti
all'indirizzo laftitngsm at yahoo.co.in]

Va detto che lui, Jagannathan S. - nell'India del sud i cognomi indu' si
indicano con l'iniziale puntata - da tutti chiamato appa (babbo), e' stato
un freedom fighter, combattente per la liberta', compagno di lotta del
mahatma Gandhi per l'indipendenza del paese. Avvenuta la quale, trovo' che
quasi tutto era ancora da fare e si impegno' nel movimento Sarvodaya ("per
il benessere di tutti") e nel Gram Swaraj, il sogno di costruire la
repubblica dei villaggi, basata su autogestione e swadeshi,
l'autosufficienza.
Krishnammal, che tutti chiamano amma (mamma), e' sua moglie: gia' una
stranezza, provenendo lei da una famiglia di intoccabili e lui dalle caste
alte; ma i rivoluzionari per definizione se ne infischiano delle
convenzioni, lui la volle perche' era "senza gioielli" e piena di interessi
sociali. Amma e' da decenni la spina dorsale del movimento di braccianti e
piccoli agricoltori Lafti (Land for Tiller's Freedom) che coinvolge decine
di migliaia di persone - le donne sono indubbiamente le piu' attive - in
molti villaggi del distretto Nagapattinam, nel Tamil Nadu.
Per molto tempo hanno lavorato nell'ombra, laggiu'. Ma negli ultimi anni i
movimenti sparsi in tutto il paese hanno mutuato dai gandhiani sia le
tecniche di lotta nonviolente sia il senso della giustizia sociale ed
ecologica insieme; queste alleanze di massa (soprattutto la National
Alliance of People's Movements - Napm) sono state determinanti nella fine
del governo integralista e antisociale del Bjp. Amma e appa hanno dunque
tanti "nipotini", adesso. Nipotini, perche' facendo due conti e' facile
capire la loro eta': lui novantadue, lei settantotto. Nel loro caso, pero',
il dato anagrafico e' irrilevante: amma, poi, e' energia pura, entusiasmo di
bambina. Ma torniamo allo tsunami.
L'area del Lafti, che si trova un po' all'interno, e' stata risparmiata
dall'onda anomala, ma la distruzione e' stata totale per i pescatori del
distretto, che si erano uniti alla lotta dei contadini contro gli
allevamenti di gamberetti da esportazione. Seduto al centro del villaggetto
di Akkarappetty, Jagannathan aveva digiunato a lungo per protesta,
nell'autunno 2004. Quel posto non c'e' piu'.
*
I giorni dello tsunami
I giorni dello tsunami sono stati raccontati da Krishnammal, in visita in
Italia nei giorni scorsi per la marcia per la pace, su invito di alcuni
comuni lombardi, dell'associazione italiana Overseas e del "Gruppo 1%", da
dieci anni sostenitori del Lafti. Davanti allo spettacolo della morte sulla
costa, Jagannathan, seduto a gambe incrociate davanti al suo charka
(arcolaio con il quale fila ogni giorno) ripeteva come un mantra a tutti,
visitatori, soccorritori, giornalisti, autorita' locali, che l'evento
naturale non sarebbe diventato una catastrofe umana se proprio gli esseri
umani e avidi interessi non avessero annientato in precedenza la cintura di
mangrovie costiere, capace di proteggere il suolo dalle alluvioni di origine
pluviale che arrivano quasi ogni anno e dai tifoni provenienti dal mare. Una
barriera spazzata via anche per far posto agli allevamenti di gamberetti,
che da anni avvantaggiano pochi imprenditori ma intorno fanno strage:
salinizzano i campi circostanti, inquinano di sostanze chimiche ed
escrementi le acque sotterranee e minano la sicurezza stessa del territorio.
Non per niente, pochi giorni prima dello tsunami, una lettera firmata dal
Lafti, dal panchayat (consiglio popolare) del distretto di Tiruvarur e
dall'associazione dei contadini del delta del Cauvery chiedeva alle
autorita' di Delhi e Madras di "chiudere gli allevamenti che la Corte
suprema indiana bandi' invano nel 1996 [su ricorso dello stesso
Jagannathan - ndr] perche' impediscono alle acque piovane di defluire verso
il mare e distruggono le protettive mangrovie. Il riso e i gamberetti non
possono coesistere".
Ora lo tsunami ha distrutto anche gli allevamenti. Ma per quanto tempo?
*
L'esercito della compassione
Quanto a Krishnammal, in quei giorni con i militanti del Lafti ando' a
distribuire aiuti di emergenza, a cucinare pentoloni di riso e a occuparsi
dei bambini rimasti orfani; prima che arrivassero tutti da ogni parte del
mondo e il caos aumentasse. Allora il Lafti torno' ai suoi progetti sociali,
economici ed educativi, e alle molte proteste politiche condotte con il
metodo delle marce nonviolente e dei digiuni; torno' a lavorare con le
donne, i bambini e gli uomini dei villaggi un po' all'interno, un'economia
di sussistenza molto precaria fondata sulla coltivazione del riso su piccoli
appezzamenti: Amma e Appa sono riusciti negli anni scorsi a far distribuire
10.000 acri ad altrettante famiglie di senza terra; quasi tutte dalit,
intoccabili.
Ma quelle zone sono rimaste epicentri del bisogno. Donne, bambini e uomini
che Krishnammal chiama "vittime permanenti".
Come sanno bene gli amici italiani destinatari dei periodici rapporti di
Krishnammal, l'area e' da qualche tempo soggetta a un alternarsi di siccita'
che svuotano i raccolti e alluvioni che smontano le fragili capanne. Per
questo una delle priorita' del movimento e' l'autocostruzione collettiva di
case durature, piccole ma belle, in mattoni di fornace, con porte e finestre
di legno, pavimento spianato e tegole e smokeless chulas, fornelli che non
affumicano a morte donne e bambini.
*
Costruzioni collettive
Le costruzioni, dalla lavorazione dell'argilla alla posa del tetto, sono
collettive: il Lafti ha messo su' un "esercito della compassione" formato da
uomini e donne che a turno si danno da fare per costruirsi le case e fare
altri lavori pubblici in autogestione, quando i lavori agricoli non premono;
in cambio, dieci rupie a testa e cibo per tutti (compassione e' un termine
che ricorre nel linguaggio di Amma; niente a che vedere con il compassionate
conservatorism di G. W. Bush; Krishnammal si fa guidare dal sentimento di
karuna, l'empatia con tutti i viventi, e la lotta nonviolenta contro
ingiustizie e privilegi). Un terzo delle rupie necessarie alla casa lo
mette, sotto forma di lavoro, la famiglia beneficiaria; un terzo il governo
che ha programmi edilizi; un terzo il Lafti con limitati sostegni sia locali
che internazionali.
Spente le luci sullo tsunami, cos'e' poi successo laggiu'? Dei pescatori,
Krishnammal dice che i piu' sono tuttora in alloggi provvisori; c'e' la
complicata questione di dove ricostruire i villaggi che erano troppo
pericolosamente vicini alla costa, ma i pescatori non vogliono trasferirsi
nell'interno. Intanto Jagannathan continua a chiedere la chiusura definitiva
delle vasche di crostacei; sembra infatti che l'attivita' maledetta possa
riaprire i battenti. Dice Amma: "La stessa Banca mondiale e altri attori
economici sono venuti la' a dire che anche la gambericoltura deve
riprendere, seppure oltre i 500 metri dalla costa. Il che non e' molto
meglio, perche' le terre dell'interno sono coltivate a riso e impiantare la'
delle vasche avrebbe un effetto inquinante e salinizzante ancora peggiore".
Appa sfrutta parecchio il suo unico privilegio da freedom fighter,
l'abbonamento gratis a tutti i treni dell'India, per fare la spola fino a
New Delhi e a Madras, dai politici. Come andra' a finire?
*
Muri di sabbia e muri di alberi
Intanto l'esercito della compassione si e' dato da fare nel campo della
riabilitazione del territorio. Amma mostra le foto, oltre a quelle delle 700
case sparse: qui i terreni agricoli da cui sono stati rimossi i detriti
dello tsunami, per recuperarli alla produzione; la' il "muro di sabbia"
lungo ben cinque chilometri e alto due metri, costruito sulla costa in
funzione di protezione minima dai soliti e piu' clementi tifoni. Il muro in
realta' servirebbe soprattutto a far da appoggio alla "cintura verde", il
muro di alberi. Amma ricorda: "Tempo fa un collector [rappresentante del
governo nel distretto - ndr] che si chiamava Sudip Jain e amava gli alberi
ci diede ascolto e ce ne forni' migliaia, insieme al permesso di piantarli.
Lo facemmo in pochi giorni. Ma velocemente gli furono tirate le orecchie e
fu trasferito. Contavano altri interessi, quelli speculativi". La cintura
verde si deve fare. Gli alberi, di varieta' locali, ci sono, nei vivai del
Dipartimento forestale. Ma l'esercito della compassione ha bisogno di
permessi e poi non puo' fare tutto gratis.
Forse un mezzo c'e'. Il Rural Employment Act, la legge approvata dal
Parlamento indiano che garantira' a ogni famiglia rurale (700 milioni di
persone) cento giorni di lavoro retribuito all'anno purche' un adulto della
famiglia accetti di compiere un lavoro di pubblica utilita'. Krishnammal
dice: "La legge e' importantissima anche se ho qualche dubbio sul se e come
sara' applicata... Ma ho intenzione di utilizzarla, una volta che sara'
operativa: proporremo alle autorita' che il nostro 'esercito della
compassione' sia compreso nel progetto; un minimo salario ai nostri
lavoratori per ricostruire la barriera vegetale sulla costa. Perche' la
natura aiuti a evitare le catastrofi". Del resto il governo indiano dovra'
pur riconoscere che "il maggior datore di lavoro e' l'ambiente", come ha
sottolineato un dossier del quindicinale "Down to Earth".
E Katrina? Kuthur non e' certo il centro del mondo, e le notizie sullo
tsunami americano nei villaggi quasi non sono arrivate. Amma e Appa
ovviamente non hanno la tivu', nel loro ashram dalle stanzette senza alcun
arredo; ma i giornali li leggono e di Katrina hanno discusso, oltre a
chiedersi ancora una volta com'e' che gli americani hanno rieletto Bush: "A
noi la vicenda sembra l'esplosione di una bomba di ingiustizie. Penso ai
soldati neri e comunque di classi subalterne che sono stati mandati a
uccidere e morire in Iraq per guadagnare, mentre contemporaneamente i neri
poveri di New Orleans sono stati lasciati a morire di uragano". Del resto
anche i gandhiani da sempre rimproverano ai governi indiani il denaro speso
nei missili e nel nucleare invece che nelle opere positive. Pero' Amma e'
d'accordo sulla speranza che, come l'onda anomala ha indotto cambiamenti
nell'Asia meridionale, l'uragano abbia messo gli occhiali agli statunitensi.

11. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

12. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org; per
contatti: azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
www.peacelink.it/users/mir; per contatti: mir at peacelink.it,
luciano.benini at tin.it, sudest at iol.it, paolocand at inwind.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: www.peacelink.it; per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio quotidiano di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la
pace di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 1081 del 12 ottobre 2005

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