La nonviolenza e' in cammino. 404



LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Numero 404 del 3 novembre 2002

Sommario di questo numero:
1. Benito D'Ippolito, la Firenze di Giorgio La Pira
2. Seminario delle donne contro le guerre il 7 novembre a Firenze
3. Lidia Menapace, ristrettissimo riassunto sulla storia del movimento delle
donne
4. Peppe Sini, ai promotori del presidio antifascista del 2 novembre a Roma
5. Jane Campion, le differenze
6. Luisa Muraro, la cui cancellazione
7. Benedetto Vecchi recensisce "Il mondo sotto brevetto" di Vandana Shiva
8. Melania Mazzucco presenta Margaret Atwood
9. Brunetto Salvarani, verso la giornata del dialogo cristianoislamico del
29 novembre
10. Un appello di Psichiatria Democratica contro la proposta di legge
Burani-Procaccini
11. Un appello urgente per il Congo
12. Tracce di un'altra Firenze
13. La "Carta" del Movimento Nonviolento
14. Per saperne di piu'

1. MEMORIA. BENITO D'IPPOLITO: LA FIRENZE DI GIORGIO LA PIRA
[Nell'anniversario della scomparsa di Giorgio La Pira (5 novembre 1977) il
Centro di ricerca per la pace di Viterbo realizzera' una iniziativa di
commemorazione del grande costruttore di pace e di nonviolenza; per tale
iniziativa il nostro collaboratore Benito D'Ippolito ha composto il sonetto
seguente, il cui interminabile titolo completo e': "sonetto in omaggio alla
Firenze di La Pira scritto nell'occasione del XXV anniversario della
scomparsa del sindaco costruttore di pace. Con un verso fuori rima che
segnala il cuore e il fulcro di esso sonetto". Giorgio La Pira nacque nel
1904 a Pozzalo ed e' deceduto a Firenze del 1977; giurista, storico,
politico, pubblico amministratore; costituente e parlamentare, sindaco di
Firenze. Profonda coscienza religiosa, impegnato in rilevanti iniziative di
pace e di solidarieta'. Tra le sue opere segnaliamo almeno tra le edizioni
apparse all'indomani della scomparsa: Principi, LEF, Firenze 1979; L'attesa
della povera gente, LEF, Firenze 1978; Le premesse della politica.
Architettura per uno stato democratico, LEF, Firenze 1978; Lettere alle
claustrali, Vita e pensiero, Milano 1978; Le citta' sono vive, La Scuola,
Brescia 1978; La casa comune. Una costituzione per l'uomo, Cultura Editrice,
Firenze 1979; Il sentiero di Isaia, Cultura Editrice, Firenze 1979; per
l'epistolario: (a cura di Alessandro Quasimodo), Quasimodo - La Pira.
Carteggio, Scheiwiller, Milano 1980; (a cura di Francesco Mercadante),
Lettere a Salvatore Pugliatti, Studium, Roma 1980; (a cura di Dino
Pieraccioni), Lettere a casa (1926-1977), Vita e pensiero, Milano 1981.
Opere su Giorgio La Pira: Ernesto Balducci, Giorgio La Pira, Edizioni
cultura della pace, S. Domenico di Fiesole (Fi) 1986; Amintore Fanfani,
Giorgio La Pira, Rusconi, Milano 1978; Antonio Lugli, Giorgio La Pira,
Messaggero, Padova 1978; Giuseppe Miligi, Gli anni messinesi di Giorgio La
Pira, Scheiwiller, Milano 1980; Fioretta Mazzei, La Pira. Cose viste e
ascoltate, LEF, Firenze 1980; AA. VV., La Pira oggi, Atti del I convegno di
studi, 4-7 novembre 1981, Fondazione G. La Pira, Cultura, Firenze 1983;
Pasquale Maffeo, Giorgio La Pira, EDB, Bologna 1986; Vittorio Citterich, Un
santo al Cremlino, Edizioni Paoline 1986. Un bel profilo sintetico e' stato
pubblicato recentemente in ""Rocca" n. 13/2000]

C'e' una Firenze di Giorgio La Pira
citta' benigna, forte costruttrice
di pace e di dialogo, che aspira
a unire in un concento d'ogni altrice

cultura tutte le voci, e la lira
appende ai salici quando non lice
cantare perche' gente illira o assira
e' vittima di guerra, ria matrice

di strazio e lutto all'umanita' intera.
Questa Firenze di La Pira e' un dono,
citta' ospitale per l'afflitto, e austera

nell'opposizion netta e intransigente
alla violenza, all'oppressione nera,
citta' di pace fiera ed accogliente.

2. INCONTRI. SEMINARIO DELLE DONNE CONTRO LE GUERRE IL 7 NOVEMBRE A FIRENZE
[Riceviamo e volentieri diffondiamo]
La "Convenzione permanente di donne contro le guerre" terra' a Firenze nel
corso del Forum Sociale Europeo un seminario - nel pomeriggio del giorno 7
novembre alla Fortezza da Basso - sul tema "Fuori la guerra dalla storia,
fuori l'Europa dalla guerra" (i materiali preparatori sono su "Lisistrata" e
su "Marea") per avviare la riflessione e l'azione perche' la politica
militare dell' Europa sia la neutralita' attiva, con  spostamento di grandi
risorse dalle spese militari alla protezione civile al servizio civile e
alla difesa popolare nonviolenta.
Il seminario e' introdotto da Lidia Menapace; Imma Barbarossa (che con Lidia
Menapace e Monica Lanfranco e' portavoce della Convenzione) illustrera' il
suo testo sui diritti sociali in Europa. Seguiranno: Rosangela Pesenti (UDI)
su come studiare la storia d'Europa scegliendo come asse i movimenti
nonviolenti; Sandra Mecozzi (CGIL) Il sindacato soggetto politico
nonviolento; Giusi di Rienzo (Finanza etica) Come "disarmare" la finanza;
Nadia Cervoni (Donne in nero): le pratiche delle Donne in nero in e per
un'Europa neutrale; Elettra Deiana (Deputata Prc, Forum delle Donne) una
legge per la disobbedienza civile; Nella Ginatempo (Basta guerra), una
Europa di donne e uomini fondata su una cultura economia politica di pace;
Mercedes Frias (Nosotras) Una Europa accogliente e multiculturale.
Sono indicati gli interventi programmati: si potra' chiedere la parola in
seguito sia per discutere che per aggiungere argomenti sul tema della pace e
della guerra in relazione alla politica militare europea. La Convenzione e'
molteplice nelle sue componenti, ma specifica nei contenuti, non e' una
forma politica generalista.

3. LEZIONI DI STORIA. LIDIA MENAPACE: RISTRETTISSIMO RIASSUNTO SULLA STORIA
DEL MOVIMENTO DELLE DONNE
[Questa vivacissima e supercompressa lezione di storia Lidia Menapace (per
contatti: menapace at tin.it) da buona amica e maestra saggia ha avuto la
squisita amabilita' di inviarci per quelli di noi, come scriveva ieri,
rimandati a settembre]
A voler proprio fare un riassunto ristrettissimo le tipologie di citazione o
presenza di donne nella storia vanno dai "grandi malanni" Eva, Elena,
Cleopatra, Lucrezia Borgia, Caterina di Russia, fino alla Thatcher. Alle
grandi eroine sacrificali Ifigenia, Cassandra, Maria, giu' fino alle vedove
cecene con le bombe sulla pancia.
Alle grandi accompagnatrici vissute all'ombra di grandi uomini: dalla ninfa
Egeria al fianco di Numa Pompilio fino alla moglie di Respighi cui si deve
gran parte dei "Pini di Roma", alla moglie di Schumann Clara, che era come
pianista e pare anche come compositrice meglio del suo amato e che per tutta
la vita si fece una colpa di non stare abbastanza in ombra, alla moglie di
Einstein bravissima matematica cui si debbono tutte le parti matematiche
degli scritti del grande fisico, che naturalmente non la cito' e si prese il
Nobel, dando poi sottobanco meta' della cifra alla ex moglie (nel frattempo
avevano divorziato).
Fino alla frase "Quando una donna e' brava e' davvero brava" e vale come
eccezione, dalle Amazzoni a Giovanna d'Arco a Rosa Luxemburg, insignita da
Lenin dell'acido complimento "Lei rispetto alle altre vola come un'aquila",
sottinteso: "tra tante galline un'aquila ci sta".
Questa forma e' molto subdola e diventa poi "una donna ci vuole", in lista,
al tavolo della presidenza, ecc. ecc. - cooptata dagli uomini che in lista e
alla presidenza ci stanno per diritto divino - come simbolo di una bravura
che la separa dalle altre. Eppure per essere candidata basta essere al
livello medio dei candidati, che e' modestissimo e quindi la prima casalinga
apolitica incontrata per strada e' brava abbastanza.
*
Tutto questo e' storia antica anche se permane: ma a partire dalla meta' del
XVIII secolo inizia un'altra fase; cioe' alcune donne non si accontentano di
riconoscimenti personali che rendono ancor piu' definitiva l'esclusione di
tutte le altre, e incominciano a chiedere accesso ai diritti detti "comuni":
comincia in Inghilterra e anche nel Nuovo Mondo il suffragismo.
E nella Rivoluzione francese comincia la richiesta da parte di molte di
aprire dei club di donne (prontamente vietati), e di comporre dei cahiers de
doleances, ritrovati dalle storiche nel 1989 negli archivi delle grandi
famiglie, dato che gli uomini cui erano stati affidati non avevano nemmeno
fatto lo sforzo di portarli fino a Parigi e di renderli noti. Quando
Condorcet mise ai voti la proposta di riconoscere il diritto di voto anche
alle donne prese tre voti, due oltre il suo. Ad alcune donne che per ragioni
di ceto e di censo (ereditiere di famiglie borghesi in estinzione) erano
titolari del diritto di voto amministrativo, il voto fu tolto.
Allora delle donne cominciano direttamente a scrivere dei propri diritti:
Olympe de Gouges scrive "I diritti della donna e della cittadina" chiedendo
il voto, l'accesso alla scuola, una sanita' che renda il parto meno
pericoloso, e il diritto di passare il proprio cognome ai figli: viene
ghigliottinata.
Segue la storica stagione del suffragismo e incomincia anche la pratica
della repressione e del ridicolo: non tutte vengono ghigliottinate ma a
tutte vien appioppato il termine di "suffragetta" connotato negativamente, e
si sprecano le barzellette sulle donne brutte e zitelle che per questo
diventano politicanti.
La storia continua tenace e nel corso del XIX secolo le donne di cultura
liberale lottano soprattutto per il diritto di voto e l'accesso a tutte le
carriera, quelle cattoliche per il voto e la lotta contro la tratta delle
bianche, quella socialiste per il voto, per il lavoro e contro lo
sfruttamento economico e sessuale: tutto il secolo e' percorso da lotte per
la tutela del lavoro, della maternita', per l'accesso delle bambine alla
scuola, ecc. ecc.
Nel secolo XX il movimento che ormai si chiama femminismo chiede non solo
accesso ai diritti comuni, ma leggi, ordinamenti, culture specificamente
adatte alle donne. E nella terza parte del secolo si apre la grande stagione
del pensiero della differenza che tende a definire le caratteristiche
storiche e ontologiche (questa sono le due grandi correnti del neofemmnismo)
delle donne rispetto agli uomini.
Per questo da circa 50 anni non ci si puo' piu' accontentare di essere
considerate come eccezioni contate come "brave" assorbite nei nomi atrui, ma
si ha il diritto di essere citate per quel che vogliamo essere, e indicate
per le specifiche forme del pensiero politico che pratichiamo.

4. LETTERE. PEPPE SINI: AI PROMOTORI DEL PRESIDIO ANTIFASCISTA DEL 2
NOVEMBRE A ROMA
[Questa lettera e' stata inviata ieri ai promotori del presidio di
testimonianza antifascista che ha avuto luogo sulla scalinata del
Campidoglio a Roma, presidio promosso dalla associazioni della Resistenza e
delle vittime dei campi di sterminio, per protestare contro l'iniziativa in
quella citta' di un gruppuscolo neonazista sostenuto da esponenti della
maggioranza parlamentare del governo in carica]
Carissime e carissimi,
impegnati in un'altra iniziativa non potremo essere fisicamente presenti con
una nostra delegazione al presidio antifascista che si svolgera' oggi sabato
2 novembre sulla scalinata del Campidoglio.
Ma siamo con voi con tutto il cuore: il vostro sentire e' il nostro; il
vostro impegno e' il nostro.
E se posso aggiungere una parola personale, io che a nome del "Centro di
ricerca per la pace" di Viterbo vi scrivo queste righe: tra i maestri piu'
grandi che ho avuto la fortuna di avere ci sono stati Vittorio Emanuele
Giuntella e Primo Levi, Tomaso Serra e Franco Fortini, che contro il
fascismo di allora e di sempre per l'intera loro vita hanno lottato, recando
testimonianza grande della dignita' umana; e quell'amico indimenticabile che
e' stato Benny Nato, che lotto' per l'intera sua vita contro il regime
razzista sudafricano fino alla sconfitta dell'apartheid.
Queste persone sono ormai defunte: ma come tutti coloro che le conobbero
reco dentro di me come loro indissolvibile dono un raggio della loro luce,
ed esso illumina la mia coscienza e mi convoca a continuarne la lotta, come
e' dovere e diritto di ogni persona di volonta' buona.
E dunque sono con voi anche per questo, nel ricordo vivo di queste persone
grandi e generose.
E nel ricordo di tutte le vittime del nazifascismo e del razzismo, e di
tutte le eroiche persone che al nazifascismo e al razzismo si opposero.
Ed al fianco di tutti gli esseri umani ancora oppressi ed ancora in lotta
affinche' a tutti gli esseri umani siano riconosciuti tutti i diritti umani.
Ed affinche' ai turpi lugubri epigoni dell'abominevole ordine hitleriano
l'intera umanita' opponga limpida ed intransigente una infrangibile
resistenza. Ora e sempre.
Dal profondo del cuore, un abbraccio,
Peppe Sini per il "Centro di ricerca per la pace" di Viterbo

5. MAESTRE. JANE CAMPION: LE DIFFERENZE
[Da AA. VV., Jane Campion, Dino Audino Editore, Roma s. i. d., p. 32 (da
un'intervista a Jane Campion di Vincent Ostria, apparsa nei "Cahiers du
cinema" dell'aprile 1991). Jane Campion e' la grande regista cinematografica
neozelandese autrice di Un angelo alla mia tavola e di Lezioni di piano]
Amo tutte le differenze. C'e' qualcosa di orribile in questo essere asettico
dell'umanita' che vediamo in molti film. Tutti sono belli e ben vestiti. E'
un atteggiamento molto superficiale se si pensa alla varieta' degli esseri
umani nel mondo.

6. MAESTRE. LUISA MURARO: LA CUI CANCELLAZIONE
[Da Luisa Muraro, La nostra comune capacita' d'infinito, in Diotima, Mettere
al mondo il mondo, La Tartaruga, Milano 1990, p. 71. Luisa Muraro insegna
all'Universita' di Verona, fa parte della comunita' filosofica femminile di
"Diotima". Dal sito delle sue "Lezioni sul femminismo" riportiamo una sua
scheda biobibliografica: "Luisa Muraro, sesta di undici figli, sei sorelle e
cinque fratelli, e' nata nel 1940 a Montecchio Maggiore (Vicenza), in una
regione allora povera. Si e' laureata in filosofia all'Universita' Cattolica
di Milano e la', su invito di Gustavo Bontadini, ha iniziato una carriera
accademica presto interrotta dal Sessantotto. Passata ad insegnare nella
scuola dell'obbligo, dal 1976 lavora nel dipartimento di filosofia
dell'Universita' di Verona. Ha partecipato al progetto conosciuto come Erba
Voglio, di Elvio Fachinelli. Poco dopo coinvolta nel movimento femminista
dal gruppo "Demau" di Lia Cigarini e Daniela Pellegrini e' rimasta fedele al
femminismo delle origini, che poi sara' chiamato femminismo della
differenza, al quale si ispira buona parte della sua produzione successiva:
La Signora del gioco (Feltrinelli, Milano 1976), Maglia o uncinetto (1981,
ristampato nel 1998 dalla Manifestolibri), Guglielma e Maifreda (La
Tartaruga, Milano 1985), L'ordine simbolico della madre (Editori Riuniti,
Roma 1991), Lingua materna scienza divina (D'Auria, Napoli 1995), La folla
nel cuore (Pratiche, Milano 2000). Con altre, ha dato vita alla Libreria
delle Donne di Milano (1975), che pubblica la rivista trimestrale "Via
Dogana" e il foglio "Sottosopra", ed alla comunita' filosofica Diotima
(1984), di cui sono finora usciti sei volumi collettanei (da Il pensiero
della differenza sessuale, La Tartaruga, Milano 1987, a Il profumo della
maestra, Liguori, Napoli 1999). E' diventata madre nel 1966 e nonna nel
1997". Simone Weil, nata a Parigi nel 1909, allieva di Alain, fu
professoressa, militante sindacale e politica della sinistra classista e
libertaria, operaia di fabbrica, miliziana nella guerra di Spagna contro i
fascisti, lavoratrice agricola, poi esule in America, infine a Londra
impegnata a lavorare per la Resistenza. Minata da una vita di generosita',
abnegazione, sofferenze, muore in Inghilterra nel 1943. Una descrizione
meramente esterna come quella che precede non rende pero' conto della vita
interiore della Weil (ed in particolare della svolta, o intensificazione, o
meglio ancora: radicalizzazione ulteriore, seguita alle prime esperienze
mistiche del 1938). Ha scritto di lei Susan Sontag: "Nessuno che ami la vita
vorrebbe imitare la sua dedizione al martirio, o se l'augurerebbe per i
propri figli o per qualunque altra persona cara. Tuttavia se amiamo la
serieta' come vita, Simone Weil ci commuove, ci da' nutrimento". Opere di
Simone Weil: tutti i volumi di Simone Weil in realta' consistono di raccolte
di scritti pubblicate postume, in vita Simone Weil aveva pubblicato poco e
su periodici (e sotto pseudonimo nella fase finale della sua permanenza in
Francia stanti le persecuzioni antiebraiche). Tra le raccolte piu'
importanti in edizione italiana segnaliamo: L'ombra e la grazia (Comunita',
poi Rusconi), La condizione operaia (Comunita', poi Mondadori), La prima
radice (Comunita', SE, Leonardo), Attesa di Dio (Rusconi), La Grecia e le
intuizioni precristiane (Rusconi), Riflessioni sulle cause della liberta' e
dell'oppressione sociale (Adelphi), Sulla Germania totalitaria (Adelphi),
Lettera a un religioso (Adelphi); Sulla guerra (Pratiche). Sono fondamentali
i quattro volumi dei Quaderni, nell'edizione Adelphi curata da Giancarlo
Gaeta. Opere su Simone Weil: fondamentale e' la grande biografia di Simone
Petrement, La vita di Simone Weil, Adelphi, Milano 1994. Tra gli studi cfr.
AA. VV., Simone Weil, la passione della verita', Morcelliana, Brescia 1985;
Gabriella Fiori, Simone Weil, Garzanti, Milano 1990; Giancarlo Gaeta, Simone
Weil, Edizioni cultura della pace, S. Domenico di Fiesole 1992; Jean-Marie
Muller, Simone Weil. L'esigenza della nonviolenza, Edizioni Gruppo Abele,
Torino 1994; Angela Putino, Simone Weil e la Passione di Dio, EDB, Bologna
1997; Maurizio Zani, Invito al pensiero di Simone Weil, Mursia, Milano
1994.. Edith Stein,  filosofa tedesca, nata a Breslavia nel 1891 e deceduta
nel lager di Auschwitz nel 1942. Di famiglia ebraica, assistente di Husserl,
pensatrice tra le menti piu' brillanti della scuola fenomenologica,
abbraccio' il cattolicesimo e nel 1933 entro' nella vita religiosa. I
nazisti la deportarono ed assassinarono. Opere di Edith Stein: le opere
fondamentali sono Il problema dell'empatia, Franco Angeli (col titolo
L'empatia) e Studium; Psicologia e scienze dello spirito, Citta' Nuova; Una
ricerca sullo Stato, Citta' Nuova; La fenomenologia di Husserl e la
filosofia di san Tommaso d'Aquino; Introduzione alla filosofia, Citta'
Nuova; Essere finito e Essere eterno, Citta' Nuova; Scientia crucis,
Postulazione generale dei carmelitani scalzi. Cfr. anche la serie di
conferenze raccolte in La donna, Citta' Nuova. Opere su Edith Stein: per un
sintetico profilo cfr. l'"invito alla lettura" di Angela Ales Bello, Edith
Stein, Edizioni S. Paolo, Cinisello Balsamo 1999 (il volumetto contiene un
breve profilo, un'antologia di testi, una utile bibliografia di
riferimento). Lavori sul pensiero della Stein: Carla Bettinelli, Il pensiero
di Edith Stein, Vita e Pensiero; Luciana Vigone, Introduzione al pensiero
filosofico di Edith Stein, Citta' Nuova; Angela Ales Bello, Edith Stein. La
passione per la verita', Edizioni Messaggero di Padova. Per la biografia:
Edith Stein, Storia di una famiglia ebrea, Citta' Nuova; Elio Costantini,
Edith Stein. Profilo di una vita vissuta nella ricerca della verita',
Libreria Editrice Vaticana; Laura Boella, Annarosa Buttarelli, Per amore di
altro. L'empatia a partire da Edith Stein, Cortina, Milano 2000. Hannah
Arendt e' nata ad Hannover da famiglia ebraica nel 1906, fu allieva di
Husserl, Heidegger e Jaspers; l'ascesa del nazismo la costringe all'esilio,
dapprima e' profuga in Francia, poi esule in America. E' tra le massime
pensatrici politiche del Novecento. Docente, scrittrice, intervenne
ripetutamente sulle questioni di attualita' da un punto di vista
rigorosamente libertario e in difesa dei diritti umani. Mori' a New York nel
1975. Opere di Hannah Arendt: tra i suoi lavori fondamentali (quasi tutti
tradotti in italiano e spesso ristampati, per cui qui di seguito non diamo
l'anno di pubblicazione dell'edizione italiana, ma solo l'anno dell'edizione
originale) ci sono Le origini del totalitarismo (prima edizione 1951),
Comunita', Milano; Vita Activa (1958), Bompiani, Milano; Tra passato e
futuro (1961), Garzanti, Milano; La banalita' del male. Eichmann a
Gerusalemme (1963), Feltrinelli, Milano; Sulla rivoluzione (1963),
Comunita', Milano; postumo e incompiuto e' apparso La vita della mente
(1978), Il Mulino, Bologna. Una raccolta di brevi saggi di intervento
politico e' Politica e menzogna, Sugarco, Milano, 1985. Molto interessanti i
carteggi con Karl Jaspers (Carteggio 1926-1969. Filosofia e politica,
Feltrinelli, Milano 1989) e con Mary McCarthy (Tra amiche. La corrispondenza
di Hannah Arendt e Mary McCarthy 1949-1975, Sellerio, Palermo 1999). Una
recente raccolta di scritti vari e' Archivio Arendt. 1. 1930-1948,
Feltrinelli, Milano 2001. Opere su Hannah Arendt: fondamentale e' la
biografia di Elisabeth Young-Bruehl, Hannah Arendt, Bollati Boringhieri,
Torino 1994; tra gli studi critici: Laura Boella, Hannah Arendt,
Feltrinelli, Milano 1995; Roberto Esposito, L'origine della politica: Hannah
Arendt o Simone Weil?, Donzelli, Roma 1996; Paolo Flores d'Arcais, Hannah
Arendt, Donzelli, Roma 1995; Augusto Illuminati, Esercizi politici: quattro
sguardi su Hannah Arendt, Manifestolibri, Roma 1994; Friedrich G. Friedmann,
Hannah Arendt, Giuntina, Firenze 2001. Per chi legge il tedesco due
piacevoli monografie divulgative-introduttive (con ricco apparato
iconografico) sono: Wolfgang Heuer, Hannah Arendt, Rowohlt, Reinbek bei
Hamburg 1987, 1999; Ingeborg Gleichauf, Hannah Arendt, DTV, München 2000]
Con Simone Weil, con Edith Stein, con Hannah Arendt e le altre, le filosofe
quae extra sunt, entra nella filosofia l'esperienza umana femminile la cui
cancellazione aveva fatto circolo viizoso con la posizione di un Io
disincarnato e  autistico.

7. LIBRI. BENEDETTO VECCHI RECENSISCE "IL MONDO SOTTO BREVETTO" DI VANDANA
SHIVA
[Questo articolo e' apparso sul quotidiano "Il manifesto" del 2 novembre
2002. Vandana Shiva, scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti
istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni
Unite, impegnata non solo come studiosa ma anche come militante nella difesa
dell'ambiente e delle culture native, e' oggi tra i principali punti di
riferimento dei movimenti ecologisti, femministi, di liberazione dei popoli,
di opposizione a modelli di sviluppo oppressivi e distruttivi, e di denuncia
di operazioni e programmi scientifico-industriali dagli esiti
pericolosissimi. Opere di Vandana Shiva: Sopravvivere allo sviluppo, Isedi,
Torino 1990; Monocolture della mente, Bollati Boringhieri, Torino 1995;
Biopirateria, Cuen, Napoli 1999, 2001; Vacche sacre e mucche pazze,
DeriveApprodi, Roma 2001; Terra madre, Utet, Torino 2002 (edizione riveduta
di Sopravvivere allo sviluppo); Il mondo sotto brevetto, Feltrinelli, Milano
2002]
Alcuni anni fa una trasmissione televisiva italiana da prima serata ebbe un
particolare successo mettendo sotto i riflettori inventori di marchingegni
spesso futili. Ne usciva fuori un quadro di travet frustrati che la sera, in
qualche scantinato, si gettavano con passione su circuiti stampati, tubi,
bielle e cuscinetti a sfera per mettere a punto prototipi che avrebbero
alleviato le fatiche del vivere di noi poveri mortali, incuranti della
fatica delle loro compagne e mogli intente nel preparare la cena o a mandare
avanti la carretta. Cosi l'Italia si scopri' essere, oltre che terra di
poeti, santi e navigatori, anche nazione di inventori. La trasmissione
faceva sua l'aura del solitario artigiano o dello scienziato autodidatta che
dedica il proprio tempo libero alla produzione di quel manufatto a cui tutti
avevano pensato, ma che tutti avevano ritenuto impossibile da realizzare.
Insomma, un'idea romantica della ricerca scientifica e delle sue
applicazioni tecnologiche.
Senza scomodare nessun classico, per rendersi conto che la realta' e' ben
diversa basta leggere le pagine che la fisica e militante ambientalista
Vandana Shiva ha scritto per denunciare le strategie delle multinazionali
farmaceutiche o agro-alimentari (la distinzione tra i due settori e' tanto
labile da confermare il sospetto che in realta' siano la stessa cosa) nel
mettere sotto brevetto la biodiversita', cioe' quei saperi antichi, usanze e
costumi dei popoli indigeni che costituiscono la terra di conquista per
imprese famose come la Monsanto o meno note come la W. R. Grace.
Il volume si intitola Il mondo sotto brevetto (Feltrinelli, pp. 140, euro 9)
ed ha le caratteristiche del saggio propedeutico a un tema tanto sfuggente,
quanto determinante nel comprendere l'attuale capitalismo. Si tratta della
proprieta' intellettuale e di una delle forme specifiche che assume, i
brevetti.
Vandana Shiva e' nota per il suo impegno a fianco dei contadini indiani.
Fisica di formazione ha anche conseguito una specializzazione in economia
come recita il suo biglietto da visita, ma forse piu' importante e' stato il
suo ruolo all'interno di quella rete costituita da piccoli agricoltori e
contadini che, in India, da tempo "resiste" alle strategie delle grosse
corporation che hanno cercato, e cercano tutt'ora, di spossessarli della
loro autonomia per renderli parte integrante di una rete produttiva da loro
controllata ed eterodiretta. Un libro, quindi, che non dice niente di
innovativo, ne' di teoricamente arguto. Piu' semplicemente, e quindi con
indubbia efficacia, esamina un tema, quello della proprieta' intellettuale,
evidenziando il fatto che la scienza, la tecnologia e la legislazione in
difesa della proprieta' intellettuale sono fenomeni centrali nello sviluppo
capitalistico, contribuendo a determinare le "geometrie dell'imperialismo".
O, se si preferisce, i rapporti tra centro e periferia dell'economia
mondiale, come ci ricorda la controversia legale tra lo Stato del Sudafrica
e alcune multinazionali farmaceutiche dopo che Pretoria aveva deciso di
ignorare i brevetti per produrre e vendere a prezzi "popolari" farmaci
anti-Aids.
Le teste d'uovo della globalizzazione difendono la proprieta' intellettuale
perche': a) garantisce la crescita economica; b) copyright e brevetti sono
indispensabili perche' il pagamento delle royalties consente gli
investimenti nella ricerca; c) la legislazione a tutela della proprieta'
intellettuale rende infine possibile il trasferimento di tecnologia dal Nord
al Sud del mondo. Tre argomenti supportati dalle stime fatte da alcuni
organismi internazionali (dalla World intellectual property organization
all'Onu) sulla quota di scambi commerciali (il 50 per cento nel 1994) che
riguardano brevetti, marchi di fabbrica, copyright, design industriale,
disegni di circuiti stampati, cioe' le forme assunte dalla proprieta'
intellettuale nella legislazione internazionale e nell'attivita' produttiva.
Per quanto riguarda la competizione economica, i brevetti hanno consentito
ad alcune imprese di stabilire un monopolio in un dato settore, cedendo in
un secondo momento, e dietro il pagamento di royalties, la possibilita' ad
altri di sfruttare "l'invenzione". Per quanto riguarda la ricerca
scientifica, il grido di allarme lanciato dall'ex-presidente Bil Clinton e
da Tony Blair sulla necessita' di rendere pubblici i risultati della ricerca
scientifica sul Genoma umano pena la paralisi del progetto di ricerca, la
dice lunga sul ruolo propulsivo dei diritti di proprieta' intellettuale
negli investimenti in "Ricerca e sviluppo".
In altri termini, il copyright e i brevetti imbrigliano l'innovazione
tecnico-scientifica. Questo, in sintesi, e' cio' che sostiene Vandana Shiva
ne Il mondo sotto brevetto.
Un libro dunque che fa il punto della situazione sul ruolo della proprieta'
intellettuale nello sviluppo capitalistico, ma che registra anche le
novita', i punti di rottura, l'insorgenza politica della messa sotto
brevetto della biodiversita'.
Per Vandana Shiva, il punto di svolta e' la decisione della Corte Suprema
degli Stati Uniti di considerare il vivente alla stessa stregua di
un'invenzione.
Era accaduto che i ricercatori della Du Pont avevano trapiantato a un topo
alcuni geni umani e di pollo in modo da causare il cancro. Il piccolo
roditore e' diventato famoso per il nomigliolo di oncotopo, ma quel che e'
rilevante e' che il 12 aprile 1988 la massima istituzione giuridica
statunitense abbia deciso che i risultati di quella ricerca fossero di
competenza dello Us Patent Office, l'ufficio dei brevetti. La strada per la
brevettabilita' del vivente era stata dunque aperta.
Per la fisica e militante ambientalista indiana, la vicenda dell'oncotopo,
assieme alla controversia legale tra la General Electric e il Patent and
Trademark Office americano sulla brevettabilita' o meno di un batterio, sono
da considerare non solo il punto di partenza della brevettabilita' del
vivente, ma anche della "biopirateria" delle grandi multinazionali nei
confronti dei saperi, delle usanze della biodiversita' che costituiscono la
ricchezza di molti popoli indigeni nel sud del mondo.
Ma affinche' il mondo venga messo sotto brevetto c'e' bisogno di una
decisione politica che lo permetta. Decisione politica presa, ricorda
Vandana Shiva, nell'Uruguay Round e nel vertice mondiale sullo sviluppo di
Rio de Janeiro nel 1992 e ratificata da tutti gli organismi sovranazionali,
dal Fondo monetario alla Banca mondiale al Wto. Il grimaldello per forzare
le legislazioni nazionali al fine di uniformarle e' rappresentato, tanto per
cambiare, dai Trips (trade related aspect of intellectual property rights),
cioe' dagli accordi relativi ai diritti sulla proprieta' intellettuale
definiti dall'Organizzazione del commercio mondiale.
E tuttavia, in un movimento sincopato tra il presente e il passato,
l'autrice introduce degli intermezzi per spiegare come opera la
brevettabilita' del vivente.
Per quanto riguarda l'agricoltura accade che le sementi siano brevettate e
manipolate geneticamente in maniera tale che risultino sterili i frutti. I
contadini sono quindi costretti a ricomprare le sementi dalle stesse
multinazionali. Se poi vengono brevettate varieta' di riso indiano o alcune
piante con proprieta' medicinali, siamo di fronte, secondo quanto scrive
Vandana Shiva, a veri e propri atti di biopirateria. In altri termini, non
si spossessano i piccoli agricoltori solo con i brevetti sulle sementi, ma
anche appropriandosi del sapere e dell'esperienza tramandate nei secoli. Ed
accade che dopo quel "furto" c'e' chi propone la "bioprospezione", cioe' il
pagamento di un risarcimento una tantum sulla rapina perpetuata nei loro
confronti.
Il linguaggio di Vandana Shiva e' a volte apodittico, ma questo nulla toglie
al valore delle sue conclusioni politiche.
Ad esempio, quando sostiene che la "bioprospezione, di fatto, porta alla
"recinzione" del patrimonio biologico e intellettuale collettivo, perche'
trasforma la biodiversita' e il patrimonio intellettuale delle comunita'
indigene in merce protetta dai diritti di proprieta' intellettuale" non
trapela nessun atteggiamento antiscientifico, come spesso le viene
addebitato, ma semmai un invito agli scienziati a tutelare la biodiversita'
assieme agli "spossessati" (i popoli indigeni).
Se una critica si puo' fare a Il mondo sotto brevetto riguarda il fatto che
cio' che accade nel Sud non e' molto diverso da cio' che accade nel Nord del
mondo. Cosi' e' accaduto, senza necessariamente citare la realta' nota della
produzione di software, che le universita' americane stanno mettendo sotto
copyright corsi di apprendimento a distanza o che vogliano brevettare
innovative procedure finanziarie. Oppure che il Wto inviti gli stati membri
dell'organizzazione a privatizzare le istituzioni culturali e ad estendere
il regime della proprieta' intellettuale a quelle conoscenze che sono state
considerate da sempre di pubblico dominio.
In altri termini, la proprieta' intellettuale e' cosa troppo concreta per
lasciarla nelle mani dei giuristi. Il copyright, i brevetti, i marchi
aziendali sono infatti gli strumenti attraverso i quali sono definite le
feroci gerarchie sociali dell'economia mondiale tanto al Nord che nel Sud
del pianeta. Ed e' quindi giusto che questa materia venga nuovamente presa
nelle mani da chi e' espropriato del suo sapere, sia che si tratti di un
contadino indiano che di un programmatore della Silicon Valley, di uno
studente bolognese che di un ricercatore del Massachusetts Institute of
Technology a Boston.

8. LIBRI. MELANIA MAZZUCCO PRESENTA MARGARET ATWOOD
[Anche questo articolo abbiamo ripreso dal quotidiano "Il manifesto" del 2
novembre 2002]
Cosa spinge una persona sana di mente a passare un'intera vita in compagnia
di personaggi che non esistono? Perche' lo fa? Cosa si aspetta? Chi e'
davvero lo scrittore? Che rapporto c'e' fra quei due personaggi che
condividono lo stesso corpo - uno che scrive, impadronendosi dell'altro,
l'altro che vive mentre il primo non lo fa? E cos'e' davvero la scrittura?
Da dove viene? Prima o poi, ma solitamente poi (dopo anni di duro esercizio
e quando controlla gli strumenti artigianali del mestiere), uno scrittore di
successo viene invogliato o tentato a rispondere a questa domanda, a
spiegare il fascino della scrittura e le complicate relazioni triangolari
che si instaurano fra l'autore, i libri e i lettori. Lo hanno fatto in
molti, da sempre, nel Novecento poeti e scrittori elitari come Auden (La
mano del tintore e Lo scudo di Perseo) e Nabokov (Lezioni di letteratura), o
di grandissimo seguito come Calvino (Lezioni americane) e King, i cui testi
sono diventati una sorta di breviario.
Ora e' il turno della scrittrice canadese Margaret Atwood, nel breve saggio
appena pubblicato da Ponte alle Grazie col titolo suggestivo di Negoziando
con le ombre (anche se il titolo originale anticipa che queste ombre sono
proprio i morti). Avrebbe potuto intitolarsi "Lezioni inglesi": deriva
infatti da un ciclo di sei lezioni promosse, nel nome del critico letterario
William Empson, dall'Universita' di Cambridge e la' tenute nel 2000. Cio'
spiega il tono orale e discorsivo del libro, nel quale la consueta ironia
della scrittrice si adatta alla formula stessa delle lezioni, aperte anche
al pubblico generico. Atwood adotta un tono facile e accattivante: il suo
monologo, talvolta disarmante per la sua semplicita' (e sconcertante per
l'approssimazione di taluni riferimenti culturali estranei alla cultura
anglosassone), ma sempre godibile, rifiuta fin dall'inizio ogni pretesa
serieta' accademica per attivare un dialogo con il pubblico dei lettori:
quelli degli altri, ma anche i propri.
Gia' prediletta da un esigente pubblico femminile (e femminista, benche' lei
abbia sempre rifiutato di considerarsi tale) per opere quali Fantasie di
stupro, Una donna da mangiare, L'uomo che rubava i mariti, Occhio di gatto,
dopo quasi quarant'anni di attivita' Margaret Atwood ha raggiunto un
pubblico piu' vasto con romanzi come L'altra Grace, ispirato a un caso
criminale dell'Ottocento canadese, e L'assassino cieco, vincitore di un
premio mainstream come il Booker Prize. Il che le ha attirato nuovi lettori
ma anche nuovi sospetti. Al sussiegoso scrittore francese che le chiede "Lei
scrive best-seller?", Atwood risponde con una battuta fulminante: "Non di
proposito". Insomma, non temete, tenendo queste lezioni Atwood non e' stata
colpita dalla sindrome di Tiresia e non vuole offrirci vaticini oracolari
ne' verita' assolute, ma qualche risposta intelligente alle domande di cui
sopra - cosa significa scrivere, cos'e' la scrittura. Per farlo, adotta il
metodo della taccola ("rubiamo le cose che luccicano e le infiliamo nelle
strutture disordinate dei nostri nidi"), appropriandosi di idee altrui e
inventandone di nuove, apre quello che definisce il "luna park delle
citazioni", rivendica orgogliosamente la propria eccentricita' di gusto e di
giudizio, frullando disparati riferimenti culturali: le fiabe popolari e i
fumetti degli anni Quaranta (Superman, Batman e Captain Marvel), la
fantascienza popolare e la Bibbia, i Peccati di Peyton Place e Chaucer,
Shakespeare e Doctorow, perfino Carlo Ginzburg e Curzio Malaparte.
Ripercorre, in una vivace autobiografia, la propria infanzia nel Canada
degli anni Quaranta e il suo apprendistato di lettrice nel Canada
colonizzato culturalmente e politicamente dei Cinquanta, svelando la chiave
di quasi ogni vita di scrittore, la solitudine e la voracita' indiscriminata
delle prime letture, cui segue la fulminea scoperta della propria vocazione
alla scrittura - passaggio talvolta fortuito nell'esistenza di uno
scrittore, ma sempre fondato su due virtu' poco celebrate quali la
resistenza e la perseveranza. E se la lezione sulla dedizione e sul
"sacerdozio dell'artista" (consacratosi al Dio dell'arte o al Dio del
denaro, Mammona), come quella sulla tentazione del potere e sul ruolo
dell'artista nella societa' sembrano delle brillanti divagazioni lievemente
affrettate e superficiali (qualche approfondimento avrebbe meritato la
figura del Testimone proposto da Atwood in risposta alla famigerata domanda
sul ruolo sociale dello scrittore), persuasiva, nella sua semplicita', la
scoperta che il lettore ideale non solo non e' il nessuno aborrito da
Dickinson ne' l'ipocrita fratello di Baudelaire ne' Loro, il pubblico
potente e anonimo, ma e' sempre uno - sempre un Tu, spesso reale, perfino
una persona amata, perche' l'atto del leggere, come quello dello scrivere,
e' sempre singolare, e percio' l'uno e' lo specchio dell'altro. Lo specchio
e' anche l'oggetto magico che barbaglia alla fine della seconda lezione, una
delle piu' convincenti, imperniata sul tema della duplicita' dello
scrittore, ovvero la sua infida elusivita' e la sua potenziale mancanza di
autenticita'.
La relazione complessa fra le due identita' che convivono in una pericolosa
simbiosi fa di ogni scrittore un potenziale dottor Jekyll/Mister Hyde.
Nadine Gordimer ha affermato che la capacita' di identificarsi con la vita
degli altri e il mostruoso distacco - cio' che fa uno scrittore - e' proprio
la tensione fra lo stare in disparte e l'essere del tutto coinvolti. Ma se
gli scrittori sono doppi, e' impossibile stabilire quando uno si trasforma
nell'altro, ne' come uno possa vivere senza uccidere l'altro. La risposta di
Atwood e' Alice. Invece di distruggere il suo doppio, attraversando lo
specchio Alice si unisce con l'altra, che solo la' esiste. Quando Alice
ritorna nel mondo della veglia, riporta con se' la storia dell'altro mondo e
comincia a raccontarla al suo gatto.
Il viaggio nell'altrove e il ritorno: scrivere, secondo Atwood, e' proprio
questo. Entrare in un labirinto ignorando quale mostro vi sia nascosto,
immergersi in un misterioso oceano, lottare con un angelo o con un demone,
incamminarsi su una strada non segnata sulle mappe, avanzare alla cieca - o
meglio, come affermava Virginia Woolf, camminare in una stanza buia tenendo
in mano una lanterna che illumina cio' che comunque nella stanza si trova
gia'.
Insomma, ha qualcosa a che fare col buio - una compulsione a entrarvi,
illuminarlo e riportare qualcosa alla luce. Il buio e' a volte spettrale,
l'altrove e' il regno delle ombre. La scrittura non puo' eludere il suo
rapporto con la morte - con il timore di essa, e la speranza di annientarla.
La scrittura e' permanenza, e' voce che perdura al di la' del corpo doppio
di chi la crea. Scrivere e' negoziare con le ombre, passare da un mondo
all'altro. E se il viaggio nell'al di la' e' la condizione permanente dello
scrittore-sciamano, il primo di essi che Atwood chiama a sorprendente
capostipite non e' Orfeo ne' Dante, ma l'eroe sumero Gilgamesh, che,
sconvolto dalla morte del compagno, attraversa il regno delle tenebre per
trovare il segreto dell'immortalita', e dopo ogni sorta di ruberie e
distrazioni, senza aver sconfitto la morte ne' aver ritrovato l'amico, torna
per raccontare la sua storia: nel tempo, cioe' nel mondo della realta' al di
qua dello specchio, dove lo aspetta il suo nuovo compagno - il lettore.

9. INIZIATIVE. BRUNETTO SALVARANI: VERSO LA GIORNATA DEL DIALOGO
CRISTIANOISLAMICO DEL 29 NOVEMBRE
[Dal carissimo amico Brunetto Salvarani (per contatti:
b.salvarani at carpi.nettuno.it) riceviamo e volentieri diffondiamo, invitando
tutti i nostri interlocutori ad aderire alla proposta, cui aderisce anche
chi scrive queste poche righe di presentazione, la cui weltanschauung laica
non gli impedisce affatto di apprezzare l'iniziativa e di sentirsi in
consonanza ed in legame - religio, in quell'antica lingua - con quanti la
promuovono, essere umano tra esseri umani animati da comune amore per
l'umanita', la pace, la giustizia, la salvaguardia del mondo]
Care amiche, cari amici,
manca ormai meno di un mese al 29 novembre, ultimo venerdi' di Ramadan (che
comincia fra il 6 e il 7) e data che abbiamo scelto per celebrare la
Giornata ecumenica del dialogo cristianoislamico, e credo sia quanto mai
opportuno fare il punto della situazione.
Mentre inizia il "rush" finale, proseguono le adesioni alla catena del
dialogo: fra le ultime, segnalo quelle - particolarmente significative - di
don Antonio Cecconi, gia' vicedirettore di Caritas Italiana, dei professori
Giovanni Bachelet e Franco Cardini, e di Gabriella Caramore, la bravissima
conduttrice del programma radiofonico "Uomini e Profeti". Ma davvero in
tanti scrivono e telefonano, segno che in un momento in cui il clima
antiislamico e antidialogico sembra aver raggiunto il suo apice (complice la
strumentalizzazione dei segni islamici di tanto terrorismo internazionale)
c'e' anche un "popolo del dialogo" trasversale alle chiese che vuole dire la
sua, anche se non dispone di grandi mass media ne' di particolari risorse
per farsi sentire.
Il 29 novembre, da questo punto di vista, potrebbe risultare un appuntamento
importante per dare una certa visibilita' a tale popolo, a tali istanze.
Percio' mi permetto di chiedere l'impegno di tutti noi non solo per
l'organizzazione delle inziative specifiche, ma anche per diffondere il piu'
possibile la notizia della Giornata: con articoli, telefonate, interviste,
mail e naturalmente le "vecchie" chiacchierate dirette con quanti riteniate
interessati o interessabili, in primo luogo con gli operatori
dell'informazione giornalistica, radiofonica e televisiva.
Vi informo con gioia che un utile sussidio per la Giornata e' stato
predisposto da Giovanni Sarubbi, che ha organizzato un numero monografico de
"Il dialogo" a 16 pagine, richiedibile a lui (c'e' l'indirizzo sul sito
www.ildialogo.org) oppure gia' ora scaricabile direttamente dallo stesso
sito. Contiene nomi, testo dell'appello, documenti ecumenici e
interreligiosi, articoli e due proposte di liturgie "offerte" appositamente
dallo stesso gruppo di Giovanni e dalla pastora battista Lidia Maggi, che
ringrazio di cuore. Il "kit" della Giornata comprende anche un fascicolo
curato da Stefano Allievi dal titolo "Islamica" che comprende tutta la
principale bibliografia in italiano sull'islam (si puo' richiedere
gratuitamente all'indirizzo di posta elettronica cultura at carpidiem.it) e il
numero speciale di "Confronti" dal titolo Noi e loro (che si puo' richiedere
all'indirizzo e-mail: redazione at confronti.net).
Naturalmente, e' anche il tempo delle conferenze stampa. In sintonia con lo
stile dell'appello, democratico e poco centralistico, suggerirei di
organizzarne il piu' possibile, laddove si celebrera' la Giornata,
coinvolgendo parroci e vescovi, leader di centri islamici e istituzioni
locali (a partire dai sindaci). Per ora, ho notizia di quella che si terra'
a Roma (la sta curando Paolo Naso) presso il Campidoglio l'11 novembre alle
ore 11, cui prendera' parte anche lo stesso sindaco Veltroni, e alla quale
sarebbe bello partecipassero i firmatari della capitale e dintorni. Ma,
ripeto, la speranza e l'augurio e' che se ne tengano parecchie altre: non
appena ne avremo notizia, saranno presentate anche sul sito
www.ildialogo.org. Nel frattempo, sta per partire il comunicato stampa n. 1
sulla Giornata: vi sara' inviato, e naturalmente andra' fatto girare il piu'
possibile.
Prima del 29 novembre, ci saranno parecchie occasioni pr far circolare la
notizia: vorrei ricordare almeno quelle a mia conoscenza, il Forum Sociale
Europeo a Firenze (l'8 novembre alle 14,30 ci sara' un workshop su Ebraismo,
cristianesimo e islam nella nuova Europa, dove sara' presentato anche
l'appello), il convegno nazionale dei delegati diocesani cattolici per
l'ecumenismo e il dialogo (Roma, 11-13 novembre: se parteciperete o sapete
di chi partecipera', non perdete l'occasione di chiedere di parlare della
cosa), l'ottava edizione degli Incontri cristianomusulmani di Modena,
organizzati dalle ACLI (15 e 16 novembre: programma sul solito sito).
Sono in attesa di sapere quali moschee aderiranno all'operazione "moschee
aperte"; non appena lo sapro', vi avvertiro'.
Da voi, invece, restiamo in attesa di notizie sulle iniziative, pareri,
commenti e problemi, ovviamente. Mi raccomando, facciamo opera di "parresia"
e - come e' gia' capitato con qualcuno di voi, che ringrazio di cuore -
tiriamo fuori con liberta' i dubbi, le perplessita' e il resto. Mi pare
l'unico modo per maturare davvero.
Grazie ancora, e a presto.
Shalom - salaam - pace
Brunetto

10. DOCUMENTI. UN APPELLO DI PSICHIATRIA DEMOCRATICA CONTRO LA PROPOSTA DI
LEGGE BURANI-PROCACCINI
[Diffondiamo questo appello, ed invitiamo i nostri lettori ad aderire ad
esso ed a farlo circolare ulteriormente. Per adesioni e per ulteriori
informazioni si vada al sito di Psichiatria Democratica:
www.psichiatriademocratica.com]
La proposta di legge Burani-Procaccini privilegia la difesa sociale ed il
controllo, rilanciando il concetto di pericolosita'.
Infatti:
- prevede "l'inserimento coatto in una struttura protetta" quando i
comportamenti della persona "affetta da disturbi mentali costituiscono
rischio per se' o per gli altri";
- stabilisce la separazione tra divisioni ospedaliere psichiatriche e
servizi territoriali, azzerando il concetto della centralita' territoriale e
dell'integrazione degli interventi in salute mentale, sancito dalla legge
180;
- esaspera l'aspetto medico-ospedaliero quando prevede che "la divisione...
si articola in area di degenza per acuzie, area di degenza post-acuzie e
riabilitazione precoce, area degenze specializzate per patologie specifiche,
area degenza diurna per subacuzie" (art. 6);
- restringe fortemente la liberta' personale, violando un diritto
fondamentale sancito dalla Costituzione Italiana, quando prevede che il
Trattamento Sanitario Obbligatorio Urgente (TSOU) puo' essere effettuato
anche per affezioni non psichiatriche, per "patologie fisiche o per soggetti
anziani ultrasessantenni". Il TSOU, per il quale scompaiono le garanzie a
favore del paziente, puo' essere esteso a persone con problemi di alcol e
tossicodipendenza (art. 7);
- espropria il Giudice Tutelare dei compiti di difesa e garanzia della
liberta' individuale, relegandolo al ruolo di una "Commissione con funzioni
ispettive e di controllo" (art. 7);
- stabilisce, per ogni Regione, la costituzione di almeno 3 strutture
residenziali ad alta protezione, ciascuna di 20 letti, "per accogliere le
persone affette da gravi psicopatologie e che rifiutino l'inserimento in
altre strutture e comunita'", dove sono ricoverati anche "i malati destinati
all'ospedale psichiatrico giudiziario". "Dovranno essere dotate di aree
residenziali protette per assicurare il rispetto dello svolgimento di
eventuali misure di sicurezza emesse dalla Autorita' Giudiziaria";
- ripropone l'ergoterapia e la rieducazione forzata, squalificando l'impresa
sociale, quando considera la remunerazione del lavoro come un optional
("eventuali compensi devono essere assegnati al paziente che ha svolto il
lavoro", art. 8);
- riserva alla gestione pubblica i soli interventi di urgenza ed emergenza
nonche' quelle di ispezione sulle strutture private, possibile anche una
sola volta ogni due anni (art. 9);
- riapre concretamente i manicomi quando prevede che "le aree e gli edifici
degli ex Ospedali psichiatrici sono utilizzati per la realizzazione di
strutture in favore delle persone affette da disturbi mentali" (art. 12).
Questi sono i motivi principali per cui Psichiatria Democratica ritiene
fermamente che questo testo sia inemendabile e, sulla base di una
trentennale esperienza pratica di lavoro nei servizi, inapplicabile perche'
incapace di affrontare e risolvere i problemi degli utenti e delle loro
famiglie.
L'Italia e' oggi un Paese senza manicomi.
Questa grande scelta di civilta' e di progresso e' stata possibile anche
perche' e' ormai sedimentata nella nostra cultura la consapevolezza che non
ci si prende cura delle persone con disturbi psichici rinchiudendole e
privandole della loro liberta', ma ascoltandole e trovando concrete risposte
ai loro bisogni.
La proposta di legge Burani-Procaccini, riproponendo il concetto di
pericolosita' dei malati mentali, ricaccia il vivere civile a cento anni fa:
si torna, nei fatti, alla "legge speciale" del 1904, fondamento degli orrori
ben noti dei manicomi. E' un salto indietro, nel buio, per tante persone
affette da disagio mentale il cui diritto ad essere curate dignitosamente
sul territorio e' violato.
Se questa legge dovesse sciaguratamente essere approvata, anche i familiari
ne soffrirebbero, nel vedere i loro congiunti sottoposti ad obblighi ed
imposizioni, ridotti ad oggetto in mano ad una psichiatria che opprime.
Le parole: "controllo", "obbligatorio", "forze dell'ordine", spesso
adoperate, sono piu' adatte ad una legge di polizia che ai bisogni
socio-sanitari dei cittadini sofferenti, e le stesse strutture residenziali
indicate, dove si prevede non la vita ma solo controllo e segregazione,
assomigliano piu' a caserme, piu' a carceri, con regole rigide, che a luoghi
che accolgono e curano.
Questa proposta, postulando un controllo ossessivo sul comportamento del
paziente, induce e stimola regressione, sofferenza addizionale, opposizione,
determinando la circolare risposta piu' repressiva del sistema, come ormai
ben noto: il paziente, cioe', "diviene pericoloso" man mano che trova
insopportabile la detenzione.
Meraviglia che la Burani-Procaccini sia presentata come un'innovazione
quando ripete tutte le procedure del paradigma manicomiale. Infatti la
suddivisione in "aree di degenza" esige che il paziente si adatti a
strutture separate che ricordano decisamente l'organizzazione di
un'istituzione totale, con i suoi reparti diversificati sulla base del
comportamento.
Psichiatria Democratica rifiuta categoricamente la logica del nuovo
internamento che e' alla base di ciascun articolo di questa proposta, che
farebbe uscire l'assistenza psichiatrica dal circuito dei servizi pubblici a
favore dello sviluppo di aggregazioni private, cui affidare la custodia
delle persone.
L'impegno di Psichiatria Democratica contro il testo Burani-Procaccini va al
di la' dello specifico della psichiatria: e' una battaglia di civilta'
contro un sistema istituzionalizzato che produrrebbe sequestri di persona,
sottraendo alla magistratura il ruolo di garante dei diritti.
In questi trent'anni, nonostante enormi ostacoli frapposti dai "padroni" dei
manicomi e delle cliniche private sempre pronti a trarre profitto dalla
sofferenza delle persone e dai drammi delle famiglie, si sono realizzate in
Italia, al Nord, come al centro, come al Sud, esperienze di grande livello
qualitativo, che molti paesi nel mondo stanno imitando.
Non si vogliono negare alcune mancate risposte ai bisogni di salute mentale
della gente, soprattutto nelle grandi aree urbane. Deve essere chiaro,
pero', che questo dipende principalmente dalla mancata attuazione del
Progetto Obiettivo Nazionale 1998-2000 "Tutela della Salute Mentale", a
causa della scarsita' e della sottrazione delle risorse necessarie.
Stupirebbe che questa maggioranza parlamentare, dopo aver bocciato un
emendamento alla precedente Legge Finanziaria, che tendeva a vincolare una
quota appena sufficiente del Fondo Sanitario per realizzare o potenziare i
Dipartimenti di Salute Mentale, volesse adesso cimentarsi nella discussione
di una proposta di legge, la quale, oltre che pericolosa per gli elementari
diritti di cittadinanza, richiederebbe per la sua applicazione un'enorme
quantita' di risorse economiche aggiuntive.
Psichiatria Democratica esprime il proprio sostegno e l'attiva solidarieta'
agli utenti, ai loro familiari e a quegli operatori che, attraverso il loro
duro lavoro accanto a chi soffre, hanno dimostrato che e' possibile far
Salute Mentale vicino alla gente, senza avere mai piu' bisogno di vecchi o
nuovi manicomi.
Lancia un appello a tutti coloro che hanno a cuore la difesa dei piu' deboli
e la lotta contro ogni forma di repressione, di impegnarsi affinche' il
disegno di legge Burani-Procaccini non sia tramutato in legge dello Stato.

11. APPELLI. UN APPELLO URGENTE PER IL CONGO
[Da "Chiama l'Africa" (e-mail: info at chiamafrica.it; sito:
www.chiamafrica.it) riceviamo e diffondiamo questo appello promosso dal
Coordinamento "Anch'io a Kisangani", che propone di aderire al testo di
seguito riportato e di inviare la propria adesione per fax ai seguenti
interlocutori: governo italiano (sottosegretario Alfredo Mantica), fax
063613735; Commissione Europea (segreteria di Prodi), fax 003222990842;
Nazioni Unite (sede italiana), fax 066793337]
Dopo la soddisfazione per le prospettive di pace suscitate dagli accordi di
Sun City e di Pretoria, e dal ritiro di molte truppe straniere dai territori
occupati nella Repubblica Democratica del Congo, la popolazione martoriata
sta di nuovo vivendo ore drammatiche. Il temuto vuoto di autorita' e di
sicurezza, senza la presenza efficace di una forza di interposizione,
rischia di mandare in frantumi il processo di pace e di riconciliazione del
Paese.
La popolazione e' vittima innocente di scontri militari tra fazioni opposte,
ribelli di ogni genere, gruppi armati, affamati e allo sbando, che
provengono sia dall'interno che dall'esterno del Paese.
Massacri, scontri, saccheggi, rappresaglie sono avvenute o sono in atto nel
Kivu a Uvira, Walungu, Shabunda, Walikale; a Kindu e Mambasa nel Maniema;
nell'Ituri a Bunia e Isiro.
L'azione di questi gruppi semina morte, angoscia e panico, crea insicurezza
alle frontiere con Rwanda, Burundi e Uganda, che hanno posizionato i
rispettivi eserciti alle frontiere, e rischia di diventare il pretesto per
la ripresa di una guerra che ha gia' seminato milioni di vittime tra i
civili, ha determinato lo sfruttamento delle ricchezze minerarie e la
paralisi del Paese.
Intanto nella regione mancano i generi di prima necessita'; la coltivazione
dei campi e la circolazione dei beni e' stata in gran parte impedita da
tanti anni di conflitto.
Le Chiese e le organizzazioni della Societa' Civile della regione hanno
lanciato un appello urgente dove si denuncia con forza la drammatica
situazione e si invita la Comunita' internazionale ad accompagnare questo
momento tanto delicato nella storia del paese verso una evoluzione positiva.
Piu' volte la Societa' Civile, le diverse confessioni religiose e gli stessi
rappresentanti dei governi di Kigali e di Kinshasa hanno richiesto la
presenza di una forza neutrale per il mantenimento della pace e il controllo
delle frontiere. Lo stesso Kofi Annan, il segretario dell'Onu, ha proposto
recentemente di aumentare il contingente militare della Monuc nella Regione.
Per questo anche noi, dando voce alla voglia di pace di queste popolazioni
martoriate, vogliamo lanciare un appello urgente ed accorato alle Nazioni
Unite perche' intensifichino la loro presenza nella zona, con líinvio di
nuove forze di pace, ma anche con il chiaro mandato di difendere la
popolazione e la sicurezza delle frontiere tra Congo, Rwanda, Burundi e
Uganda.
La comunita' internazionale, anche dopo le risoluzioni e le proposte del
Consiglio di sicurezza per la pace in Congo e nella regione dei Grandi
Laghi, non puo' restare indifferente. Occorre assicurare il rispetto dei
diritti umani in questo periodo di transizione, sino alla creazione di
istituzioni democratiche e di forze dell'ordine locali.
Ci rivolgiamo in particolare al governo italiano e all'Unione Europea perche
si facciano portavoce di queste istanze nelle sedi appropriate e collaborino
con l'Onu e l'Unione Africana in modo da raggiungere, al piu' presto, la
pacificazione definitiva secondo il diritto internazionale e senza ulteriore
vittime innocenti.

12. PUBBLICAZIONI. TRACCE DI UN'ALTRA FIRENZE
[Dal carissimo Enzo Mazzi (per contatti: emazzi at videosoft.it) riceviamo e
volentieri diffondiamo questa buona ed utile notizia]
La Comunita' dell'Isolotto, l'Arci, la Fondazione Michelucci, la Fiom
fiorentina e la Consulta immigrazione dell'Anci, hanno deciso di offrire ai
partecipanti al Forum sociale europeo una guida della citta' sociale e
solidale.
La pubblicazione a piu' colori, dopo una beve introduzione (riappropriarsi
della memoria di un'altra citta' per costruire un'altra Europa), mostra in
una serie di quadri sinottici tre elementi:
- la memoria antica di socialita'-solidarieta'-cosmopolitismo impressa in
pietre, marmi, legno, ferro, spazi urbanistici;
- la memoria sociale di esperienze sviluppatesi nel secolo scorso: mutuo
soccorso operaio, case del popolo, cooperativismo, resistenza,
autorganizazione per l'emergenza alluvione, comitati di quartiere, la
"citta' sul monte" (Dalla Costa, il "sindaco operaio" Fabiani, La Pira,
Barbiana, Badia fiesolana, Isolotto, l'urbanistica dell'accoglienza, ecc.);
- tracce della Firenze che attualmente tenta di vivere, rappresentare e
mostrare un'anima sociale e che si ritrova nel Forum sociale europeo o che
comunque accoglie il Forum come una grande risorsa positiva.
La pubblicazione, stampata in almeno ventimila copie, con molte foto e col
testo in due lingue (italiano e inglese), costituisce una testimonianza del
significato positivo del Forum sociale europeo e del suo interesse ad amare
e rispettare la citta'.

13. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO
Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale
e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale
e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae
alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo
scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il
libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali,
l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di
nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza
geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e
la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e
responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio
comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono
patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e
contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto
dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna,
dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione,
la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la
noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione
di organi di governo paralleli.

14. PER SAPERNE DI PIU'
* Indichiamo il sito del Movimento Nonviolento: http://www.nonviolenti.org;
per contatti, la e-mail e': azionenonviolenta at sis.it
* Indichiamo il sito del MIR (Movimento Internazionale della
Riconciliazione), l'altra maggior esperienza nonviolenta presente in Italia:
http://www.peacelink.it/users/mir; per contatti: lucben at libero.it;
angelaebeppe at libero.it; mir at peacelink.it, sudest at iol.it
* Indichiamo inoltre almeno il sito della rete telematica pacifista
Peacelink, un punto di riferimento fondamentale per quanti sono impegnati
per la pace, i diritti umani, la nonviolenza: http://www.peacelink.it. Per
contatti: info at peacelink.it

LA NONVIOLENZA E' IN CAMMINO

Foglio di approfondimento proposto dal Centro di ricerca per la pace di
Viterbo a tutti gli amici della nonviolenza
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100
Viterbo, tel. e fax: 0761353532, e-mail: nbawac at tin.it

Per non ricevere piu' questo notiziario e' sufficiente inviare un messaggio
con richiesta di rimozione a: nbawac at tin.it

Numero 404 del 3 novembre 2002