[TESTIMONIANZE] - Manifestanti pacifici stretti tra la polizia e i black



GENOVA , 20 luglio 2001

Vi racconto ciò che ho visto (e sentito) di persona:

§ partiamo da Milano alle 7 con un treno speciale; arriviamo a Genova
attorno alle 12.30, saliamo tranquillamente sugli autobus che ci attendono
per  portarci a Piazza Kennedy

§ allo Stadio Carlini, gli autobus ci fanno scendere: dallo stadio sta
uscendo il corteo dei centri sociali, con migliaia di ragazzi imbottiti
con giubbotti salvagente, bottiglie di plastica, gommapiuma; il corteo è
molto tranquillo e festoso, non si vedono strumenti di offesa

§ superiamo il corteo che si sta formando per dirigerci rapidamente a
piedi verso piazzale Kennedy, ma corso Gastaldi è sbarrato da un servizio
d'ordine (credo di militanti genovesi di Rifondazione) che blocca il
corteo in quanto appena più giù stanno avvenendo atti di vandalismo; ci
dicono che anche a piazzale Kennedy ci sono altri disordini e ci
consigliano di cambiare direzione

§ a questo punto il gruppo milanese è già sparpagliato; con alcuni amici,
seguendo un gruppetto della rete Lilliput, pensiamo di dirigerci
direttamente verso la nostra 'piazza tematica', piazza Manin, in quanto ci
sembra la più pacifica e lontana dalla zona rossa

§ seguiamo le strade parallele a Corso Gastaldi e ad ogni incrocio
possiamo vedere ciò che accade: qualche decina di tute nere stanno
devastando vetrine e bruciando cassonetti; nelle strade laterali che
stiamo percorrendo, vediamo arrivare parecchie auto (italiane): arrivano
veloci, parcheggiano nelle vicinanze del corso, ne scendono gruppi di
ragazzi apparentemente 'normali' che si avviano rapidamente e con
decisione verso il luogo dei vandalismi; eppure tra i  vandali vediamo
solo tute nere, per cui tute e armi sono evidentemente già in loco;
ricordo (ma sono ricordi confusi), di aver visto alcuni tipi che
decisamente 'stonavano' tra i manifestanti: teste rasate, tipo naziskin

§ osserviamo a lungo questi  fatti, mentre camminiamo verso il 'fiume'
chiedendoci dove diavolo siano i 20.000 poliziotti: infatti non se ne vede
uno; gruppetti di manifestanti appena arrivati come noi vagano sperduti e
spaventati; dovunque i pochi genovesi rimasti ci indicano le strade più
sicure, non troppo stupiti di quanto sta accadendo

§ preoccupati e stanchi (abbiamo gli zaini con le tende), ci arrampichiamo
fino a piazza Manin; qui ci sembra di rivivere: giovani, famiglie,
banchetti del commercio equo, un complessino che suona; ci rilassiamo,
seduti sulle aiuole

§ a poco a poco - saranno state le 14 - gruppetti di anarchici arrivano
nella piazza con le bandiere; molti dei presenti non ci fanno caso (non
hanno visto quello che sta succedendo sotto), altri li osservano
preoccupati, altri cercano di convincerli ad andarsene; qualche decina di
black arriva alla spicciolata e si addensa sul lato di via Assarotti; ci
chiediamo che fare, ma non sappiamo da che parte andare; i banchetti
vengono rapidamente smontati, la gente si alza spaventata

§ improvvisamente la piazza si riempie di fumo, tutti corrono sul lato più
lontano dai black ma la polizia è improvvisamente comparsa e sta sbarrando
la via di fuga: è il panico, ci troviamo tra due fuochi, la polizia
schierata da un lato della piazza e i black sull'altro lato della piazza

§ quello che tutti cercano di fare è togliersi dalla traiettoria polizia-
tute nere, nell'ingenua convinzione che queste ultime siano l'obiettivo
dei poliziotti; io mi butto verso una scaletta che scende sull'altro lato
della strada, ma appena sto per scendere la polizia lancia un lacrimogeno
proprio lì; arretro tornando sulla strada, mi trovo tra un gruppo di
persone terrorizzate che si appiattiscono contro il muro con le mani
bianche alzate; polizia e black si fronteggiano, noi siamo spiaccicati su
un lato proprio vicino alla polizia; agitiamo le mani, che sia chiaro chi
siamo; i miei amici sono rimasti sull'altro lato e mi urlano 'non stare
lì' ma è troppo tardi

§ parte la carica; i poliziotti invece di avanzare verso le tute nere
puntano dritti su di noi, bastonando le mani alzate; cado, mi riparo la
testa con le braccia, conto più di 10 colpi, poi non li conto più; vedo
gli scarponi dei poliziotti passare accanto a me e ognuno dà un colpo,
forse di più

§ quando i piedi finiscono di passarmi davanti agli occhi, mi alzo
barcollando; vicino a me alcune persone sanguinano dalla testa; i
lacrimogeni ci soffocano; i poliziotti sono ancora lì, si sono fermati
dopo averci picchiati, ci osservano con indifferenza; i black sono
scomparsi, nessuno sembra averli inseguiti

§ ho una mano rotta, non sento più le dita, vago per la piazza, temo
un'altra carica, non so dove andare; dopo mezz'ora arriva un'ambulanza che
carica solo i più gravi, a me dicono che ne arriverà un'altra; arrivano
dei medici volontari a piedi, mi fanno una steccatura d'emergenza, mi
dicono di non andare all'ospedale altrimenti mi arrestano; ma dove posso
andare così conciata, senza mezzi di trasporto, con lo zaino?

§ arriva un fotoreporter che era presente e si è preso anche lui una
randellata in testa; si offre di portarmi in moto all'ospedale; decido di
correre il rischio della denuncia, non ho scelta; ovviamente tutti gli
altri presenti, tranne quelli feriti in testa, scelgono di non andare
all'ospedale

§ percorriamo in moto corso Gastaldi devastato e fumante, arriviamo al San
Martino, lui mostra il pass ed entriamo, evitando i poliziotti

§ il pronto soccorso è pieno di medici e infermieri, tutti allertati e in
attesa dei primi feriti: mi portano subito ai raggi; il corridoio pullula
di poliziotti in barella, pochissimi i manifestanti; dopo quello che ho
appena visto, non ci posso credere e interrogo i medici; si mettono tutti
a ridere: 'quelli appena li toccano vengono a fare i raggi, così hanno i
giorni di permesso! a voi invece vi arrestano!'; vedono la mia faccia e mi
rassicurano: 'non preoccuparti, fidati'; vicino a me c'è un infermiere
volontario con la faccia coperta di sangue, racconta di essere stato
estratto dall'ambulanza e picchiato dalla polizia

§ devono operarmi subito, la frattura è scomposta; in sala operatoria mi
aspettano in 7-8; 'siamo in stato d'allerta, ma finora non ci è arrivato
nessuno'; l'operazione dura oltre mezz'ora e nel frattempo la polizia
blocca l'entrata dell'ospedale; mi fanno fare uno strano giro e mi ritrovo
nel reparto, completamente vuoto; ben tre medici vengono a trovarmi; il
responsabile mi rassicura: ha ricevuto l'ordine di segnalare tutti i
ricoverati ma non ha nessuna intenzione di farlo; non ci crede ancora
neanche lui: 'ma siamo diventati matti?'

§ racconto a tutti ciò che è accaduto, tutti vogliono sapere, mi dicono
che anche gli altri ricoverati che man mano arrivano raccontano storie
analoghe; medici e infermieri scherzano: 'ma sei matta ad andare coi
pacifisti? se ti vestivi di nero non ti succedeva...'; i feriti aumentano,
arriva la notizia della morte di Carlo, nessuno ha più voglia di scherzare

§ il giorno successivo, i medici si accorgono che anche la mia spalla
destra è malconcia, sembra rotta, mi fanno altre lastre, sempre
accompagnata personalmente da un medico che non mi abbandona mai; la
spalla non è rotta, è solo una forte contusione: 'hanno picchiato sul
serio', dice il medico; vengono fuori altre contusioni ed escoriazioni,
dovute al fatto che mi picchiavano mentre ero inginocchiata a terra

§ sabato, dalla mia tranquilla camera di ospedale, guardo dalla vetrata la
città fumante, tra il rumore degli elicotteri e delle sirene; con i medici
vedo in tv la manifestazione enorme e pacifica; dura poco, vediamo in
diretta ciò che tutti temevamo: l'irruzione delle tute nere ed il
ripetersi del tragico copione del giorno prima; il mio compagno, i miei
amici, mia madre settantenne sono lì, in quell'inferno

§ l'ospedale è blindato, gira la notizia che i black vogliano assaltarlo;
'non farti vedere in giro', mi dicono i medici; alla sera, il reparto è
pieno. E il peggio deve ancora venire.

§ domenica mattina, il mio compagno riesce finalmente a raggiungermi,
andiamo in taxi fino a Bolzaneto (ma perché quest'ultima vessazione?) e di
lì, cambiando due treni, torniamo a casa

§ ne ho per 35 giorni; non posso lavorare né andare al mare, ma ovviamente
questo è il meno: l'incubo che abbiamo iniziato tutti a vivere temo durerà
molto di più di 35 giorni