DOSSIER FINMECCANICA - CRONACA DI UNO SPOT PUBBLICITARIO



DOSSIER FINMECCANICA: "QUANTO SIETE CAMBIATI" - Cronaca di uno spot

La stampa comunista, dopo lunghe e legittime battaglie ideologiche contro la cultura della guerra, il commercio delle armi e le violazioni dei diritti umani in Turchia, ha scelto per questioni di convenienza economica di sostenere una campagna pubblicitaria che "ripulisce" l'immagine del piu' grande fabbricante italiano di armi.

==========================================================================

Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>

Associazione PeaceLink
Telematica per la Pace - Volontariato dell'informazione
http://www.peacelink.it

Titolo: "Liberazione". Sottotitolo: "giornale comunista". 10 maggio 2000, quarta di copertina, annuncio pubblicitario a tutta pagina. Una ragazza con un casco da aviatore in mano sorride dalla carlinga di un bombardiere. Testo: "Quanto siete cambiati. C'e' un grande gruppo italiano che contribuisce ogni giorno a cambiare anche la tua vita".

4 maggio 2000. Titolo: "Il Manifesto". Sottotitolo: "quotidiano comunista". Questa volta il protagonista dello spot e' il pilota di un elicottero militare, che sorride con affetto alla foto del figlio dalla cabina del suo apparecchio.

Cosa si nasconde dietro queste pagine pubblicitarie ? Chi e' questo gruppo italiano che sta "cambiando la vita" degli italiani e di altre popolazioni del mondo? Lo rivela una lettera di protesta inviata al "Manifesto", pubblicata sul numero del 5 maggio: "Finmeccanica (...) Il monopolista italiano delle armi, su cui si sono sprecati migliaia di miliardi di spesa pubblica, e che adesso vuole andare in borsa ad arricchire qualche altro insider".

Una scelta pubblicitaria, quella dei due quotidiani comunisti, quantomeno discutibile, anche alla luce delle chiare posizioni antimilitariste sostenute durante il conflitto contro la Repubblica Federale di Jugoslavia. Le vittime civili dei conflitti pesano solo sulla coscienza di chi bombarda o anche su quella di chi costruisce i bombardieri ?

Per capire quali operazioni commerciali si nascondono dietro la sigla Finmeccanica basta dare un'occhiata all'inserto "Affari e Finanza", pubblicato assieme a "Repubblica" sul numero del 25 aprile 2000, in cui vengono elencate alcune societa' legate al gruppo Finmeccanica, tra cui l'Agusta-Westland, la Alenia e il consorzio Eurofighter.

AGUSTA: "FERMIAMO L'EXPORT DI MORTE".

L'Agusta-Westland e' una azienda che e' in procinto di aggiudicarsi una mega-commessa del valore di quattro miliardi di dollari per consegnare alle forze armate della Turchia una fornitura di 145 elicotteri militari d'attacco "Mangusta". Questa operazione commerciale ha gia' scatenato le proteste degli attivisti per i diritti umani, contrari alla crescente militarizzazione della Turchia, una zona gia' abbastanza "calda" dal punto di vista militare, terzo paese al mondo nella classifica dei piu' forti importatori di grandi sistemi d'arma, ottavo cliente delle industrie belliche italiane, un Paese che gode di procedure semplificate per l'importazione di armi in quanto membro della Nato.

Anche "Liberazione" si e' unita alle denunce contro le violazioni dei diritti umani in Turchia. Nel numero del 31 marzo 2000, infatti, e' stata pubblicata una lettera di alcuni volontari che si erano recati in turchia in occasione del "Newroz", il capodanno curdo. Nella lettera pubblicata da "Liberazione" venivano denunciate le torture praticate con scariche elettriche nelle carceri turche anche su bambini dagli otto ai sedici anni, alcuni dei quali arrestati per aver scritto sul muro della loro scuola frasi come "basta con la guerra vogliamo la pace".

La sezione italiana dell'organizzazione umanitaria "Amnesty International" ha lanciato nei giorni scorsi un appello e una raccolta di firme contro la fornitura degli elicotteri Agusta alla Turchia, denunciando anche attraverso "Il Manifesto" le violenze, i soprusi e le violazioni dei diritti umani di cui si sono macchiate le forze armate e la polizia turca, atti gravissimi denunciati di recente anche dal Consiglio d'Europa e dal Parlamento Europeo.

Con la sua raccolta di firme, Amnesty chiede la piena applicazione delle legge 185/90 sul commercio delle armi, che vieta l'esportazione di armi italiane verso paesi "repressivi o aggressivi", una legge ripetutamente aggirata e ignorata dai nostri governanti, a cominciare dall'ex-ministro per il commercio estero Fassino, che il 17 febbraio scorso comunicava all'Ansa "la speranza che l'Agusta possa vincere la gara" per la fornitura di elicotteri alla Turchia.

Il "caso Agusta" era scoppiato gia' nel giugno '99, quando presso i cancelli dello stabilimento di Varese nove delegati di Fiom, Fim e Cub hanno distribuito ai lavoratori un volantino dal titolo "Fermiamo l'export di morte", realizzato da Amnesty International, Pax Christi, Mani Tese e Assopace. Pochi giorni dopo l'Agusta di Benevento fu invasa da un centinaio di manifestanti pacifisti, che riuscirono a fermare per un'ora le linee di produzione, con una denuncia da parte dell'azienda per "blocco della produzione". Il processo e' tuttora in corso.

L'EUROPA DEGLI EUROFIGHTER

Un'ulteriore beffa con cui il nostro governo ha preteso di aggirare i limiti imposti dalla legge 185/90 è stata una circolare emanata nell'ottobre 1998 dal Ministero delle Finanze, che sottrae alle normali procedure di autorizzazioni il commercio delle armi relative a 13 coproduzioni multinazionali, tra cui i cacciabombardieri Eurofighter, un progetto europeo a cui l'Italia contribuisce con 16.000 miliardi, che verranno sottratti al bilancio dello stato negli anni dal 1998 al 2006, per la produzione di 121 caccia bombardieri.

La cifra stanziata per il progetto Eurofighter relativa all'anno 2000 è partita da 820 miliardi, raggiungendo un totale di 1020 miliardi grazie ad un emendamento con cui il Governo ha proposto di stornare 200 miliardi da destinare al cap. 7177 dello stato di previsione del Ministero della difesa, relativo appunto al progetto Eurofighter.

Il "maxi-emendamento" è stato approvato dall'aula di Montecitorio giovedì 16 dicembre con la numerazione 61.11, come risulta alla pagina 124 del supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 302 del 27 dicembre 1999 (n. 227/L), contenente la legge 23 dicembre 1999, n. 488 (finanziaria 2000). A pagina 124 si trova infatti il rifinanziamento, per l'anno 2000, dell'articolo 50, comma 1, lettera h) della legge 448 del 1998 (prosecuzione interventi legge n. 266 del 1997).

Consultando le pagine Internet all'indirizzo http://eurofighter-typhoon.com scopriamo che il progetto Eurofighter è promosso da un consorzio di 4 stati (Italia, Spagna, Germania e Gran Bretagna), e che tra le industrie coinvolte figurano numerose aziende italiane, soprattutto dei gruppi Fiat e Finmeccanica.

Gli stati membri del consorzio si sono già spartiti il "bottino", ossia le zone di mercato, e all'italiana Alenia Aerospazio, controllata dalla Finmeccanica, toccherà il compito di piazzare gli Eurofighter in Brasile, Filippine e Sudafrica, sperando che quest'anno in queste zone del mondo qualche dittatorello decida di rinnovare il suo arsenale.

"PECUNIA NON OLET"

Nonostante il chiaro coinvolgimento della Finmeccanica nella vendita di armi alla Turchia e nella produzione di cacciabombardieri europei da utilizzare per "guerre umanitarie" fatte con "bombe intelligenti", i due quotidiani italiani apparentemente piu' avversi al militarismo e ostili alle politiche militari della Nato, dopo la pubblicazione di articoli e lettere contro la repressione militare in Turchia, hanno scelto ugualmente di ospitare a tutta pagina gli annunci pubblicitari di Finmeccanica.

Come mai? Lo spiega lo stesso Valentino Parlato dalle pagine del "Manifesto", rispondendo alla lettera di protesta pubblicata il 5 maggio. Parlato rassicura i lettori del suo quotidiano affermando che "c'e' un nostro codice interno che ci vieta di accompagnare la propaganda dell'industria militare". Tuttavia, afferma Parlato, "non siamo nelle condizioni di sollevare una campagna di opinione a sostegno del nostro rifiuto di ospitare pubblicita' della Finmeccanica per continuare a mandare in edicola questo giornale (...) tagliato fuori dai grandi flussi pubblicitari, che a tutti gli altri giornali apportano il 50% e piu' del loro fatturato, mentre noi arriviamo a malapena al 15%".

In sintesi: dobbiamo prendere quello che capita perche' siamo tagliati fuori dal giro e quel poco di pubblicita' che facciamo non ci basta neanche per pagare il ragazzo del bar. Una affermazione quanto mai discutibile, soprattutto se fatta dalle pagine di un quotidiano che non piu' di qualche mese fa e' riuscito a mobilitare i suoi lettori raccogliendo sottoscrizioni per vari miliardi, un quotidiano perfettamente in grado di sollevare un'ottima "campagna di opinione" per garantire la propria sopravvivenza.

A cose fatte, purtroppo, nessuno potra' dire se i lettori del "Manifesto", capaci di donazioni miliardarie, sarebbero stati disposti a sostenere l'integrita' del loro quotidiano di riferimento rimpiazzando con altre sottoscrizioni quella manciata di milioni con cui i mercanti di armi hanno comprato le pagine del "quotidiano comunista".

La cosa davvero grave non e' che due quotidiani di sinistra facciano pubblicita' all'industria italiana delle armi, ma che il panorama dell'informazione nel nostro paese sia talmente appiattito da consentire a tutti di poter dire tutto su qualsiasi cosa, purche' si disponga della liquidita' sufficiente a comprare le pagine (e l'anima) del giornale su cui si ha voglia di diffondere il proprio messaggio pubblicitario, meglio ancora se questo giornale appartiene ad un settore culturale o politico tradizionalmente avverso al proprio tipo di attivita' industriale e ai propri "prodotti".

Con le loro "strategie di immagine" i grandi gruppi economici hanno imparato a sfruttare tutti i punti deboli di un settore, quello della stampa periodica, ormai talmente in crisi da non permettere a nessuno di essere troppo schizzinoso con la provenienza degli introiti pubblicitari. La logica della sussistenza economica a tutti i costi, in grado di garantire la sopravvivenza sul breve periodo, e' tuttavia un "cancro informativo" che rischia di provocare sui tempi lunghi la morte di un periodico per svuotamento dei contenuti e la perdita di credibilita', di identita' e di autorevolezza di una testata. Un altro successo per i "poteri forti" che gradiscono poco le voci fuori dal coro e i canali di informazione non omologati.

Quali sono allora gli "spazi di liberta'" ancora a disposizione dell'informazione, o meglio della controinformazione che non ha intenzione di scendere a patti con la propria coscienza e con i "poteri forti" del mercato ? Uno di questi e' indubbiamente la Rete, intendendo come "Rete" non un insieme di computer, ma la rete di persone, di associazioni e di volontari che costruiscono giorno dopo giorno degli spazi alternativi di informazione sull'internet, portando la coscienza civile piu' in la' di quanto possono fare i grandi mezzi di informazione, ormai intrappolati tra la logica del profitto e quella dell'audience, a tutto vantaggio dei grandi gruppi editoriali.

Al "Manifesto" e a "Liberazione", tuttavia, va riconosciuto il merito di aver pubblicato sulle loro pagine un grande avvertimento per tutti gli italiani: "C'e' un grande Gruppo italiano che contribuisce ogni giorno a cambiare anche la tua vita". Un impero finanziario che il 22 maggio verra' privatizzato e finanziato da milioni di italiani che compreranno azioni Finmeccanica, rassicurati da un sorriso femminile lanciato dalla carlinga di un bombardiere, un sorriso che nasconde le lacrime e il sangue che gli elicotteri Finmeccanica potrebbero spargere in Turchia e in altri paesi del mondo. Oggi [10 maggio, Ndr] anche "Repubblica" e "La Stampa" hanno pubblicato gli annunci pubblicitari a tutta pagina di Finmeccanica, accompagnati da articoli in cui si commentano le ottime condizioni finanziarie del gruppo. Persino la Conferenza Episcopale Italiana ha dato la sua benedizione dalle pagine di "Avvenire", con l'articolo "Finmeccanica, conti OK."

"C'e' un grande Gruppo italiano che contribuisce ogni giorno a cambiare anche la tua vita". Ricordiamocelo e stiamo attenti. Non fidiamoci piu' di nessuno, neanche dei nostri quotidiani di fiducia. Basta imparare a leggere dietro le righe dei quotidiani e dietro gli annunci pubblicitari per fare in modo che la nostra vita e quella delle popolazioni civili che subiscono gli effetti delle nostre armi cambi DAVVERO in meglio.

Carlo Gubitosa - <c.gubitosa at peacelink.it>

==========================================================================

(i) Peacelink <www.peacelink.it> è una associazione di volontariato dell' informazione che dal 1992 offre una alternativa ai messaggi proposti dai grandi gruppi editoriali e televisivi. PeaceLink collabora con associazioni di volontariato, insegnanti, educatori ed operatori sociali che si occupano di Pace, nonviolenza, diritti umani, liberazione dei popoli oppressi, rispetto dell'ambiente e libertà di espressione. Tutti i volontari di PeaceLink svolgono il loro lavoro a titolo puramente gratuito, per dare voce a chi non ha voce. Il sito web di PeaceLink ospita gratuitamente le pagine internet di numerose associazioni, tra cui Beati i Costruttori di Pace, GAVCI, Lega Obiettori di Coscienza, Pax Christi Italia, Progetto Continenti, Comunita' Papa Giovanni XXIII.

==========================================================================















============================================================
PeaceLink - Associazione di Volontariato dell’Informazione
PeaceLink - Association of Information Volunteers
Carlo Gubitosa - Segretario
http://www.peacelink.it - c.gubitosa at peacelink.it
C.P. 2009 - 74100 Taranto - ITALIA - ITALY
Tel: 0368.3476589 Fax: 06.57290945
============================================================