quello che noi possiamo fare per Haiti



L’anno si è aperto tragicamente per uno dei paesi più
belli, più poveri e più disperati non solo d’America.
E’ una tragedia immane. Alcuni di noi, che da anni amiamo
Haiti, abbiamo il cuore a pezzi. E’ un dolore grande, che
si rinnova ad ogni volto che si incontra in fotografia o in
televisione. E non potere fare nulla per alleviare le
sofferenze di quella povera gente! Solo loro potranno
piangere i loro morti, le loro vite spezzate, mutilate,
distrutte insieme alle loro case e alle loro povere cose.
Penso agli emigrati, specie ai più poveri, quelli che
lavorano in repubblica dominicana come tagliatori di canna o
vivono clandestini nella capitale e che non usano cellulari
e internet, alla loro angoscia per le famiglie lasciate ad
Haiti. 
Un paese che sembra segnato da una maledizione: colonia
francese ricchissima, segnata dalla schiavitù e poi dagli
anni sanguinosissimi della rivolta degli schiavi e della
lunga guerra di indipendenza, ha visto succedersi
ininterrotte guerre, dittature brutali, occupazioni
militari, miseria estrema, corruzione e violenza.

Tutto in un paesaggio bellissimo, ricco di foreste sulle
montagne che dividono l’isola tra Haiti e Repubblica
Dominicana.  Foreste col tempo cadute sotto i colpi del
disboscamento che ha impoverito e reso franabili i terreni.
Le piogge torrenziali del 2004 provocarono inondazioni di
fango che fecero 5000 morti. Muore Haiti e muoiono gli
haitiani.  

Le coste di Haiti hanno fatto sognare viaggiatori e
scrittori. Frastagliate, ricche di golfi e insenature, con
isole dal nome, come la Tortuga, che evoca leggende di
pirati e bucanieri che solcavano il Mare dei Caraibi. Un
patrimonio naturale prezioso e ancora inalterato, che
potrebbe aiutare il paese a risollevarsi dalla maledizione
della miseria.  
La cultura haitiana è sempre stata eccezionalmente viva,
ricchissima di suoni, colori, racconti e poesie. E’ un
inestimabile tesoro di creatività e di arte da condividere
con il mondo. Anch’essa  potrebbe aiutare Haiti a uscire
dall’isolamento e dalla povertà estrema.
Finora purtroppo non è stato così. Gli aiuti
internazionali, le uniche vere risorse economiche di Haiti,
si sono sempre dispersi nei rivoli della corruzione e la
maggior parte della popolazione ha continuato a sopravvivere
con 2 dollari al giorno.

A questi pensieri si aggiunge la preoccupazione per il
futuro di questo povero paese, così disgraziato. Tra le
migliaia di morti vi sono ovviamente anche medici,
insegnanti, religiosi, professionisti, intellettuali. Si è
distrutto quel poco (e mal funzionante) che c’era di
apparato istituzionale. Mi sono domandata che fare, non ora,
ma dopo, quando dopo il grande dolore rimarrà la
distruzione. Penso che la cosa migliore sia che ognuno si
impegni nel proprio campo lavorativo, in quello che sa fare
di meglio e dove può dare il contributo più efficace.

Io ho pensato di invitare altri colleghi a sostenere ed
aiutare a rimettere in piedi il lavoro dei giornalisti
indipendenti (voci coraggiose contro il sistema della
corruzione che dissangua il paese) e delle radio locali,
molto seguite ad Haiti, unico mezzo di informazione 
soprattutto per chi (e sono molti) non sa leggere.  

C’è un intero paese da ricostruire, non solo
fisicamente. Se ognuno si organizzasse con i propri colleghi
in gruppi di professionisti e di tecnici (ma anche di
scrittori, artisti, intellettuali) che si mettessero in
contatto con i propri corrispettivi haitiani per aiutarli a
riprendere lavoro e impegno nella società, credo che il
nostro piccolo contributo non sarebbe vano.

Mariella Moresco / www.latinoamerica-online.info -
www.caribenet.info

Articoli su Haiti, la sua situazione sociale e la sua
cultura sono pubblicati su www.latinoamerica-online.info