PARLA IL REGISTA DI "GUERRILLA GIRL"



PARLA IL REGISTA DI “GUERRILLA GIRL”
 
Un viaggio all'interno della selva colombiana per riprendere la storia dell'entrata e dell’addestramento di una giovane ragazza nelle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia). Si tratta di "Guerrilla Girl", documentario prodotto dalla Zentropa, la casa cinematografica di Lars Von Trier, presentato alla fine del 2005 in Danimarca.
 
Il film è il culmine di un processo iniziato oltre quattro anni fa, quando, nel bel mezzo del clima di tensione creatosi dopo gli attentati dell'11 Settembre, il regista Frank Piasecki Poulsen ed il suo collaboratore Johannes T. Jensen decisero di produrre un documentario "diverso".
 
"Sono una persona molto impegnata in rapporto al mondo in cui vivo, credo che politica e arte vadano insieme. Non volevo raccontare una grande storia, né svelare la verità, ma cercare di capire chi sono e cosa fanno. Poi, ognuno è libero di esprimere il proprio parere, io non do risposte", spiega il regista in un’intervista a EFE.
 
Poulsen ha scelto le FARC perché sono "il più antico e grande movimento di liberazione dell'America Latina", e perché allora erano da poco state inserite nelle liste di organizzazioni “terroriste” degli USA e dell’Unione Europea.
 
Dopo un anno e mezzo di contatti con le FARC attraverso intermediari, hanno ricevuto il placet e sono subito partiti per la Colombia, entrandovi (e poi uscendone) in modo clandestino ed illegale nel settembre 2003, con soldi prestatigli perchè all’inizio nessuno voleva finanziare un progetto così rischioso.
 
Una volta arrivati a destinazione si sono incontrati con Iván Márquez, uno degli alti comandanti della guerriglia e membro del suo Segretariato, che, al contrario di quello che si aspettava Poulsen, gli ha dato carta bianca per lavorare, seppur con due condizioni: non filmare i civili e non filmare i paesaggi.
 
Poulsen, che ha realizzato molteplici lavori sull'Africa per il network della televisione pubblica danese DR, aveva chiaro in mente che questa volta non si sarebbe trattato del tipico documentario con interviste e sonoro in off, bensì di narrare una storia vera con una prospettiva più umana.
 
"Vivevamo a parte in un piccolo accampamento, per mostrare distanza ed evitare di fare amicizia con la truppa. Abbiamo detto loro di comportarsi come se noi non ci fossimo", racconta Poulsen, che ha ovviato al proprio castigliano lacunoso con il supporto di Jensen, con alle spalle una grande esperienza in America Latina derivante dall’aver lavorato per l’ONG statale danese Danida.
 
E’ stato partorito un documentario di 90 minuti incentrato su ‘Isabel’, giovane studentessa di 20 anni proveniente da una famiglia di ceto media e di sinistra, che decide di entrare nella guerriglia. Isabel, infatti, viene inserita in una “lista nera” dei gruppi paramilitari nel nord caraibico della Colombia, per il solo fatto di far parte di un collettivo universitario impegnato nella difesa dei diritti di studenti e professori. I suoi compagni vengono arrestati, e la sua vita è in pericolo, cosa che la porta a fare una scelta coraggiosa.
 
Si tratta ad ogni modo di un racconto che si distanzia dalla facile propaganda, per proporre invece una storia piena d’intensità.
Il film mostra la vita quotidiana all'interno di un campo di addestramento delle FARC, il processo di formazione politica ma anche le esperienze dei combattenti, le loro  piccole storie, le loro incertezze e paure, le loro discussioni e persino i momenti di festa, mentre ballano al ritmo di Aserejé quando bombardieri sorvolano l’area.
 
Inoltre, affronta tangenzialmente temi come quello del rapporto tra le FARC e il narcotraffico, attraverso la spiegazione di un istruttore ad una recluta, nonostante il regista danese abbia precisato che non era sua intenzione spiegare questa ed altre problematiche, ed abbia ribadito i “vincoli” del governo colombiano del “narcogangster” Uribe con il narcotraffico.
 
Dimagrito di dieci chili e stanco del fango e dell’umidità dopo “un’esperienza selvaggia”, Poulsen è tornato in Danimarca con cinquanta ore di riprese, la cui originalità ha convinto la prestigiosa Zentropa a produrre il film unitamente a vari dei migliori professionisti del paese e con il sostegno economico dell’Istituto del Cinema Danese.
 
Poulsen ammette che il film potrebbe generare polemiche, visto che considera le FARC "come esseri umani e non come mostri", e rivendica il fatto che sia incentrato esclusivamente su una compagine del conflitto, dato che “l’altra la sentiamo tutti i momenti”.
 
In merito alle FARC, Poulsen dice che le vede come "l'espressione di un conflitto sociale, un movimento di liberazione che lotta da oltre 30 anni contro uno Stato che terrorizza il proprio popolo, come hanno segnalato l'ONU e Amnesty International" .
Pertanto, si augura che il film possa essere presentato in Colombia e che possa contribuire "a vedere il conflitto da un'altra prospettiva".
“Guerrilla Girl” ha vinto un premio al Festival dei Documentari di Copenaghen 2005, e nello stesso anno ha riscosso un gran successo anche in quello di Amsterdam, il più importante al mondo nel suo genere. Inoltre, diversi canali satellitari di paesi europei lo hanno acquistato.
Attualmente è in fase di presentazione in tutta Italia, completamente sottotitolato in italiano dall’Associazione nazionale Nuova Colombia. Diverse iniziative sono già state realizzate in diverse città in Piemonte, Lombardia e Campania, e molte altre sono in cantiere. Chi fosse interessato a organizzare una presentazione di “Guerrilla Girl” nella propria realtà, può contattare l’Associazione Nuova Colombia chiamando il 335-8059837, o scrivendo a nuovacolombia at yahoo.it


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