Il gioco della guerra alla droga



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Colombia - Bogotà - 10.7.2006
La finta lotta alla coca
Il mercato della coca in Colombia non diminuisce nonostante le fumigazioni

scritto per noi da
Simone Bruno

Alvaro Uribe L’area coltivata a pianta di coca si “muove”. Le fumigazioni servono a tutto fuoriché a sconfiggere il narcotraffico. La Colombia produce circa il 70 percento della cocaina mondiale, per un rapporto di 640 tonnellate su 86mila ettari di terreno. Di fatto la cocaina è il principale prodotto esportato dal paese e contribuisce a 0.7 percento del Pil nazionale. Dal 2000, gli Stati Uniti hanno collaborato alla lotta alla droga con un investimento di 4000 milioni di dollari, devoluti attraverso il plan Colombia. Ma anche quest’anno gli ettari coltivati sono passati da 80mila a 86mila, nonostante siano stati fumigati circa 140mila ettari di coltivazione. Questo vuol dire che per ogni ettaro di coltivazione illecita fumigata vengono distrutti altri 8 ettari occupati da animali, foresta o orti seminati a yucca o platano. Con tutte le conseguenze più tragiche: innanzitutto il veleno buttato dagli aerei a volo raso è una delle cause dello sfollamento forzato interno, che coinvolte ormai quasi 3 milioni di persone, e che fa della Colombia il leader di una sconvolgente classifica mondiale; in secondo luogo quel cocktail chimico protetto da segreto militare provoca escoriazioni profonde e problemi respiratori che portano anche alla morte dei soggetti più deboli, quali anziani e bambini.

*L’impiego dei reparti militari statunitensi.*
Il Plan Colombia, studiato per combattere la produzione di cocaina ed eroina colombiana, dal 2001 ha ricevuto un nuovo impulso, trasformandosi, sulla linea della lotta globale al terrorismo, in una guerra contro i gruppi insorgenti colombiani e specialmente contro la quarantenne guerriglia della Farc. Washington ha ampliato il contingente militare e ha eliminato ogni freno all’assunzione di contrattasti. Nel 2004 questi sforzi si sono concretati nel Plan Patriota, con il quale il presidente Uribe, da poco rieletto, ha deciso di combattere la guerriglia direttamente nei loro avamposti storici. Con risultati, però, piuttosto scadenti: i rivoluzionari di sinistra restano padroni di buona parte del territorio nazionale. Ad essere aumentati sono soltanto gli scandali che vedono coinvolti i soldati Usa nel traffico di droga. Nel 2005, l’Army Times ha pubblicato la notizia della condanna di un militare Usa, incaricato di preparare i militari colombiani nella lotta al narcotraffico, condannato a 5 anni di carcere e allontanato dall’esercito con disonore per contrabbando di cocaina. Con lui in carcere altri 3 militari. Nel 1999, invece, è toccato alla moglie di un colonnello impiegato nell’ambasciata statunitense di Bogota, colpevole di aver inviato 20 chili di eroina negli Stati Uniti, nascosti nella valigia diplomatica. Le indagini hanno riconosciuto la complicità del marito e dell’autista colombiano. Il colonnello, processato negli Usa, è stato ritenuto responsabile anche del riciclaggio dei proventi, ma condannato a soli due anni di condizionale perché “agiva solo per aiutare la moglie tossicodipendente”, alla quale è stata concessa la liberta sulla parola e l’obbligo di un corso di riabilitazione: i 20 chili non erano altro che una dose personale. L’autista colombiano, invece, è ancora in prigione a scontare gli otto anni di condanna.

*I militari colombiani preparati dagli statunitensi.*
Lo scorso 22 di maggio, a Jamundì, nella regione della Valle del Cauca, 10 agenti della polizia speciale de Dijin e un civile sono stati uccisi da un battaglione di alta montagna dell’esercito colombiano, addestrato per combattere la guerriglia che si annida nelle Ande. I 10 agenti facevano parte di un gruppo scelto delle squadre anti-droga. Jamundì si trova in un’area di forte influenza paramilitare e sotto il controllo del cartello di Diego Montoya. Quello di “Don Diego” è il cartello più potente oggi in Colombia, con una struttura ereditata dal Cartello di Cali dei fratelli Rodrigueza, che con Pablo Escobar controllavano il narcotraffico negli anni Ottanta e Novanta. Testimoni dicono che la sparatoria è durata circa 20 minuti e che i poliziotti hanno potuto persino identificarsi, chiedendo un cessate il fuoco mai arrivato. L’autopsia ha riscontrato che alcuni sono stati ammazzati con un colpo nuca, evidente segno di esecuzione. Le squadre anti-droga del Dijin sono addestrate direttamente dalla Dea e da anni svolgono un ottimo lavoro: prima contro il cartello di Cali e adesso contro quello di Diego Montoya. Solo negli ultimi 6 mesi hanno arrestato 205 narcotrafficanti. Nonostante le indagini siano ancora in corso, il presidente Uribe, le investigazioni indipendenti della Dea e il Fiscal general de la nacion non hanno dubbi sull’accaduto: il battaglione di alta montagna dell’esercito colombiano ha agito per conto di Don Diego. E questo è un risvolto piuttosto nuovo. Bambini poveri colombiani costretti a raschiano la pentolaUn tempo i narcotrafficanti costruivano i loro eserciti personali, ora usano direttamente i battaglioni dell’esercito regolare addestrati dagli Stati Uniti attraverso il Plan Colombia. Il battaglione era comandato dal colonnello Bayron Carvajal e risultava già implicato nell’omicidio di due gruppi di contadini, poi vestiti come guerriglieri dell’Eln e delle Farc. I messaggi di testo scambiati dai militari e le confessioni di uomini del cartello di Don Montoya confermano la tesi dell’agguato. Sembra che questo battaglione sia l’anello più importante della protezione dei luogotenenti del cartello. Questo fatto sta mostrando solo la punta di un iceberg terrificante. Agenti dell’Fbi hanno affermato che da quello che risulta da loro indagini l’intera III divisione dell’esercito colombiano è stata infiltrata dal cartello di Montoya.

* I contadini che coltivano la coca in Colombia*
Le quasi 69.000 famiglie che coltivano coca in Colombia hanno un ingresso medio annuale abbastanza inferiore all’ingresso medio, ma comunque sufficiente per vivere. In ogni modo le famiglie coltivatrici rappresentano le fasce più basse della popolazione e l’unica ragione per la quale coltivano coca è la mancanza di alternative per potere alimentare la propria famiglia. Viene da domandarsi se non sarebbe più sensato usare parte dei 4000 milioni di dollari nello sviluppo di alternative per i contadini, i quali non hanno particolare interesse nel coltivare la coca. Perché non impiegati nello sviluppo di colture alternative e nel fornire loro i mezzi per raggiungere i mercati dove vendere i loro prodotti. Tutto questo è chiesto a gran voce da tutte le organizzazioni contadine colombiane e dalle Ong nazionali e internazionali.