Libertą d“informazione: RSF,



Libertà d´informazione: RSF, Cuba / USA

Hanno parlato per giorni, settimane e mesi dello sciopero della fame del presunto giornalista cubano Guillermo Fariñas, cui sarebbe stato negato l'accesso ad Internet per la sua agenzia d'informazione.

Se si "googlizza" il suo nome, vale a dire si fa una ricerca su Internet, Guillermo Fariñas compare almeno 200.000 volte.

Eppure, non hanno speso una riga, per esempio, per i quattro indigeni Mapuche che sono rimasti in sciopero della fame in Cile per 60 giorni (http://webrebelde.blogosfere.it. Come dice Gianni Minà, quella dei "reporter senza frontiere morali" è, infatti, un esempio d'informazione a comando.

Verrebbe pertanto da pensare che si tratti di giornalisti afflitti dalla sindrome ossessiva anticubana, al pari del presidente George W. Bush e del suo entourage alla Casa Bianca.

Tale patologia si manifesta con tipici comportamenti compulsivi, costituiti da martellanti e cicliche campagne informative a senso unico.

Va detto che il suddetto disturbo potrebbe essere conseguenza dell´aver subito un grave trauma, ad esempio aver visto da bambini qualcosa di brutto, che precluda in seguito la necessaria lucidità e serenità di giudizio nella professione giornalistica.

E´ però altresì possibile che il pensiero di tali professionisti dell´informazione, al pari di altri grandi comunicatori del panorama politico contemporaneo, sia invece ispirato dalla regola aurea coniata dall´indiscusso talento propagandista di Paul Joseph Goebbels: "Una bugia ripetuta mille volte si converte in una verità".

Prescindendo dalle cause, che al momento non si vuole analizzare, cercherò invece di restituire al lettore un´informazione possibilmente più oggettiva ed intellettualmente onesta, scevra cioè dai suddetti tentativi di condizionamento mentale.

Va innanzi tutto detto su Reporters sans frontieres (RSF), la fonte dell'articolo riportato ad es. il 03/02/2006 su "Repubblica" (link: http://www.repubblica.it/2006/b/sezioni/esteri/cubafame/cubafame/cubafame.html) che, lungi dall'essere giornalisti indipendenti, RSF è in realtà un'organizzazione pagata dal governo statunitense e dai suoi alleati europei per manipolare l'informazione e disinformare l'opinione pubblica mondiale allo scopo di screditare quei Paesi, come ad es. Cuba ed il Venezuela (ma non solo), le cui amministrazioni non sono funzionali agli interessi imperiali.

L´attività più rilevante di RSF consiste nel fabbricare ad arte notizie false, o stravolgerne strumentalmente la realtà per realizzare operazioni con finalità meramente politiche. Allo stesso scopo il governo degli Stati Uniti ha creato diverse pseudo-agenzie del tipo della citata "Cubanacan Press" (alcune delle quali costituite anche da una sola persona), generosamente finanziate attraverso molteplici canali, alcuni dei quali leciti ed altri no, secondo le stesse leggi USA, e pertanto non sempre noti al contribuente dell'erario statunitense.

Personalmente ritengo auspicabile un accesso ad Internet disponibile a chiunque, anche ad Haiti o nel Burkina Faso e in tutti gli altri Paesi in via di Sviluppo, i cui popoli affamati pagano invece le conseguenze di un sottosviluppo imposto dalle politiche neoliberiste e fondomonetariste mondiali. Auspico altresì che tale accesso, una volta soddisfatti i bisogni primari, possa in seguito eventualmente essere utilizzato anche poi solo per scrivere notizie di pura fantasia, false o comunque opinabili, e incluso anche da parte di quei sedicenti giornalisti cubani "indipendenti" (Ma indipendenti da chi? Sono quasi tutti regolarmente iscritti nel libro paga della Sezione d'Interessi Nordamericana a L'Avana, che fa le veci dell´Ambasciata USA a Cuba).

Tuttavia, io credo che una seria informazione non possa prescindere dalla verifica dell'attendibilità delle fonti, in questo caso il gruppo francese "Reporter sans frontieres" (RSF). Occorre infatti precisare la vera natura di RSF, giacché sui media dell'Unione Europea, in nome dell'incondizionata sudditanza atlantica, essa deve essere invece scrupolosamente sottaciuta.

RSF è, in effetti, un'organizzazione a servizio del Dipartimento di Stato di Washington, espressamente pagata dal governo degli Stati Uniti a scopo politico. Uno dei suoi obiettivi principali, infatti, è proprio quello di screditare i governi progressisti dell'America Latina, in primis Cuba, Venezuela e Bolivia, ma non solo. 

A tale scopo, RSF riceve cospicui finanziamenti dal NED (National Endowment for Democracy), un organismo che a sua volta dipende dal Congresso degli Stati Uniti e che è incaricato di promuovere la politica estera statunitense, nonché da USAID (United States Agency for International Development), altro organismo attraverso cui gli Stati Uniti concedono i finanziamenti ai Paesi poveri, a condizione però che i loro governi siano compiacenti con gli interessi imperiali, in altre parole col ricatto.

Gli Stati Uniti, infatti, hanno bisogno di orientare opportunamente l'opinione pubblica interna e dei loro alleati internazionali con apposite campagne mediatiche planetarie disinformative, propedeutiche alle guerre preventive, invocando poi, secondo l´occasione, la lotta al terrorismo o la lotta contro il narcotraffico. Per fabbricare il consenso, la menzogna è una componente organica del potere egemonico degli USA, come ampiamente dimostrato con l´invasione dell´Iraq alla ricerca delle famose armi di distruzione di massa, mai rinvenute.

Ciò che fanno RSF e, più in piccolo, Cubanacan Press, in realtà, è davvero un grave danno alla libertà d'informazione dell'opinione pubblica e ciò, secondo me, spiega e giustifica che di conseguenza i governi di quei Paesi che si sentono più minacciati (a cominciare proprio da Cuba) prendano poi le opportune contromisure.

La limitazione alla diffusione di Internet a Cuba va invece più realisticamente posta in relazione alle carenze tecnologiche che necessariamente la supportano e, in particolare, alla rete telefonica nazionale, che non raggiunge le abitazioni private se non in una percentuale piuttosto bassa (inferiore al 7%) rispetto agli standard europei e, per lo più, con una diffusione concentrata essenzialmente nella capitale.

Sebbene la digitalizzazione della telefonia sia ormai stata estesa da ETECSA (la Società telefonica di Stato), a tutte le province dell'isola, le infrastrutture restano pur sempre quelle di un Paese del Terzo Mondo, per di più sottoposto dalla superpotenza egemonica ad un cinico e genocida blocco economico, commerciale e finanziario, il più lungo della Storia, puntualmente condannato ogni anno nella sede delle Nazioni Uniti, in quanto extraterritoriale ed illegale secondo le normative internazionali http://www.rebelion.org/noticia.php?id=28020, oltreché moralmente ripugnante.

Da un punto di vista tecnico, va inoltre osservato che, avendo poca banda a disposizione, Cuba non può permettersi un alto volume di utenti. Per motivi non certo imputabili alla volontà dei Paesi del Terzo Mondo, esiste infatti un divario incolmabile tra l´accesso alle tecnologie dei Paesi più poveri ed i Paesi a più alto sviluppo economico. Sarebbe pertanto assolutamente privo di senso fare un paragone tra queste realtà ben diverse senza tenerne debitamente conto. 

La diffusione di Internet a Cuba procede invece secondo criteri di priorità sociale e di progressiva gradualità, privilegiando ad es. la diffusione dell'informazione medica (attraverso la rete "Infomed" appositamente dedicata), la ricerca universitaria, il sistema bancario e finanziario, quello postale e delle telecomunicazioni, le imprese economico-commerciali e le strutture turistiche (hotel, aeroporti internazionali, Internet points, ecc.).

Non posso esimermi dal ricordare che tutte le scuole, anche quelle più remote di campagna (incluse quelle ove non giunge la rete elettrica nazionale), sono dotate di computer, TV e videoregistratori alimentati all'occorrenza da pannelli ad energia solare (come del resto anche i consultori medici di campagna, presenti capillarmente ovunque).

Ancora al riguardo, segnalo che in quasi tutte le città si può trovare un "Club de Computación" per i giovani dall'età scolare in poi che vogliano apprendere gratuitamente l'uso del computer e farne pratica. Se davvero volesse deliberatamente impedire l´accesso ad Internet alla popolazione, non si capirebbe allora perché lo Stato cubano spenda così tante risorse per curare la formazione informatica. Uno dei passatempi preferiti dei ragazzini sono i videogiochi, il loro primo approccio all´uso del computer.

Ove non esistano gli Internet points per l'accesso pubblico a Internet (a pagamento, più o meno agli stessi prezzi che qui da noi in Italia), sono quasi sempre gli uffici postali (presenti in tutte le città) che forniscono un apposito servizio d'invio della posta elettronica, più limitato ma anche molto più economico rispetto all'accesso a Internet vero e proprio.

In quasi tutti i principali hotel, oltre ai turisti stranieri, è pertanto possibile incontrare cittadini cubani connessi ad Internet e persino collegati in chat con i loro amici all'estero.

Certo che le autorità cubane esercitano un controllo al riguardo. Del resto le nostre autorità lo fanno anche da noi. Evidenzio a tal proposito che il decreto Pisanu in materia di anti terrorismo prevede l'obbligo per gli utenti di fornire le generalità ed esibire un documento d'identità in qualsiasi punto pubblico di accesso ad Internet nel territorio italico. Per non parlare delle limitazioni personali in vigore negli Stati Uniti conseguenti al "Patrioct Act", ivi compresi la sorveglianza, la violazione della privacy e lo spionaggio nelle comunicazioni, anche senza le dovute autorizzazioni giudiziarie, imposte ai cittadini statunitensi dopo la tragedia dell'11 Settembre, violazioni di cui è attualmente oggetto di uno scandalo proprio l´Amministrazione Bush.

Al riguardo, vale la pena osservare che Cuba è un Paese che ha pagato al terrorismo un pesante tributo di sangue. E´ inoltre un dato inconfutabile che, nel continente americano, la CIA ne è da sempre il principale sponsor ed artefice, con tutti i più avanzati mezzi tecnologici possibili, in virtù delle immense dotazioni finanziarie e dello strapotere economico, politico e militare degli Stati Uniti.

RSF sarebbe moralmente più credibile se, tra le priorità di cui potrebbe invece occuparsi, considerasse che proprio il governo degli Stati Uniti, loro finanziatore (e che si dovrebbe pertanto presumere aver a cuore la libertà d'informazione), la prima cosa che ha fatto nell'intervento militare a Belgrado, è stata quella di bombardare la sede della TV serba. Lo stesso ha fatto a Baghdad con la TV irachena. In Iraq si sono portati al seguito soltanto i più fedeli giornalisti "embedded", quindi hanno deliberatamente bombardato l'hotel Palestine ove erano ospitati i giornalisti internazionali, causando tra l'altro la morte del cameraman spagnolo José Couso. In proposito RSF si era distinta escludendo categoricamente la responsabilità USA, nonostante le flagranti prove dimostrate.

Poi le autorità d'occupazione statunitensi hanno espulso dall'Iraq "Al Jazzera", colpevole di riferire sugli effetti sulla popolazione civile dei bombardamenti USA che hanno completamente raso al suolo la città di Fallujah. La catena araba, in quella parte del mondo, era l'unico network diverso dalla CNN che poteva coprire le notizie sui crimini contro l´umanità perpetrati "esportando la democrazia", in nome della lotta contro il terrorismo.

Perciò l´Amministrazione Bush è arrivata a pianificare il bombardamento della sua sede in Qatar, nel Golfo Persico. Nel frattempo hanno deportato a Guantánamo il loro corrispondente in Afganistan, il sudanese Sami al Hajj, sottoponendolo a torture e a maltrattamenti inumani (descritti nell'articolo sottostante, in spagnolo). Il suo caso è stato oggetto di precisi rapporti di "Amnesty Internacional", ma RSF, diretta dal giornalista francese Robert Ménard, non ha ritenuto di occuparsene. 

E´ quanto mai significativo l´assordante silenzio in proposito di "Reporter sans frontieres". Evidentemente, la proclamata difesa della libertà di stampa non è il vero fine delle proprie campagne giornalistiche. Per RSF, alias Robert Ménard, evidentemente, è molto più interessante cercare qualche pretesto per attaccare la terribile "dittatura" cubana. Proprio per questo, infatti, viene pagato.

Domando:

1] - Cos´ha da dire l'organizzazione per la libertà di stampa "Reporter sans frontieres" su come la libertà d'informazione è garantita nell'Iraq occupato dal Paese presumibilmente più libero del mondo, gli Stati Uniti d´America?

2] - Per RSF, bombardare le TV, imprigionare, torturare e uccidere i giornalisti scomodi per raccontare una verità sulla guerra d'aggressione imperialista che non sia quella riportata dalla CNN e dagli altri giornalisti "embedded", significa forse esportare la democrazia e difendere la libertà di stampa?

3] - Perché lo stesso metro di giudizio non si usa nei confronti di chi pratica la tortura (nei lager di Guantánamo o di Abu Grahib, per esempio) o per chi occupa illegalmente un Paese sovrano (l'Iraq, per esempio), massacrando il suo popolo e distruggendo i suoi centri abitati (Fallujah, per esempio)?

4] - In base ai dati riportati nell´articolo di Juan Carlos Camaño, Presidente della federazione latinoamericana dei giornalisti (FELAP), nel Messico dell´attuale Presidente Vicente Fox, filostatunitense, dalla metà degli anni Ottanta in poi sono stati uccisi ben 54 giornalisti http://italy.peacelink.org/latina/articles/art_15495.html. "Ninguno de los 54 crímenes contra periodistas, ni las dos desapariciones, dejaron saldo alguno en el orden investigativo. Nada de nada". Cosa ne dice in proposito RSF?

5] - Le misure repressive sono sempre spiacevoli, ma si può trascurare la circostanza che il provvedimento di impedire l'accesso ad Internet sia stato preso nei confronti di un presumibile mercenario pagato dal governo del Paese responsabile del bloqueo e del terrorismo contro Cuba (gli Stati Uniti d´America) proprio allo scopo di fornire pretesti, secondo una prassi, tristemente consolidata, per aggressioni prima mediatiche, poi diplomatiche ed infine militari?

6] - Cuba è probabilmente l'unico Paese del continente americano dove non è mai stato assassinato un giornalista. Per quanti altri paesi RSF trova spazio per citare nomi e cognomi dei giornalisti cui sarebbe impedito l´esercizio della professione? Nel Paese del più fedele alleato degli Stati Uniti in America Latina, la Colombia narco-fascista del presidente Uribe, per esempio, quando non sono ridotti al silenzio da minacce e intimidazioni, i giornalisti vengono allora rapiti o uccisi.

Queste argomentazioni, evidentemente, sono prive di interesse per chi spende tutte le sue energie per trovare, seguire ed amplificare ogni più labile lamento provenga da parte di qualsiasi sedicente giornalista cubano, ovviamente perseguitato dall'oppressivo regime comunista che vuole perfidamente impedire l'accesso ad Internet ai suoi cittadini. La tutela della libertà di stampa da parte di RSF, in verità, non è altro che un mero pretesto per operazioni politiche di bassa lega.

Per questo ritengo ora più che mai necessario, di fronte alla pretesa imperiale delle guerre preventive, evitare di prestarsi alle solite, squallide, avvilenti campagne anticubane, posto che nessun Paese è perfetto e che naturalmente anche Cuba è suscettibile di miglioramenti, che però sarebbero di certo molto più facilmente realizzabili qualora il cosiddetto autoproclamato "mondo libero" si decidesse a lasciarla vivere in pace e a rispettarne la sovranità.

Sarebbe perciò auspicabile che il governo dell´Unione manifestasse al riguardo una sensibilità diversa da quella invece espressa dal governo Berlusconi, che nei confronti di Cuba ha usato solo toni spregevoli ed infamanti.

Aldo Garuti



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L'articolo sottostante, in lingua spagnola, è di Salim Lamrani, ricercatore francese presso l´università Denis-Diderot (Paris VII), esperto di relazioni tra Cuba e gli Stati Uniti. Riferisce sulla prigionia del giornalista sudanese Sami al Hajj di "Al Jazeera", torturato dalle autorità statunitensi nella Base Navale illegalmente occupata di Guantánamo, e sulla posizione di silenzio assunta al riguardo dall´organizzazione per la libertà di stampa "Reporter sans frontieres".
 

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ADITAL - Agencia de Información Fray Tito para América Latina
www.adital.com.br


23.01.06 - CUBA 

El silencio de Reporteros Sin Fronteras sobre periodista torturado en Guantánamo

Salim Lamrani *

Adital - El silencio observado por la organización de "defensa de la libertad de prensa", Reporteros Sin Fronteras (RSF), sobre el periodista sudanés, Sami al Hajj, suscita numerosas interrogantes en cuanto a la imparcialidad de la asociación que dirige Robert Ménard. Siempre rápida en estigmatizar, a menudo de manera arbitraria, ciertos países en el punto de mira de Washington tales como Cuba, Venezuela y China, RSF ha ignorado completamente el calvario sufrido por al Hajj, que trabaja para la cadena de televisión qatarí Al Jazeera.1  

            El 22 de septiembre de 2001, Al Jazeera mandó a un equipo de periodistas, del cual formaba parte al Hajj, a investigar sobre el conflicto de Afganistán. Después de 18 días de reportaje, el grupo se retiró a Pakistán. En diciembre de 2001, al Hajj volvió allí con sus colegas para cubrir la investidura del nuevo gobierno afgano. Pero, antes de que pudiera alcanzar la frontera, la policía pakistaní procedió al arresto del periodista sudanés, liberando a los demás miembros del equipo qatarí.2

            Entregado a las autoridades estadounidenses instaladas en Afganistán, al Hajj iba a vivir una verdadera pesadilla en la base aérea de Bagram. "Fueron los peores [días] de mi vida", testificó. Confesó que sufrió abusos sexuales y amenazas de violación por los soldados norteamericanos. También lo torturaron gravemente durante largos meses. Padeció múltiples malos tratos. Lo obligaban a ponerse de rodillas en el suelo durante varias horas. Los perros lo acosaban y lo agredían constantemente. El periodista sudanés también fue encerrado en una jaula y puesto en un hangar para aviones glacial. Explicó cómo sus verdugos le arrancaban los cabellos y los pelos de la barba uno por uno. Sus guardias lo golpeaban regularmente y durante más de cien días no lo dejaron lavarse mientras que su cuerpo estaba cubierto de piojos.3

            El 13 de junio de 2002, Sami al Hajj fue enviado a Guantánamo. Durante el vuelo, lo mantuvieron encadenado y amordazado con una bolsa sobre la cabeza. Cada vez que el cansancio lo vencía, sus guardias lo despertaban violentamente con golpes en la cabeza. Antes de su primer interrogatorio, no le permitieron dormir durante más de dos días. "Durante más de tres años, la mayor parte de mis interrogatorios tenían como objetivo hacerme decir que hay una relación entre Al Jazeera y Al Quaeda", relató a su abogado.4

            En el territorio cubano que Estados Unidos ocupa ilegalmente, el reportero sudanés no recibió atención médica ni para un cáncer de la garganta que sufrió en 1998 ni para el reúma que padece. Lo golpearon en las plantas de los pies y lo intimidaron con perros amenazantes. Fue víctima de humillaciones racistas y nunca le autorizaron a disfrutar de los tiempos de recreo a causa de su color de piel. También fue testigo de la profanación del Corán en el 2003 y, con sus compañeros de cárcel, se puso en huelga de hambre. La reacción del ejército estadounidense a la protesta fue sumamente violenta: lo golpearon y tiraron por las escaleras, hiriéndolo seriamente en la cabeza. Luego lo aislaron antes de ser trasladado al Campo V, el más severo de todos los centros de detención de Guantánamo, donde lo clasificaron al nivel de seguridad 4, nivel que es sinónimo de las peores brutalidades.5

            Este testimonio, abrumador para la administración Bush que se niega todavía a otorgar el estatuto de prisioneros de guerra a los detenidos de Guantánamo, se agrega a dos declaraciones hechas por otras víctimas a Amnistía Internacional, igualmente acusadoras.6 No obstante, sólo constituyen la parte visible del iceberg. En Guantánamo, el crimen es doble: Estados Unidos inflige las barbaries más inhumanas a personas secuestradas sin pruebas formales, y ocupa por la fuerza una parte del territorio de la nación soberana de Cuba.

            La colusión entre RSF y Washington ya se ilustró en el caso del cámara español José Couso, asesinado por los soldados de la coalición. En un informe, la entidad parisina había exonerado de toda responsabilidad a las fuerzas armadas estadounidenses a pesar de las flagrantes pruebas. La connivencia entre RSF y el Departamento de Estado norteamericano era tal que la familia del periodista denunció el informe y pidió a Ménard que se retirara del asunto. La complicidad es también evidente en el caso de Cuba, donde RSF transforma a agentes subvencionados por Estados Unidos en "periodistas independientes", mientras que la información sobre este tema está disponible y es incontestable.7

            Las autoridades estadounidenses se alegran de los informes tendenciosos de RSF y los utilizan incluso en su guerra propagandística contra Cuba. Michael Parmly, jefe de la Sección de Intereses Norteamericanos en La Habana, afirmó que el 20% de los periodistas encarcelados en el mundo "se encuentran en Cuba. Reporteros sin fronteras estableció recientemente una clasificación de 164 países para la libertad de prensa; Cuba fue clasificado penúltimo justo delante de Corea del Norte".8

            Puesta en tela de juicio por su estigmatización de Cuba a partir de elementos factuales equivocados y por su alineación con el punto de vista estadounidense, RSF intentó responder a las acusaciones. Pero la falta de coherencia del comunicado así como las palabras contradictorias observadas no hicieron sino reforzar las sospechas. En efecto, Ménard no ha dado explicaciones sobre los vínculos dudosos y las diversas reuniones de su organización con la extrema derecha cubana de Florida. El secretario general de RSF hasta hace alarde de su admiración por Franck Calzón, presidente del Center for a Free Cuba, organización extremista financiada por el Congreso de Estados Unidos. "Hace un trabajo fantástico a favor de los demócratas cubanos", aseguró al respecto.10 Después, RSF tuvo que confesar públicamente que percibía financiación de este mismo Centro.11

            De la misma manera, RSF recibió emolumentos por parte del National Endowment for Democracy, organismo que depende del Congreso y que se encarga de promover la política extranjera estadounidense.12 Esta financiación ocasiona un conflicto de intereses en el seno de la organización francesa, poco dispuesta a denunciar las tropelías cometidas por uno de sus mecenas, a saber el gobierno de los Estados Unidos. Antes de la publicación del testimonio divulgado por Amnistía Internacional, Ménard hubiera podido pretender ignorar la existencia de Sami al Hajj. Pero, a pesar de la fuerte mediatización internacional de estos nuevos casos de tortura en la base naval de Guantánamo, RSF aún no se ha dignado interesarse por este escándalo y se ha refugiado en un mutismo revelador.

            La censura de este nuevo caso de grave violación de la libertad de prensa cometida por la administración Bush sólo confirma un poco más el doble discurso de Reporteros Sin Fronteras. Mientras la organización se ensaña de manera desmesurada contra Cuba, mientras que los casos evocados están muy lejos de ser convincentes, permanece silenciosa sobre un flagrante atentado contra la integridad de un periodista, encarcelado y torturado sólo porque trabaja para la cadena qatarí Al Jazeera, extremadamente influyente en el mundo árabe y poco complaciente con Washington. La credibilidad de la organización de Ménard, ya fuertemente quebrantada por su trato parcial y sus vínculos con el gobierno de Estados Unidos, está cada vez más débil pues tales omisiones comparadas con la recurrencia obsesiva de ciertos temas como Cuba no pueden ser pura casualidad.

Notes

1 Amnistía Internacional, « USA : Who Are the Guantanamo Detainees? Case Sheet 16 : Sudanese National Sami al Hajj », 11 de enero de 2006. http://web.amnesty.org/library/index/ENGAMR512072005 (sitio consultado el 14 de enero de 2006).

2 Ibid.

3 Ibid.

4 Ibid.

5 Ibid.

6 Amnistía Internacional, « USA : Days of Adverse Hardship in US Detention Camps - Testimony of Guantánamo Detainee Jumah al-Dossari », 16 de diciembre de 2005. http://web.amnesty.org/library/Index/ENGAMR511072005 (sitio consultado el 14 de enero de 2006) ; Amnistía Internacional, « USA: Who Are the Guantánamo Detainees? Case Sheet 15: Yemeni National Abdulsalam al-Hela », 11 de enero de 2006. http://web.amnesty.org/library/index/ENGAMR512062005 (sitio consultado el 14 de enero de 2006).

7 Familia Couso, « La familia de José Couso pide a Reporteros Sin Fronteras que se retire de la querella », 17 de enero de 2004. www.josécouso.info (sitio consultado el 18 de julio de 2005).

8 Michael E. Parmly, « Speech by U.S. Interests Section Chief of Mission Michael Parmly Marking the 57th Anniversary of the UN General Assembly's Adoption and Proclamation of The Universal Declaration of Human Rights », United States Interest Section, 15 de diciembre de 2005. http://havana.usinterestsection.gov/uploads/images/H6d6TbvWetXZoCJAPwksLQ/parmly1210e.pdf (sitio consultado el 29 de diciembre de 2005).

9 Reporters sans frontières, « Pourquoi s´intéresser autant à Cuba ? La réponse de Reporters sans frontières aux accusations des défenseurs du gouvernement cubain », 6 de julio de 2005. www.rsf.org/article.php3?id_article=14350 (sitio consultado el 15 de julio de 2005).

10 Salim Lamrani, Cuba face à l´Empire : Propagande, guerre économique et terrorisme d´Etat (Outremont, Québec : Lanctôt, 2005), pp. 88-89.

11 Reporters sans frontières, op.cit.

12 Ibid.

* Investigador en la universidad La Sorbona de Paris

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Link: http://www.adital.org.br/site/noticia.asp?lang=ES&cod=20721&busca=
 
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Link al precedente articolo in lingua francese: http://www.legrandsoir.info/article.php3?id_article=3188

Link al precedente articolo in lingua inglese: http://www.globalresearch.ca/index.php?context=viewArticle&code=LAM20060208&articleId=1922

Link versioni articolo in lingua russa ed araba: http://www.voltairenet.org/article134695.html#article134695

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Salim Lamrani: sobre el autor

Salim Lamrani es investigador de la Universidad Denis-Diderot en París y está especializado en las relaciones de Cuba y Estados Unidos desde 1959. Regularmente escribe artículos publicados en francés, inglés, español, italiano, alemán y portugués sobre las relaciones Estados Unidos-Cuba y la propaganda de los medios en periódicos y revistas de todo el mundo.

Es autor de "Cuba face à l´Empire: Propagande, guerre économique et terrorisme d´Etat" (Outremont: Lanctôt, 2005).

También es autor y editor de "Superpower Principles: U.S. Terrorism Against Cuba" (Monroe, Maine: Common Courage Press, 2005). 

http://www.rebelion.org/mostrar.php?tipo=5&id=Salim%20Lamrani&inicio=0

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Altri riferimenti su RSF ed Internet a Cuba:

- Ménard (RSF) ricorre alle minacce: http://www.granma.cu/italiano/2006/abril/mier19/17rsf.html

- Subsidios UE de 1.300.000 euros para cubrir a Robert Ménard (Reporters sans frontieres): http://www.granma.cu/espanol/2006/marzo/mar21/13menard.html

- Internet a Cuba: anno decimo: http://www.granma.cu/italiano/2006/abril/jue27/internet.html