Intervista a Rossetto della Direzione del Movimento Senza Terra



L'intervista è stata realizzata il 15 novembre nella sede di Adista a
Roma


LA SFIDA È ADESSO. INTERVISTA A NEURI ROSSETTO DOPO LA VITTORIA DI LULA

ROMA-ADISTA. Il popolo brasiliano "ha votato in massa per il cambiamento
e ha eletto come presidente Lula. È una vittoria del popolo. È una
sconfitta delle élite e del loro progetto". In un documento rivolto "Al
popolo brasiliano e al presidente Lula", il Movimento dei Senza Terra
esprime la propria esultanza e le proprie speranze per la storica
affermazione del leader del Partito dei Lavoratori alle elezioni del 27
ottobre scorso (v. Adista n. 79/02). Ma, per il Movimento, la cautela è
d’obbligo. In un altro documento, infatti, scritto da alcuni esponenti
del Mst di São Paulo proprio all’indomani del trionfo di Lula, allo
scopo di fornire elementi di riflessione sulla congiuntura politica
nazionale, i toni sono infatti molto prudenti: "c’è stata - si legge -
una vittoria politico-elettorale delle forze popolari", ma questa
vittoria "non è stata il frutto di una ripresa del movimento di massa",
bensì "il risultato del fallimento del modello economico seguito dalle
élite". E per il governo non sarà una vita facile: "il grande capitale
continuerà a premere affinché non ci siano cambiamenti strutturali e
significativi", le componenti di destra che hanno sostenuto Lula
spingeranno perché venga allontanata l’ala radicale del Pt e il governo
dovrà "negoziare tutto il tempo". In questo quadro, sottolinea il
documento, il compito delle forze sociali deve essere quello di
costruire "un’unità popolare", partendo dai comitati popolari contro
l’Alca (l’Area di libero commercio delle Americhe), "per evitare il
settarismo e l’isolamento". Sulle sfide che attendono il governo Lula e
le prospettive del movimento sociale e in particolare dei Senza Terra,
abbiamo chiesto il parere di un dirigente del Movimento, Neuri Rossetto,
di passaggio a Roma dopo aver partecipato a Firenze alla riunione del
Consiglio internazionale del Forum Sociale Mondiale. Di seguito
l’intervista.

La vittoria di Lula è stata accolta con molto entusiasmo dal mondo di
sinistra di tutta l’America Latina e non solo. Il Mst, invece, è stato
più cauto. Per quali ragioni?

Il movimento considera la vittoria di Lula un fatto politico e storico
di grande importanza, una svolta rispetto alle questioni poste dai
movimenti popolari e sociali del Paese. Un sociologo brasiliano
dell’Università di São Paulo ha detto che la vittoria di Lula significa
la rifondazione del Brasile. Vi sono stati altri momenti storici di
cambiamento del Paese, ma le élite sono riuscite sempre a prendere il
sopravvento. Il primo momento è stato quello della fine della schiavitù:
gli schiavi sono stati liberati, ma non è stata data loro la terra. Il
secondo momento è stato quello della proclamazione della Repubblica:
l'impero è stato abbattuto, ma le oligarchie hanno continuato a dominare
il Paese. Il terzo momento è stato quello della rivoluzione del 1930,
con la sconfitta delle oligarchie del caffè e la loro sostituzione con
le élite industriali. La vittoria di Lula rappresenta una rottura con
questi altri tre momenti. Il Mst ha lavorato per questo risultato, si è
impegnato perché Lula vincesse. Ma abbiamo rivolto critiche ai modi in
cui è stata condotta la campagna elettorale. Il processo elettorale
avrebbe dovuto essere l’occasione per discutere dei problemi strutturali
del Paese e presentare idee per risolverli. Ma di questo non si è
parlato. I problemi della nostra dipendenza dall'estero, del debito,
della concentrazione della ricchezza e della terra non sono stati
praticamente affrontati. Lula, con la sua storia, avrebbe potuto farlo,
e invece ha seguito un altro percorso, quello che è stato definito "Lula
pace e amore". Si è persa un'opportunità. Lula ha vinto le elezioni, ma
spetta ora ai movimenti sociali fare pressioni su di lui. Perché anche
l'altra parte lo farà. Gli stanno già chiedendo di prendere le distanze
dall’ala radicale del Pt e dei movimenti sociali. Qual è il nostro
compito? Lula è il nostro presidente: dobbiamo condurre in avanti le
lotte sociali per contrapporci alle pressioni che gli arriveranno
dall'altro lato. Resta da vedere se avremo la forza di tirarlo dalla
nostra parte o saremo assorbiti dalla struttura e come si comporterà lui
di fronte a queste pressioni contrapposte.

João Pedro Stedile ha detto che la vittoria di Lula avrebbe comportato
una grande ripresa delle mobilitazioni sociali. Non c'è, però, il
pericolo che i movimenti sociali lascino tutta la responsabilità dei
cambiamenti al governo, ora che c’è un governo di sinistra?

Esiste questo rischio, come esiste quello che i movimenti sociali
vengano cooptati dalla macchina amministrativa, attraverso l’offerta di
incarichi. Il modo per realizzare un governo progressista che entri
nella storia per aver effettivamente rotto con il neoliberismo, con la
proposta delle élite dominanti, è quello della pressione dei movimenti
sociali. Questo provocherà conflitto, ma non vuol dire che saremo contro
il governo.

Molti dicono che il peso degli organismi internazionali sarà tale che
Lula avrà pochi margini per agire e governare liberamente. D’altro
canto, però, in America Latina qualcosa sembra essere cambiato in questo
periodo, con la crescita della sinistra in diversi Paesi e le ottime
affermazioni elettorali di Gutiérrez in Ecuador, e di Morales in
Bolivia. Che prospettive ci sono?

Penso che qualcosa stia cambiando, ma che ci sarà bisogno di tempo per
verificarlo. C'è un clima di cambiamento in America Latina, tanto per la
vittoria di Lula quanto per le reali possibilità che Gutiérrez vinca in
Ecuador. E dall'altro lato c’è la crisi dell'Argentina, la situazione
critica dell’Uruguay... È un periodo di crisi, ma anche di forti
aspettative. La vittoria di Lula ha influito positivamente in tutti
questi Paesi, creando speranza in ogni settore sociale, creandola in
misura addirittura maggiore che in Brasile. E questo è un fatto
positivo, perché giunge dopo un decennio in cui si è detto che non
c’erano alternative al neoliberismo. Ora quel modello è entrato in
crisi. La vittoria di Lula è stata indubbiamente una sconfitta del
modello neoliberista. I mezzi di comunicazione in Brasile hanno tentato
di risparmiare Fernando Henrique Cardoso, cercando di far passare l’idea
che il suo governo non ha avuto niente a che vedere con la vittoria di
Lula. In realtà, chi è uscito sconfitto è stato proprio il modello da
lui seguito. Il problema, però, è che il governo Cardoso, oltre ad
essere responsabile delle privatizzazioni, della crescita della povertà
e della disoccupazione, dell’aumento della concentrazione di ricchezza,
ci ha anche lasciato un debito enorme, un debito passato addirittura dal
25% al 105% del Prodotto interno lordo. Questo fa sì che la nostra
economia sia più dipendente dal capitale estero di qualsiasi altra, che
basti un sospiro in Indonesia per far crollare la borsa in Brasile. E a
causa di questa vulnerabilità il Fondo Monetario Internazionale ha buon
gioco a imporre al governo regole draconiane, lasciando a Lula un
margine molto ristretto di azione, con il conseguente pericolo di
ingenerare delusione e crisi.

E rispetto all’Alca, esiste la possibilità di impedire l’entrata in
vigore dell’accordo?

Noi speriamo di sì. In Brasile abbiamo realizzato il plebiscito
sull’Alca e dieci milioni di persone hanno votato contro l’accordo. E in
Ecuador, in occasione della riunione dei ministri del commercio di tutti
i Paesi latinoamericani, si è svolta una grande manifestazione dei
movimenti sociali del continente. Durante la campagna del plebiscito, il
Partito dei Lavoratori ha dichiarato che l'accordo sull’Alca, così come
era stato proposto, era inaccettabile. Questa non è una posizione molto
chiara perché lascia spazio a diverse interpretazioni, come se una
versione diversa dell’accordo possa risultare invece accettabile. Mentre
noi pensiamo che non ci sia versione accettabile, perché in un processo
di integrazione economica a livello continentale gli Stati Uniti
vorranno comunque esercitare il loro dominio. Il primo viaggio che farà
Lula sarà in Argentina: penso che sia un segnale della volontà di
rafforzare il Mercosur. La questione dell'Alca è una delle bandiere dei
movimenti sociali, e noi continueremo a far pressioni su Lula perché
assuma una posizione contraria. Ma occorre che sia esercitata una
pressione a livello latinoamericano.

A gennaio si svolgerà la terza edizione del Forum Sociale Mondiale a
Porto Alegre. Quali sono le aspettative del Mst in relazione a questo
evento? Quali risultati è possibile attendersi?

Il Forum Sociale Mondiale sta seguendo una traiettoria che valutiamo
positivamente. Il primo Forum è stato caratterizzato dal no al
neoliberismo, con lo slogan "Un altro mondo è possibile". Ed è stato il
primo grande evento mondiale in cui si è detto che il neoliberismo non è
l’unica strada. Il secondo Forum ha rappresentato il momento della
presentazione delle proposte. C’è stato un salto di qualità. Il terzo
Forum si propone invece di parlare, oltre che del mondo che vogliamo,
anche di come lo costruiremo. È il momento di stabilire le strategie.
Per noi è molto importante che il Forum stia andando avanti. Io credo
che sarà difficile costruire un'organizzazione più organica e
strutturata, e non so nemmeno se sia necessaria. Comunque, almeno in
queste tre tappe si sono fatti passi avanti. Nel terzo forum è giusto
che ci sia anche il momento per esprimere una certa solidarietà al
governo Lula rispetto alle difficili sfide che lo attendono. E infatti
il comitato internazionale ha deciso proprio ora di invitarlo.

Hai partecipato in questi giorni a una riunione del consiglio
internazionale del Forum. Che decisioni sono state prese?

Faccio parte del comitato organizzatore brasiliano, come rappresentante
del Mst. Anche a livello organizzativo si sono registrati passi avanti.
Negli altri due forum, praticamente è stato il comitato brasiliano che
ha organizzato e proposto conferenze e seminari. Ora si segue un’altra
metodologia. È il comitato internazionale che sta organizzando il Forum
Sociale. È chiaro che ci sono tensioni e discussioni, per esempio sui
contenuti delle conferenze. Ma è importante che sia il comitato
internazionale e non più solo il gruppo brasiliano a decidere. È un
passo avanti. Un altro passo avanti riguarda il tipo di attività che si
svolgeranno al Forum. Una novità, per esempio, è rappresentata dai
tavoli di dialogo e discussione, uno ogni mattina per quattro giorni. Un
tema che si affronterà sarà quello relativo alle relazioni tra partiti
politici e movimenti sociali, con la presenza di rappresentanti degli
uni e degli altri. C’è poi l’idea di tenere delle conferenze su grandi
temi come la guerra in spazi aperti a tutti, fuori dalla struttura della
Puc (la Pontificia Università Cattolica) aperta solo ai delegati, nella
ricerca di una maggiore interazione con la società. Questa riunione è
servita anche per dare un po’ più di corpo, un po’ più di organicità, al
comitato internazionale, secondo la proposta, già avanzata lo scorso
anno a Porto Alegre, di mondializzare il Forum Sociale. Infine, è stata
espressa grande soddisfazione per i risultati del Forum Europeo, in
particolare per la grandiosa manifestazione finale di un milione di
persone. Proprio da questa è venuta la spinta per una maggiore presenza
della questione della guerra nel Forum di Porto Alegre.

Quali sono le strategie del Movimento dei Senza Terra nel prossimo
futuro?

Rispetto alla questione specifica della lotta per la terra, noi
continueremo a lottare nella speranza che Lula faccia veramente qualcosa
per cambiare il modello agricolo. Perché non basta insediare le
famiglie: occorre intervenire proprio sul modello. Per esempio, se
Cardoso ha distrutto il sistema della ricerca agro-tecnica, Lula può
riattivarlo. Così come può aumentare il credito per le case e per le
aree di insediamento. Si può andare avanti rapidamente nella
trasformazione delle condizioni rurali. Vi sono centinaia di famiglie
accampate a cui dare la terra, c’è da riattivare i servizi di assistenza
tecnica, riaprire il credito. Noi spingeremo in questa direzione.

Sono previste occupazioni di terra nei prossimi mesi?

Alcuni hanno detto che il Movimento concederà una tregua per
l’insediamento di Lula. Ma non accettiamo questo discorso. La lotta
sociale non ha tregue. E non si tratta di una decisione dei dirigenti. È
la situazione del popolo che obbliga alla lotta. Non si può dire che,
dal momento che ora c’è Lula, staremo sei mesi senza fare occupazioni.
Se fosse una cosa decisa a tavolino sarebbe facile. Noi sappiamo che nei
primi mesi del governo Lula tutta la stampa e le élite ci staranno
addosso per vedere cosa facciamo. Ma non ci faremo influenzare da queste
pressioni. Spesso i giornalisti si richiamano ad un’affermazione di
Stedile prima delle elezioni del ’98, quando disse che, se Lula fosse
stato eletto, egli non sarebbe andato il primo gennaio al suo
insediamento, ma avrebbe partecipato ad occupazioni di terra. Ma quel
che Stedile intendeva dire era che il compito del Mst non è quello di
andare a Brasilia ma di essere presente nei campi. Ora ci chiedono se il
primo gennaio cominceremo ad occupare. Noi abbiamo il nostro calendario
di occupazioni, e a gennaio, fino a carnevale, noi solitamente non
realizziamo occupazioni: queste avvengono nei mesi successivi e
soprattutto in aprile. Le lotte sociali continueranno normalmente e noi
pensiamo che Lula abbia l'abilità sufficiente a gestire questa
situazione.


Claudia Fanti
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