Argentina ultimo atto



Solo un miracolo potrà evitare ora il default
MAURIZIO GALVANI (Il Manifesto)

L'Argentina è a un passo dal default, ovvero dalla dichiarazione di
insolvenza dei pagamenti sul debito. Due agenzie statunitensi - la
Standard&Poor's e la Fitch - hanno già decretato un default selettivo,
declassando il paese al rating "DC". E di fatto hanno sconfessato
l'operazione di swap programmata dal governo De la Rua, proprio per
affrontare la gravissima crisi finanziaria. A meno che, all'ultima ora,
possano avvenire due miracoli: che la presidenza di Alianza raggiunga un
accordo con i governatori delle province sulla modalità e la quantità dei
fondi erogabili alle medesime (primo miracolo); secomdo miracolo, che i
creditori internazionali si vogliano accontentare - per le pressioni esterne
esercitate dal Fmi o da Washington - di ricontrattare il debito argentino,
in buoni del tesoro, ad un tasso del 7% invece che dell'11%.
Fino a questo momento, il presidente Fernando De la Rua ed il "suo" ministro
Domingo Cavallo possono solo confidare sulla buona volontà, manifestata dai
banchieri locali e dai fondi pensionisti (Afip). Questi ultimi - in un
incontro alla Casa Rosada - hanno convenuto di accordarsi con il governo per
realizzare un primo swap da 24 miliardi di dollari. Una minima parte della
quota del debito totale che è pari a 132 miliardi di dollari che è detenuto,
principalmente, dagli operatori internazionali. Infatti, l'incertezza è
dovuta al fatto che non si sa come reagiranno questi creditori alla proposta
di scambiare altri 32 miliardi di dollari, in buoni del tesoro al 7% di
interessi. Con questa manovra, infatti, il governo intende raccimolare i 4
miliardi di dollari che gli servono per pagare la tranche del debito, in
scadenza a dicembre. L'altra speranza è quella di ottenere, un congruo
sostegno da parte del Fmi.
La situazione economica e sociale dell'Argentina è pesantissima. Il terzo
paese più importante dell'America latina attraversa una recessione che dura
ormai da 41 mesi. Molti osservatori internazionali già segnalano che una
bancarotta del paese potrebbe avere un effetto a valanga, negativo, per
tutta la regione; al pari della crisi ("effetto tequila") che colpì il
Messico nel 1995. Pertanto, ci sono prodighi consigli sul da farsi che
spingono anche ad un possibile rimescolamento del quadro politico
istituzionale, che uscì vittorioso alle elezioni del 1999. L'ex-governatore
di Buenos Aires, Eduardo Duhalde e l'altro leader del partito
giustizialista, Carlos Ruckauf, hanno ventilato l'ipotesi di un ingresso di
alcuni rappresentanti peronisti nell'attuale amministrazione. In una sorta
di governo di salvezza nazionale. L'altra idea forza è quella che spinge
invece l'Argentina verso una completa dollarizzazione. Ma solo dopo avere
approvato la "finanziaria per il 2002" e avere svalutato il peso. Questo
progetto piace molto anche a Domingo Cavallo e sembra una strada obbligata,
come dichiara al giornale argentino Pagina/12, l'ex-collaboratore di
Cavallo, l'economista Joaquin Cottani, consulente Lehman Brothers


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