tutte le truffe del pesce



da greenplanet.net
mercoledi 22 dicembre 2004

"SALUTE E GUSTO" SVELA TUTTE LE TRUFFE SUL PESCE

A volte è pesce fresco, a volte no. Oppure manca l'etichettatura di legge, o
è affetto da setticemia batterica, o è infestato da parassiti. Oppure arriva
dalla Cina e ti dicono che è italiano. E Legambiente fa le pulci al mercato
ittico.

Etichettatura di legge assente in più di due terzi dei banchi dei mercati,
pesce al metallo pesante, trote affette da setticemia batterica curate con
farmaci cancerogeni, pesce congelato o conservato in salamoia venduto o
servito in ristorante come pesce italiano fresco, tonno al cadmio, bottarga
infestata da parassiti e insetti, pesce cinese venduto come "novellame di
sarda" italiano: sono alcuni dei dati più eclatanti rilevati dal "I Rapporto
su sicurezza alimentare e prodotti ittici in Italia" redatto dalla Rete
Salute&Gusto del Movimento Difesa del Cittadino in collaborazione con
Legambiente.
I consumatori ogni giorno si recano ai banchi nei mercati convinti di
acquistare pesce pescato il giorno prima o durante la notte nell'Adriatico o
nel Tirreno. E invece portano a casa spigole e orate dalla Grecia; totani
dell'Oceano Pacifico, razze dell'Australia, gamberi e scampi dalla Turchia e
da Malta, cozze spagnole, nordafricane o cilene.
A volte c'è anche il rischio, peggiore, di comprare pesce "apparentemente
fresco" che profuma di mare e invece è scongelato ed è tenuto su rinvigorito
dal ghiaccio e "rinfrescato" da secchi di acqua di mare che viene spruzzata
continuamente; o è stato pescato qualche giorno prima, e in questo caso
viene offerto già pulito, così è pure più comodo, già pronto.
Che succede nelle vendite del pesce in Italia? I consumatori sono
sufficientemente garantiti? Come viene osservato l'obbligo di etichettatura
che dovrebbe "raccontare" la storia del pesce offerto in vendita, la
provenienza naturale dal mare o da allevamento, le condizioni di freschezza
perché appena pescato o la provenienza da partite congelate.
Per verificare l'osservanza degli obblighi di legge, la Rete nazionale di
Sportelli "Salute&Gusto" (12 Sportelli in 12 regioni), attivata dal
Movimento Difesa del Cittadino con la collaborazione di Legambiente, ha
condotto la prima indagine sui consumi e sulla corretta informazione ai
consumatori nella vendita del pesce fresco in Italia, attraverso una
rilevazione diretta ed elaborando i dati più recenti dei Nas dei
Carabinieri, le segnalazioni della Guardia di Finanza, della Guardia
costiera e delle ASL .
Nel corso dell'indagine sono state effettuate rilevazioni durante le prime
due settimane di settembre 2004 su un totale di oltre 1.500 cartellini
contenenti le informazioni al consumatore in 170 punti di rivendita al
dettaglio (banchi) di pesce, dislocati in 56 mercati di 14 regioni italiane.
Per ogni punto di osservazione sono state analizzate una media di 10
specialità vendute.

L'indagine è stata condotta nelle province di Ancona, Avellino, Bologna,
Cagliari, Caltanisetta, Genova, Grosseto, Lecce, Matera, Napoli, Milano,
Padova, Palermo, Perugia, Roma, Salerno, Torino.

Secondo la normativa Europea (art. 4 del Regolamento CE 104/2000, entrato in
vigore il 1° gennaio 2002), sui cartellini esposti sui banchi dei mercati
destinati alla vendita al dettaglio, i consumatori, indipendentemente dal
metodo di commercializzazione dei prodotti ittici, dovrebbero trovare
indicate obbligatoriamente la denominazione commerciale della specie, il
metodo di produzione e la zona di cattura.

LA "MAPPA" DELL'ILLEGALITÀ

I risultati emersi dimostrano che i banchi di vendita del pesce sono in gran
parte fuori legge.
Solo in poco più del 25% del campione di banchi esaminati c'è l'etichetta
regolare con tutte le informazioni richieste a garanzia del consumatore. Tre
quarti dei punti vendita dei mercati quindi sono inadempienti.
L'informazione più diffusa è quella relativa alla specie in vendita (88,5%),
poi viene quella sulla zona di cattura (42,5%) e solo nel 32,4% viene
indicato il metodo di produzione.
Al primo posto dei più virtuosi ci sono la Liguria e la Basilicata,
rispettivamente con il 100% delle etichette in regola. Ultimi il Lazio con
meno del 16% dei banchi in regola, la Sicilia con il 14%; il fanalino di
coda è la Campania con meno del 10%.

In Lombardia, l'indicazione relativa al metodo di produzione è presente solo
nell'11% delle etichette, mentre in Campania, su 21 banchi esaminati, solo
in due casi, nella città di Avellino, sono riportate tutte le indicazioni di
legge. Paradossale la situazione nella città di Gallipoli, in Puglia, città
di grande tradizione marinara e nota per i ristoranti di pesce (fresco?),
dove su 8 banchi esaminati è stata rilevata una sola indicazione relativa la
zona di cattura o di allevamento.

I DATI DEI NAS

L'indagine degli Sportelli ha poi preso in esame in anteprima i dati più
recenti (attività 2003) dell'attività di controllo e repressione delle frodi
dei NAS, il Nucleo di carabinieri specializzato nella lotta contro le
sofisticazioni alimentari e le truffe. Anche le Asl, la Guardia di Finanza e
La Guardia Costiera hanno effettuato dei controlli e sequestrato prodotti
ittici a San Remo, Forlì Cesena, Brescia, Roma, Napoli e Livorno.

Nel 2003 i NAS hanno realizzato 2.738 ispezioni accertando 1.466 infrazioni;
ben 1.029 persone sono state segnalate alla magistratura; oltre 5 milioni di
? il valore dei sequestri, pari a 60.451 confezioni per 746.854 kg. 79
esercizi sono stati chiusi.

I CONSUMI DI PESCE IN ITALIA: CRISI 2001-2003

L'indagine si è concentrata infine sui consumi di pesce ed in particolare
sull' identikit del consumatore di pesce nel nostro Paese, attraverso l'
elaborazione dei dati provenienti dall'Osservatorio sui consumi ittici del
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

I dati più aggiornati e dettagliati sui consumi di prodotti ittici in Italia
sono raccolti dall'Ismea, l'istituto per i servizi al mercato agricolo del
Ministero delle risorse agricole e forestali, che ogni anno conduce una
indagine sugli acquisti alimentari delle famiglie, in collaborazione con
ACNielsen.

Il fatto più rilevante è che dal 2001 al 2003 si è avuta una netta flessione
degli acquisti di pesce in Italia. Dopo la crescita in volume del 6% del
1999 e dell'1,5% nel 2000, si è registrata una flessione leggera nel 2001
(-1,2%) e molto pesante nel 2002 (-10%).
Nel corso del 2003 i consumi, dopo un andamento altalenante nei primi mesi
dell'anno, hanno mostrato a partire da giugno segnali di recupero
raggiungendo livelli superiori a quelli registrati nell'anno precedente,
assestandosi su una crescita dell'1% in volume e del 2,5% in valore rispetto
al 2002.
Anche i dati tendenziali del 2004 sono positivi, registrando nei primi otto
mesi un aumento dell'1,4% in termini quantitativi e dell'1,7% in valore.
Complessivamente, gli acquisti di prodotti ittici delle famiglie hanno
superato nel 2003 le 410 mila tonnellate, per una spesa di oltre 3.612
milioni di euro.

IDENTIKIT DEL CONSUMATORE DI PESCE IN ITALIA

La maggior parte degli italiani lo mangia da una (45,7%) a tre volte la
settimana (14,6%), più al sud (39,2%) che nel centro nord (32-36%); in
maggioranza lo compra in pescheria (61,9%) o sui banchi dei mercati rionali
(22,2%).

La classifica dei generi più consumati vede al primo posto seppie, polpi,
calamari e totani col 46% delle preferenze, seguiti da cozze e mitili col
37,1%, merluzzi e naselli (36,9%) e dal pesce azzurro (alici, sarde,
sgombri, 35,6%).
Ma i consumi variano in maniera apprezzabile a seconda delle zone del Paese.
Cozze e mitili sono consumati soprattutto nel Centro e nel Sud (41-43%), nel
Nord Ovest sono molto apprezzati merluzzi e naselli (40,1%) che invece nel
Nord est sono amati molto meno (24, 4%); il pesce azzurro è apprezzatissimo
al sud (46,2%) e parecchio trascurato nel Centro (28,1%).