i prodotti alimentari con additivo cancerogeno - sudan -



da ilsalvagente.it
ottobre 2004

 Pericolo Sudan [elenco prodotti]

La nostra dispensa, il nostro frigorifero, ancora oggi, potrebbero contenere
salumi, formaggi, sughi pronti e surgelati insaporiti dal peperoncino al
Sudan, additivo cancerogeno e genotossico. Il ministero della Salute,
guidato da Girolamo Sirchia, lo sa e conosce perfino i nomi e i numeri di
lotto dei prodotti contaminati, eppure sceglie di non parlare e rinuncia a
un intervento che tuteli la salute pubblica, rifiutandosi di avvisare i
cittadini del grave rischio a cui sono sottoposti.

Eppure l'emergenza, scoppiata quattordici mesi fa, è ben lontana dall'essere
risolta, come ha ricostruito l'inchiesta del Salvagente. Dopo tanto tempo e
con le dogane "ermeticamente chiuse" a ogni passaggio di peperoncino tossico
dall'India o da paesi sospetti, nei negozi ancora "spuntano" alimenti
contaminati. E non da aziendine di secondo piano, poco attente agli obblighi
di legge e alla salute dei propri consumatori. A finire nell'occhio del
ciclone, è stata nientemeno che la Arena una delle più grandi (e serie)
industrie alimentari italiane. L'azienda, chiamata in causa dal Salvagente,
non solo ha confermato punto per punto l'allarmante episodio che la sta
coinvolgendo ma ha anche avviato un richiamo dei lotti coinvolti. Ma le due
referenze in questione, la zuppa di pesce e il sugo alla marinara, entrambe
surgelate ed entrambe firmate Mare Pronto, marchio di proprietà di Arena,
sono solo la punta dell'iceberg. I cibi al peperoncino tossico ancora in
circolazione sono tantissimi e spesso anche molto noti. Se si tenta di
sapere quali sono, però, ci si scontra con un muro di silenzio.

La Ue: informate i consumatori

Lo scandalo sanitario della polvere piccante tinta con l'additivo
cancerogeno scoppiato più di un anno fa in Francia, ha attraversato l'intera
Europa e ha spinto l'esecutivo di Bruxelles a bandire l'importazione e il
commercio della spezia tossica in tutti i paesi dell'Ue, già dal 20 giugno
del 2003. In Italia l'allarme è partito in ritardo di qualche mese ed è
stato gestito dalle autorità sanitarie con superficialità e lentezza. L'
industria alimentare non è stata informata per tempo e in modo
circostanziato del reale rischio sanitario legato a questo ingrediente e,
cosa ancor più grave, i cittadini sono stati tenuti allo scuro del pericolo
e nulla hanno saputo delle misure prese per fronteggiare l'emergenza, in
evidente contrasto con quanto prevede la legge europea. "L'allerta sanitario
pubblico in Ue è sancito dal Regolamento 178/2002", spiega al Salvagente
Catherine Bunyan, della Direzione generale per la salute e la difesa dei
consumatori della Commissione europea (Sanco). Che puntualizza: "L'articolo
10 di questa norma, che riguarda l'informazione alla popolazione, sostiene
che quando ci sono ragionevoli fondamenti ai sospetti che un alimento possa
rappresentare un rischio per la salute umana, le autorità pubbliche devono
intervenire per informare la popolazione della natura del rischio,
identificando quanto più è possibile il tipo di alimento, il danno che può
causare e le misure che sono state prese o si intendono prendere per
prevenire, ridurre o eliminare tale rischio. Questo significa che dove è
possibile, per esempio nel caso dei richiami di alimenti contaminati o
quando il nome e i numeri di lotto dei prodotti inquinati sono disponibili,
bisogna procedere con una comunicazione pubblica". Ma le nostre autorità
sanitarie non hanno peccato solo per mancanza di trasparenza. La legge
italiana, infatti, impone a chi è responsabile della salute pubblica il
sequestro su scala nazionale di un alimento, ogni volta che si ha anche solo
un forte sospetto che rappresenti un grave rischio per l'incolumità della
popolazione. Nonostante gli innumerevoli campioni risultati positivi alla
prova del Sudan, eseguita da Arpa e Istituti zooprofilattici, però, in
Italia i sequestri ordinati dalle Asl sono stati a "macchia di leopardo",
gli allerta sanitari non hanno funzionato, sono stati tardivi e spesso, nel
passaggio da una regione all'altra, si sono persi in qualche cassetto.

Una rete di vigilanza con troppi buchi

Il risultato è che il peperoncino al Sudan entrato nel nostro paese prima
del divieto comunitario, è spesso sfuggito ai controlli ed è stato
utilizzato da trasformatori, bar e ristoranti nell'indifferenza di tutti gli
organi di vigilanza. L'esempio più eclatante è il caso scoperto in primavera
dal corpo forestale dello Stato: 15mila chili di polvere rossa contaminata,
approdati, per lo meno, in più di 1.100 quintali di alimenti surgelati Mare
Pronto regolarmente messi in vendita. 500 società potrebbero essere
coinvolte per aver utilizzato il peperoncino al Sudan, nonostante il
divieto. L'unica di cui si conosce il nome è proprio l'Arena, tirata in
ballo da un'inchiesta giudiziaria della Procura della Repubblica di Fermo,
dopo che nello stabilimento di Grottammare di una sua azienda, la Nova
Surgelati, sono stati adoperati circa 35 chili dell'enorme partita di spezia
inquinata, per la preparazione di zuppe di mare e sughi alla marinara.
Numeri alla mano, la partita di alimenti contaminati è impressionante: circa
90mila chili di zuppa, 18 lotti con scadenza fino a ottobre 2004, e 30mila
chili di sugo, 6 lotti con scadenza fino a dicembre 2004. Le quantità dei
prodotti recuperati e distrutti dalla polizia giudiziaria purtroppo è
irrisoria. "Ai primi di agosto", racconta il comandante del Corpo Forestale
provinciale di Ascoli Piceno, Benetto Domenico Ricci, "sono stati eseguiti
altri sequestri a Pisa, ad Arezzo e in Romagna. Ma dall'inizio dell'indagine
a oggi abbiamo trovato solo qualche quintale dei 1.130 usciti dagli
stabilimenti. La maggior parte delle confezioni contaminate saranno già
arrivate agli utilizzatori finali. Noi intanto proseguiamo con gli
accertamenti". Arena, dal canto suo, assicura di aver già completato il
ritiro degli alimenti sotto accusa. Ma Mare Pronto non è l'unico nome
eccellente coinvolto. Nelle indagini in corso in tutta Italia ci risulta
siano finite anche altre società note che producono insaccati, salumi e
salsicce piccanti. Anche in questo caso la contaminazione potrebbe avere
dimensioni macroscopiche. Ma nessuno si preoccupa, dal dicastero di Sirchia,
di informare chi li ha acquistati e, magari, li ha ancora nel freezer di
casa.

un colorante tossico

Il Sudan, in tutte le sue specie conosciute (I,II, III, IV) è un colorante
utilizzato per tingere solventi, oli, cere, scarpe e detergenti per
pavimenti. È considerato cancerogeno e genotossico, ovvero capace di
danneggiare il Dna, e per questo è bandito dagli alimenti in tutti i paesi
dell'Unione europea. Purtroppo è stato rintracciato in molte polveri di
peperoncino importate dall'India ed è finito in molti prodotti alimentari
commercializzati all'interno della comunità. Il pericolo di contaminazione
non sussiste per i peperoncini italiani e per essere sicuri di non incappare
nella polvere piccante, quando si insaporisce una pietanza è sempre meglio
scegliere la spezia fresca.

Elenco dei prodotti risultati positivi al Sudan

KNORR
Mato Mato piccante

STAR
Granpesto alla siciliana Tigullio;
Granpesto mediterraneo Tigullio;
Gransugo alla diavola;
Insaporitore aglio e peperoncino;
Spaghetti con broccoletti;
Spaghetti alla mediterranea;

CIRIO
I sughi rustici all'arrabbiata

DEL MONTE
Hot Ketchup

BARILLA
Sugo all'arrabbiata
(lotti: 044423, 044433, 044443, 044913, 044923, 044933, 044943, 044503);
Pesto alla calabrese
(lotti: 054513, 054523, 054663, 054673, 055003, 055013)

MAMA SITA'S
Sweet chili

CONAD
Vongole al pomodoro
(lotto Lt 298A4);
Sugo al peperoncino
(lotti: LP015, LP016, LP157);
Taralli al peperoncino
(tutti i lotti con scadenza antecedente l'1/02/04)

MARE PRONTO ARENA
Zuppa di pesce surgelata
90mila chili, 18 lotti con scadenza fino a ottobre 2004
Sugo alla marinara surgelato
30mila chilI, 6 lotti con scadenza fino a dicembre 2004