intelligenza in rete




Formiche globali, invadenti
FRANCO CARLINI

Emergente, nel senso di emersione
F. C.


Emergente, nel senso di emersione
Fenomeni di intelligenza «in rete», tra matematica, movimenti e processori

F. C.

La parola chiave è «emergente». Non nel senso di un individuo che si fa
strada a gomitate tra i concorrenti, ma in quello più letterale, di qualcosa
che spunta fuori, che viene a galla: la Venere che esce dalle acque, la
punta dell'iceberg, ma anche le idee che scaturiscano dal grande e caotico
lavorìo delle cellule cerebrali, le forme generate da poche regole di
interazione tra oggetti astratti, il comportamento collettivo degli insetti
sociali, la mobilitazione delle masse del mondo nello stesso giorno per la
pace, le tendenze della borsa estraibili da un andamento apparentemente
confuso di alti e bassi, la gestione decentrata dell'Internet che non è
affidata a nessun controllo centrale, ma distribuita in una moltitudine di
computer (server) che si passano i dati l'un l'altro. Questi ed altri
fenomeni, pur in apparenza così diversi, sono ormai unificabili in un unico
paradigma, che si fonda insieme nella matematica (i cosiddetti automi
cellulari) e nella sociologia. Il santuario di queste ricerche è Santa Fé
nel New Mexico, ma i suoi adepti si trovano ormai dappertutto.

Alla base di questa inter-disciplina, che potremmo forse chiamare scienza
dei sistemi decentrati e interagenti ci sono poche idee, ma molto feconde.
La principale è questa: per ottenere comportamenti globali (collettivi)
macroscopici non è necessario descrivere nei dettagli un gigantesco
programma unico (si pensi al programma di un computer) che contenga tutte le
traiettorie. Anche se lo si volesse fare, quasi sempre non sarebbe
possibile. Al contrario si possono ottenere comportamenti interessanti e
sorprendenti (nel senso che quasi sempre sono imprevedibili) stabilendo
poche regole di interazione che dettino il comportamento di una moltitudine
di soggetti attivi, ognuno dei quali agisce a corto raggio e interagisce
solo con pochi vicini. Per esempio i più moderni supercomputer operano così:
non si costruiscono quasi più delle enormi macchine specializzate, ma si
prendono centinaia di normali processori in commercio e li si connette in
una rete tridimensionale, dove ognuno ha rapporti di scambio informativo
solo con i sei vertici di un cubo vicino; ma si muovono in tale maniera
anche gli stormi di uccelli migratori, ognuno regolandosi sui più prossimi;
e lo stesso fanno i neuroni del cervello, che, attraverso le sinapsi,
sparano eccitazione elettrica dall'uno all'altro, senza bisogno di un «omino
del cervello» che faccia da supervisore (nota bene: l'espressione «omino del
cervello» è stata coniata di recente dalla Gialappa's Band, all'interno
della caricatura di uno dei personaggi del Grande Fratello, ma corrisponde a
una discussione scientifica di lunga data nelle discipline del cervello:
l'Homunculus è stato proposto come l'osservatore interno che tira le fila
della attività cerebrale e che genera la coscienza).

Gli effetti globali generati dalle interazioni locali hanno bisogno di due
cose per prodursi: intanto deve esserci un gran numero di soggetti semplici
(automi, agenti, li si chiami come si vuole) perché ci siano degli effetti
statistici significativi e poi ci vuole del tempo. In altre parole non basta
prendere centomila agenti, dettare le regole e produrre una prima
interazione: facilmente in questo caso di otterrà un sistema senza ordine né
tendenze dominanti. Bisogna invece iterare, iterare e iterare, ovvero
lasciare che il sistema corra per molti volte (centinaia, migliaia) finché
cominciano a comparire delle configurazioni significative. Sembra un
processo spontaneo e magico, ma in realtà è assolutamente deterministico,
nel senso che ogni interazione locale ha regole fisse da cui non si scappa;
non ci sono estrazioni a sorte, ma anche così è impossibile teoricamente
prevedere come sarà quel micromondo dopo N passi. Si può solo sperimentare e
osservare, prendendo nota di come una configurazione iniziale e certe regole
abbiano prodotto un certo risultato e di come altre configurazioni e/o altre
regole ne producono uno diverso.

In altre parole stiamo introducendo nelle scienze esatte un fattore
temporale e storico, ovvero stiamo esaminando un fenomeno evolutivo, in
qualche modo parente di quanto è avvenuto nell'evoluzione della vita sulla
Terra: anche in quel caso infatti si parte da popolazioni numerosi, si
introducono delle varianti (qualche cambiamento nei geni dei singoli
individui) e si lascia che i batteri, i moscerini della frutta, i ragni, i
cavalli e gli umani, interagiscano tra di loro e con l'ambiente.

Al di là dei dettagli, che sono molto complicati anche dal punto di vista
matematico, la cosa significativa è come questo approccio si stia rivelando
fecondo (ed efficiente) in una molteplicità di campi, dalle scienze alla
società, dalla gestione dei clienti di un'azienda alla formazione delle
deliberazioni politiche. Basti pensare al «miracolo» costituito dalle
relazioni «da pari a pari» in rete (in sigla P2P): cominciano per scambiare
file musicali, senza passare per un computer-magazzino centralizzato e
finiscono generando invisibili rapporti da molti a molti. Non sarà
rivoluzionario, ma certamente è un fattore di destabilizzazione dell'ordine
costituito. I commentatori e i politici se ne accorgono solo quando il passa
parola P2P diventa Girotondo, materializzandosi nelle piazze e allora
scattano le stupide ironie di chi, ignorante, cerca di mettere in burletta
quanto non capisce. Lo facevano anche i saggi che processavano Galileo, ma
che in effetti erano solo preoccupati di non perdere il loro ruolo (l'hanno
perso).

Girotondi e convocazioni mondiali per la pace sono solo uno stadio
dell'evoluzione del sistema complesso costituito dalle civili formiche
connesse in rete e il processo sembra inarrestabile. Non è semplice
«basismo» (grassroot democracy), è invece una scienza nuova delle
interazioni complesse e anche, contemporaneamente, scienza applicata alla
società.