le strategie di microsoft



     
 
il manifesto - 06 Ottobre 2002 
 
Microsoft prova la terza via 
Bill Gates, nella guerra contro l'«open source», cambia tattica: per
impedire l'allargamento della comunità del free software cerca di costruire
una «sua» comunità garantendo agli sviluppatori «fedeli» l'accesso ai
codici sorgente di Windows. E lo fa mentre crescono le tentazioni
«business» nell'universo di Linux
FRANCO CARLINI
Sbaglia chi pensa che Microsoft, il monopolista del software, sia un
gigante addormentato. La grande forza di Bill Gates e di Steve Ballmer,
l'attuale Chief Executive Officer, è sempre stata quella di cogliere per
tempo il nuovo in circolazione, di attrezzarsi per inseguirlo e di
conquistare, allargandoli, i mercati che altri avevano aperto. Di fronte a
un'azienda innovatrice che ha un'idea fresca la quale rischia di avere
successo, la tattica di Microsoft dunque si svolge in due tempi. All'inizio
alza una fuoco di sbarramento, all'insegna del Fud (Fear, Uncertainty,
Doubt). Si tratta di prese di posizione e messaggi mirati al mercato tesi a
disseminare «Timore, Incertezza, Dubbio» a proposito dei prodotti
concorrenti. Così Microsoft si è comportata, negli anni recenti, a
proposito del software che rientra nella categoria dell'Open Source, in
particolare del sistema operativo Linux. Via via che il fenomeno emergeva
dalla nicchia degli hacker e che acquistava credibilità, dirigenti e
tecnici di Redmond ne hanno messo in discussione le prestazioni, la
sicurezza, la robustezza.

Il famoso «Memorandum Halloween» (una versione annotata è leggibile
all'indirizzo www.opensource.org/halloween/) fu la prima concretizzazione
di quella campagna che mirava al discredito dell'avversario. Venne emesso
nel lontano ottobre del 1998, ovvero quattro anni fa, ma sembra passato un
secolo.

Saltiamo allora all'anno 2001, quando Linux ha ormai compiuto dieci anni e
il suo presente è ormai ben solido, anche nelle aziende. Qui Steve Ballmer
commette la gaffe più grave, che gli rimarrà appiccicata chissà fino a
quando: nel maggio, chiacchierando con Dave Newbart del Chicago Sun-Times
sostiene che «Linux è un cancro che si attacca a ogni cosa che tocca».

La polemica è rivolta allo speciale meccanismo di «licenza» che la comunità
dell'Open Source ha escogitato: i loro software possono essere liberamente
usati da chiunque, ma trascinandosi al seguito un particolare vincolo che
impedisce di «chiudere» il software nato come aperto. e di
commercializzarlo in proprio.

Di per sé la metafora del cancro potrebbe anche essere corretta, nel senso
appunto che il software Open Source propaga i propri vincoli di libero uso
a ogni prodotto figlio. Ma ovviamente l'uso del termine «cancro» è
particolarmente forte e trascina con sé una connotazione fortemente
negativa, oltre che un po' terrorizzante: descrive una patologia grave, non
una fisiologia.

In quel periodo Ballmer era particolarmente preoccupato del fatto che le
università andavano sviluppando progetti aperti ricevendo dei finanziamenti
pubblici e ciò, secondo lui, non era giusto perché distrugge ricchezza,
anziché crearne; la sua tesi è che se il software è proprietario, vuol dire
che ci sono dei posti di lavoro; se invece è libero non ci guadagna nessuno.

Oggi gli orientamenti della Microsoft sono ulteriormente cambiati: meno
acrimoniosi e rigidi, più articolati, e lasciano intravedere la ricerca di
una terza via tra il software tutto proprietario e quello tutto libero.
Continuano tuttavia le pressioni sul parlamento americano e sui governi. E'
stata creata per esempio una associazione, detta «Initiative for Software
Choice», il cui scopo è di contrastare l'adozione di Linux e dintorni da
parte dei governi del mondo: Venezuela, Ucraina, Columbia e Perù sono
alcuni degli «stati pirata» che stanno decidendo di adottare Linux nei loro
sistemi. In Europa lo stesso va facendo la Germania e un rapporto
dell'Unione Europea («Pooling Open Source Software» -
http://europa.eu.int/ISPO/ida/export/files/en/1115.pdf) lo consiglia.
L'associazione americana, alla quale aderiscono molte aziende e la stessa
Microsoft, sostiene che questi orientamenti governativi debbono essere
respinti, perché contrari alla libera scelta.

Però ormai c'è poco da fare, i buoi sono fuori dalla stalla, il panorama è
cambiato violentemente e Microsoft deve adeguarsi. Ecco allora le ultime
dichiarazioni dello stesso Ballmer, emesse lunedì scorso a Londra, parlando
ai suoi «professional»: «Linux è un serio concorrente. Noi dobbiamo
competere con il free software sul valore, ma in una maniera intelligente.
Poiché non possiamo farlo a prezzo zero, abbiamo la necessità di
giustificare il nostro posizionamento e i nostri prezzi. In ogni caso Linux
non sparirà, (e perciò) sta a noi fornire un migliore prodotto al mercato».
Una seria presa d'atto, un corretto atteggiamento di rispetto della
concorrenza.

Ma Ballmer non ha detto solo questo. Ha aggiunto anche un'altra
considerazione fondamentale: il problema posto da Linux «non è tanto di
free software, quanto di una comunità». Ballmer in questo caso dimostra di
avere capito che la forza del movimento Open Source sta soprattutto nel
fatto che attorno ai singoli progetti si aggregano centinaia o anche
migliaia di appassionati che collaudano i prodotti e li migliorano, una
vera intelligenza collettiva e sparpagliata, unificata dall'uso dello
strumento Internet e da una comune passione. Così la terza via tentata da
Microsoft cerca di reclutare un'analoga passione ed entusiasmo tra le molte
migliaia di programmatori che già ora lavorano con le piattaforme
Microsoft. Il progetto viene chiamato «Source Code Sharing», e cioè
condivisione (sharing) dei programmi sorgente della Microsoft stessa. Chi
partecipa a questa «filosofia» ottiene dalla stessa Microsoft la
possibilità di avere accesso al «codice sorgente» (quello scritto in
linguaggio di programmazione chiaro) dei suoi prodotti. In questo modo,
potendoci mettere le mani sopra, i programmatori indipendenti e anche
quelli aziendali potranno fare un po' come i ragazzi di Linux: adattare i
prodotti Microsoft alle loro esigenze, correggerli, migliorarli,
personalizzarli.

Riusciranno Bill e Steve in questo progetto? In qualche misura è probabile
di sì, perché il lavorare a partire dalla piattaforma Microsoft offre alle
aziende di software la possibilità di poter rivolgersi su un mercato
larghissimo. E perché la nuova filosofia condivisa viene incontro a un
senso comune, senza tuttavia vestirsi di troppi pensieri libertari.

Nello stesso tempo, per come si è sviluppato finora, il movimento Open
Source, sembra anch'esso mostrare voglia di business, per effetto del suo
stesso successo. Fortemente sponsorizzato dalla Ibm, conosce oggi un
successo incredibile e questo comporta sempre un qualche annacquamento
delle idealità più spinte. Si assisterà dunque a un vasto ventaglio di
posizioni; non devono scandalizzare ma spingere semmai a spostare ancora in
avanti gli equilibri e le nuove idee. 

 
 
Le sei linee di business dell'imperatore 
Oltre il tradizionale dominio software, con obiettivo il mercato
dell'entertainment casalingo
F. C.
Per capire che cosa sia oggi la Microsoft di Bill Gates e Steve Ballmer, si
può seguire la scaletta della presentazione seguita da una fonte interna di
tutto rispetto, il senior vice president John Connors, che ha aperto il
cuore e le diapositive di recente, durante una conferenza tenuta alla
Goizueta Business School, presso la Emory University. Secondo Connors, la
Microsoft oggi è di fatto costituita da sei linee di prodotto (sei unità di
Profit & Loss). La prima, più storica e tradizionale, ruota attorno ai
sistemi operativi Windows, rivolti ai personal computer individuali. E'
storicamente lo zoccolo duro, formato da una enorme base di sistemi
installati, ma in un mercato oggi stagnante, salvo le speranze affidate
alla crescita tumultuosa dell'informatica in paesi come come Cina e India.

La seconda linea coincide con il pacchetto di applicazioni per l'ufficio,
chiamato Office. Il cliente tipo è il lavoratore dell'informazione, di
solito all'interno delle aziende. Per Microsoft Office è una fonte di cassa
meravigliosa, e per questo viene periodicamente aggiornato e arricchito.
Nel 2002 si prevede che produrrà un fatturato di 10 miliardi di dollari con
un elevatissimo profitto lordo: 8 miliardi di dollari. Dunque un terreno da
difendere con i denti, ma tuttora senza veri concorrenti.

La terza linea si rivolge alle imprese, offrendo sistemi operativi di rete,
interna ed esterna. E' un tassello che per lungo tempo mancava a Microsoft,
che ha molto faticato per convincere le grandi aziende che i loro sistemi
informativi potevano essere gestiti dai suoi software. Ora tuttavia
Microsoft si trova in ottima posizione, avendo scavalcato altri fornitori
come Novell e in genere i sistemi Unix. In questo è stata aiutata dalla
crescita di potenza dei Pc, che ora possono svolgere egregiamente le
prestazioni un tempo affidare ai mini computer e ai grandi mainframe.

Fin qui il noto e il consolidato, che Microsoft difende aggressivamente dai
tentativi di incursione di Linux. Per sua fortuna non esiste ancora un
software da scrivania davvero concorrenziale che giri sotto i sistemi
aperti e perciò nelle prime due linee Microsoft può godere della posizione
egemone che le deriva dall'effetto contagio (se tutti i miei colleghi e
amici mi mandano dei file in Word, anch'io lo userò, per normali problemi
di compatibilità e semplicità). Nessuno di questi prodotti è eccezionale,
ma tutti sono sufficientemente buoni e nel tempo hanno surclassato quelli
preesistenti confermando la straordinaria abilità di questa azienda nella
ricerca di inseguimento e miglioramento.

Poi ci sono tre territori nuovi, spiega Connors, tutti obbligatori, ma
tutti pieni di incognite. Sono i servizi di rete aggregati attorno al
servizio Msn (Microsoft network), è la console da videogiochi Xbox, scesa
in campo un anno fa, e infine i software per la mobilità (ovvero per i
cellulari e per i computer palmari tipo Pda).

Qui ci sono luci e ombre: con la tenacia ben nota (e con investimenti
finora assolutamente in perdita) Msn si è fatto comunque strada e oggi
risulta il secondo portale Internet per frequentazione. Il successo è
dovuto sia al fatto che per default il software Internet Explorer conduce i
naviganti a www.msn.com, sia alla felice intuizione di acquistare un
servizio di posta elettronica gratuita come Hotmail, che da solo ha portato
milioni di abbonati e registrati ai servizi di Microsoft. La console invece
sta facendo fatica, contro la ben più rinomata e agguerrita Playstation di
Sony: oltre a tutto nell'occasione Microsoft sta verificando quanto sia
difficile e costoso produrre dell'hardware e non già del «semplice» software.

Ma Xbox deve essere guardato come un primo passo verso l'entertainment, i
video registratori e i decoder. Gates sa benissimo che di computer per
lavorare le case degli occidentali sono pieni e che il prossimo passo è la
casa elettronica per divertirsi; conta dunque di mettere la sua Xbox al
centro di tutte le apparecchiature multimediali di casa. Per farlo tuttavia
avrebbe bisogno di qualche solida alleanza con le reti televisive le quali,
al contrario, cercano di tenerlo alla larga il più possibile. Che poi è lo
stesso problema che la Microsoft va incontrando nel settore dei cellulari:
ogni profferta amorosa è stata finora respinta dalle varie Nokia, Motorola
e soci che preferiscono non consegnare la propria piattaforma software a un
«tipaccio» come Bill. Oltre a tutto, come lo stesso Connors ammette, «la
prima generazione di software per la mobilità era orribile». Dall'altro
ieri un operatore cellulare europeo, Orange, distribuirà il nuovo
SmartPhone di Microsoft: per la gioia di Gates la barriera è caduta, anche
se quella strada è tutta in salita.