impresa a rete modello di crescita



dal sole24ore

   
 
          
Mercoledì 15 Maggio 2002  ore 19:42  
 
 
 Produzione & mercati - Per Unioncamere sono già oltre 120mila le società
che fanno parte di gruppi aziendali

Impresa a rete, modello di crescita
Distretti industriali nel 30% delle province - Resta pesante il deficit
infrastrutturale 
Barbara Fiammeri 
ROMA - Si intensifica la tendenza all'alleanza tra le piccole e medie
imprese italiane. Da uno studio dell'Unioncamere sui modelli di sviluppo
territoriale emerge che nel 30% delle province sono presenti distretti
produttivi e nel 5% distretti turistici e che, in generale, più di 120mila
società fanno parte di gruppi d'impresa. La scelta di «fare sistema»,
avverte Unioncamere, può risultare determinante soprattutto in questo
momento: «Posso anticipare - ha spiegato il presidente Carlo Sangalli - che
sulla base delle indagini congiunturali condotte ad aprile dal nostro
centro studi la produzione delle piccole e medie imprese è cresciuta
dell'1,4% rispetto al trimestre precedente». Nonostante la tendenza sia
ancora negativa (-1,5% rispetto al primo trimestre dello scorso anno) il
dato segnala, sempre secondo Sangalli, un'inversione di rotta della
crescita. A confermarlo sono anche i primi dati sulla nascita di nuove
imprese che nel primo trimestre 2002 sono state circa 11mila e che si
aggiungono alle 120mila neonate nel 2001 alle quali Unioncamere ha
attribuito il 40% della nuova occupazione creata lo scorso anno. Nel
rapporto si sottolinea che mentre in Paesi come Germania, Olanda, Belgio e
Regno Unito si è affermato in molte regioni il modello dominato dalla
grande impresa, in Italia le imprese medio-piccole tendono ad aggregarsi
sia in presenza che in assenza della grande impresa. Nei distretti
industriali (secondo la definizione quantitativa stabilita dall'Istat) sono
presenti il 45% dei lavoratori manifatturieri contro l'11% della grande
impresa. «In Italia c'è un Paese reale, con una realtà economica che cresce
e si sviluppa, costituita principalmente da piccole e medie imprese riunite
in distretti - ha detto il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe
Tripoli - e un Paese legale, costituito dai numerosi strumenti volti a
favorire lo sviluppo che, però, spesso creano dei vincoli». Le Camere di
commercio, ha aggiunto Tripoli, «possono essere un grande strumento di
semplificazione, concentrando nel sistema tutta una serie di strumenti di
politica di sviluppo che ora sono disseminati e che creano un po' di
confusione nel loro utilizzo da parte delle imprese». Spetta al Governo e
alle Regioni decidere ma - avverte Unioncamere - qualunque sia la scelta,
questa deve avvenire in tempi rapidi pena un'ulteriore perdita di
competitività del sistema produttivo. A questo proposito il rapporto
ribadisce il grave deficit infrastrutturale del Paese (soprattutto su
comunicazioni e energia) e in particolare del Sud: le 20 province che
presentano la minor infrastrutturazione sono tutte concentrate nel
Mezzogiorno (ad eccezione di Rieti) e, al contrario, le 50 più dotate sono
nel Centro-Nord ad esclusione dell'Aquila. In attesa che lo Stato faccia il
suo mestiere, per recuperare competitività le imprese puntano
sull'innovazione. Nei prossimi due anni il 50% delle imprese italiane
procederà a introdurre innovazioni nella propria azienda. Il rapporto di
Unioncamere individua quattro tipologie di imprenditori: gli innovatori
continui (29,2% del totale, invariato rispetto a due anni fa) che sono più
rappresentati nel Nord-Est del Paese (32,4%) e nel Nord-Ovest (31,2%)
mentre Sud e Centro seguono rispettivamente con il 22,8% e il 25,4%; gli
innovatori «discontinui» (12,6%) che hanno investito negli ultimi due anni
ma non intendono farlo in futuro e che sono, comunque, in forte calo
rispetto al 22,2% della precedente rilevazione; i «nuovi innovatori»,
orientati a innovare per la prima volta nei prossimi due anni (19,2% del
totale contro 17,2% due anni fa) guidati da aziende del Sud (22%) e,
infine, i «refrattari» che non hanno innovato nel passato e non vogliono
farlo neanche in futuro. Questi ultimi rappresentano in percentuale 4
imprese su 10 (39%), in forte aumento rispetto a due anni fa quando le
imprese erano 3 su 10. La percentuale dei «refrattari» è aumentata nel
Centro (43,8%) e nel Sud (43%) mentre è diminuita nel Nord-Est (38%) e nel
Nord-Ovest (35,8%).