contro il terrore c'e' solo la saggezza



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Domenica 25.11.2001  Scrivi alla redazione  
   
 
MORIN «Contro il terrore c´è solo la saggezza»  
 

«Il contrario della violenza Non è la dolcezza È il pensiero» (Etienne
Baulieu, scrittore) INNANZITUTTO, una questione di vocabolario Terrorismo.
La nozione di terrorismo vale per l´internazionale jihadista Al Qaeda, che
agisce attraverso attentati e massacri di popolazioni civili, ma è
riduttiva quando si applica alle forme violente di resistenza nazionale,
private dei mezzi democratici per esprimersi. Il termine utilizzato dai
nazisti per gli uomini della resistenza europea era riduttivo, così come
Putin l´ha applicato alla resistenza cecena, che comporta evidentemente un
braccio terrorista, ma non si riduce a quello. La violenza di Stato che
colpisce un popolo insieme a quanti si ribellano è essa stessa una violenza
di terrore. Al Qaeda costituisce uno stadio nuovo del terrorismo. La
globalizzazione tecno-economica ha permesso una globalizzazione terrorista,
e con questa globalizzazione si è trasformata in minaccia mondiale.
Islamista. Il termino è ricco di malintesi. Poiché in origine designava
qualunque credente nell´Islam, «islamista» è diventato per molti
occidentali sinonimo di fanatico. Troppo vicino a islamico (termine che
designa ciò che concerne l´Islam), rischia di contaminarsi in fanatismo e
terrorismo. Di fatto l´islamismo, quando comporta il ritorno al Corano e
l´applicazione della sharia, implica un rifiuto della civiltà occidentale,
ivi compresi il liberalismo politico e la democrazia. Non implica però di
per sé guerra santa e terrorismo, benché si possa scivolare dall´islamismo
allo jihaddismo. Una contaminazione analoga colpisce il termine
fondamentalista (che di per sé non è aggressivo). Quanto all´internazionale
jihaddista di Al Qaeda, si tratta di una devianza religiosa allucinata,
alla quale non può essere ridotto l´Islam. Il termine islamista, così com´è
usualmente impiegato nei media occidentali, riduce però qualunque islamico
a islamista e qualunque islamista a potenziale terrorista, il che impedisce
di vedere il volto complesso dell´Islam. Qualunque errore di pensiero
conduce a errori di azione che possono aggravare i pericoli che si vogliono
combattere. Occorre pensare nella loro complessità non solo l´Islam ma
anche gli Stati Uniti, Israele, la globalizzazione stessa, riconoscendo le
contraddizioni incluse in ciascuno dei termini. Gli Stati Uniti, la più
antica democrazia del globo, sono una società aperta e per questo ormai
vulnerabile. Hanno salvato l´Europa occidentale dal nazismo, l´hanno
protetta dall´Urss che era ben lungi dall´essere una tigre di carta. Hanno
soccorso le popolazioni islamiche in Bosnia e in Kosovo. Gli Stati Uniti
non sono responsabili della micidiale guerra Iran-Iraq, del terrore in
Algeria, di tutti i conflitti inter-arabi. La loro cultura non si riduce ai
McDonald's né alla Coca-Cola, ma si è mostrata creativa nella scienza,
nella letteratura, nel cinema, nel jazz, nel rock. E l´America si
europeizza tanto quanto l´Europa si americanizza. Gli Stati Uniti sono una
potenza imperialista che domina attraverso le armi e l´economia. La sua
democrazia non le impedisce affatto di appoggiare i dittatori, quando lo
esige il suo interesse. Il suo umanesimo comporta un compito cieco di
inumanità: hanno praticato bombardamenti spaventosi sulle città tedesche,
le ecatombi di Hiroshima e Nagasaki. I bombardamenti continui
dell´Afghanistan rivelano un altro terrorismo, che colpisce popolazioni
civili vittime non solo delle bombe o dei missili sganciati da troppo alto
o da troppo lontano, ma della paura e della carestia che le costringe
all´esodo. Sensibili alla sofferenza delle quattromila vittime del World
Trade Center, gli americani sono insensibili ai disastri umani che i loro
bombardamenti infliggono alle popolazioni afghane. Non hanno consapevolezza
della contraddizione che comporta il terrore dei loro bombardamenti
antiterroristi. Le due torri orgogliose erano iper-reali e al tempo stesso
iper-simboliche; erano l´incarnazione e il simbolo della ricchezza, della
potenza americana, del suo capitalismo e della sua democrazia, del suo
dominio e della sua apertura; la statua della Libertà era diventata
un´allegoria ancillare. Il loro crollo ha aperto un buco nero
incommensurabile nella nostra visione non solo di Manhattan ma anche del
mondo. Per alcuni, è una ferita inflitta all´imperialismo americano e al
capitalismo, per altri è una breccia aperta nella democrazia e nella
civiltà: due verità antagoniste, ma complementari. Certo, gli Stati Uniti
suscitano aspirazioni nel mondo dei miseri, compresa quella a emigrare in
casa loro, e innumerevoli desideri di entrare nella loro civiltà; ispirano
rispetto e obbedienza ai loro vassalli, e il senso di solidarietà
occidentale resta potente in Europa. Al tempo stesso però - in questo mondo
dei miseri - la contemplazione della loro ricchezza e della loro
prosperità, della propria mancanza e della propria miseria, suscita una
frustrazione immensa. Il loro dominio provoca infinite umiliazioni, un
complesso d´inferiorità tecnico (Sud del mondo), un complesso di
superiorità culturale (Europa), che risvegliano l´animosità. Il
mal-sviluppo di cui hanno sofferto tanti Paesi è attribuito
all´iper-sviluppo economico americano. L´estrema indigenza alimentare,
medica, alla quale sono ridotte immense popolazioni disarmate di fronte
alle epidemie e all´Aids nutrono risentimenti verso le popolazioni
ipernutrite, ipercurate dell´Occidente, e soprattutto degli Stati Uniti. Là
dove c´erano antiche e gloriose civiltà che oggi si sentono sminuite o
minacciate, il mondo americano suscita allergie, inimicizie, aggressività.
Le conseguenze nefaste della liberalizzazione del mercato mondiale,
l´aumento delle ineguaglianze, le crisi economiche multiple aggravano il
rancore. Negli spiriti su cui ha regnato o ancora regna la vulgata
marxista-leninista, il modello del socialismo «reale» è certamente
crollato, ma la convinzione che il capitalismo e l´imperialismo americano
sono il male assoluto resta. Hanno conservato la demonizzazione
dell´America, faro del capitalismo e dell´imperialismo, ignorando che il
comunismo sovietico fece peggio del capitalismo, ignorando le virtù della
democrazia e i vizi del totalitarismo, ignorando che l´imperialismo
americano è meno atroce degli imperialismi passati, soprattutto di quello
sovietico. Così l´insieme dei risentimenti nati nelle parti più diverse del
pianeta suscita un odio fantastico e a volte fantasmatico per gli Stati
Uniti, colpevoli di tutti i mali del pianeta. Signori del mondo (cosa che
non sono particolarmente), sono considerati responsabili dei mali del mondo
(cosa che sono ancora più parzialmente). Anzi, il male supremo di questo
Occidente che si è scatenato sul pianeta a partire dal XVI secolo, l´ha
conquistato, colonizzato, sfruttato e ha sterminato intere popolazioni.
Però, anche qui, è necessario tenere insieme due verità opposte. Se è vero
che la dominazione dell´Occidente è stata la peggiore della storia
dell´uomo per durata ed estensione planetaria, occorre anche dire che tutte
le componenti dell´emancipazione degli asserviti sono nate e si sono
sviluppate in seno all´Occidente. E hanno permesso l´emancipazione dei
colonizzati, quando costoro si sono impadroniti dei valori umanisti
dell´Europa occidentale: diritti dell´uomo, diritti dei popoli, diritto a
una nazione, democrazia, diritti delle donne. Si può anche dire che il
ritardo di una gran parte del mondo a integrare la democrazia, i diritti
umani, il rispetto dei diritti delle donne,sia una delle cause dello stato
periglioso del mondo attuale. Neppure l´Islam può essere ridotto a una
visione unilaterale. La storia ci ha insegnato chiaramente che la
tolleranza religiosa è stata dell´Islam verso i cristiani e gli ebrei tanto
in Andalusia quanto nell´impero ottomano. L´Islam diede vita alla più
grande civiltà del mondo al tempo del califfato di Baghdad. La nostalgia
del passato glorioso in un presente sfortunato, sotto il peso di dittature
corrotte poliziesche o militari, dopo il fallimento dello sviluppismo, del
socialismo, del comunismo, l´assenza di speranza nel progresso e in un
futuro occidentalizzato, tutto questo induce un ritorno alle radici
religiose dell´identità. In più, la frustrazione si gonfia di umiliazione e
rabbia davanti all´umiliazione e alla repressione quotidianamente
sopportate dai palestinesi, all´ingiustizia subita (due pesi e due misure
in Israele-Palestina) nell´impotenza degli Stati arabi, vassalli o no.
L´appoggio incondizionato accordato dagli Stati Uniti a Israele porta a
considerare Israele come lo strumento dell´America e a fare dell´America lo
strumento di Israele e, in senso più lato, degli ebrei. Questa
identificazione aggravato dallo «sharonismo» è fatale sia all´America che a
Israele. Nella situazione attuale la frustrazione, il risentimento, la
nostalgia di una grande civiltà passata risuscitano il sogno dell´Umma, la
grande comunità islamica transnazionale, e fanno di un miliardo di
musulmani un vivaio mondiale dove si possono reclutare i guerrieri della
Jihad. Per tutta una gioventù, dal Maghreb al Pakistan, Bin Laden è un
superman della fede che ha decapitato le torri di una Babele che era anche
Sodoma e Gomorra: è un annunciatore della redenzione dell´Islam, della
resurrezione dell´Umma, del ritorno del califfato. E´ nato un nuovo
messianismo, di cui non si possono ancora misurare gli sviluppi.
All´inverso, ci sono anche le aspirazioni verso il meglio della civiltà
occidentale contemporanea: le autonomie individuali, le libertà politiche,
il diritto alla critica, l´emancipazione della donna. La vera battaglia si
combatte nello spirito di un gran numero d´islamici, molti dei quali
vogliono salvaguardare la loro identità, il rispetto delle loro tradizioni
e l´accesso alle possibilità e ai diritti di cui godono gli occidentali. La
vittoria andrà a chi saprà fare la sintesi tra l´identità culturale e la
cittadinanza planetaria. Nazione-rifugio, emancipatrice di ebrei ma
spoliatrice di palestinesi, minacciata di sterminio alla sua nascita dai
vicini arabi ma diventata militarmente più potente di loro, sempre incerta
della sua sopravvivenza ma sempre più crudelmente oppressiva del popolo
palestinese, Israele tende a legare la sua esistenza a una dominazione che
esacerba l´odio arabo; esita a impegnarsi nella via aleatoria che le
permetterebbe un inserimento nel Medio-Oriente, riconoscendo uno Stato
palestinese con le frontiere del 1967. Soprattutto nel corso dell´ultima
Intifada. gli eredi degli ebrei, che hanno subito duemila anni di
umiliazioni e persecuzioni, sono diventati persecutori capaci di
ghettizzare i palestinesi, di esercitare la responsabilità collettiva su
famiglie e civili, in breve di fare dei palestinesi degli umiliati e offesi
come lo erano stati i loro antenati. La questione israelo-palestinese è
diventata il cancro non solo del Medio Oriente, ma delle relazioni
Islam-Occidente, e le sue metastasi si diffondono molto rapidamente in
tutto il pianeta. L´intervento internazionale per garantire la nascita,
l´esistenza e la vitalità di uno Stato palestinese è diventato di urgenza
vitale per l´umanità. Nel corso dell´ultimo decennio, una società-mondo è
emersa a metà; ha la sua rete di comunicazioni (aereo, telefono, fax,
Internet) già ramificata ovunque; ha la sua economia di fatto
mondializzata, ma senza i controlli di una società organizzata; ha la sua
criminalità (mafia, soprattutto della droga e della prostituzione); ha
ormai il suo terrorismo. Non dispone però di un´organizzazione, del
diritto, dell´istanza di potere né di regole per l´economia, la politica,
la polizia, la biosfera. Non c´è ancora la coscienza comune di una
cittadinanza planetaria. La mondializzazione del terrorismo costituisce uno
stadio di realizzazione della società-mondo, perché Al Qaeda non ha né
centro statale né territorio nazionale, ignora le frontiere, trasgredisce
gli Stati e si ramifica in tutto il globo; la sua potenza finanziaria e la
sua forza armata sono transnazionali. Dispone, meglio che di uno Stato, di
un centro occulto mobile e nomade. La sua organizzazione utilizza tutte le
reti già posate della società-mondo. La sua mondialità è perfetta. La sua
guerra religiosa è una guerra civile in seno alla società-mondo. Questa
macchina del terrore senza frontiere, ramificata nel mondo intero, nutrita
di frustrazioni e disperazioni immense, animata da una fede allucinata,
improvvisamente ha rivelato un potere devastante, là dove la violenza
omicida di una barbarie fanatica ha potuto utilizzare i progressi più
raffinati della barbarie tecnica. La lotta contro Al Qaeda non è competenza
della guerra (sempre tra nazioni) ma di una polizia e di una politica.
Bombardando l´Afghanistan, una metafora di guerra è trasformata in realtà
di guerra (Max Pagès), si fanno le vittime di una guerra, e questo a
detrimento di un´azione adeguata alla lotta contro un nemico planetario
ramificato, che necessita di un´azione planetaria comune ben più complessa.
Lasciata a se stessa, la dinamica nata dall´11 settembre moltiplica e
aggrava i rischi. Rischio economico. L´interdipendenza propria del mercato
globale determina una fragilità aggravata dall´assenza di un vero sistema
di regolazione; un´eventuale a crisi generalizzata sarebbe il brodo di
coltura di nuove dittature, o di totalitarismi, come lo fu la crisi del
1929. In senso più lato, l´interdipendenza di tutto ciò che costituisce
l´era planetaria fragilizza il destino stesso del pianeta. Rischio
isterico. La minaccia permanente e multiforme sugli Stati Uniti, lo
scatenamento dell´anti-americanismo, non possono che favorire
sovreccitazioni isteriche che esacerbano i manicheismi e le demonizzazioni
reciproche. Il cancro israelo-palestinese si aggrava: le sue metastasi
saranno irrimediabili, se non c´è soluzione rapida al conflitto. L´onda
anti-israeliana, diventata antisemita e antiamericana, risuscita le visioni
medievali europee degli ebrei bevitori di sangue di bambino, inquinatori
degli spiriti e dei corpi (untori dell´Aids), che agiscono perfidamente per
dominare il mondo. La condotta di Sharon non è soltanto cattiva, ma porta
Israele al suicidio, magari accompagnato dai fuochi d´artificio di duecento
testate nucleari israeliane che distruggerebbero gran parte dell´umanità
araba. L´incapacità degli Stati Uniti, delle nazioni europee, delle Nazioni
Unite, di imporre ai combattenti un intervento militare internazionale,
separando i due territori secondo le frontiere del 1967, porterebbe a una
catastrofe storica di un´ampiezza mai vista. Sotto l´effetto dell´onda di
choc benladenista, si può immaginare il disfacimento a catena degli attuali
regimi islamici, a beneficio non della democrazia ma del fanatismo
religioso. Infine, quel rischio nucleare, batteriologico, chimico, che
planava altissimo sopra il pianeta, ora è diventato visibile, pressante,
urgente. Il XX secolo ha visto saldarsi l´alleanza tra due barbarie, quella
di distruzioni e massacri venuti dal fondo delle età storiche e quella
interna alla nostra civiltà, venuta dal regno anonimo e gelato della
tecnica, di un pensiero che ignora tutto ciò che non è calcolo e profitto.
Il binladenismo costituisce una nuova alleanza tra le due barbarie. Ciò
detto, non dobbiamo nasconderci che esiste una barbarie insita nella nostra
civiltà, che questa civiltà produce delle forze di decomposizione e di
morte, e che al nostro iper-sviluppo scientifico e tecnico corrisponde un
sotto-sviluppo mentale e morale. Eppure questa civiltà dispone ancora di
due virtù insostituibili: laicità e democrazia, ancorché atrofizzata. Gli
Stati Uniti, e in senso lato l´Occidente, oscillano tra due vie: quella
della follia, che prima o poi porta alla catastrofe, e quella della
saggezza, difficile e aleatoria. La via della follia è la via della
crociata, della demonizzazione, del manicheismo cieco (perché c´è del male
nel bene ma anche del bene nel male) e, amplificando l´isteria di guerra, è
la via dei massacri di massa da una parte e dall´altra. Invece la
consapevolezza dei pericoli può essere un colpo di frusta per andare lungo
la via della saggezza. Questa via comporta la presa di coscienza decisiva
della solidarietà tra uomini e della comunione del destino planetario. Più
che «siamo tutti americani», siamo tutti figli e cittadini della Terra. E
dagli Stati Uniti dovrebbe alzarsi il grido «non siamo solo americani». La
via della saggezza comporta la consapevolezza che non solo, come ricordava
Paul Valéry dopo la prima guerra mondiale, le civiltà sono mortali, ma che
la stessa umanità planetaria è mortale e che oggi la sola alternativa alla
democrazia è l´odio. Perché nient´altro se non l´odio può trionfare nella
distruzione della democrazia. La via della saggezza comporta il
riconoscimento di questo principio etico minimo: non avremo mai un mondo
nobile attraverso mezzi ignobili. La via della saggezza comporta la
consapevolezza che la costruzione di una società-mondo è diventata vitale;
solo una società-mondo può rispondere a un terrore-mondo. Di qui la
necessità di andare oltre l´ideologia economista che dà al mercato mondiale
la missione di regolare la società-mondo, mentre è la società-mondo che
deve regolare il mercato mondiale. Il nuovo tipo di guerra necessita un
nuovo tipo di pace. Comporta la necessità di dichiarare la pace all´Islam
dichiarando la guerra al terrorismo, al fine di separare radicalmente i
fanatici allucinati dall´insieme degli islamici, il che richiede
l´instaurazione di una pace equa in Medio Oriente. Una politica confederale
planetaria deve sostituirsi a un politica imperialista. E´ importante che
nascano grandi insiemi confederali, le grandi province del pianeta -
soprattutto un grande insieme arabo-islamico che si riallacci al califfato
in termini contemporanei. Una politica della civiltà è la sola risposta
alla guerra delle civiltà. Concretamente, un piano Marshall per le zone più
disastrate della società-mondo; una mobilitazione massiccia della gioventù
dei Paesi ricchi per aiutare sul posto i Paesi diseredati; un´agenzia
mondiale della sanità per le popolazione incapaci di far fronte alle spese
mediche. Infine, il nuovo tipo di guerra necessita un centro mondiale di
lotta contro-terrorista adeguatamente ramificata. La politica americana ha
cominciato zigzagando tra follia e saggezza, tra guerra imperialista e
guerra confederale, tra regressione di coscienza e presa di coscienza.
L´intervento pesante e continuo in Afghanistan va però nella cattiva
direzione, anche se è ancora aperta la seconda via. E´ venuto il tempo di
rispondere alla sfida della complessità planetaria, di riconoscere le
relazioni e le retroazioni tra il tutto e le parti. Siamo tutti invitati a
una grande lotta spirituale. Lo spirito umano porta in sé i mali peggiori -
l´incomprensione la cecità, l´illusione, la follia - ma anche la
possibilità della razionalità, della lucidità, della comprensione, della
compassione. Forse dovremo avanzare ancora verso l´abisso perché ci sia un
autentico soprassalto di salvezza, perché la società-mondo si trasformi in
società delle nazioni e delle culture unite contro la morte. Purché non si
sprofondi, la catastrofe diventa l´ultima opportunità.