Cave e cementifici. Lo scontro con Caltagirone si fa duro



Maddaloni/Caserta: Costi quel che costi, per la Cementir l’ampliamento della cava si deve fare. E fu così che per la società di Caltagirone ad autorizzazione ormai scaduta - dopo oltre 25 anni di attività estrattiva - nell’impossibilità di poter continuare a cavare lì a Maddaloni/Caserta si promuove una singolare procedura: la conferenza dei servizi, con l’obiettivo di ottenere autorizzazioni per “recuperare” una parte di cava e ampliarne un’altra. Per quanto tempo? Ma per sempre, naturalmente. Intanto la società incassa dal Genio Civile l’autorizzazione di realizzare un progetto di recupero in meno di un anno, certa di avere l’ampliamento di cava per oltre 20 anni. Qualcuno potrebbe ricordare al Genio Civile che il recupero di una  cava deve essere, per legge, contestuale alla coltivazione. E’ importante? Ma cos’è il Genio Civile? L’isola più piccola dell’arcipelago degli uffici della Regione, dov’è d’uso, in mancanza di una direzione centrale, l’interpretazione della norma all’occorrenza. Ognuno, come si sa, si arrangia come può. Non siamo italiani e per giunta del Sud? O no? C’è qualche problema. Purtroppo. Il terreno dove intende ampliarsi la Cementir è stato percorso da incendi e non si potrebbe (ma tutto è relativo nel paese di Bengodi!) utilizzarlo per 15 anni. Poi c’è il vincolo paesaggistico, eppure quello idrogeologico (sapete le frane, i dissesti. Problemi sconosciuti in Campania noti solamente alle centinaia di morti e ai miliardi di euro di danni prodotti alle persone e cose in questi ultimi 20 anni). Ci sono le aree boscate considerate sterpaglie dalla Cementir “ambientalista” che propone alla Provincia di voler “mietere” alberi, magari dipingendoli come fece con i gradoni delle cave. Poi ancora c’è il policlinico lì di fronte e, infine, il consiglio comunale di Maddaloni ha avuto la cattiva idea di farci nel terreno destinato da Caltagirone a cava, il parco urbano e ha addirittura richiesto alla Regione anche i soldi per la progettazione. Ora i cavaioli e i sindaci sostenitori del cemento si autoproclamano ambientalisti. A sentir loro trasformeranno i monti com’erano un tempo, ripristinando flora e fauna che vedremo sui gradoni delle cave. Cosa complessa, dunque, e aggravata con i pareri negativi espressi dalla Soprintendenza e dal dirigente responsabile dell’ufficio tecnico del comune di Maddaloni (facendo saltare “la programmazione altra” del sindaco sig. Farina). Ma piano, piano facendo durare la cosiddetta conferenza dei servizi quanto basta i delegati Cementir  smonteranno con l’aiuto dello scaricabarile, pezzo a pezzo ogni ostacolo per raggiungere l’agognato obiettivo. La Cementir non è certo Legambiente o il Comitato di quartiere di Parco Cerasola. Fior fiore di consulenti, avvocati, tecnici, ecc. assistono la mega impresa. E’ vero che la legge stabilisce che una conferenza dei servizi non potrebbe durare più di 90 giorni e questi sono già trascorsi. Ma nel nostro paese, si sa la legge può essere oggetto di dibattito, di confronto “democratico”, di tutto insomma. In definitiva un optional. A rispettarla c’è tempo e comunque c’è sempre qualche parere pro veritate per eluderla, reinterpretarla. E poi c’è l’altalenante giochino tra il PRAE sì la L.R. 14/2008 no, oppure il contrario e il contrario di tutto. A seconda.  E poi anche se si violasse la legge pur sempre un peccato mortale. Non si dice così? In Inghilterra per 20 sterline (denaro pubblico) spese impropriamente, un ministro si dimette e un intero governo va in crisi. In Italia per l’uso improprio di beni dello Stato, che costano milioni ai contribuenti, si diventa vittima di un complotto. Perché la Cementir dovrebbe fare diversamente? I costumi non sono uguali per tutti? Almeno quelli. E poi c’è il grandioso sindaco di Maddaloni che, giocando con due mazzi di carte (la cava e il parco) cerca di tenere buono il popolo sordo e cieco. Si può, comunque, ricorrere alle pressioni, democratiche e civili, s’intende. Per carità. Magari s’invitano i lavoratori a protestare davanti al Genio Civile perché preoccupati che il cementificio potrebbe chiudere a seguito dell’impossibilità di cavare e ad avere, quindi, la materia prima. Certo qualcuno, ad esempio i sindacati (esistono da noi?) o la stessa limpida amministrazione comunale (da che parte sta?), avrebbero potuto e dovuto spiegare ai lavoratori che alla Cementir, così come a Moccia è consentito, per legge (lo prevede il Piano Regionale delle Attività Estrattive), di delocalizzarsi e vi sono addirittura ben 23 alternative, solo in provincia di Caserta, da prendere in considerazione e valutare con tutti i soggetti interessati (amministrazioni locali, cittadini, ecc.). Non vi è pericolo di disoccupazione. Nessuno è contro il cementificio. Com’è noto a tutti. E allora che si fa? Si continua con la sceneggiata in barba a tutti e a tutto. Contano, come dicono i milanesi gli “sghei”. Solamente. Per i vincoli, gli incendi, il dissesto idrogeologico, le frane, il policlinico, la legge, c’è tempo, c’è tempo. Ma forse occorre che tutti capiscano che un’epoca si è chiusa. Che non è più consentita la grande abbuffata e mettere insieme, cave, discariche, cementifici, ospedali e alberghi. Basta! E’ finita. La vicenda della cosiddetta emergenza rifiuti ha dimostrato inequivocabilmente che la responsabilità della camorra è da ricercare nello smaltimento illecito dei rifiuti industriali campani e del centro nord Italia. La classe politica si assuma le proprie responsabilità o se ne vada a casa. Gli imprenditori guardino anche agli interessi del territorio e riconsiderino la loro presenza in questi luoghi. Abbiamo bisogno di uno sviluppo che coniughi ambiente, sviluppo e occupazione. Non c’è più spazio e tempo per giochi e scarica barile. Ma intanto Moccia denuncia Messina per diffamazione per un articolo del luglio scorso e dovrà difendersi al tribunale di Salerno.

Caserta, 6 giugno 2009 Giuseppe Messina – Legambiente e Giovanna Maietta – Comitato Parco Cersaola-Centurano


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