Ogm: la frenata del Vaticano




E Monsanto non va in paradiso
Poteva essere la beatificazione degli ogm. Le alte gerarchia sono
favorevoli, ma la chiesa sociale ha detto no. E così il Vaticano prende
tempo
LUCA FAZIO
Minaccia o speranza? Interrogativo facile da formulare, ma difficile da
sciogliere. Anche per il Vaticano. Dopo due giorni di convegno sugli
organismi geneticamente modificati, infatti, la chiesa non ha saputo, o
meglio non ha potuto, pronunciarsi con un «sì» o con un «no». E dire che
l'ala manageriale della chiesa ha fatto di tutto per invitare a Roma gli
scienziati più favorevoli agli ogm; del resto, anche per strappare il
consenso della santa sede, lo scorso giugno il segretario di stato americano
Powel si fece ricevere da Wojtyla. Allora perché non ha funzionato
l'operazione di lobbying? La verità è che la chiesa sugli ogm è spaccata e
per non scontentare nessuno (i missionari di Mozambico, Zambia e Filippine,
i vescovi brasiliani, l'agenzia dei missionari d'Africa) i cardinali sono
stati costretti a sorvolare, nonostante la «scienza» abbia cercato in tutti
i modi di tirarli per la sottana. «Io - ha mandato tutti in pace il
cardinale Sodano - rispetto sia le tesi degli ecologisti che rendono un
grande servizio alla natura, sia di coloro che vedono negli ogm una risorsa
per combattere la fame nel mondo». Morale, perfino il cardinale pro ogm
Renato Raffaele Martino al termine del convegno si è dovuto arrampicare sui
vetri per mantenere aperta la strada alla beatificazione degli ogm: «Il
campo dell'ogm non va abbandonato anche se ha bisogno ancora di molte cure,
si deve continuare a lavorare». In che direzione è presto detto, perché per
Martino la chiesa avrà il compito di «illuminare le coscienze affinché le
biotecnologie vegetali siano un'opportunità per tutti e non una minaccia,
dentro un quadro politico e giuridico di rinnovata solidarietà nei rapporti
commerciali tra le nazioni, di sicurezza sanitaria e ambientale per tutti,
di ritrovata intesa tra mondo scientifico, società civile e responsabili
politici».

E' bizzarro che proprio i prelati ormai rappresentino l'ultima spiaggia per
le multinazionali del biotech che stanno perdendo su tutti i fronti. Quanto
alla chiesa, ancora una volta ha dimostrato la sua ipocrisia: da una parte
lancia anatemi contro l'inaccettabile tecnologia del preservativo, e
dall'altra si fa tentare dal business della biotecnologia applicata
all'agricoltura.

Eppure, tutti gli scienziati che lavorano per il potere temporale delle
multinazionali si aspettavano qualcosa in più. Magari parole chiare,
«salutate con entusiasmo», come quelle che il ministro per la salute Sirchia
ha ripetuto anche ieri, dimenticandosi di dare un'occhiata ai risultati
delle ricerche sugli ogm appena pubblicati in Inghilterra dalla Royal
Scientific Society: «Non c'è nessun dato che dimostri che i cibi transgenici
nuocciano alla salute», ha detto. Gli scienziati, invece, sono stati
costretti ad ascoltare anche il gesuita Roland Lesseps che ha lamentato un
«totale sbilanciamento delle posizioni degli ospiti che tendono troppo a
favore degli ogm». Per Lesseps, che come un contadino della Coldiretti ha
invocato il principio di precauzione, le biotecnologie sono in pieno
disaccordo con la dottrina sociale della chiesa e sono contro il «rispetto
dei diritti umani e l'ordine del creato». Anche Ivan Verga, vice presidente
di Verdi Ambiente e Società, pone una questione teologica degna dei dottori
della chiesa: «Sul piano teologico, che è lo specifico su cui deve
interrogarsi la santa sede, emerge invece una grande contraddizione: la
modificazione genetica della vite e del grano è conciliabile con il
sacramento eucaristico? I fedeli si nutriranno del corpo e del sangue di
Cristo, oppure del corpo del sangue di Technos?».

Quella che apparentemente sembra una provocazione, mostra invece quanto per
la chiesa sia complicato riuscire a giustifare una dottrina che ammette la
modificazione genetica del vivente. E proprio per questo, nonostante si sia
inginocchiata davanti ai cardinali, la scienza targata Monsanto non ha
ottenuto la benedizione che sperava. Il Vaticano non ha potuto dire altro
che il percorso sarà lungo e tortuoso. Un documento ufficiale sembra ancora
lontano. E' lo stesso cardinale Martino ad allargare le braccia: «Arriverà
il tempo in cui la Santa Sede vestirà l'abito della mater et magistra per
essere fedele alla sua missione religiosa e morale di portare la luce del
Vangelo in tutte le situazioni umane in cui è in gioco il benessere
spirituale e materiale degli uomini». Amen.