crisi energetica usa e futuro



 da affati e finanza di lunedi 04 Giugno 2001 
 
 
Le carenze dell’industria energetica Usa e le conseguenze sul nostro futuro
Quella attuale non è una crisi degli approvvigionamenti
MARZIO BELLACCI

Gli aumenti di prezzo del greggio, le continue impennate di quelli delle
benzine, l’allarme del presidente Bush che ipotizza addirittura un rilancio
del nucleare per non far mancare la luce elettrica nelle case degli
americani ci fanno porre, settimana dopo settimana con maggiore ansia, una
domanda che per molti anni non ci aveva più angustiato: siamo di nuovo alla
vigilia di una crisi petrolifera mondiale?
La risposta la danno gli attuali sussulti di mercato. Con tutta probabilità
il mondo non sta vivendo la vigilia di una crisi petrolifera, però si sta
velocemente incamminando verso una altrettanto pericolosa crisi: quella
energetica. Non sarà, infatti, una carenza di greggio a rendere difficile
il futuro, bensì la sempre maggiore difficoltà nel gestire un mercato,
quello globale dell’energia, nel quale il barile di petrolio, il metro cubo
di gas o la tonnellata di carbone hanno ruoli simili ma con un impatto
diversificato sull’equilibrio tra domanda e offerta. Questa instabilità di
fondo può innescare una crisi generalizzata soprattutto se diventasse un
problema irrisolvibile nel breve e medio periodo per gli Stati Uniti, la
nazione più energivora del mondo.
Ma analizziamo alcuni dati concreti che, secondo gli esperti, giustificano
questa nuova ipotesi.
Sul fronte del greggio esistono riserve provate molto abbondanti che
lasciano tranquilli perché hanno una vita utile di 40 anni, contro i 30
anni di tre decenni fa. Lo stesso vale per il gas naturale, con riserve
mondiali ingentissime, o per il carbone che potrebbe essere estratto ai
ritmi attuali per altri 250 anni.
Il punto debole è un altro: la capacità dell’industria energetica, dalla
raffinazione dei prodotti petroliferi alla produzione di elettricità, di
mantenere in equilibrio domanda e offerta di energia. Un problema che sta
diventando estremamente complicato proprio negli Stati Uniti. Va da sé che
le difficoltà di quel continente si riversano sul resto del mondo,
industrializzato o in via di sviluppo.
Anche in questo caso servono alcune cifre che interessano due settori
fondamentali: i prodotti petroliferi finiti e l’energia elettrica. Negli
Usa le benzine rappresentano oltre il 50% dei prodotti raffinati
(l’incidenza è del 25% in Europa) e durante i picchi stagionali gli Usa
devono importare grandi quantità di benzine perché il loro sistema di
raffinazione non è in grado di soddisfare l’intera domanda del mercato
interno. Fino a tre anni fa gli impianti di raffinazione americani erano in
grado di assicurare scorte pari a 15 giorni di consumi, oggi non superano i
sette giorni. Ad aggravare la situazione vi è un altro dato: negli ultimi
venticinque anni nessuna nuova raffineria è stata costruita negli Stati
Uniti. Un discorso analogo vale per l’Europa, partner energetico ormai
indispensabile per gli Usa. Anche in questa area la capacità di
raffinazione che, nel 1982, era pari a 968 milioni di tonnellate l’anno, è
scesa a 823 milioni di tonnellate nel 2000. Una situazione ancora più
precaria se risulteranno vere le proiezioni di alcuni esperti secondo i
quali tra otto anni gli Stati Uniti dovranno importare qualcosa come 29
milioni di tonnellate di benzine dall’Europa.
Sul fronte della produzione di elettricità la situazione è, al momento,
ancora più grave. Le crisi elettriche della California ne sono
l’avvisaglia. Per mantenere equilibrati i ritmi di crescita di questa fonte
energetica dovranno essere costruite, secondo gli esperti statunitensi, 65
centrali elettriche l’anno per i prossimi vent’anni. Di queste la maggior
parte, e per motivi ambientali, dovranno essere alimentate a gas. E ancora
una volta sarà difficile per il governo Usa mantenere l’equilibrio tra
domanda e offerta di metano. Una difficoltà che già si è manifestata con la
crescita abnorme del suo prezzo negli Stati Uniti e con la prospettiva di
dover aumentare le importazioni anche di questa fonte.
L’elenco di tante difficoltà di non immediata soluzione lasciano
intravedere un futuro prossimo dove, nonostante l’abbondanza di greggio, vi
saranno continui cortocircuiti tra domanda e offerta di prodotti energetici
con il ripetersi di crisi sempre più ravvicinate e non più soltanto
stagionali e con la conseguenza di una fortissima instabilità sul versante
dei prezzi finali dell’energia, intesa nella sua globalità.