[Disarmo] Fwd: Info su Strategie Usa contro Russia e UE nella guerra dei gasdotti




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Da: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: dom 22 dic 2019, 08:26
Subject: Info su Strategie Usa contro Russia e UE nella guerra dei gasdotti
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Mosca: «Gli Usa non tollerano la concorrenza»

North Stream 2 . Il gasdotto è già stato costruito per il 92%, ma le sanzioni rischiano di bloccare sine die la conclusione dei lavori. La scure americana si è abbattuta anche sulla pipeline Turkish stream

Il gasdotto Nord Stream 2 in costruzione a Lubmin, in Germania  

Il gasdotto Nord Stream 2 in costruzione a Lubmin, in Germania 

© Afp

Yurii ColomboIl ManifestoMOSCA

22.12.2019

21.12.2019, 23:59

Quello di ieri non deve essere stato un buon risveglio per Vladimir Putin. Nella conferenza stampa di fine d’anno di giovedì si era tenuto fuori dalla contesa tra Trump e i democratici e aveva dato ordine a Alexey Miller, presidente di Gazprom, di chiudere la partita sul gas con gli ucraini in modo da rallentare la loro pressione sulla Ue a proposito del gasdotto russo-tedesco North Stream 2. Ma non è servito a nulla. A sorpresa il presidente Usa ha inserito nel bilancio della difesa per il prossimo anno una clausola sanzionatoria per le aziende che partecipano al progetto North Stream.

LE SANZIONI interesseranno le società coinvolte nella costruzione di North Steram nonché quello russo-turco Turkish stream, nonché i top manager di queste società. In teoria la misura per quanto riguarda la pipeline turca dovrebbe avere modesti effetti pratici visto che è già operativa, ma la ricaduta nei rapporti Erdogan-Trump potrebbe essere disastrosa. Il presidente turco in settimana aveva già tuonato che in caso di sanzioni contro Turkish stream avrebbe assunto «misure analoghe contro gli Usa» e si era spinto fino al punto di minacciare di «essere pronto a chiudere le basi americane per sempre».

Ma anche qui la contesa non è solo politica: le sanzioni decise dalla Casa Bianca sarebbero volte a impedire il prolungamento del gasdotto fino ad Atene con il coinvolgimento anche di Bulgaria e Serbia nel progetto. Per quanto riguarda invece North Stream 2, il gasdotto che porterebbe “oro blu” dalla Russia alla Germania attraverso il mar Baltico le conseguenze sono immediate e rischiano di bloccare sine die la conclusione dei lavori.

Secondo quanto scrive Interfax già «3 ore prima della notizia della firma di Trump del bilancio della difesa, l’azienda svizzera addetta alla posa dei tubi di North Stream 2, la Allseas, ha annunciato che stava per sospendere la costruzione del gasdotto a causa dell’adozione negli Stati Uniti sanzioni contro i costruttori del progetto».

LA ALLSEAS era in procinto di tagliare il traguardo nella posa dei tubi. Kommersant sostiene che «North Stream 2 è già stato costruito per circa il 92% e avrebbe dovuto essere già concluso. Il problema si è verificato a causa delle autorità danesi, che solo questo autunno avevano permesso la costruzione della pipeline nelle loro acque». Il governo tedesco sta prendendo tempo per valutare la situazione, essendo al suo interno diviso. Rompere con gli Usa su questo terreno non è facile e alcuni settori della Cdu stanno puntando a ritirarsi da una partita di poker in cui la posta sta diventando assai alta. Ma a questo punto della mano, anche i russi vogliono vedere come si comporteranno gli europei. Nel comunicato fatto circolare dal ministero degli esteri si afferma con una nota di sarcasmo: «Sarà comunque curioso vedere quanto i vari paesi europei siano sovrani, e chi tra essi, ad esempio, la Germania, si piegheranno a Washington per finanziare docilmente l’industria energetica americana, dimenticando i propri interessi economici». Per i russi si tratta di un’evidente azione di concorrenza scorretta per imporre in Europa il gas Usa che essendo trasportato via nave è assai più costoso di quello russo. Del resto non lo nega lo stesso Trump nel documento politico che accompagna la firma del bilancio. «Vorrei ringraziare il Congresso per aver adottato il bilancio entro la fine dell’anno. Come ho già detto molte volte, le discussioni protratte danneggiano la nostra capacità di attenzione e di competizione con Cina e Russia» sottolinea Trump.

L’INQUILINO della Casa bianca insiste sui timori Usa riguardo le attività della Federazione Russa in Africa, sull’attività russa e cinese nella regione artica, nonché sulla «minaccia di aggressione militare da parte di Mosca contro i paesi membri della Nato». Ma l’entrata a gamba tesa americana nel mercato energetico europeo preoccupa non poco il Cremlino visto che l’economia russa continua a dipendere dall’esportazione di materie prime. «Tra poco non ci sarà data la possibilità neppure di respirare» si è lasciata sfuggire infastidita Marya Zacharova, portavoce del ministro degli esteri Sergey Lavrov, appena saputo della decisione di Trump.


Il pistolero Trump spara sanzioni all’Europa

North Stream 2. Il presidente Usa, sotto impeachment, vuole mostrare che tiene sotto tiro Putin e vara lo SpaceCom con i toni belligeranti del pistolero spaziale

Il cantiere del gasdotto North Stream 2 a Lubmin, in Germania 

Il cantiere del gasdotto North Stream 2 a Lubmin, in Germania

 © Afp

Alberto NegriIl Manifesto

22.12.2019

21.12.2019, 23:59

Se per Trump la politica estera è un Far West, Mike Pompeo è il suo bounty killer. Quando gli europei lo vedono arrivare fanno gli scongiuri. E puntualmente, dopo la sua visita di venerdì in Germania, gli Usa hanno sanzionato le società coinvolte nel North Stream 2, il gasdotto da 11 miliardi di dollari con la Russia che passa sotto il Baltico e aggira i Paesi di Visegrad (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria), Stati baltici e Ucraina.

«Queste sono tutte attività legali» protesta stavolta l’Unione europea. La Germania grida: «È ingerenenza», e la Merkel solo due giorni fa ha dichiarato nel Bundestag, rispondendo ad una domanda proprio sul North Stream 2: «Noi siamo contro le sanzioni extraterritoriali, come si è già visto anche nel caso dell’Iran, dove abbiamo lo stesso problema», con un tono così duro che ha fatto dire alla Bild che la sua è «una dichiarazione di guerra a Trump».

IL PROBLEMA è che l’America trumpiana irride ogni legalità esistente: la rottura dell’accordo sul nucleare con l’Iran, imponendo sanzioni a tutti, aveva forse una giustificazione se non accomodare Israele e i sauditi, suoi maggiori acquirenti di armi? È una questione di marketing non di principi. E ora Donald Trump, proprio perché sotto impeachment, spara nuove sanzioni per mostrare che tiene sotto tiro Putin e vara lo SpaceCom con i toni belligeranti del pistolero spaziale.

È evidente che ormai l’Europa si dibatte in una battaglia del gas stritolata nel triangolo Trump-Putin-Erdogan. Una guerra economica ma con risvolti militari nel Mediterraneo orientale e in Libia. E che alla fine potrebbe risultare strategica per il futuro del continente.

LE SANZIONI statunitensi al North Stream 2 sono arrivate proprio mentre Mosca raggiungeva un accordo con Kiev per le forniture di gas all’Ucraina e alla Ue, un passo certamente positivo per la distensione nell’Est Europa.

Ma agli Usa non va bene: intendono controllare le vie dell’energia e soprattutto vendere agli europei il loro “shale gas” (estratto dalle argille) – che ci costa di più – con la scusa di diminuire la dipendenza europea da Mosca.

Trump si vuole disimpegnare dall’Europa e dal Medio Oriente ma non intende rinunciare ai mercati dell’energia, degli armamenti e a gestire, a colpi di dazi e sanzioni, i flussi commerciali in funzione anti-russa e anti-cinese. Anche la Brexit in questo senso gli dà una mano, indebolendo un concorrente come l’Unione europea.

Vedremo se gli Stati uniti useranno la stessa determinazione sanzionatoria per le rivendicazioni della Turchia sul gas offshore di Cipro greca che colpiscono gli interessi di Italia, Francia, Grecia e Israele. Navi da guerra italiane e francesi sono già in zona. Ma forse a noi dovrà pensare ancora Putin, l’unico in grado di trattare con Erdogan, in Siria, Libia e anche sul gas, visto che è partito il Turkish Stream, sostituto del South Stream – un progetto italiano di Saipem – annullato nel 2014 per le sanzioni a Mosca sull’Ucraina.

LA LIBIA è in primo piano perché il governo di Tripoli guidato dal «nostro» Al Sarraj ha firmato con Erdogan, in cambio della sua protezione militare, un accordo che autorizza la Turchia a fare esplorazioni per il gas offshore nella zona esclusiva di Cipro greca dove sono attive società italiane come l’Eni, la francese Total ma anche compagnie americane. Un’area dove ha forti interessi Israele che ha stretto accordi con la Grecia e Cipro per il passaggio di un gasdotto sottomarino che dovrà trasferire in Europa le risorse energetiche israeliane e quelle egiziane. A rigor di logica Washington dovrebbe proteggere questi progetti ma di logico negli Usa c’è rimasto ben poco.

ERDOGAN ha strappato l’intesa a Sarraj con la pistola puntata alla tempia: senza i turchi Tripoli potrebbe soccombere all’offensiva del generale Khalifa Haftar sostenuto da mercenari russi, Emirati Arabi Uniti, Egitto e Arabia Saudita. E proprio per questo “sgarbo” di Sarraj che l’Italia si sta riposizionando in Libia, il vero argomento dell’ultima telefonata tra Conte ed Erdogan.

Si sta verificando quanto scritto più volte sul manifesto. Erdogan ha gioco facile a tenere in scacco gli europei su vari dossier, dai profughi siriani ai foreign fighter, dalla Libia al gas. E dimostra di volerlo fare anche con gli Stati uniti che minacciano sanzioni per l’acquisto delle batterie russe anti-missile S-400: per ritorsione il leader turco potrebbe chiudere la decisiva base aerea e nucleare Usa di Incirlik. Cosa che del resto ha già fatto dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio 2016, quando europei e americani si aspettavano che lo facessero fuori.

Si paga una lunga serie di errori, come aver lasciato far credere a Erdogan che l’Occidente avrebbe fatto fuori Assad in Siria con l’appoggio ai ribelli “moderati”. E si paga anche l’ultimo crimine: il via libera americano al massacro dei curdi siriani nel Rojava, alleati nella lotta all’Isis e al terrorismo jihadista. Non c’è da stupirsi che Sarraj si rivolga alla Turchia, visto che i suoi amici europei, compresa l’Italia, lo sostengono più a parole che non con i fatti, pur essendo Tripoli il governo riconosciuto dall’Onu.

Princìpi e legalità internazionale ormai si sono liquefatti con il risultato che le sorti del Mediterraneo le decidono Erdogan, Putin e il pistolero spaziale Trump, come gli va e se gli va.


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Da: Elio Pagani <eliopaxnowar at gmail.com>
Date: dom 22 dic 2019, 01:24
Subject: Strategie Usa e costi nostri nella guerra dei gasdotti
To: Elio Pagani <ElioPaxNoWar at gmail.com>


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Da: Manlio Dinucci <manlio.dinucci at gmail.com>
Date: dom 22 dic 2019, 00:27
Subject: Strategie Usa e costi nostri nella guerra dei gasdotti
To: 

Strategie Usa e costi nostri

nella guerra dei gasdotti 

Manlio Dinucci

 Mentre si affrontano in un duro scontro sull’impeachment del presidente Trump, Repubblicani e Democratici depongono le armi per votare al Senato quasi all’unanimità l’imposizione di pesanti sanzioni contro le società partecipanti alla realizzazione del North Stream 2, il raddoppio del gasdotto che attraverso il Baltico porta il gas russo in Germania. Ad essere colpite sono le società europee che partecipano al progetto da 11 miliardi di dollari, ormai realizzato quasi all’80%, insieme alla russa Gazprom: l’austriaca Omv, la britannico-olandese Royal Dutch Shell, la francese Engie,  le tedesche Uniper e Wintershall, l’italiana Saipem e l’elvetica Allseas che prendono parte alla posa delle condotte.

Il raddoppio del North Stream aumenta la dipendenza dell’Europa dal gas russo, avvertono gli Stati uniti. Sono preoccupati soprattutto dal fatto che il gasdotto – attraversando il Mar Baltico in acque russe, finlandesi, svedesi e tedesche – bypassa i Paesi di Visegard (Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria), gli Stati baltici e l'Ucraina, ossia i paesi europei più legati a Washington tramite la Nato (ai quali si aggiunge l’Italia).

La posta in gioco per gli Stati uniti, più che economica, è strategica. Lo conferma il fatto che le sanzioni sul North Stream 2 fanno parte del National Defense Authorization Act, l’atto legislativo che per l’anno fiscale 2020 fornisce al Pentagono, per nuove guerre e nuove armi (comprese quelle spaziali), la colossale cifra di 738 miliardi di dollari, cui si aggiungono altre voci portando la spesa militare statunitense a circa 1000 miliardi di dollari. Le sanzioni economiche sul North Stream 2 si inseriscono nella escalation politico-militare contro la Russia.

Una ulteriore conferma viene dal fatto che il Congresso Usa ha stabilito sanzioni non solo contro il North Stream 2 ma anche contro il TurkStream che, in fase finale di realizzazione, porterà il gas russo attraverso il Mar Nero fino nella Tracia Orientale, la piccola parte europea della Turchia.  Da qui, attraverso un altro gasdotto, il gas russo dovrebbe arrivare in Bulgaria, Serbia e altri paesi europei. È la contromossa russa alla mossa degli Stati uniti, che nel 2014 riuscirono a bloccare il gasdotto South Stream. Esso avrebbe dovuto collegare la Russia all’Italia attraverso il Mar Nero e via terra fino a Tarvisio (Udine).  L’Italia sarebbe così divenuta un hub di smistamento del gas nella Ue, con notevoli vantaggi economici. L’amministrazione Obama riuscì ad affossare il progetto, con la collaborazione della stessa Commissione Europea.

La Saipem (Gruppo Eni), colpita nuovamente dalle sanzioni Usa sul North Stream 2,  fu già pesantemente colpita dal blocco del South Stream: perse nel 2014 contratti per un valore di 2,4 miliardi di euro, cui si sarebbero aggiunti altri contratti se il progetto fosse andato avanti. Nessumo però allora, né in Italia né nella Ue, protestò per l’affossamento del progetto ad opera degli Stati uniti. Ora che sono in gioco gli interessi tedeschi, si levano in Germania e nella Ue voci critiche sulle sanzioni Usa al North Stream 2.

Si tace però sul fatto che l’Unione europea si è impegnata a importare dagli Usa gas naturale liquefatto (Gnl), estratto da scisti bituminosi con la distruttiva tecnica della frantumazione idraulica. Washington, per colpire la Russia, cerca  di ridurre il suo export di gas nella Ue, facendo pagare i costi ai consumatori europei. Da quando il presidente Trump e il presidente della Commissione Europea Juncker hanno firmato nel luglio 2018 a Washington la «Dichiarazione congiunta sulla cooperazione strategica Usa-Ue incluso il settore energetico», la Ue ha raddoppiato l’import di Gnl dagli Usa, cofinanziando le infrastrutture con una spesa iniziale di 656 milioni di euro. 

Ciò non ha però salvato le società europee dalle sanzioni Usa.
 
(il manifesto, 22 dicembre 2019)

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