Il ritorno del movimento antinucleare



Il ritorno di un movimento antinucleare:

A rebirth of the anti-nuclear weapons movement?
http://www.thebulletin.org/roundtable/antinuclear-weapon-movement/

sul disarmo sino al 1980
http://www.uspid.org/sections/02_Books_Documents/USPID_Documents/disarmo.html

Il 4 aprile 1979 non fu solo un anniversario del Trattato del Nord Atlantico ma l'inizio di una svolta nell'interpretazione della difesa europea Kissinger a Bruxelles dichiarò che si era prodotto un "decoupling", un disaccoppiamento tra le strutture difensive dovuto dall'evoluzione degli armamenti, per cui l'ombrello nucleare americano poteva non aprirsi per l'Europa. Con il SALT II stipulato a giugno fra Carter e Brezhnev (non retificato) si era quantificata la portata balistica dell'arma nucleare superiore ai 5.500 chilometri, costituendo così una classe intermedia fra armi tattiche con gittata di circa 150 km e quelle strategiche con gittata superiore a 5.500 chilometri. Le due potenze avrebbero messo al sicuro i loro santuari e l'Europa avrebbe dovuto scegliere in barba alle sue velleità multipolari. Entro il 1983 si sarebbero così dovuti installare 572 missili atomici americani nell' Europa occidentale di media portata. I paesi europei destinati ad ospitare gli "euromissili" non avrebbero avuto alcun diritto di veto contro il loro impiego da parte degli americani.

Oggi la storia sembrerebbe ripetersi uguale.

Le manifestazioni del movimento di massa per il disarmo e contro il nucleare si moltiplicarono in Germania, Belgio, Italia, Inghilterra e Olanda. Già allora quel movimento si dimostrò incapace di cogliere il sognificato delle parole di Kissinger, il riarmo dovuto alle esigenze del Capitale:

"Il sistema industriale non si è progressivamente identificato con la competizione negli armamenti per libera scelta o perchè intrinsecamente sanguinario, ma perchè questa (competizione) era il campo dove si trovano più disponibili le più grosse somme disponibili di denaro per sostenere, con il minimo numero di domande imbarazzanti a cui dover rispondere, la pianificazione industriale" (G.K. Galbraith - Il nuovo stato industriale-).

Qualcosa è cambiato: "Con la fine dell’era dello Stato imprenditore, i soldi pubblici hanno finito per coincidere con le risorse che tramite le diverse forme dell’imposizione fiscale sono a disposizione delle scelte allocative.Non è certo una forzatura affermare che la persistente dinamica crescente della spesa pubblica e della pressione fiscale non trova giustificazione nelle finalità ridistributive e di equità, piuttosto nella necessità di un’oligarchia bisognosa di risorse da allocare per alimentare il proprio potere". (Censis, Le concentrazioni del potere: poteri e flussi del denaro pubblico, 2007).

La produzione bellica ha mostrato come non possa dirsi estranea ai calcoli dei costi, della produzione e della commercializzazione: l'arma diventa merce.

"mentre ogni tipo di spesa, sia per armi che per le pensioni dei vecchi o per l'inquinamento atmosferico, crea domanda, tuttavia (questa) non gioca lo stesso ruolo nel sostenere lo sviluppo tecnologico. Le spese militari (invece) operano in una logica di domanda aggregata la domanda aggregata (somma di consumi, investimenti, spesa pubblica e dal saldo tra esportazioni ed importazioni) e contribuiscono anche a quelle innovazioni che possono essere utili per la produzione civile".
(Galbrahit).

Il problema non è dunque solo sconfiggere l'arma in sè, l'industria bellica nei suoi significati di investimento di "surplus" e di correttivo alla domanda, non potrà mai essere del tutto riconvertita o diversificata.

Non è più possibile creare una coscienza pacifista e antimilitarista senza entrare nel merito delle "oligarchie al plurale", quelle che permettono di passare "dal prevedere pochissimo per molti, a prevedere comunque poco per pochi., il cui potere nasce in ambiti diversi e che si muovono in autonomia l’una dall’altra".

L'Italia è in guerra e si è posizionata al settimo posto nella graduatoria mondiale per spesa militare. Non è possibile negare la mediocrità e l'opportunismo di qualcuno, il 9 giugno a Roma non sarà dimenticato.