Campagna Banche Armate: Basta con le menzogne!



30 settembre 2005

Campagna di pressione alle "banche armate"

Comunicato Stampa

Basta con le menzogne! Industria militare e varie banche italiane fanno
affari con l'export di armi e il Governo vuole zittire i cittadini

Forte presa di posizione dei direttori delle riviste promotrici della
Campagna di pressione alle "banche armate" in prossimità del voto in
Commissione Parlamentare Esteri e Difesa sulla Relazione 2005
sull'export di armi. "Il Governo attacca la Campagna che chiede
trasparenza e intende modificare ancora la 185! Non lo permetteremo!" -
dichiarano p. Carmine Curci (Nigrizia), p. Nicola Colasuonno (Missione
Oggi) e d. Renato Sacco (Mosaico di Pace).

E' prossimo il voto in Commissione parlamentare Esteri e Difesa sulla
Relazione 2005 della Presidenza del Consiglio sulle esportazioni di armi
italiane. Pur valutando positivamente il fatto che per per la prima
volta in 15 anni, la Relazione annuale della Presidenza del Consiglio
prevista dalla legge 185/90 sull'esportazione delle armi italiane è
stata quest'anno oggetto di discussione nelle Commissioni Esteri e
Difesa della Camera, come promotori della Campagna di pressione alle
"banche armate" manifestiamo forti preoccupazioni per il reiterato
tentativo da parte del Governo di modificare e riscrivere la legge 185
e, soprattutto, per il tentativo di eludere la trasparenza in merito a
operazioni svolte dagli Istituti di credito in appoggio al commercio
delle armi italiane.

La suddetta Relazione 2005, infatti, svolgendo considerazioni non
supportate dagli stessi dati forniti dal Ministero, definisce come
«problematica di alta rilevanza», tanto da essere stata trattata a
livello interministeriale, «quella relativa all'atteggiamento assunto
da buona parte degli istituti bancari nazionali nell'ambito della loro
politica di "responsabilità sociale d'impresa"». «Tali istituti,
infatti - prosegue la Relazione - pur di non essere catalogati fra le
cosiddette "banche armate", hanno deciso di non effettuare più, o
quantomeno, limitare significativamente le operazioni bancarie connesse
con l'importazione o l'esportazione di materiali d'armamento». La
Relazione annuncia quindi che «il Ministero dell'Economia e delle
Finanze ha recentemente prospettato una possibile soluzione che sarà
quanto prima esaminata a livello interministeriale». Soluzione di cui,
nonostante le interpellanze parlamentari, non si sa niente, ma non
sembra nella direzione di una maggior trasparenza del settore.

Sta di fatto che "difficoltà operative" tali da richiedere modifiche
alla legge non ve ne sono. Come riportano le tabelle del Ministero
dell'Economia e delle Finanze, infatti, le banche italiane, coi gruppi
Capitalia e San Paolo Imi in testa, ricoprono tuttora più dell'85%
delle operazioni di appoggio all'esportazione di armi italiane, che va
ricordato, in un solo anno sono quasi raddoppiate passando dai 722
milioni di euro del 2003 agli oltre 1317 milioni di euro del 2004. In
parole semplici, le banche italiane rappresentano tuttora
l'intermediario privilegiato per l'industria armiera nazionale che
quest'anno ha accresciuto il proprio portafoglio d'ordini di oltre il
16% e, nell'ultimo quadriennio, di ben oltre il 72%.

Se importanti Istituti di credito privati hanno deciso, nella loro
politica di "responsabilità sociale d'impresa", di rispondere
all'appello promosso dalla nostra Campagna e alle stesse richieste dei
loro correntisti, decidendo di dotarsi di normative precise e pubbliche
per quanto riguarda l'appoggio al commercio delle armi italiane, il
Ministero ne dovrebbe essere ben fiero: tutto ciñ, infatti, non solo
va a favore della trasparenza, ma anche di quella "eticità" che da
più parti si chiede al mondo finanziario. Come direttori di riviste
missionarie avvertiamo la responsabilità di intervenire sul tema del
commercio delle armi, in quanto ha una pesante ricaduta sulla vita dei
poveri di molti paesi del sud del mondo.

Il fatto è che alla potente lobby armiera e a una parte del mondo
finanziario dà fastidio che i cittadini sappiano con chi le nostre
industrie armiere fanno affari. La Campagna di pressione alle "banche
armate" in questi 6 anni di attività ha, invece, puntualmente
divulgato le informazioni del Ministero rendendo noto a tutti ciñ che
molti vorrebbero tenere riservato agli "addetti ai lavori".

Non solo. Presentando in qualità di Relatore nella IV Commissione
Difesa la Relazione 2005, l'on. Giuseppe Cossiga (Forza Italia) nel suo
intervento, sottolineando come «eccessiva l'enfasi con la quale la
relazione dà conto dell'ammontare complessivo delle operazioni
finanziate dagli istituti di credito», ha affermato che «in mancanza
di ulteriori informazioni sull'oggetto delle operazioni finanziate, si
forniscono dati che risultano non solo fuorvianti, ma suscettibili di
alimentare campagne di informazione del tutto prive di fondamento, come
nel caso della campagna banche armate».

Riteniamo gravi e infondate le affermazioni dell'on. Giuseppe Cossiga. E
siamo da tempo in attesa di conoscere da lui quali sarebbero le
«informazione del tutto prive di fondamento» fornite dalla Campagna.
Come già detto, proprio grazie all'attendibilità dei dati forniti
dal Governo, la Campagna di pressione da noi promossa non solo non ha
mai trovato smentite da parte degli Istituti di credito italiani, ma ha
anzi creato le condizioni che hanno indotto importanti gruppi bancari a
smettere di fornire, totalmente o in parte, i propri servizi in appoggio
al commercio delle armi.

Pertanto chiediamo a tutti i gruppi parlamentari di:

1. Rendere noto per tempo e con chiarezza il voto che esprimeranno in
Commissione parlamentare sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi.


2. Essere compatti e presenti per esprimere voto di parere contrario
sulla Relazione 2005 sull'esportazione di armi.



p. Carmine Curci (Nigrizia),
p. Nicola Colasuonno (Missione Oggi)
d. Renato Sacco (Mosaico di Pace)
promotori della Campagna di pressione alle "banche armate"



PS: Cogliamo questa occasione per informare che stiamo organizzando per
dicembre/gennaio un convegno che intende essere un confronto aperto,
chiaro e proficuo sia col mondo bancario, sia con i rappresentanti del
Governo, delle Istituzioni, degli Enti locali e delle tante associazioni
che in Italia e in Europa sono da tempo attente ai temi del commercio
delle armi e del ruolo della finanza.





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