Strani traffici nelle basi Usa



 dal il manifesto  del 26\2\2004



Si allargano le basi americane in Italia

DIFESA
Martino in parlamento: prossimi a una dislocazione Dove e come? «Segreto militare. Non parlo, c'è il terrorismo» Nel processo complessivo e strategico di trasformazione del proprio strumento militare, avviato dagli Stati Uniti in Europa e nel mondo, «non si può escludere che possa essere inserita anche una diversa dislocazione della presenza militare americana sul territorio italiano». Parole del ministro della difesa Antonio Martino, che ieri, rispondendo alle interrogazioni parlamentari sul futuro delle basi Usa in Italia, ha ammesso che nella nuova strategia bellica mondiale statunitense l'Italia, per la sua posizione, continua a svolgere un ruolo di primo piano. La ristrutturazione militare americana in Europa è concentrata su diversi fronti. Ma mentre in alcuni paesi della vecchia alleanza si parla di ridimensionamento di uomini e mezzi, in Italia sarebbe stato deciso il potenziamento di alcune delle basi militari più importanti. Tra queste la base di attracco dei sommergibili nucleari della Maddalena, sulla quale nei giorni scorsi è esplosa la rivolta della Sardegna. Ma i lavori sono in corso anche nella basi di Sigonella (Sicilia) e di Camp Darby (Toscana). Occhi puntati poi in Puglia, nelle basi di Taranto e Brindisi. Cosa diventeranno, il ministro Martino non lo dice. Ai parlamentari che gli chiedevano se «in merito a problemi di così vasta portata sotto il profilo politico e militare siano in corso consultazioni tra il governo italiano e quello Usa», il ministro ha replicato invocando il segreto militare

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Il ministro Martino conferma, senza spiegare nulla, che Washington sta rivedendo la sua strategia mediterranea e con essa la dimensione e l'uso delle tante basi che l'Italia ha concesso. A partire dalla Maddalena. Ma tutto resta segreto: agli italiani non deve interessare quel che accade sul loro territorio

MASSIMO GIANNETTI
ROMA
Come ai tempi della guerra fredda. E' tutto secretato, anzi sottoposto a «un'elevata categoria di segretezza», dice il ministro della difesa Antonio Martino rispondendo alle interrogazioni parlamentari sul futuro delle basi militari Usa in Italia. Da alleato gentiluomo, il ministro premette di non poter «declassificare unilateralmente» quel patto di massima riservatezza stipulato con gli americani nei lontani anni Settanta, ma qualcosa, a proposito della futura presenza bellica Usa nel suolo italiano, la dice eccome. Tra un omissis e l'altro, ammette infatti che «nel processo complessivo e strategico di trasformazione del proprio strumento militare - avviato dagli Stati Uniti in Europa e nel mondo - non si può escludere che possa essere inserita anche una diversa dislocazione della presenza militare americana nel territorio nazionale». Sta tutta qui, in quel «non si può escludere», la sostanza del breve intervento di Martino di ieri alla camera. Cosa voglia dire in concreto ai parlamentari non lo ha spiegato, perché è «materia delicata, non divulgabile», proprio in virtù di quegli accordi segreti tra il governo italiano e quello Usa. Ma che la presenza militare statunitense in Europa stia subendo una radicale trasformazione non ci sono dubbi. Il 4 febbraio scorso era stato il Financial Time a rivelare che nel vecchio continente è in atto una «delle più massicce ridislocazioni degli effettivi militari statunitensi dopo il 1945». Ciò non vuol dire però che ci saranno più truppe e mezzi militari sparsi per l'Europa. In alcuni casi, secondo una recente dichiarazione del segretario di stato Colin Powell, ci sarebbe addirittura un ridimensionamento. In ogni caso «non è nelle intenzioni del Pentagono spostare verso l'Est alcune basi Usa dislocate in Europa per averne di più contigue alla Russia, ma soltanto utilizzare postazioni atte a sostenere più efficacemente operazioni avanzate, anche con la possibilità di accesso, attraverso accordi per periodi di tempo limitati, ad alcuni aeroporti europei, al fine di agevolare il dispiegamento in regioni potenzialmente in crisi». In Italia la strategia Usa di riposizionamento bellico andrebbe invece verso un potenziamento e un diverso uso delle basi esistenti. Le prove sono emerse chiaramente con il progetto di raddoppio della base di attracco di sommergibili atomici della Maddalena (fatto che nei giorni scorsi ha scatenato la rivolta della Sardegna fino a spingere il consiglio regionale a chiedere lo smantellamento della base stessa). Ma altri indizi che il Pentagono stia approntando un nuovo piano logistico militare nel nostro territorio - in posizione nevralgica per il controllo del Mediterraneo - sono stati denunciati nei giorni scorsi anche a Sigonella (Sicilia), dove la base è in via di ristrutturazione, e a Camp Darby (Toscana). Si prospetterebbero poi nuovi e diversi ruoli per le basi pugliesi di Taranto e Brindisi, dellaltra base siciliana di Augusta,nonché per quella di Aviano (Friuli), che però, diversamente dalle altre basi importanti, subirebbe, secondo i piani di Bush, un ridimensionamento a vantaggio delle future basi che gli Usa intendono realizzare in Spagna. «Gli Stati Uniti - spiega Martino nel suo breve intervento di ieri alla camera - sono impegnati in un processo complessivo di trasformazione del loro strumento militare, avviato dal segretario della difesa Rumsfeld fin dall'inizio del suo mandato. Si tratta di una trasformazione funzionale a una dottrina di impiego incentrata su una maggiore mobilità e flessibilità delle forze, per adeguarle agli impegni che caratterizzano il quadro geo-strategico attuale, primo fra tutti la lotta al terrorismo». E' in «tale contesto di revisione strategica - ammette Martino senza spingersi oltre - che non si può escludere che possa essere inserita anche una diversa dislocazione della presenza militare americana sul territorio nazionale italiano». E conclude in bellezza: «Questa modifica degli assetti dovrà, naturalmente, configurarsi nell'ambito degli accordi che regolano la materia concernente l'utilizzazione delle basi in Italia da parte delle forze alleate». «Al ministro Martino - è il commento della parlamentare di Rifondazione comunista, membro di minoranzanlla commissione difesa della camera - avevamo chiesto chiarimenti precisi sul mutamento di strategia militare Usa nel nostro territorio, e se in merito a problemi di così vasta portata sotto il profilo militare e politico ci siano consultazioni in corso tra il governo italiano e le autorità statunitensi. Soprattutto - prosegue la parlamentare - avevamo chiesto di sapere se il governo non ritiene opportuno fornire notizie sul contenuto degli accordi bilaterali relativi alla concessione del diritto di attracco alla Maddalena, decisa nel 1972 dal governo italiano (primo ministro Andreotti) senza dibattito preventivo in parlamento e, quindi, in violazione dell'articolo 80 della Costituzione. A queste domande il ministro non ha risposto. La realtà è che non è cambiato nulla rispetto al dopoguerra. Si continua ad espropriare il parlamento in un momento in cui sono cadute tutte le ragioni degli assetti internazionali del passato. Il parlamento deve avere piena sovranità, così come le amministrazioni locali e regionali. La secretazione dei trattati bilaterali è un abuso, lo era prima, ma adesso è intollerabile».

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  una  news  che  riguarda  anche se indirettamente la maddalena

E intanto la polveriera di Camp Darby si gonfia
Restano avvolte nel segreto natura e durata dell'accordo che cede agli Usa la più grande base logistica d'Europa La base dei misteri Non si sa bene che cosa sia contenuto nei silos di Camp Darby, ma si sa che nell'estate 2000 si è sfiorata la catastrofe. Autorità locali ignorate

MANLIO DINUCCI
Il fatto che la Sesta Flotta levi le ancore da Gaeta per trasferirsi a Rota in Spagna non è indice di una diminuita importanza dell'Italia nella strategia statunitense. Il quartier generale delle Forze alleate del Sud Europa (Afsouth), il cui comando spetta per diritto ereditario a un ammiraglio della Us Navy, resta a Napoli. Allo stesso tempo, nel piano di ridislocazione delle forze messo in atto dal Pentagono, le basi statunitensi in Italia assumono ruoli ancora più importanti e vengono quindi potenziate: tra queste, oltre alla Maddalena, c'è la base logistica di Camp Darby tra Pisa e Livorno. Lo conferma la notizia che il comando statunitense si sta muovendo per ottenere nel porto di Livorno (collegato alla base dal Canale dei Navicelli) una banchina in uso esclusivo, dove far approdare le navi con il materiale bellico in arrivo e in partenza. La storia della base è emblematica. Nell'immediato dopoguerra, la pineta di Tombolo, dove essa verrà successivamente costruita, è il luogo in cui si accampano le truppe statunitensi. Il suo nome diviene presto sinonimo di bordello (qui arrivano camion militari carichi di «segnorine»), di loschi traffici e sanguinose risse. Fa scalpore a livello nazionale un film drammatico del 1947, «Tombolo paradiso nero», su soggetto di Indro Montanelli, diretto da Giorgio Ferroni e interpretato da Aldo Fabrizi. Quando le truppe statunitensi tornano a casa, tutto questo sembra finito. Il 18 marzo 1949 il presidente del consiglio Alcide De Gasperi annuncia solennemente alla camera: «Ho da dichiarare quanto segue. Nessuno ci ha mai chiesto basi militari e d'altra parte non è nello spirito del patto di mutua assistenza tra stati liberi e sovrani, come il Patto atlantico, di chiederne o concederne». Due anni dopo, nel 1951, lo stesso governo De Gasperi stipula con quello statunitense un accordo segreto cedendogli una vasta area della pineta di Tombolo per costruirvi Camp Darby, base logistica della Us Army per l'area mediterranea, il Nord Africa e il Medio Oriente. A fianco della base, in cui sono stoccate sicuramente anche armi nucleari, vengono costruiti il Centro radar di Coltano, importante nodo della rete di telecomunicazioni del Pentagono, e il Camen (Centro applicazioni militari energia nucleare), usato dalla marina militare italiana nei suoi studi per realizzare la Bomba nazionale. Durante la guerra fredda, la base viene utilizzata anche per un'altra funzione «logistica». Come è emerso dalle successive inchieste dei giudici Casson e Mastelloni, Camp Darby svolge sin dagli anni `60 la funzione di principale base della rete golpista costituita dalla Cia e dal Sifar nel quadro dei piani segreti «Stay Behind» e «Gladio»: qui vengono addestrati i neofascisti pronti a entrare in azione e conservate le armi per il colpo di stato. Con la fine della guerra fredda, la base di Camp Darby, come le altre, acquista una importanza ancora maggiore. Da qui proviene gran parte degli armamenti e altri materiali militari usati dall'esercito e dall'aviazione Usa nelle due guerre contro l'Iraq e in quella contro la Jugoslavia. Le munizioni - informa l'organizzazione statunitense Global Security - sono stoccate in 125 bunker sotterranei e altri depositi in superficie a forma di igloo. Da alcuni dati parziali forniti da Global Security, si può dedurre che il numero delle munizioni superi il milione e mezzo. Nel 2000 si rasenta la catastrofe. In maggio, infatti, il soffitto di alcuni igloo in cemento armato comincia a cedere per errori di progettazione, tanto da rendere necessaria la chiusura e l'isolamento dalla rete elettrica di otto igloo, pieni fino al soffitto di missili, testate esplosive, proiettili e detonatori. Successivamente, durante l'estate, in una operazione durata 12 giorni, vengono rimosse oltre 100mila testate e proiettili altamente esplosivi. La rimozione, estremamente rischiosa, viene effettuata con speciali mezzi teleguidati e robot. Tutto, naturalmente, nel più assoluto segreto. Le stesse autorità civili italiane sono tenute all'oscuro. Ancor più lo è la popolazione che, durante l'estate, cresce di numero essendo questa una località di villeggiatura. I pericoli cresceranno con il previsto potenziamento di Camp Darby, destinato a divenire la maggiore base logistica statunitense in Europa. Il programma dei lavori comprende la costruzione di una installazione per il controllo delle munizioni e di 6 piattaforme per il loro deposito; l'estensione della banchina per consentire l'attracco simultaneo di due natanti per il carico o lo scarico di munizioni; l'allargamento e il consolidamento del Canale dei Navicelli per permettere ai natanti di andare avanti e indietro facendo una inversione a U. Queste e altre trasformazioni accresceranno la capacità della base che, operando ventiquattr'ore su ventiquattro, sarà in grado di rifornire in minor tempo le unità terrestri e aeree statunitensi proiettate in un teatro bellico. Sia a Pisa che a Livorno i rappresentanti degli enti locali dicono di non sapere nulla del programma di potenziamento della base. Né lo sapranno mai, se aspettano di essere consultati o comunque informati per via ufficiale. La zona in cui sorge la base con le sue infrastrutture, pur facendo parte del loro territorio, gode infatti di completa extraterritorialità. L'accordo segreto, con cui il governo De Gasperi cedeva agli Usa questa zona per 40 anni, è stato prorogato di 5 anni nel 1990 all'epoca del governo Andreotti. Quindi nel 1996, all'epoca dei governi Dini e Prodi, è stato ulteriormente prorogato. Non si sa però di quanto, dato che continua a restare segreto. Il fatto che il comune e la provincia di Pisa abbiano chiesto al governo, insieme alla regione, «il progressivo superamento della base» è sicuramente positivo, ma non basta. Non si può aggirare la questione nodale, ossia la violazione a tutti i livelli della sovranità nazionale, derivante dalla presenza sul nostro territorio di basi militari straniere sottratte a qualsiasi nostro meccanismo decisionale. Questo è il nodo da affrontare, senza «se» e senza «ma».