Da Lampedusa a Mineo. Frontiere d’odio



Da Lampedusa a Mineo. Frontiere d’odio

Venerdì 18 marzo. A Lampedusa si susseguono gli sbarchi, il centro di
accoglienza è al collasso. Nonostante le contestazioni che hanno accolto
la visita di due campioni dei diritti umani quali Mario Borghezio e Marine
Le Pen, nell’isola soffia forte il vento dell’odio e della paura. In
queste ore un centinaio di isolani ha cercato di impedire l’attracco di
una barca carica di immigrati.
A Mineo ha aperto i battenti il Villaggio della Solidarietà. Il governo ha
deciso di concentrarvi tutti i residenti asilo dei CARA, per poter
velocemente riconvertire a CIE i CARA. Nuova linfa per la premiata ditta
galera e deportazione. I primi tre sono giunti in auto da Trapani, altri
157 li hanno deportati da Bari.

Di seguito la cronaca dell’ultima settimana curata da TAZ – Laboratorio di
Comunicazione Libertaria

In un Mediterraneo in fiamme, la questione dell'immigrazione continua a
svelare la criminalità della classe dirigente europea, messa di fronte ai
disastri che essa stessa ha prodotto negli ultimi decenni. Il Nordafrica
delle rivolte presenta il conto, e le partenze dalla Tunisia di barconi
carichi di immigrati sono oggettivamente aumentate, anche se è sempre
scorretto parlare in termini di emergenza. L'emergenza, in realtà, viene
creata a tavolino. Non solo sui media, ma anche nella gestione
dell'accoglienza (se così si può dire) sempre all'insegna delle leggi e
delle procedure razziste.

Lunedì 14 marzo, a Lampedusa è andata in scena una brutta farsa. Gli
europarlamentari Marine Le Pen - Fronte Nazionale francese - e Mario
Borghezio - Lega Nord - si sono recati sull'isola per farsi la campagna
elettorale sulla pelle degli sventurati. I toni sono stati ammantanti
dell'ipocrita retorica umanitaria vista da destra ma, in sostanza, il
messaggio era chiaro: l'Europa non può e non deve accogliere gli
immigrati. Quindi? Quindi, vanno assistiti in mare senza farli sbarcare:
distribuzione massiccia di viveri e medicine sui loro barconi purché non
tocchino terra. Sembra uno scherzo, ma hanno detto proprio così. La
notizia però è un'altra. I due esponenti razzisti hanno trovato al loro
arrivo in aeroporto un comitato di accoglienza formato da una cinquantina
di attivisti del locale circolo Arci Askàvusa e di Legambiente che hanno
esposto striscioni contro il razzismo e il fascismo. I due politicanti
hanno dovuto sgattaiolare da un'uscita laterale rinunciando pure alla
conferenza stampa prevista nel palazzo del Municipio, il cui principale
inquilino - giova ricordarlo - è quell'altro grottesco personaggio che
risponde al nome di Bernardino De Rubeis, sindaco di Lampedusa, già
indagato per corruzione, e più recentemente per istigazione all'odio
razziale dopo un'ordinanza che disponeva il divieto di utilizzare i luoghi
pubblici come "siti di bivacco e deiezione". De Rubeis si riferiva proprio
agli immigrati, i quali - aveva dichiarato pochi giorni prima -
«importunano le nostre donne, fanno i propri bisogni dietro le case,
davanti le scuole, di fronte ai bambini. Camminano a gruppi impedendo la
vita sociale normale dei lampedusani». Addirittura.

In realtà, dovrebbero essere gli italiani a vergognarsi. Quelli che, per
intenderci, stanno ai piani alti dei ministeri. Il Centro di accoglienza
di Lampedusa è un lager. Duemilaseicento gli immigrati ammassati come
bestie in una struttura angusta che ne potrebbe ricevere solo ottocento.
Condizioni igieniche pessime: scarseggia il cibo e manca l'acqua ma,
nonostante tutto, il morale è alto. Per tutte queste persone, essere
arrivati vivi in Italia è già un gran bel traguardo. Solo l'altro giorno,
infatti, un cadavere è stato restituito dalle onde sulla costa di
Pantelleria, altra isola in mezzo al Canale di Sicilia. Un tratto di mare
che il maltempo dei giorni scorsi ha spazzato violentemente con esiti
tragici. Nella notte tra il 14 e il 15 marzo, infatti, un barcone si è
ribaltato ed è andato a fondo. Una quarantina i morti, mai recuperati,
mentre in cinque si sono salvati aggrappandosi a dei legni e lottando
tutta la notte contro il freddo, il buio e i pesci che gli mordevano le
mani.

Di fronte a tutto questo orrore, il governo italiano risponde miseramente.
A Lampedusa si vorrebbero fare due tendopoli, da cinquecento posti
ciascuna, e per fare questo è stato inviato l'esercito. La popolazione
locale si è opposta fermamente perché tutti i lampedusani, dai più
progressisti ai più sensibili alle ragioni del quieto vivere, scorgono in
questa operazione il pericolo di una trasformazione dell'isola in un lager
a cielo aperto: una prospettiva nefasta sia per chi ha a cuore i diritti
umani, sia per chi bada al portafogli e teme gravi ripercussioni sulla
stagione turistica in un territorio in cui praticamente tutti vivono di
questo. In questa miscela esplosiva si innesta l'atavica frustrazione di
una comunità che si è sempre sentita ignorata dallo Stato centrale, e che
oggi torna a sentirsi sfruttata solo come terra di frontiera.
Nel momento in cui scriviamo, infatti, un centinaio di lampedusani sta
addirittura impedendo l'attracco di una motovedetta della Capitaneria di
porto con a bordo 116 immigrati soccorsi al largo.

In Sicilia, infine, è stato inaugurato il "Residence degli aranci" a
Mineo, in provincia di Catania. Vi troveranno posto duemila richiedenti
asilo (o forse più). Le prime deportazioni a Mineo saranno fatte dai
Centri di Caltanissetta, Trapani, Crotone, Bari, Foggia. Un'enorme
struttura, quella di Mineo, ipocritamente ribattezzata "Villaggio della
Solidarietà", in cui convogliare tutti i richiedenti asilo che vivono nei
centri Cara di tutta Italia. L'obiettivo? Convertire quei centri in Cie -
Centri di Identificazione ed Espulsione - dove internare i tunisini di
Lampedusa.

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