Torino. Contestati i razzisti a Borgo Po



Torino. Contestati i razzisti a Borgo Po

 

Martedì 6 luglio.

I media lo hanno sponsorizzato per un paio di giorni, hanno volantinato in tutte le buche, eppure il nuovo comitato razzista a Borgo Po è stato un autentico flop. Alla notizia della decisione del prefetto Padoin di “spostare” nell’ex caserma di via Asti i profughi che occupano l’ex clinica S. Paolo in corso Peschiera, qualche residente ha invitato la gente a impegnarsi contro la presenza dei profughi nel loro quartiere, “il più chic di Torino”.

Nello studio dell’avvocato Guidone, in corso Quintino Sella 14, all’appuntamento fissato dai razzisti, si sono presentate non più di 40 persone.

Non potevano mancare gli antirazzisti. Un gruppetto si è radunato davanti alla Gran Madre. Fatto al volo uno striscione con la scritta “Via i razzisti dai quartieri – casa per tutti” sono partiti per un giro per le strade, distribuendo volantini e sostando negli angoli per comizi volanti e discussioni con la gente.

Molti hanno solidarizzato con la protesta e si sono complimentati per l’iniziativa, alcuni sono filati via, con altri sono partiti confronti anche serrati.

In via Monferrato il titolare dell’omonimo ristorante, Carlo Foradini, è sulla porta. Nei giorni precedenti aveva dichiarato a La Stampa «Stendiamo un velo pietoso. I profughi porteranno gazzarra e disordine. Non ho nulla contro gli extracomunitari, alcuni lavorano anche da noi, ma in questo caso si tratta di nullafacenti». Gli antirazzisti gli chiedono conferma delle sue dichiarazioni e Foradini dice “io non sono razzista, ma quelli sono nullafacenti costituzionali”. Della serie “non sono io che sono razzista, sono loro che sono negri”. Il razzismo, quello vero, profondo, viscerale, ha il candore feroce di rendere le vittime responsabili delle persecuzioni che subiscono.

Fatto un breve comizio davanti al ristorante gli antirazzisti si dirigono in corso Quintino Sella tallonati dalla digos con i telefonini in ebollizione.

Davanti allo studio dell’avvocato Guidone sostano, ben guardati dalla polizia, alcuni noti esponenti dei comitati razzisti della città, veri professionisti incontrati più volte in Borgo Aurora e Barriera di Milano. All’arrivo degli antirazzisti due signore eleganti si staccano e dicono perentoriamente “sia chiaro: noi siamo con voi, non con loro”. Più tardi anche altri ci diranno che erano “venuti a sentire” ma non erano certo d’accordo “con quelli là”.

Lo striscione viene aperto in strada, davanti all’ingresso. Alcuni gridano “Fuori i razzisti dai quartieri”, altri distribuiscono volantini, altri ancora parlano con la gente.

Una compagna invita i presenti a guardare negli occhi uomini, donne e bambini fuggiti dalla guerra, dalle persecuzioni, dal deserto, dalle prigioni libiche, per trovare un paese a “braccia chiuse”.

La promotrice della riunione nega con veemenza di essere razzista, sostenendo che lei si limita a mettere in dubbio l’idoneità del luogo. È una razzista pragmatica: da qualche parte li mettano pure ma non sotto casa sua.

A nessuno viene in mente che i duecento rifugiati e profughi di corso Peschiera forse non vogliono essere “messi” da qualche parte, forse, come tutti noi, vorrebbero avere voce sul proprio futuro.

E lo hanno già dimostrato, abbandonando la strada e prendendosi una casa abbandonata per abitarci.

Sulla via del ritorno gli antirazzisti hanno sostato davanti all’ex caserma di via Asti, sul frontespizio della quale una targa ricorda gli “eroi” di Dogali. Una vera beffa che oggi i nipoti delle vittime del colonialismo italiano siano “trasferiti” in un luogo dedicato alla memoria delle truppe di invasione italiane.

Rabbia e commozione di fronte al posto dove tanti torinesi di ieri, partigiani e oppositori politici, subirono atroci torture da parte di fascisti e nazisti.

Lieve e poi possente è risuonata per via Asti “Bella ciao”.

 

Prossimi appuntamenti.

 

Assemblea per Resistere al pacchetto sicurezza

 

Mercoledì 8 luglio

assemblea

per discutere della resistenza al pacchetto sicurezza

dalle 21 presso Radio Blackout, in via Cecchi 21

 

Dal 2 luglio il pacchetto sicurezza è legge.

Una legge razzista e liberticida. Un ulteriore passo sulla china sempre più scivolosa di un diritto diseguale.

Lo sappiamo: senza solide basi materiali eguaglianza e libertà non sono che vacui principi, e comunque la distanza tra la forma e la sostanza è sempre stata grande.

Nondimeno la sanzione giuridica della disuguaglianza, poiché le leggi sono rappresentazione ritualizzata dei rapporti di forza all’interno della società, è il segnale che il terreno del conflitto sociale sta spostando il proprio asse: lo scontro di classe cede il passo alla guerra tra poveri.

La valenza simbolica e reale di questo evento è enorme.

 

Viviamo tempi grami, tempi feroci e folli, tempi di guerra. La guerra contro i poveri e gli immigrati, la guerra contro chiunque si opponga alla barbarie che avanza.

Il decreto sicurezza si allinea alle tante norme razziste e repressive che in questi anni hanno sancito che vi sono uomini e no, donne e no. La dura materialità delle relazioni sociali, dove la schiavitù del lavoro diviene metafora reale del nostro tempo, viene consacrata dalla legge.

Una legge che segna nel profondo le relazioni sociali, una vergogna grave che non possiamo permettere venga applicata.

Figlia della paura e della furia, segna il consolidarsi, nelle coscienze come nelle leggi, di uno stato di polizia.

Occorre capire e informare, ma, soprattutto, agire.

Piovono pietre e nessuno può stare al riparo in attesa di tempi migliori: mettersi in mezzo è un’urgenza ineludibile.

Se non ora, quando? Se non io, chi per me?

 

Film antirazzista in piazza

 

Lunedì 13 luglio ore 21,30 ai giardinetti tra corso Giulio Cesare e via Montanaro proiezione de “Le tre sepolture” di Tommy Lee Jones.

 

Per info e contatti:

Federazione Anarchica Torinese – FAI

Corso Palermo 46

La sede è aperta ogni giovedì dopo le 21

fai_to at inrete.it

338 6594361