"Mio marito in stato vegetativo, io lasciata sola"



"Mio marito in stato vegetativo, io lasciata sola"

Lorenzo Fazzini

Chi assiste un famigliare in stato vegetativo non può ricevere sussidi economici dall’amministrazione comunale se non ha un mutuo per l’acquisto di una casa a proprio carico. Accade in questi giorni a Verona, dove la signora Maria cura da 4 anni il marito Giuseppe Bari, che chiama affettuosamente Bepi, il quale da quello sfortunato 18 luglio 2004 – l’uomo aveva 68 anni – si trova in una situazione di "stato minimo di responsività", come si dice nel freddo linguaggio medico.

«La Regione Veneto ci offre 400 euro mensili per pagare la retta dell’ospedale a fronte di un costo di 1.400 euro ogni mese, 44 euro al giorno – spiega la signora Adduci, mentre scartabella con le carte, lettere, ritagli di giornali che testimoniano la sua odissea – ma il Comune non ci dà niente. Quando sono andata a chiedere un sostegno economico, visto che mio marito ha un’invalidità del 100%, mi è stato risposto che potrei riceverlo se disponessi di un mutuo acceso in banca. Ma siccome vivo in un appartamento in affitto, non rispondo ai requisiti e quindi non ricevo nulla».
Oltre a tutto, a lei, che appartiene all’Asl 20, viene chiesto un contributo di 44 euro al giorno, mentre a chi risiede nell’Asl 21 e 22 il contributo richiesto è di 23 euro al giorno.

La battaglia pacifica di donna Maria non è solo per il suo Mario – «Capisce, mi stringe la mano, ascolta le sue canzoni preferite», racconta con dignità – ma anche per gli altri degenti di Casa Perez, il reparto di riabilitazione dell’ospedale Sacro Cuore di Negrar, retto dalla Congregazione dei Poveri Servi della Divina Provvidenza, l’ente religioso fondato da san Giovanni Calabria. «Questa struttura è molto adatta ai casi che ospita: ci sono palestre di riabilitazione fisica, infermieri preparati, operatori specializzati, vengono organizzate delle gite e uscite di svago per gli ospiti. L’ospedale sta aspettando dalla Regione l’ampliamento di ulteriori 4 posti letto, ma questa autorizzazione non arriva. Per questo ho scritto in questi giorni anche al presidente della Regione Galan per sollecitare il suo intervento».
Ma quello che in tutto questo funge da freno, secondo la signora Adduci – che ogni tanto sbircia i tanti cimeli sportivi del suo Bepi, appassionato ciclista –, è anche un deficit culturale da parte del mondo della politica verso le persone in stato vegetativo: «Sono i più dimenticati. Per altri pazienti di malattie rare, oppure per chi soffre di cancro, mi pare ci siano più attenzioni, che invece per noi sembrano venir meno».
Di qui una proposta che sgorga dall’esperienza di donna Maria: «Va bene che le Regioni accordino un finanziamento alle strutture di riabilitazione, ma non è possibile dare anche a noi famiglie un sostegno una tantum? A me, che devo sostenere anche un figlio ammalato e separato, la degenza di mio marito costa 1.000 euro al mese. Non sarebbe giusto attivare un istituto centrale a livello nazionale che sostenga le famiglie delle persone in stato vegetativo? Penso che una soluzione di questo genere sarebbe auspicabile da molti».

Spesso solo l’intervento del privato sociale o del volontariato può fare i miracoli; la moglie di "Bepi" Bari ne ha avuto una prova precisa: «Per un anno è stato sospeso in reparto il servizio di musicoterapia, molto utile per la riabilitazione dei pazienti del reparto del Sacro Cuore. Ebbene, solo grazie ai musicisti del Conservatorio cittadino, che si sono offerti di venire gratis una volta alla settimana in ospedale, il lunedì pomeriggio, è stato possibile continuare questa attività così utile per i pazienti».
Si diceva del deficit culturale nel non capire le istanze e le necessità dei soggetti in stato vegetativo e dei loro famigliari: «Fa notizia chi chiede la "morte libera", mentre c’è un gran silenzio per noi che viviamo per loro collaborando a tempo pieno con le strutture per dare quegli stimoli utili alla loro esistenza. Il giornale Il manifesto è arrivato a definire la loro esistenza "una vita da cavolfiore": questo è un esempio di quello che troppo spesso la gente ritiene vivano queste persone. Ma quando una cosa del genere capita a te, a un tuo caro, a tuo marito, capisci che non è così, che la vita di quella persona è vera, è molto di più di un vegetale».

Ecco allora anche la necessità politica di un aiuto amministrativo-economico: «Serve un sostegno maggiore alle famiglie – argomenta la signora Adduci, lei stessa insegnante di massaggio –. Sarebbe auspicabile anche un intervento diretto dello Stato».