I: In ILVA il direttore non paga




Omessa formazione del lavoratore
Una sentenza di merito affrontato la materia delle responsabilità del
direttore di stabilimento per assegnazione del lavoratore a mansioni
lavorative per le quali lo stesso non aveva ricevuto idonea formazione


Il Tribunale Penale di Nola - Sentenza 23 aprile - 23 maggio 2004 - ha
affrontato la spinosa materia delle responsabilità del direttore di
stabilimento per assegnazione del lavoratore a mansioni lavorative per le
quali lo stesso non aveva ricevuto idonea formazione in materia di
sicurezza e salute (art. 22 D. Lgs. n. 626/94)
Sentenza.
"Nessun dubbio sussiste poi in ordine alla ascrivibilità del fatto
all'odierno imputato, posto che egli è pacificamente risultato rivestire la
qualifica di "datore di lavoro" ai sensi del D. L.vo 626/94, trattandosi
del direttore dello stabilimento. E' da escludersi che nel caso di specie
possa evidenziarsi un esonero da responsabilità in ragione del meccanismo
della delega a terzi, come dedotto dalla difesa nell'affermare che la
responsabilità per l'omissione in questione sarebbe da imputare ai
responsabili del personale. Ed infatti, per pacifica giurisprudenza
condivisa da questo giudicante, in materia di prevenzione degli infortuni
sul lavoro l'esonero del datore di lavoro da responsabilità può avvenire
solo se la delega di funzioni, che il soggetto responsabile per legge
assume di aver conferito ad altri, non soltanto sia data a persone
affidabili ovvero in grado di assolvere i relativi compiti, ma anche a
condizione che il delegato abbia piena autonomia decisionale, affrancata da
ogni ingerenza del delegante (in tal senso, cfr. Cass. IV, 18.10.1990, n.
13726). Nel caso di specie, per quanto emerso dall'istruttoria
dibattimentale, e segnatamente dalle dichiarazioni dei testimoni della
difesa, l'O. ebbe ad occuparsi personalmente della problematica relativa
alla gestione del lavoratore, come richiesto dalla particolare delicatezza
del caso; furono inoltre rivolte direttamente a lui, che sottoscrisse il
relativo verbale, le prescrizioni degli ispettori del lavoro cui si è fatto
cenno".
Commento
Il caso è semplice, il lavoratore non ricevette idonea formazione come
previsto dall'art. 22 del D. Lgs. n. 626/94 per tutti i lavoratori, e
questo nonostante l'organo di vigilanza avesse già riscontrato una precisa
e specifica contravvenzione, verbalizzando l'inadempimento a carico del
direttore di stabilimente.
D'altro canto la linea difensiva, usuale, di invocare fantomatiche deleghe
di compiti prevenzionistici viene facilmente smontata dalla Corte di
legittimità mettendo in evidenza l'inesistenza, nel caso di specie, di una
delega efficace conferita a soggetto idoneo, e fornito di indipendenza
decisionale e autonomia finanziaria. O
ccorre ricordare che fra i nuovi e impegnativi compiti previsti dal D. Lgs.
n. 626/94 a carico del datore di lavoro e della gerarchia aziendale,
l'obbligo informativo e formativo è risultato essere uno di quelli meno
omogeneamente ed adeguatamente adempiuto nella variegata gamma di imprese
che costituiscono il tessuto produttivo italiano, benché l'obiettivo del
decreto è stato fin da subito "quello di assicurare una più elevata
protezione dei lavoratori, tramite provvedimenti di protezione e bonifica
dai rischi aziendali, anche attraverso l'informazione, la formazione e, in
termini più generali, la partecipazione dei lavoratori e dei loro
rappresentanti alla cogestione della sicurezza in azienda" 1
In sostanza il D.Lgs. n. 626/94 ha rafforzato un quadro giuridico centrato
sulla prevenzione del rischio intesa come responsabilità soggettiva di ogni
soggetto titolare di obblighi di sicurezza, sul concetto di auto-tutela e
sul concetto di cultura della sicurezza.

I primi due termini ci vogliono ricordare che la sicurezza dipende
direttamente dal comportamento dello stesso lavoratore (cfr. art. 5 D.Lgs.
n. 626/94), che deve rispettare le norme di sicurezza aziendali e che può,
e deve, contribuire attivamente con segnalazioni, proposte e controllo
generale sull'organizzazione (cfr. art. 5 c. 2 del D.Lgs. n. 626/94), anche
attraverso i propri rappresentanti per la sicurezza (cfr. art. 17 D.Lgs. n.
626/94).
La gestione programmata della sicurezza e igiene del lavoro (prescritta
dal'art. 3 e dell'art. 4 comma 2 lettera c del D.Lgs. n. 626/94) richiede
il coinvolgimento attivo e operante, e la partecipazione continua e
consapevole di tutti i soggetti presenti in azienda, che sono ritenuti ex
lege responsabili della propria e altrui sicurezza, non solo nei termini di
adesione alle norme stabilite, ma soprattutto, e in modo essenziale, nei
termini di condivisione e interiorizzazione dei principi tecnico-culturali
della prevenzione, della protezione, della sicurezza e della salute sul
luogo di lavoro.
Il concetto di cultura, invece, pone rilievo sul fattore sociale della
sicurezza e sulla necessità della diffusione di una prospettiva culturale
condivisa anche attraverso azioni informative e formative.
Il datore di lavoro deve "avere la cultura, la "forma mentis" del garante
di un bene prezioso qual'è certamente l'integrità del lavoratore" e deve
quindi "accuratamente illustrare agli operai i pericoli cui vanno
incontro", deve "pretendere che la superficialità venga bandita", deve
«educare e costringere i lavoratori a tenere a portata di mano» i
dispositivi di protezione individuale, deve «insegnare e ribadire» natura,
rischi e condizioni delle operazioni lavorative da eseguire, affinché i
lavoratori si pongano, opportunamente muniti dei necessari mezzi personali
di protezione, «nelle condizioni di non nuocere a se stessi" [Cass. pen.
sez. IV, 3 giugno 1995, n. 6486, Grassi, Cass. pen. 1996,1957 (s.m.), in
motivazione].



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