Foglio di Collegamento n. 121



Cari amici,
                  vi invio nel corpo di questo messaggio e in allegato Word
il numero 121 del nostro Foglio di Collegamento.

In questo numero - denso di notizie drammatiche e di riflessioni importanti
- vi segnalo gli articoli di tre corrispondenti di condannati a morte che
ci invitano a scrivere ai loro amici o ad aiutarli in vari modi.

Notiamo con sollievo che la sospensione dell'esecuzione di Philip Workman
in Tennessee si e' consolidata.

In fondo al F. d. C. compare la pubblicità del libro su Gary Graham: siamo
tutti impegnati a diffonderlo il piu' possibile!

Cordiali saluti
Grazia Guaschino

N. B. Si puo' chiedere in qualsiasi momento la cancellazione dalla lista
per l'invio del F. d. C.
         Se non volete ricevere l'allegato Word dal prossimo numero in poi,
fatecelo sapere

**********************

FOGLIO  DI COLLEGAMENTO  INTERNO

DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

Numero  121 -  Settembre  2004



Sommario:

1 )  Kenneth precipita nel piu' profondo livello di segregazione ( I )
2 )  Biotecnologie e vita umana
3 )  Gli Usa e l'Iran pongano fine alle esecuzioni di minorenni !
4 )  Sedicenne impiccata in Iran per fornicazione
5 )  Un avvocato a Guantanamo ma a quali condizioni !
6 )  Prigionieri abusati in conseguenza di ordini superiori
7 )  Umiliazioni per le prigioniere irachene
8 )  Lavoro silenzioso per scongiurare l'esecuzione di Dominique
9 )  Per la quinta volta: sospesa l'esecuzione di Philip Workman
10)  In quanti modi si condanna a morte un essere umano fragile?
11)  ... e in America?
12)  Da cattivi "esempi" cattive conseguenze
13)  Teniamo gli occhi aperti mentre apriamo il nostro cuore
14)  Protestiamo contro l'ingiusto isolamento di Mark !
15)  Preston condannato a morte per aver ucciso un coniglio
16)  La mia prigione
17)  Notiziario:  Afghanistan, Cina, Filippine, Usa


1) KENNETH PRECIPITA NEL PIU' PROFONDO LIVELLO DI SEGREGAZIONE ( I )

Cari amici, oggi devo farvi partecipi di alcune notizie urgenti. Per
qualcuno di voi cio' potra' essere scioccante ma non e' l'intera questione
della pena di morte ad esserlo? Non ho inviato molti aggiornamenti sul mio
caso ultimamente dal momento che azioni sia legali che politiche sono state
avviate e sono tuttora in corso, ma vorrei cominciare a spedire messaggi
piu' frequentemente. Oggi  comunque  il messaggio ha a che fare con la mia
persona.
   Tutti coloro che mi conoscono direttamente o perfino quelli che mi
conoscono soltanto tramite altri o attraverso il mio sito web, sono sicuro
si rendano conto che io ho fatto del mio meglio per restare concentrato
sulla mia battaglia legale e produrre con tutto il mio essere sforzi
costruttivi [...]  Ho fatto del mio meglio per abbozzare di fronte alle
molte violazioni che mi circondano nella Polunsky Unit perche' la mia
permanenza qui e' solo temporanea - indipendentemente dal fatto che il
futuro mi riservi una vittoria o una sconfitta.  La mia battaglia e' con il
sistema giudiziario,  per provare la mia innocenza, e io rifiuto di farmi
scoraggiare. Sfortunatamente faccio ancora parte di questo ambiente e cosi'
sono soggetto ai suoi pro e contro. Dunque, il 12 agosto 2004 ho assunto
una presa di posizione di sfida contro le continue violazioni dei nostri
diritti costringendo una squadra anti-sommossa a tirarmi fuori dalla cella
mentre protestavo per l'inflizione del piu' duro livello si segregazione
per una oltraggiosa e frivola nota disciplinare.
   In 7 anni non ho avuto piu' di 6 note disciplinari e sono stato in
isolamento una volta sola per una ridicola infrazione dovuta al fatto di
non aver riordinato la cella. Comunque, quel giorno con lo stress montante
del braccio della morte che mi circonda, ho preso questa posizione per
mostrare il mio rifiuto di essere vittima silenziosa degli attacchi
preventivi dell'amministrazione.
   Una squadra anti-sommossa o 'squadra di estrazione' e' un gruppo di 5
agenti, di solito i piu' robusti dell'intero staff ed equipaggiati di tutto
punto (elmetto, maschera anti-gas,  giubbotto anti proiettile e protezione
per i gomiti, ginocchi e stinchi) e il suo lavoro e' quello di estrarre i
detenuti dalla cella con ogni mezzo fino ad usare la forza se necessario.
Questa procedura e' supervisionata dagli agenti piu' anziani di grado ed
anche registrata da una telecamera.
   Sapevo a cosa andavo incontro poiche' ho familiarita' con ogni aspetto
del protocollo carcerario. Essendo consapevole di cio', sapevo anche che
correvo il rischio di restare ferito e persino di morire (le celle sono di
2,10 m x 3 m, all'interno di esse la cuccetta e le sporgenze di acciaio
possono causare  ferite gravi). Questi tre tipi di incidenti [essere
estratto con la forza, rimanere feriti o morire, n.d.t.] sono gia' tutti
accaduti nel corso degli anni. La domanda che mi facevo era: "fino a quando
devo sopportare?" e "quante volte devo consentire a me stesso di essere
calpestato?" Il fatto ebbe inizio una mattina presto mentre un'agente donna
di nome Crabtree, mi pare, dava in escandescenze con insulti e minacce
lungo il corridoio. Il sistema penale e' cosi' oppressivo che induce
perfino le donne ad essere aggressive. E con un sistema che trascura i
nostri diritti e spalleggia gli agenti in ogni occasione, esse lo sono
realmente.
   Ci sono troppe regole in questo posto. Cambiano mensilmente,
settimanalmente e talvolta, giornalmente. Vi farei solo girare inutilmente
in tondo se le nominassi tutte. La mia pagina web alla sezione " L'inferno
d'acciaio: dentro il braccio della morte (su www.kennethfoster.de) descrive
molti aspetti di tutto cio' che dobbiamo affrontare qui dentro.
   Quel giorno mi stavo sottoponendo alla procedura per essere ammanettato
dall'agente Crabtree e dall'agente Rogers, per andare alla ricreazione. La
regola stabilisce che a nessuno e' consentito portare cose nella sala di
ricreazione, ad esempio un libro, un succo di frutta o persino una fetta di
dolce. La donna apparentemente penso' che io avessi preso qualcosa e cosi'
minaccio' di annullare la mia ricreazione. Una cosa che non tollerero' mai,
e' che mi tolgano ingiustamente la mia ricreazione.  Se faro' qualcosa di
sbagliato lo accettero' ma io non avevo fatto nulla. Ci viene consentito di
stare per un'ora al giorno tra 4 mura sormontate da una rete. Per 7 anni ho
beneficiato della mia ora e continuero' a farlo.
   Veniamo ammanettati dietro la schiena mentre facciamo uscire le mani
dalla feritoia utilizzata per far passare il cibo e cosi', mentre lei mi
stava ammanettando, mi rifiutai di togliere le braccia dalla feritoia.
Questa e' gia' una trasgressione. Viene considerata una "provocazione al
disordine", un rischio per la sicurezza. Comunque, i detenuti spesso usano
questa tattica per far si' che un agente si fermi un attimo per parlare in
quanto, normalmente, gli agenti non si fermano neanche quando vengono
chiamati per risolvere i nostri problemi. Gli agenti di un corridoio hanno
potere decisionale per il reparto. Se non riescono a risolvere una
questione, un agente piu' alto in grado (sergente o tenente) viene
convocato per trattare il caso ma, 9 volte su 10, il superiore fa orecchie
da mercante sia che noi abbiamo ragione oppure no. Raramente un detenuto
viene aiutato. Siamo fatti per essere sottomessi senza alcuna pieta'.
   Mentre mantenevo aperta la feritoia, dissi all'agente che non le avrei
permesso di violare il mio diritto alla ricreazione in quanto non avevo
fatto niente. Cosi' lei chiamo' un sergente e comincio' a discutere il caso
con il nuovo arrivato. Non si sa per quale motivo, decisero di risolvere il
problema e condurmi alla ricreazione. Assicurai loro che non avevo niente
in mio possesso e permisi all'uomo, su mio suggerimento, di perquisirmi.
Naturalmente non venne trovato niente. Il sergente alla fine mi fece notare
informalmente che il problema era risolto. Erano circa le 9 del mattino. Il
giorno passo' e la Crabtree mantenne il suo atteggiamento negativo con i
detenuti cosi' l'atmosfera fu tesa per tutto il giorno. Verso le sei di
sera il loro turno fini', anzi mancavano esattamente dieci minuti alle sei
quando il sergente (Ludwig) si avvicino' alla mia cella e chiese se avevo
una dichiarazione in merito al caso disciplinare relativo al rifiuto di
"lasciare libera la feritoia". Ludwig e' un individuo veramente rozzo e non
si preoccupa mai dei detenuti. Egli e' ben conosciuto per questo. Cosi'
feci al sergente una domanda logica: 'Quando sei venuto per chiudere la
feritoia?' Mi rispose che non lo aveva fatto ma che io avevo comunque agito
cosi', e che questo era tutto cio' che contava. Risposi che se l'agente
aveva risolto la questione e non aveva dato il via ad un procedimento
contro di me, come poteva essere legittima la vertenza disciplinare? La
logica era troppo ovvia e cosi' si infurio': 'Hai una dichiarazione o no?'
Io dissi semplicemente 'Non ho tenuto aperta la feritoia'.
   So che casi come questo possono essere trattati in molti modi diversi
che vanno dall'essere condannato a mangiare il 'blocchetto di cibo'
all'essere citato come uno che si rifiuta di obbedire ad un ordine diretto
il che porta all'isolamento. Di solito si tiene un'udienza per decidere la
colpevolezza e/o la punizione. Questo per me non sarebbe avvenuto. Verso le
sei e trenta l'agente del turno successivo mi disse di impacchettare le mie
cose e prepararmi cosi' ad essere trasferito in isolamento. Quella era
l'ultima goccia poiche' non ero stato neanche sottoposto a regolare
procedimento. Raccolsi rapidamente la mia roba e presi la decisione di
protestare contro l'abuso di autorita'. Da quel momento in poi fu tutto un
prepararsi per la guerriglia. Vedete, il procedimento di tirare fuori un
individuo dalla cella contiene un intervento aggressivo gia' prima
dell'ingresso nella cella da parte della squadra. Si tratta dell'uso di un
agente chimico, meglio conosciuto come gas urticante, che viene spruzzato
nella cella per mettere il detenuto in condizione di non nuocere. Gli
effetti di questo gas sono: a) irritazione degli occhi e della pelle, b)
tosse e vomito, c) il gas attacca il tuo sistema respiratorio e impedisce
all'aria di entrare nei polmoni e, se usato in dosi massicce, puo'
provocare la morte.
   Non avevo mai avuto a che fare con questo gas ma sapevo come prepararmi.
Mi feci una maschera con della plastica in modo da poter vedere. Infilai
nel naso del tessuto bagnato in modo da proteggere i miei polmoni. Feci una
protezione di stoffa per i denti poiche' gli agenti sono noti per calciare
i detenuti in faccia con i loro stivali quando gli stessi sono distesi a
terra ammanettati. Mi procurai un asciugamano bagnato da mettere in bocca
per difendere i polmoni dal gas e un secondo asciugamano per il naso. Usai
un lenzuolo come schermo per il gas e anche per spingere il gas fuori dalla
cella.
   E' previsto che la truppa in un primo tempo tenti di risolvere la
questione. Quando mi intimarono di trasferirmi, rifiutai. Approfittai di
questo momento per verbalizzare la mia posizione. Dissi loro che desideravo
che tutto cio' non avesse luogo e che se volevano prevenire faccende del
genere dicessero piuttosto ai loro colleghi del primo turno di essere
leali.  Raccontai loro dettagliatamente la mia situazione. Gli dissi che
ero stanco di subire gli abusi degli agenti e questa era la mia presa di
posizione per manifestare la mia volonta' di essere trattato con giustizia.
Ormai non c'era nient'altro da dire. La squadra era stata gia' stata
inviata e questi 5 uomini stavano in piedi, allineati, di fronte alla mia
cella. Il primo agente, un nero di nome Alexander, alto oltre 1 metro e 80,
che poteva pesare un quintale, se ne stava ritto reggendo uno scudo. Pace a
tutti voi, Kenneth  (Traduzione di Paolo Scanabucci - Continua)


2) BIOTECNOLOGIE E VITA UMANA

Pubblichiamo un intervento di Giuseppe Lodoli su un argomento che riguarda
la vita e dunque - in qualche modo - e' connesso con le tematiche dei
diritti umani e della pena di morte. La responsabilita' dell'intervento e'
esclusivamente all'autore, esso non comporta in alcun modo una presa di
posizione in merito del Comitato Paul Rougeau. Una breve discussione con i
lettori potrebbe aiutarci a prendere coscienza di questo tema che ci
riguarda tutti in quanto... esseri umani. Respingiamo la tentazione di
scontri laceranti ad un basso livello culturale e civile. Senza esimerci da
una spinosa riflessione.

Il dibattito sorto intorno alla cosiddetta 'procreazione assistita', ci
spinge a riflettere sulla piu' vasta tematica dell'impatto delle
biotecnologie sulla vita umana in fieri.
   I problemi che riguardano gli interventi all'origine della vita umana
sono tra i piu' ardui che ci troviamo ad affrontare nella nostra epoca, pur
carica di responsabilita' inedite riguardo al cammino e alla stessa
sopravvivenza della nostra specie. Purtroppo per lo piu' vengono affrontati
strumentalmente nella contesa politica e scansati dalla prorompente
avanzata delle tecnologie, sospinta da immensi interessi economici.
   Si sono formati due campi contrapposti abbastanza definiti. Ad un
estremo stanno coloro che subordinano le considerazioni etiche alla
liberta' di ricerca e alla valutazione quantitativa dei possibili benefici
ottenibili dalle applicazioni pratiche delle conoscenze acquisite. Non che
si neghi la necessita' di porre dei limiti di comportamento, ma gli
steccati e i paletti sono poco profondi e vengono spostati facilmente.
Molto spesso i limiti posti agli interventi sulla vita umana in fieri sono
considerati dagli 'addetti ai lavori' come  concessioni temporanee ai
timori, non ben definibili, del pubblico.
   Non e' difficile argomentare che una tale 'etica' relativistica e'
incompatibile con ogni imperativo categorico a monte dell'aspetto materiale
dell'esistenza. Segna il superamento del tradizionale concetto di etica.
L'affermazione del qui et nunc, la riduzione del reale al conoscibile, la
negazione di un mistero al contorno della vicenda umana, portano a
relativizzare il valore dell'individuo e a sostituirlo con il valore del
maggior benessere per il maggior numero di persone. E' questa, in senso
lato, una posizione economicistica.
   Chi troviamo all'altro estremo? Tra i piu' visibili vi sono alcuni ultra
conservatori (non del tutto coerenti, perche' spesso lusingati da nuovi
interessi economici), che difendono acriticamente posizioni ideologiche
tradizionali insieme ad una vera o presunta supremazia. Ci sono, o
dovrebbero esserci, movimenti umanisti e spiritualisti. Ci sono le
religioni - esplicitamente soprattutto la religione cattolica - non solo
per una volonta' di conservazione ma anche per deferenza ad un mistero
percepito all'origine e all'intorno della vita umana. Un credente si pone
domande del tipo: se Dio crea ogni individuo per amore, come puo' un
tecnico causare freddamente l'inizio di una vita umana - e magari subito
dopo distruggere questo inizio - per uno scopo di ricerca/utilita'?
   Tra i due estremi vi e' una grande difficolta' di dialogo. Difatti c'e'
una totale sordita' reciproca, l'assenza di una riflessione comune, lo
scontro radicale - spesso viscerale - e soltanto qualche instabile
compromesso.
   Un dialogo potrebbe esserci sul terreno dei diritti umani? E' questo un
possibile terreno comune anche se difficile, faticoso: sappiamo bene che un
'diritto umano' si afferma soltanto nella misura in cui viene riconosciuto
come tale universalmente.  E' un terreno piu' vicino per la verita' ad una
concezione umanistica/religiosa dell'uomo (sentimenti) che ad una
economicistica (benessere).
   La pratica dei diritti umani si accompagna a quella della solidarieta'.
Solidarieta' che auspichiamo tra gli esseri umani nell'affrontare
consapevolmente le scelte angoscianti che ci stanno davanti. (Giuseppe)


3) GLI USA E L'IRAN PONGANO FINE ALLE ESECUZIONI DI MINORENNI!

Il 15 settembre un rapporto di Amnesty International stigmatizza l'uso
della pena di morte nei riguardi dei minorenni da parte degli Stati Uniti
d'America e dell'Iran.
   Amnesty auspica che la Corte Suprema USA dichiari incostituzionale la
pena di morte per i minori di 18 anni all'epoca del delitto. Infatti il
massimo organo giudiziario statunitense terra' il 13 ottobre una pubblica
udienza per ascoltare argomenti in merito (avanzati dallo stato del
Missouri e dagli avvocati difensori di Chris Simmons) e notifichera' la sua
decisione all'inizio del 2005 (v. n. 120).
   L'Iran, dal canto suo, e' invitato a completare l'iter parlamentare di
una legge, iniziato 10 mesi fa, che abolisce la pena di morte minorile.
   Nel rapporto Amnesty sottolinea come nella tragica classifica degli
stati che hanno 'giustiziato' minorenni all'epoca del crimine a partire dal
1990, primeggino gli USA e l'Iran. Sono note 37 di tali esecuzioni, 19
avvenute negli USA, 10 in Iran (di cui 3 nel 2004) e altre 9 in altri sei
paesi: Cina, Repubblica democratica del Congo, Nigeria, Pakistan, Arabia
Saudita e Yemen.
   Al giorno d'oggi soltanto gli Stati Uniti sostengono ancora
esplicitamente la necessita' e il diritto di mettere a morte ragazzi di 16
e di 17 anni.
   "La vita di un ragazzo non deve mai essere gettata via, qualsiasi cosa
egli abbia fatto. Il principio da applicare e' quello di massimizzare il
potenziale positivo del delinquente minorenne al fine del suo reintegro
nella societa'. L'esecuzione di una condanna a morte e' la totale negazione
di questo principio," osserva Amnesty International, che scrive anche:
"Tale esecuzione viola la legge internazionale. Il consenso internazionale
contro la pena di morte minorile riflette il largo riconoscimento della
capacita' dei giovani di crescere e cambiare."


4) SEDICENNE IMPICCATA IN IRAN PER FORNICAZIONE

In un comunicato diffuso in tutto il mondo il 23 agosto, Amnesty
International si dice sdegnata per l'esecuzione di Ateqeh Rajabi, una
ragazza iraniana accusata di "atti incompatibili con la castita'". La
ragazza avrebbe sofferto di gravi problemi mentali sia al momento del reato
contestatole sia durante il processo e le sarebbe stato negato un avvocato
difensore.
   Secondo le notizie disponibili - di cui Amnesty chiede conferma alle
autorita' di Tehran - Ateqeh sarebbe stata condannata a morte circa quattro
mesi fa e impiccata in pubblico nella citta' di Neka il 15 agosto. La
sadica ferocia della 'giustizia' iraniana e' dimostrata anche dal fatto che
lo stesso giudice che ha condannato a morte Ateqeh - dopo averla aspramente
rampognata nel corso del processo per il suo abbigliamento - ha voluto
mettere il cappio al collo della sventurata ragazza. Nonostante il fatto
che dalla carta di identita' risultasse per Ateqeh Rajabi un'eta' di sedici
anni, al momento dell'esecuzione e' stato dichiarato che ella aveva
ventidue anni.
   L'uomo con cui Ateqeh ha commesso adulterio, ha ricevuto 100 frustate ed
e' stato rimesso in liberta'.
   In Iran una proposta di legge che vieta la pena di morte per i minori di
18 anni e' pendente in Parlamento dal dicembre scorso ma non ha ancora
ricevuto l'approvazione del Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione,
massimo organo di controllo clericale del potere legislativo.


5) UN AVVOCATO A GUANTANAMO MA A QUALI CONDIZIONI!

Come abbiamo detto nel numero precedente, la sentenza della Corte Suprema
del 28 giugno, che consente ai prigionieri di Guantanamo (ma non agli
stranieri detenuti in altri luoghi) di conoscere i motivi della loro
detenzione ed eventualmente di contestarli, viene attuata in maniera
ridicola e provocatoria dall'Amministrazione Bush.
    Finora ai detenuti di Guantanamo e' stato assegnato solo un militare in
qualita' di consigliere legale (vedi n. 120) ma il 29 agosto per la prima
volta il Pentagono ha consentito ad un avvocato civile di entrare nel
famigerato Campo Delta.
   Gita Gutierrez si e' recata nella base della Marina americana di Cuba
per incontrare i detenuti britannici Feroz Abbasi di 23 anni e Moazzam Begg
di 36 ma le limitazioni poste dai militari al suo operato sono tali da
rendere quasi, se non del tutto, inutile il suo intervento.
   Altri due legali approvati dal Pentagono, Brent Mickum e Joseph
Margulies, che dovevano partire insieme alla Gutierrez, hanno rinunciato al
viaggio - dando una cocente delusione ai familiari dei loro assistiti -
quando hanno conosciuto, all'ultimo momento, le limitazioni insostenibili
imposte dai militari.
    E' stupefacente quanto ha reso noto l'avvocato Brent Mickum che si era
preparato ad incontrare tre prigionieri: il governo rifiuta di impegnarsi
per qualsiasi ulteriore incontro con i detenuti, rifiutata di rendere note
le ragioni della loro detenzione e pretende di videoregistrare i colloqui
con i clienti nonche' di leggere ogni nota scritta dagli avvocati.
   "Ritengo di essere stato messo dal governo in una situazione
insostenibile e inaccettabile. Credo che cio' sia stato fatto
deliberatamente per mandare all'aria gli incontri".
   Si e' saputo infine che ai legali e' vietato riferire ai familiari -
disperatamente ansiosi di sapere come stanno i prigionieri - delle
condizioni di detenzione.


6) PRIGIONIERI ABUSATI IN CONSEGUENZA DI ORDINI SUPERIORI

Non c'e' da meravigliarsi delle decine di morti sospette di prigionieri
degli Americani nel corso della "guerra al terrore", prigionieri che in
precedenza godevano di ottima salute. Nuove inchieste giornalistiche e
rapporti ufficiali dimostrano in maniera sempre piu' stringente che i
disgustosi trattamenti inferti dagli Americani ai prigionieri di Abu Ghraib
(come a Guantanamo e in Afghanistan, nonche' in molti luoghi di detenzione
noti o sconosciuti, distribuiti in ogni parte del mondo) sono il frutto di
una strategia pianificata dai vertici dell'amministrazione statunitense ed
attuata con variazioni lasciate alla 'creativita'' degli operatori.
   Una delle verita' venute fuori dalle (riluttanti e in parte secretate)
inchieste ufficiali e' che le 'tecniche di interrogatorio' 'adatte' ai
prigionieri di Guantanamo sono state applicate 'erroneamente' anche ai
detenuti iracheni. Questi ultimi infatti erano stati definiti prigionieri
di guerra e dovevano essere protetti dalle convenzioni di Ginevra. Ne
consegue che, per esempio, le regole in uso ad Abu Ghraib consentivano di
tenere i prigionieri nudi, esposti al caldo o al freddo eccessivo, o al
buio, o in celle microscopiche, in condizioni di sovraffollamento o in
isolamento, in precarie condizioni igieniche, di terrorizzarli con i cani e
di picchiarli duramente ad ogni accenno di disubbidienza. I prigionieri
potevano essere aggrediti con urla, musica ad altissimo volume, uso di luci
continue ed accecanti, privati del sonno, tenuti in posizioni innaturali.
Gli interrogatori potevano durare fino a 20 ore.
   Il fatto che siano stati individuati oltre 50 aguzzini di Abu Ghraib
perseguibili per 'abusi' (per comportamenti, dunque, che vanno al di la'
delle 'tecniche' di cui sopra) dimostra quanto meno che le spietate regole
autorizzate nel corso/in vista degli interrogatori, venivano applicate con
larga discrezionalita' e liberta' dagli aguzzini. Il grande numero di
presunti autori di 'abusi' fa capire che gli 'abusi' erano noti e tollerati
prima dello scoppio dello scandalo sui media.
   Commentando i risultati delle due maggiori inchieste del Pentagono sugli
abusi di Abu Ghraib il Ministro della Difesa Rumsfeld il 27 agosto ha detto
di non vedere "nulla fino ad ora che dimostri che la gente abusata fu
abusata nel corso di interrogatori e per gli scopi degli interrogatori." La
frase di Rumsfeld e' risultata tanto infelice ed in contrasto con i
risultati delle inchieste che il portavoce del Pentagono Lawrence De Rita
ha dovuto dichiarare che Rumsfeld "ha sbagliato, semplicemente, ma si e'
corretto". Infatti il Ministro della Difesa aveva poi precisato che "in due
o tre casi" gli abusi avevano avuto a che fare con gli interrogatori.
Veramente una delle relazioni sulle inchieste, lette da Rumsfeld, comincia
con la frase "Sappiamo che svariati dei piu' gravi abusi di Abu Ghraib non
fotografati accaddero durante gli interrogatori e che abusi durante gli
interrogatori accaddero altrove."
   Se le autorita' non avessero avuto la coscienza sporca, perche' mai
avrebbero nascosto molti prigionieri, depennandone i nomi dagli elenchi
ufficiali e deportandone alcuni temporaneamente il altri luoghi? In
settembre si e' saputo che la C.I.A. chiese ed ottenne dai militari di
nascondere molte decine di prigionieri per sottrarli alle ispezioni della
Croce Rossa compiute ad Abu Ghraib e in altri luoghi. "Il numero e' di
dozzine, forse anche piu' di cento," ha affermato il generale Paul J. Kern,
davanti ad una commissione del Senato degli Stati Uniti, il 9 settembre.


7) UMILIAZIONI PER LE PRIGIONIERE IRACHENE

IslamOnline.net, una testata di Doha nel Qatar,  ha riportato il 21 luglio
il racconto di una ex detenuta di Abu Ghraib, presentata con lo pseudonimo
di Nadia, che fu arrestata dagli Americani durante una perquisizione 'alla
ricerca di armi' in casa di un parente a cui era andata a far visita. Nadia
tentava inutilmente di spiegare che si trovava li' per caso quando perse
conoscenza per ritrovarsi in una cella squallida e oscura. Alcuni soldati
maschi ridevano istericamente insieme ad una soldatessa che la  beffeggiava
imitando l'accento arabo: "Non avevo mai visto un venditore di armi femmina
in Iraq!" "Mentre cercavo con fatica di spiegarle che ero stata arrestata
per errore, lei mi si avvicino' prendendomi a pugni mentre le mie preghiere
e le mie lacrime cadevano nel vuoto." Ha raccontato Nadia, aggiungendo:
"La soldatessa mi ha dato un bicchiere d'acqua, dopo aver bevuto mi sono
sentita come in trance mentre venivo spogliata e ...[privata della mia
verginita'.]"
   La storia, raccontata dalla giovane tra i singhiozzi, diventa sempre
piu' truce: il giorno dopo cinque soldati violentano a turno Nadia al suono
di una musica heavy metal. Passa un mese e un militare, dopo averle offerto
di fare una doccia, la stupra e chiama due colleghi che anch'essi abusarono
di lei. Passati altri quattro mesi la donna deve subire l'orgia organizzata
da quatto soldati maschi e della solita soldatessa. Costei e' munita di una
fotocamera digitale; in seguito Nadia viene costretta a guardare le foto
delle violenze.
   Nadia fu liberata dopo sei mesi di prigionia e lasciata in mezzo ad una
strada con una somma di 10 mila dinari "per cominciare una nuova vita."
   La maggioranza delle prigioniere sono state liberate il 12 maggio scorso
in concomitanza con lo scandalo di Abu Ghraib ma secondo fonti irachene una
quindicina di esse si troverebbe ancora in stato di detenzione in varie
prigioni dell'Iraq.
   Il Guardian ha riportato il 12 maggio che soldati americani hanno
umiliato e violentato diverse donne irachene nel carcere di Abu Ghraib.
   Sempre IslamOnline.net ha denunciato il 13 settembre che quattro donne
sarebbero detenute in Iraq dagli Americani  per essere scambiate con
esponenti della resistenza. Si tratterebbe di una madre e tre bambine
rapite il 26 agosto nel distretto di Al-Latifa a 70 chilometri a sud di
Baghdad. Questo fatto avrebbe avuto almeno un precedente nel caso della
cattura di due mogli e di una sorella dell'ex vice presidente iracheno Izat
Al-Douri, subito dopo la caduta del regime di Saddam Hussein, per fare
pressioni su di lui.


8) LAVORO SILENZIOSO PER SCONGIURARE L'ESECUZIONE DI DOMINIQUE

Fino ad ora nessuna petizione e' stata lanciata in favore di Dominique
Green per salvarlo dal boia del Texas che si prepara ad ucciderlo il 26
ottobre. Nessuna manifestazione pubblica o campagna di stampa.
   Eppure Dominique e' certamente uno dei condannati a morte che sono stati
piu' seguiti in questi anni. Per aiutarlo sia moralmente che materialmente
sono stati fatti sforzi incredibili dagli Italiani. Basti pensare che
ingenti fondi per pagare legali ed investigatori sono stati raccolti anche
durante le Messe celebrate nelle borgate piu' povere dalla Comunita' di
Sant'Egidio.
   Non osiamo sperare che le autorita' del Texas vengano mosse a
compassione dalla grande amicizia di tante persone per Dominique e dall'
'obolo della vedova'. Confidiamo nella bravura del nutrito team di avvocati
che sta lavorando in maniera riservata per ottenere una sospensione
dell'esecuzione, sulle prove che potranno essere presentate in extremis,
confidiamo anche sulla nota capacita' diplomatica della Comunita' di
Sant'Egidio. Se credenti, confidiamo nell'aiuto del Signore.


9) PER LA QUINTA VOLTA: SOSPESA L'ESECUZIONE DI PHILIP WORKMAN

Il 2 settembre l'esecuzione di Philip Workman in Tennessee, fissata per il
22 dello stesso mese, e' stata temporaneamente sospesa. La sospensione si
e' poi consolidata per l'assenza di ricorsi dell'accusa. Sono nel frattempo
molto utilmente proseguite le pressioni sul governatore Bredesen tendenti
ad ottenere un provvedimento di clemenza per Philip.
   Questa volta l'ordine di sospendere la procedura dell'iniezione letale -
emesso dalla giudice Bernice Donald - e' stato notificato con quasi tre
settimane di anticipo. (In precedenza, per quatto volte, la procedura era
stata invece fermata a pochi giorni dalla data fatidica o all'ultimo
momento, dopo che il condannato aveva percorso gran parte della sua 'via
crucis'; vedi ad es. n. 111).
   La giudice federale Donald ha riconosciuto che il merito dell'ultimo
ricorso presentato dal condannato potrebbe essere avvalorato dalla
decisione che la Corte federale d'Appello del Sesto Circuito prendera' per
Abu-Ali Abdur'Rahman, un condannato a morte per il quale, come nel caso di
Workman, alcune prove a discarico sono state presentate solo dopo
l'esaurimento dell'iter giudiziario a livello statale.
    Il governatore Bredesen ha risposto, ad un certo numero di persone che
hanno inviato appelli in favore di Philip Workman, che considerera' le
richieste di clemenza al momento opportuno.
    Grazie ai lettori del Foglio di Collegamento che hanno scritto all'Hon.
Phil Bredesen!


10) IN QUANTI MODI SI CONDANNA A MORTE UN ESSERE UMANO FRAGILE?

Non sempre la pena di morte e' una condanna che viene comminata ed eseguita
secondo le leggi di uno stato forcaiolo; a volte vengono indirettamente
condannate a una probabile morte persone appartenenti a categorie deboli
anche in stati che non prevedono la pena capitale.
   Nel mese di agosto ha fatto scalpore in Inghilterra la notizia del
suicidio di Adam Rickwood, un ragazzino di appena quattordici anni,
condannato, per una rissa, ad un periodo di reclusione in un riformatorio.
Adam e' stato il piu' giovane suicida detenuto, ma purtroppo non l'unico:
negli ultimi sei anni si sono tolti la vita in Inghilterra 14 minorenni
detenuti.
   Il Regno Unito possiede il brutto primato di incarcerare i bambini fin
dall'eta' di 10 anni, contro il minimo di 14 anni della maggior parte degli
altri stati europei. Non solo, ma nell'ultimo anno la popolazione
carceraria minorile e' aumentata del 50 per cento in Inghilterra, passando
ad un totale di 2.637 giovani detenuti, come conseguenza dell'ossessivo
desiderio di dimostrarsi "duri con il crimine" da parte dei rappresentanti
politici al potere. Le carceri minorili sono piene fino al limite massimo
previsto, e in alcuni casi lo superano.
   Entrano in vari tipi di riformatori ragazzini che per la maggior parte
dei casi non hanno commesso atti gravi di violenza. I giovanissimi che
commettono piccoli crimini sono tutti (ma proprio tutti, nessuno escluso)
provenienti da famiglie che li hanno per varie ragioni trascurati o, peggio
ancora, maltrattati e violentati in vari modi. Si tratta quindi di
ragazzini gia' psichicamente molto fragili. Molti di essi gia' prima
dell'imprigionamento presentano la tendenza all'autolesionismo.
   Cosa trovano questi bambini nel carcere minorile? Non educatori
amorevoli e determinati a migliorarli, ne' un ambiente sano e in grado di
colmare le preesistenti lacune etiche, morali ed affettive.
   Al contrario, la durezza che questi bambini hanno incontrato fin dalla
nascita viene centuplicata nel riformatorio: le regole disciplinari sono
identiche a quelle delle carceri per adulti, se non peggiori.
   I bambini vengono perquisiti nudi, vengono rinchiusi in isolamento per
le minime mancanze, non possono organizzare partite di pallone in cortile
perche' non possono mai riunirsi in un numero superiore a dieci, vengono
trasferiti in carceri lontanissimi dalle loro famiglie di provenienza
rendendo cosi' praticamente impossibile ai loro parenti e amici visite
frequenti che garantirebbero sicurezza affettiva e continuita' con il mondo
esterno. Anche quando in un carcere minorile si trova del personale
volenteroso e ben predisposto (e si tratta comunque di casi rari), il
sovraffollamento impedisce cure e attenzioni che sarebbero vitali.
   Che tipo di risultato ci si puo' attendere da un simile trattamento
riservato a creature che, per la tenera eta' sommata alle gravi carenze
affettive preesistenti, sono particolarmente fragili e vulnerabili? Il
numero dei suicidi avvenuti risponde a questa domanda e desta angoscia, ma
quasi altrettanta angoscia destano altri dati statistici: moltissimi altri
giovani hanno tentato e tentano ogni giorno il suicidio, mentre i giovani
che escono vivi da questa prova terribile, sono per lo piu' molto
peggiorati sia nel carattere che nel comportamento violento: un terzo dei
minorenni commette nuovi reati entro poche settimane dalla scarcerazione, e
ben l'85 per cento ne commette entro i successivi due anni.
   Questi dati fanno rabbrividire: invece di trasformare i bambini, vittime
di un mondo che non li ha mai accolti fin dalla nascita, in adulti
riabilitati, li si condanna a cercare la morte come fuga, o a creare altre
vittime. (Grazia)


11) ... E IN AMERICA?

Nell'articolo precedente abbiamo parlato delle gravissime lacune del
sistema di detenzione minorile in Inghilterra; diamo ora uno sguardo a cio'
che accade in America.
   Dai risultati di un'indagine effettuata su 698 riformatori statunitensi
dal Comitato del Congresso per le Riforme del Governo, resi noti il 7
luglio, emerge che di fatto le carceri minorili sono divenute depositi per
i giovanissimi malati di mente, molti dei quali non hanno neppure commesso
alcun reato.
    Negli Stati Uniti la prigioni hanno assunto la funzione di togliere
dalla strada i malati di mente poveri (v. n. 112): attraverso di esse
passano ogni anno oltre 700.000 malati psichici e vi risiede stabilmente
una media di 300.000 malati mentali gravi. Il fenomeno si esaspera nelle
carceri minorili.
   Le scuole raramente forniscono personale dedicato ai bambini con
problemi psichici, e le assicurazioni (su cui si basa il sistema si
assistenza sanitaria americano) molto spesso non prevedono il pagamento di
cure per le malattie mentali. La conseguenza e' che i genitori di bimbi con
seri problemi psichici, se non sono ricchi, si trovano costretti a far
rinchiudere i propri figli in carceri minorili, un luogo che a quanto pare
sta sostituendo vieppiu' gli ospedali psichiatrici.
   Ecco alcuni dati raccapriccianti sottolineati da "USA Today".
   In 33 stati i ragazzini malati di mente sono richiusi in centri di
detenzione senza che alcuna accusa sia stata formulata contro loro; nei
primi sei mesi del 2003 erano 15.000 i bambini detenuti malati di mente in
attesa di ricevere assistenza; ogni giorno circa 2000 bambini restano
chiusi nelle loro celle perche' manca il personale del servizio mentale in
grado di prendersi cura della loro ricreazione; un centro di detenzione ha
riferito di avere presso di se' un "detenuto" di... sette anni! Questo
povero bambino e' in attesa di assistenza sanitaria. Il centro che lo tiene
rinchiuso e' uno dei 117 riformatori che tengono prigionieri bambini di 10
anni o piu' piccoli. Dalla ricerca emerge che probabilmente piu' della
meta' degli ospiti dei riformatori sono malati di mente.
   E' ovvio che qualsiasi possibilita' di recupero e di conquista di un
equilibrio psichico, tali da permettere una sopravvivenza decente nella
societa', viene preclusa a tutti questi ragazzini, la cui sola colpa e',
tanto per cambiare, di essere poveri.
    D'altra parte se consideriamo la popolazione dei minorenni considerati
irrecuperabili e condannati a morte negli Strati Uniti, vediamo che la
maggioranza di essi ha avuto una lunga storia di disagio psichico o di
malattia mentale grave, oltre ad un'infanzia costellata da abusi e
maltrattamenti.
   Se questo e' il destino riservato ai bambini del proprio paese, resta
davvero poco da sperare dal sistema giudiziario americano per quanto
concerne la giustizia che usa nei riguardi dei detenuti adulti, dei malati
di mente adulti e dei prigionieri di altre razze, nazionalita' e religioni.
(Grazia)


12) DA CATTIVI "ESEMPI" CATTIVE CONSEGUENZE

Gli abolizionisti affermano che la pena di morte non costituisce un
particolare deterrente per i crimini violenti e che le esecuzioni
spettacolarizzate spingono individui psichicamente fragili al suicidio o
all'omicidio. Ora in India si e' registrato un altro effetto della violenza
che induce alla violenza.
   In India non c'erano piu' state esecuzioni da 13 anni, ma purtroppo la
pausa e' stata interrotta con l'impiccagione, un mese fa, del quarantunenne
Dhananjoy Chatterjee, accusato di avere stuprato e assassinato una
studentessa tredici anni fa.
   L'esecuzione, portata a termine a Calcutta, era stata largamente
pubblicizzata dai media, che si sono dilungati in dettagli piu' o meno
macabri, con fotografie e schemi, relativi alle procedure necessarie per
procurare la morte al condannato.
   Questo evento non avrebbe dovuto compiersi nel Paese che ha visto tra i
suoi cittadini alcuni dei massimi esponenti della nonviolenza e della
tutela dei diritti umani. Comunque, oltre alla tristezza del fatto in se',
e' accaduto qualcos'altro di molto grave. Tutto questo polverone sollevato
intorno all'esecuzione, ha indirettamente provocato la morte di due
ragazzini, mentre un terzo si e' salvato per miracolo.
   Il quattordicenne Prem Gaedkwad ha tentato di imitare l'esecuzione e ed
e' morto impiccandosi con una corda legata intorno al collo e poi fatta
passare nelle pale del ventilatore sul soffitto della sua camera. Il padre
ha dichiarato che il ragazzo, curioso per natura, gli aveva posto molte di
domande sui dettagli dell'esecuzione e seguiva con grande attenzione le
trasmissioni televisive in cui l'evento veniva descritto. Un'altra
ragazzina dodicenne e' morta mentre cercava di "spiegare" con l'esempio
pratico l'iter dell'impiccagione al fratellino piu' piccolo.
   E' andata meglio (ma per un pelo) ad un terzo ragazzino, di dieci anni,
quando insieme ai suoi amici ha cercato di mettere in scena l'esecuzione,
in cui lui ha impersonato Chatterjee, ed e' quasi morto, mentre gli altri
bimbi impersonavano il boia, il medico e il direttore del carcere.
   Questi tre drammatici episodi sono l'effetto, portato alle sue piu'
tragiche conseguenze, di una cultura che esalta la violenza e la vendetta.
Senza arrivare sempre, per fortuna, a simili danni estremi, e' pur vero che
la pena di morte non fa che aumentare e fomentare nella popolazione un
certo "amore" per il macabro e una cultura di morte.
   Se invece della pena di morte, in India ci fossero solo pene detentive,
anche volendo imitare qualche scena del sistema penale, nessun bimbo
innocente avrebbe trovato una morte cosi' assurda. (Grazia)


13) TENIAMO GLI OCCHI APERTI MENTRE APRIAMO IL NOSTRO CUORE

Martha, corrispondente di Eugene Sheet, condannato in Texas ad una pena di
48 anni di reclusione per violenza carnale, si e' innamorata di lui e lo ha
sposato 12 anni fa. Si trattava di un matrimonio senza contatto che e'
andato avanti intensamente per 10 anni, mente Eugene rimaneva in carcere.
Il detenuto ha ottenuto la liberta' il 10 ottobre 2002, i rapporti tra i
due sono drasticamente peggiorati e la sua sposa e' sparita un anno dopo.
Ora apprendiamo che Eugene e' stato accusato dell'omicidio di sua moglie.
   Non sappiamo se Eugene Sheet sia effettivamente colpevole di uxoricidio
ma questa triste storia (non e' l'unica del genere ad essere riportata con
grande risalto dalla stampa americana) ci da' lo spunto per consigliare
ancora una volta ai corrispondenti dei detenuti di essere prudenti.
   Quando apriamo il nostro cuore ai nostri amici condannati a morte,
dobbiamo continuare a mantenere lucida la nostra mente e conservare
l'attitudine a ragionare con obiettivita'.
   Essere prudenti significa, tra l'altro, che non dobbiamo credere
ciecamente a tutto quello che i detenuti ci dicono. Sia per quanto riguarda
il loro carattere, sia per quanto riguarda la loro storia.
   Consideriamo il dilemma innocente/colpevole. Alcuni detenuti
preferiscono non parlare del proprio caso giudiziario: rispettiamo
scrupolosamente questo loro desiderio. Molti altri affermano di essere
innocenti, o sminuiscono la gravita' dei crimini da loro commessi, o
avanzano ragioni per giustificare il proprio comportamento. Spesso esistono
validi motivi per tali affermazioni. Puo' darsi che un detenuto sia in
effetti innocente. E questo accade in un discreto numero di casi. O che si
dichiari non colpevole per motivi giudiziari (nessuno puo' essere obbligato
ad accusare se stesso, soprattutto se vige la pena di morte). Infine puo'
accadere che un prigioniero si senta soggettivamente non colpevole perche'
condizionato da un ambiente sfavorevole, da un'infanzia abusata o dai
problemi psichici di cui e' affetto. E questo vale per una gran parte dei
condannati a morte.
   Dobbiamo pertanto ragionare e confrontare, per quanto possibile, quello
che ci dicono i detenuti con le informazioni che otteniamo da altre fonti e
farci una NOSTRA opinione sulle persone e sui fatti. Un'opinione da non
opporre polemicamente ai prigionieri, da tacere nella maggior parte delle
occasioni, ma da ricordare a noi stessi di quando in quando per aiutare
meglio e per il meglio i nostri amici.


14) PROTESTIAMO CONTRO L'INGIUSTO ISOLAMENTO DI MARK !
Giulio Bellucci corrisponde da anni con Mark Lankford, condannato a morte
nell'Idaho. Di ritorno da una visita a Mark, Giulio ci chiede di protestare
contro il duro isolamento in cui e' stato posto il suo amico.
Salve a tutti. Sono rientrato da un viaggio negli Stati Uniti durante il
quale ho avuto occasione di incontrare Mark nel carcere di Boise, Idaho,
nel quale e' rinchiuso da circa 21 anni. L'incontro, durato poco meno di
tre ore, si e' svolto in un ambiente simile ad un corridoio, suddiviso da
una parete con una lastra di vetro antisfondamento, con piccoli scomparti
dotati di cornette telefoniche. Impossibile quindi ogni contatto fisico.
E' stato un bel momento, un incontro piacevole e profondo per entrambi,
durante il quale Mark mi ha piu' volte chiesto di salutare calorosamente a
nome suo tutte le persone che gli sono state vicine in questi anni.
    Mark, era stato trasferito per buona condotta dall'isolamento (nel
quale si e' trovato per oltre 20 anni) ad un altro settore in cui poteva
condividere la cella con un altro detenuto e "godere dei vantaggi " di un
regime meno restrittivo. Gli era stato assegnato un lavoro (in lavanderia),
poteva fare la doccia tutti i giorni, poteva ricevere visite, poteva
passare il tempo con altri detenuti, giocare a scacchi o a Scarabeo. Cose
non eclatanti, ma dopo 20 anni di isolamento non c'e' bisogno che vi dica
quale valore avessero per lui. Ora tutto cio' non c'e' piu'. E' di nuovo in
isolamento, tutti i "privilegi" gli sono stati tolti. Il destino si e'
dimostrato malvagio nel fargli assaporare scampoli di "benessere" per poi
sottrarli improvvisamente dopo pochi mesi, riportandolo, nel peggiore dei
modi, nella solitudine e nell'inattivita'.
   Mark e' stato assalito alle spalle da due detenuti, mentre si trovava in
cella. Si e' trattato di un'aggressione premeditata da parte di due
appartenenti ad uno dei gruppi violenti che spadroneggiano in quel luogo
(nel suo caso si e' trattato di un gruppo xenofobo e razzista, Superiorita'
Ariana, o qualcosa del genere, simile agli Skinheads). Il fatto che sia
stato la vittima di un assalto brutale e violento non ha fatto differenze.
Sia lui che i due assalitori sono stati messi in isolamento. Per Mark e'
stato peggio che una nuova condanna a morte. Ora non ha piu' modo di
scrivere a macchina, non puo' dipingere, si fa la doccia e si rade 3 volte
a settimana, eccetera.
   Mark e' abbattuto e amareggiato, ma  posso dire di aver riscontrato
ancora in lui le forti doti che avevo conosciuto dalle sue lettere. In
molte occasioni nel corso del colloquio ho ritrovato la sua forte ironia,
il carattere deciso, il coraggio e la grande forza interiore. Insomma non
si da' ancora per vinto, per quanto incredibile questo possa apparire. Ora
ha una ulteriore battaglia da combattere contro l'amministrazione
carceraria che, oltre a non essere riuscita ad evitare il pestaggio, non si
e' curata di stabilire le responsabilita', punendo indistintamente
aggressori ed aggredito. Mark chiede ai suoi amici di dare risonanza
all'accaduto, di protestare con l'amministrazione carceraria, di far sapere
agli organi di stampa locali che ci sono gruppi razzisti che spadroneggiano
e dettano legge nelle carceri, facendo si' che quei luoghi siano governati
dall'odio piu' che dalle leggi dello Stato. (Giulio)
   Chi vuole puo' indirizzare le proprie lamentele ed il proprio sconcerto
ai seguenti indirizzi:
GEORGE MILLER - Fax:  001 208 344 9826 - gmiller at corr.state.id.us
THOMAS BEAUCLAIR  - Fax:  001 208 327 7455 - tbeaucla at corr.state.id.us
GREG FISHER - Fax:  001 208 334 4896 - email:  gfisher at corr.state.id.us
   Scrivete messaggi anche brevi per fax o per e-mail alle autorita'
carcerarie . Ad esempio:
"I want to express my disappointment because Mr. Mark Lankford, prisoner in
the prison of Boise, has been put again on solitary confinement, due to the
assault he underwent by two members of a racist group, and the prison
management punished him in the same way like they punished the two assailants.
This is unfair. Please give Mark the conditions of detention he had when
attacked.
Oppure:
We know that two members of a racist group attacked Mr. Mark Lankford, in
the prison of Boise, and for this reason now he is again in solitary
confinement. Not only the prison staff did not avoid this cruel aggression,
but moreover Mark was punished after that, just like his aggressors, as if
he too were guilty.
We therefore ask you heartily to end Mark Lankford's solitary confinement.
Oppure:
We urge you to end Mr. Mark Lankford's solitary confinement, because he is
not guilty of the reason for which he has been punished. He had already
spent 20 years in solitary confinement, and only few months ago he was
allowed a more humane condition of life inside the prison. Now, because of
an aggression he underwent, he has been punished. This is extremely cruel,
so please stop such an unfair punishment.

Traduzioni:
   Desidero esprimere il mio disappunto perche' il Sig. Mark Lankford,
prigioniero a Boise, e' stato nuovamente messo in isolamento, a causa
dell'aggressione subita da parte di due membri di un gruppo razzista, e la
direzione del carcere ha punito allo stesso modo dei  due aggressori. Cio'
e' ingiusto. Per favore restituite a Mark le condizioni di prigionia in cui
si trovava quando fu aggredito.
   Apprendiamo che due membri di un gruppo razzista hanno attaccato il Sig.
Mark Lankford, nel carcere di Boise, e per questa ragione adesso egli si
trova di nuovo in isolamento. Non solo il personale della prigione non ha
evitato questa aggressione crudele, ma Mark fu addirittura punito proprio
come i suoi aggressori, come fosse stato colpevole anche lui. Pertanto vi
chiediamo con tutto il cuore di porre fine all'isolamento di Mark Lankford.
   Vi chiediamo insistentemente di porre fine all'isolamento del Sig. Mark
Lakford, perche' non e' colpevole della motivazione per la quale e' stato
punito. Egli aveva gia' trascorso vent'anni in isolamento e solo pochi mesi
fa gli era stata permessa una condizione di vita in carcere piu' umana.
Adesso, a causa di un'aggressione subita, egli e' stato punito. Cio' e'
estremamente crudele, quindi per favore ponete fine ad una punizione cosi'
ingiusta.
   E' utile mandare copia delle proteste al quotidiano locale:
The Idaho Statesman - P.O. Box 40 - Boise, ID 83707  (USA)  (Occorre
indicare il mittente sulla busta)
scassinelli at boise.gannett.com  (Sara Cassinelli, redazione versione online
del The Idaho Statesman)

Potete visitare il sito dedicato a Mark Lankford:
http://home.foni.net/~tm-stgt/Lankford/
E' tenuto da Thomas Michael uno dei suoi amici e corrispondenti dalla
Germania. Il sito e' in tedesco, inglese e finlandese (tra non molto, anche
in italiano). E' possibile anche iscriversi alla mailing list con la quale
Thomas  tiene aggiornati tutti i conoscenti di Mark sulle sue vicissitudini.
Per scrivere a Mark:
Mark H. Lankford #20489 - IMSI "C" Block - P.O. Box 51 - Boise, Idaho
83707-0051   (USA)


15) PRESTON CONDANNATO A MORTE PER AVER UCCISO UN CONIGLIO

Chiara e' una ragazza entusiasta e molto in gamba, cerchiamo di aiutarla ad
aiutare Preston Hughes!

Ciao a tutti! Mi chiamo Chiara Bertoglio, e sono una torinese di 21 anni.
Vi scrivo per raccontarvi una storia e per chiedere il vostro aiuto. Ho
conosciuto Preston Hughes III quasi per caso. Da poco tempo mi ero iscritta
ad AmiCa, un'associazione di cui avevo letto su "Famiglia Cristiana", e che
si occupa di alleviare la solitudine dei detenuti nelle carceri italiane
scrivendo loro delle lettere. All'inizio di dicembre del 2001 Carlo
Molinari, il nostro Presidente, ci scrisse un'email, chiedendoci di
inviare, per suo tramite, degli auguri natalizi ad un suo amico e
corrispondente, Preston Hughes III, detenuto nel braccio della morte in Texas.
   L'appello non mi lascio' indifferente, e cosi' inviai un breve augurio a
Preston, anche se al momento non conoscevo nulla di lui (se fosse innocente
o colpevole, e se colpevole, di quale crimine si fosse macchiato). Mi
sembrava tuttavia che anche un criminale avesse il diritto di ricevere
degli auguri natalizi.
   Un mese dopo ricevetti una lettera dall'America: era Preston stesso che
mi scriveva una lunga e bellissima lettera, raccontandomi un po' di se',
chiedendomi di scrivergli ancora e di mandargli una mia foto. Non vi
nascondo che nel ricevere questa lettera il cuore mi batteva forte. L'idea
di un "braccio della morte" mi sembrava tanto lontana dalla mia realta'
quotidiana che il fatto di ricevere una lettera da un condannato a morte mi
appariva quasi inverosimile. Era come ricevere una lettera da Marte: un
mondo lontanissimo si faceva improvvisamente vicino e reale.
   Da quel momento inizio' un bellissimo rapporto epistolare: Preston mi
scriveva spesso, e mi raccontava della sua vita; ed io, da parte mia,
cercavo di raccontargli tutte le avventure della mia vita quotidiana che
avrebbero potuto distrarlo e fargli respirare l'aria della vita normale.
Nel frattempo venni a conoscenza della sua storia, anche tramite una
drammatica lettera che lui stesso mi invio'. Preston si trova nel braccio
della morte dall'89 (cioe' da quindici anni!); vive in una cella grande
come una stanza da bagno, e suoi unici compagni sono i muri, ai quali
spesso si sorprende a parlare.
   E' un uomo di colore, e questo, nel Texas, e' quasi un reato di per se';
e' completamente innocente dei fatti di cui lo si accusa, ma non puo'
pagarsi un buon avvocato e si deve accontentare dei difensori d'ufficio. La
sua storia, in poche righe, e' la seguente.
   Un giorno dell'88 vengono trovati morti due ragazzini: lei e'
un'adolescente, lui un bambino. Preston era un amico della ragazzina, sua
vicina di casa. In casa sua viene trovato un coltello sporco di sangue: gli
esami del DNA stabiliscono senza ombra di dubbio che si tratta di sangue di
coniglio, come affermava Preston, che aveva utilizzato quel coltello per
andare a caccia. Ciononostante, durante il processo, mentre il perito
depone, la giuria viene fatta uscire (e questo e' veramente scandaloso), e
quando la giuria rientra il p.m. asserisce che tale coltello e' l'arma del
delitto. Tale coltello, lo ripetiamo, e' completamente negativo al sangue
umano.
   Preston ha testimoni oculari che gli forniscono alibi per tutta la
serata in cui e' stato commesso il delitto; tuttavia l'opinione pubblica
aveva bisogno di un capro espiatorio, ed era troppo comodo trovarsene
davanti uno bell'e pronto, e per di piu' nero, per non utilizzarlo senza
alcuno scrupolo.
   Il mio amico e' stato quindi condannato a morte per aver ucciso... un
coniglio. Si trova faccia a faccia con la morte da 15 anni; molti dei suoi
compagni sono gia' stati uccisi, e lui non ha famiglia, non ha persone che
si prendano a cuore la sua situazione.
   Adesso la situazione sta precipitando: se entro tre mesi Preston non
avra' recuperato il denaro necessario per pagarsi un vero avvocato che lo
difenda seriamente, verra' fissata la data di esecuzione.
   Noi che lo conosciamo, che sappiamo che persona dolce e "disarmata" sia,
non possiamo non rabbrividire al pensiero che il nostro amico possa essere
ucciso.
   Vi chiediamo di aiutarci: con la preghiera, con una piccola offerta
(abbiamo bisogno di raccogliere 75/100.000 dollari in tre mesi), stampando
i volantini con la sua storia e diffondendoli; inoltre stiamo cercando di
organizzare dei concerti nelle chiese per raccogliere fondi. Se conoscete
dei parroci interessati e disposti a metterci a disposizione la loro chiesa
e l'organo per un concerto di musica classica, mettetevi in contatto con
noi al piu' presto. Grazie di cuore  Chiara
   Per avere informazioni e versare contributi pro-Hughes, rivolgetevi a:
Associazione AMI.CA. (Amici dei Carcerati), c.p. 84, 31015 Conegliano (TV),
tel. 347 04.65.271, Conto corrente postale 10881316 (causale "Pro Preston
Hughes III).
http://groups.msn.com/AmiCaWebAssociazioneAmicideiCarcerati
carcerati at hotmail.com
Chiara Bertoglio, chiarabertoglio at yahoo.it


16) LA MIA PRIGIONE

Monica Licata, corrisponde con Steven "Mike" Woods, condannato a morte in
Texas, autore del drammatico articolo "Condizioni di vita inumane nella
Polunsky Unit" comparso nel numero 119. Ora Monica ci propone una poesia di
Mike e una richiesta di corrispondenza che volentieri pubblichiamo.

E' la notte, forse, complice dei miei oscuri pensieri che volano lontano
oltre tutto cio' che di conosciuto e certo  c'e' al mondo.
Poi, all'improvviso, una piccola luce, fioca da principio .... Ma questo
tenero tepore ha un sapore cosi' amaro e capisco.
Di tanto in tanto interrogo la mia mente se sia giusto oppure no, ma non mi
importa la risposta, il mio cuore la sa...
Hai mai amato tanto da sentire veleno nelle vene?
Prova ad immaginare cosa prova una creatura derubata del suo ultimo fiato
di vita proprio quando si affacciava al mondo.
Ricordi quell'istinto primordiale che non traccia mai una linea ben
definita tra odio ed amore.
Cammina per la strada piu' buia e senti il freddo di cento inverni nel cuore,
Respira ghiaccio bollente e dimmi ,ora, la tua mente cosa prova?
Soltanto quando la morsa della fame, quella piu' insaziabile, quella piu'
bieca e subdola avra' attanagliato le tue viscere ... solo allora potrai
capire cosa provo ogni notte quando il buio, che e' la mia dolce casa, mi
circonda ed il mondo assume un nuovo volto: il tuo.
...soltanto allora avrai conosciuto la mia prigione. (Mike)


Steven Michael Woods jr, ha 23 anni e da 3 e' rinchiuso nel Braccio della
Morte in Texas , accusato di un reato che non ha commesso.
   Due anni fa, dopo averlo conosciuto, decisi che avrei fatto in modo che
la sua storia ed il suo nome non fossero soltanto sinonimo di orrore. Non
e' un essere diabolico, come molti giornali texani amano definirlo, e'
semplicemente la vittima, anch'esso, di un crudele destino che accomuna
molti detenuti nel Death Row.
   Mike, cosi' amo chiamarlo, e' il migliore amico ed uditore che conosca,
e' capace di grande generosita' e conosce bene il concetto d'amore, proprio
perche' fin dalla nascita gli e' stato negato. Non ha avuto una semplice e
comoda vita, ha conosciuto la strada, quella piu' buia, le violenze fisiche
e psicologiche di un padre tossicodipendente e alcolista. Ma nonostante
tutto questo orrore ha amato e continua ad amare troppo la vita per poter
commettere il reato di cui e' accusato.
   Cosi', se anche voi come noi, amate la vita Vi prego aiutatemi a far in
modo che la storia ed il nome di Mike possano uscire dalla Polunsky Unit e
sollevarsi oltre quelle spesse mura. (Monica)

Steven Michael Woods jr # 999427
Polunsky Unit
3872 FM 350 South
Livingston TX, 77351   USA


17) NOTIZIARIO

Afghanistan. Sergente americano indagato per il decesso sotto tortura di
due afgani. Il  sergente James P. Borland della polizia militare ha
assistito al pestaggio mortale da parte di un subordinato ai danni di
Mullah Habibullah, cittadino afgano fratello di un ex comandante talebano.
Lo stesso Borland incateno' un tassista afgano di 22 anni, chiamato
Dilawar, al soffitto, con le mani dietro le spalle, negandogli cure
mediche. I due afgani morirono nel giro di una settimana nel dicembre del
2002. I vertici militari in Afghanistan nel dicembre 2003 avevano
dichiarato che i due erano deceduti per cause naturali. Si e' scoperto in
seguito che le autopsie parlavano invece di 'omicidio'. A meta' settembre,
21 mesi dopo l'accaduto e in conseguenza dello scandalo di Abu Ghraib, il
sergente Borland e' stato posto sotto inchiesta insieme ad altre due
dozzine di soldati americani accusati di crimini ai danni dei residenti,
crimini che ancora una volta riguardano soprattutto le 'tecniche di
interrogatorio'.

Afghanistan. Condannati torturatori in privato.  I civili americani
Jonathan K. "Jack" Idema e Brent Bennett il 10 agosto sono stati
condannati, da una corte di Kabul, a 10 anni di detenzione per aver
detenuto e torturato in una prigione privata cittadini afgani. Il
giornalista Edward Caraballo ha avuto 8 anni per aver collaborato con i
primi due. Gli imputati hanno sostenuto di aver lavorato con l'approvazione
dei governi afgano ed americano per scoprire membri di Al Qaeda e hanno
annunciato ricorso in appello. L'investigazione sul caso e' conseguita allo
scandalo del carcere di Abu Ghraib.

Cina. Fatta abortire per essere 'giustiziata'. Ma Weihua di 29 anni fu
arrestata in gennaio per il possesso di 1,6 kg di eroina nella citta' di
Lanzhou, provincia di Gansu. Nel processo capitale iniziato il 23 agosto il
suo avvocato ha reso noto che la donna e' stata fatta abortire forzatamente
in anestesia generale il 19 febbraio. L'autorizzazione all'intervento era
stata firmata, al posto di Ma Weihua, dal capo della stazione di polizia in
cui era detenuta la donna "perche' la paziente si rifiutava di
collaborare". In Cina e' vietato mettere a morte donne incinte e i giornali
cinesi argomentano che la gravidanza di Ma sia stata interrotta in modo che
essa possa essere 'giustiziata legalmente'.

Filippine. Ucciso un attivista contro la pena di morte. Rashid "Jun"
Manahan di 27 anni, attivista per i diritti umani fin dall'epoca degli
studi universitari, e' stato ucciso il 24 agosto nella citta' di Davao
nelle Filippine, mentre si recava ad un convegno per l'abolizione della
pena capitale e contro le esecuzioni extragiudiziali, da due uomini scesi
da una moto di grossa cilindrata che gli hanno sparato quattro colpi di
pistola. Solo in questo anno a Davao si contano 66 vittime degli 'squadroni
della morte', che godono di un'ampia impunita'. Oltre a sospetti criminali,
tra cui bambini, tra queste vittime vi sono anche coloro che si oppongono
all'attivita' dei 'vigilanti'. Manahan era direttore della sezione di Davao
di "Cittadini Contro la Pena di Morte", un'organizzazione abolizionista.
"La morte di Rashid non segna la fine della campagna contro la pena di
morte e le esecuzioni sommarie" ha dichiarato un esponente di Cittadini
Contro la Pena di Morte.

Usa. I giudici nominati da Bush sono ultra conservatori. I risultati di una
ricerca condotta da due universita' nordamericane, resi noti il 9 settembre
dal prof. Robert Carp dell'Universita' di Houston, dimostrano che i giudici
nominati dall'attuale presidente George W. Bush sono molto piu'
conservatori non solo dei giudici nominati da precedenti presidenti
democratici ma anche di quelli che furono insediati da Nixon, Reagan e Bush
senior. Studiando l'esito di circa 70 mila casi, si e' trovato che i
giudici nominati da Bush Junior hanno emesso sentenze 'liberali' (in
materia di diritti civili, liberta' di parola, privacy, relazioni razziali
ma anche in materia di aborto e di diritti degli omosessuali) solo nel 26,5
% dei casi. I giudici nominati dai presidenti democratici Johnson, Carter e
Clinton hanno emesso sentenze liberali in percentuali oscillanti tra il 42
e il 58,1% dei casi. Coloro che furono nominati dai precedenti tre
presidenti repubblicani hanno deciso in maniera 'liberale' in una
percentuale dei casi oscillante tra il 32,3 al 39,7. Si stima che se Bush
verra' rieletto, nell'arco dei due mandati riuscira' a nominare 1/3 di
tutti i giudici federali (con conseguenze certamente molto negative per
quanto riguarda la pena di morte).


AIUTIAMOCI A TROVARE NUOVI ADERENTI

E' di vitale importanza per il Comitato potersi giovare dell'entusiasmo e
delle risorse personali di nuovi aderenti. Dal momento che non abbiamo i
mezzi finanziari per accedere ai canali della pubblicita', facciamo
affidamento su coloro che gia' aderiscono alla nostra associazione
pregandoli di trovare persone disposte ad aderire al Comitato Paul Rougeau.

Se ogni socio riuscisse ad ottenere l'iscrizione di un'altra persona, il
nostro lavoro migliorerebbe enormemente !

Cercate soci disposti anche soltanto a versare la quota sociale ed a
partecipare di tanto in tanto alle nostre campagne.
Cercate soci attivi. Chiunque puo' diventare un socio ATTIVO facente parte
dello staff del Comitato Paul Rougeau.
Cercate volontari disposti ad andare a parlare nelle scuole dopo un periodo
di formazione al seguito di soci gia' esperti.
Cercate amici con cui lavorare per il nostro sito Web, per le traduzioni.
Occorre qualcuno che mandi avanti i libri in corso di pubblicazione,
produca magliette e materiale promozionale, organizzi campagne e azioni
urgenti, si occupi della raccolta fondi ecc.
Qualcuno vuole assumersi la responsabilita' di uno dei compiti svolti dalla
nostra associazione? Ce lo faccia sapere scrivendo al nostro indirizzo
postale o alla nostra casella e-mail.

Chiunque puo' dare un contributo alle attivita' del Comitato se decide di
dedicarvi una quota - piccola o grande - del proprio tempo. Chi ha mezzi o
capacita' particolari - per esempio una qualche conoscenza dell'inglese -
potra' fornire un aiuto piu' specifico. Se vivi a Firenze, Torino, Roma,
Napoli, Bologna o Piacenza potrai venire a far parte di un gruppo di
persone che ogni tanto si riuniscono per programmare il lavoro e prendere
lo slancio.  Anche se abiti in un paesino sperduto, specie se possiedi un
computer collegato a Internet, potrai lavorare con noi!


ISTRUZIONI PER ISCRIVERSI AL COMITATO PAUL ROUGEAU

Per aderire al Comitato Paul Rougeau scrivici una lettera (o un e-mail a
prougeau at tiscali.it) con una  breve autopresentazione e con tuoi dati:
indirizzo, numero di telefono e, se posseduti, indirizzo e-mail e numero di
fax. Appena puoi paga la quota associativa sul c. c. postale del Comitato
Paul Rougeau.
Responsabile dei contatti con i soci e' Loredana Giannini (Tel. 055 485059).
I soci in regola hanno diritto alla ricezione della versione cartacea del
Foglio di Collegamento.
Le quote associative annuali sono le seguenti:
Socio Ordinario                               *  25
Socio Sostenitore                             *  50
Socio Giovanile (fino a 18 anni o
a 26 anni se studente)     	                       *  15
Abbonamento al bollettino cartaceo (non soci) *  15
L'edizione e-mail del bollettino e' gratuita per soci e simpatizzanti,
richiedetela a:
 prougeau at tiscali.it

Le quote associative devono essere versate sul  c.c.p. n.  45648003,
intestato a: Comitato Paul Rougeau, Viale Pubblico Passeggio 46, 29100
Piacenza, specificando la causale.

Il nostro indirizzo postale e' : Comitato Paul Rougeau C.P. 11035, 00141
Roma Montesacro.

Dalla redazione: il Foglio di collegamento di norma viene preparato
nell'ultima decade di ogni mese.  Pertanto chi vuole far pubblicare
articoli, appelli, notizie, comunicati, iniziative, lettere o riflessioni
personali deve far pervenire i testi in tempo utile a un membro del
Consiglio Direttivo o, preferibilmente, inviare un mail a
prougeau at tiscali.it

Questo numero e' aggiornato con le informazioni disponibili fino al 18
settembre 2004


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Richiedeteci: "MUOIO ASSASSINATO QUESTA NOTTE - LA STORIA DI GARY GRAHAM"

 - Ed. Multimage, 2004. pagg. 170 - 10 euro - per posta indirizzando a:
Comitato Paul Rougeau - C. P. 11035 - 00141 Roma Montesacro, o per e-mail:
prougeau at tiscali.it  Le richieste per e-mail saranno evase nel corso della
settimana. Con il libro riceverete un bollettino di. c. c. postale per il
pagamento (sara' addebitato un massimo di 1,70 euro quale contributo alle
spese di spedizione.)

Gary Graham, cresciuto nel getto nero di Houston, fu accusato di un
omicidio nel 1981, quando era ancora minorenne, e condannato a morte sulla
base di un'unica, inconsistente testimonianza oculare. Fu senz'altro la sua
personalita' eccezionale che gli permise una lunghissima sopravvivenza nel
braccio della morte, attraverso una interminabile serie di appelli. Era
diventato un leader politico carismatico ed estremista quando infine fu
ucciso, nel giugno del 2000.

La storia di Gary Graham denuncia la politica che sta alla base della pena
di morte negli Stati Uniti: la 'massima sanzione' viene inflitta in maniera
rozza e spietata - senza risparmiare minorenni, malati mentali e possibili
innocenti - alle fasce sociali piu' deboli, respinte ai margini della vita
civile nel buio della miseria e nella delinquenza endemiche.

Graham non era colpevole del delitto per cui fu condannato a morte. Afferma
l'avvocato Richard Burr: "In sintesi, la risposta alla domanda sul perche'
Gary Graham sia stato ucciso e' che si e' trattato di convenienza politica:
il signor Graham e' morto perche' il largo utilizzo della pena di morte da
parte di George Bush potesse continuare a favorire, anziche' a minare, i
suoi interessi politici."

Utilizzando esclusivamente documenti autentici il Comitato Paul Rougeau ha
composto un libro sulla vita e il caso giudiziario di Gary Graham. Lo scopo
e' di innescare una forte discussione sul questo caso e sulle ragioni
etiche, culturali e politiche dell'uso della pena di morte negli Stati
Uniti d'America.