9 Agosto 2002 Giornata Internazionale dei Popoli Indigeni



L'O.N.U. ha proclamato il 9 Agosto 2002 Giornata Internazionale dei Popoli
Indigeni .
Vorremmo ricordare questa data  con le parole di Rigoberta Menchù Tum
pronunciate nel 2001 in tale occasione: "Gli indios e le briciole
d'Occidente - Se volete salvare il mondo dovete ascoltare la nostra voce"
(il testo nell'allegato).

Altre notizie possono essere consultate o scaricate dal nostro sito
www.fondfranceschi.it , nel settore pubblicazioni, sul libro "Dei diritti
dei popoli indigeni".
Nel ringraziare per l'attenzione, porgiamo i migliori saluti.
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Gli indios e le briciole d'Occidente
Se volete salvare il mondo dovete ascoltare la nostra voce

La Giornata internazionale dei popoli indigeni che si celebra il 9 agosto è
diventata uno degli appuntamenti più opportuni per esprimere i nostri
sentimenti e per invitare la comunità internazionale a una riflessione sui
principali processi che si stanno verificando nel mondo e che toccano
direttamente o indirettamente i nostri popoli.
Nell'ultimo decennio, la marcia del nostro pianeta è stata segnata da un
accelerato processo di globalizzazione che ha generato nuovi ambiti, nuove
sfide e nuove espressioni di resistenza, articolate da nuovi attori sociali.
È tempo di sederci a riflettere sul mondo che vogliamo lasciare ai nostri
figli. La globalizzazione non deve continuare ad essere la mondializzazione
delle finanze e della speculazione di Borsa, del narcotraffico, della
povertà, dello sterminio della natura e della fine della speranza nel
nostro pianeta. Non dobbiamo permettere l'imposizione di un pensiero unico
che porta soltanto a vedere una minoranza privilegiata - il 20 per cento
della popolazione del mondo - consumare l'80 per cento di quanto produce la
nostra Madre Terra, lasciando briciole sempre più esigue alle grandi
maggioranze.
Non lasciamo che la ricchezza del nostro patrimonio si riduca alle leggi
del mercato, imponendo come modello e prospettiva di vita i valori
materiali. Strettamente legato a questo fenomeno, il cambiamento climatico
che subisce il nostro pianeta ci spinge a unire gli sforzi per trovare una
soluzione a ciò che certamente, e a brevissimo termine, diventerà una
situazione di emergenza globale. (Š)Per migliaia di anni, noi popoli
originari abbiamo saputo convivere con la natura, rispettando i suoi cicli
di vita e di rigenerazione.( Š.)
Purtroppo, quando si tratta di prendere in considerazione i nostri
suggerimenti, proposte e avvertimenti sui danni irreversibili che l'attuale
modello di sviluppo sta cagionando, siamo ignorati e alla nostra
partecipazione sono posti dei limiti, riproducendo lo stesso sistema
escludente e discriminatorio che domina tutti gli altri ambiti decisionali
internazionali.
Noi popoli indigeni non siamo disposti a vedere, ancora una volta, le
nostre rivendicazioni storiche distorte e svendute. Non riconosciamo a
nessuno il diritto di ritagliare o di condizionare le nostre richieste e,
assieme a queste, quelle di movimenti sociali e di milioni di uomini e
donne che subiscono discriminazioni per cause molteplici e che  aspettano
una parola chiara e energica contro l'immobilismo e l'impunità.
Nel mondo di oggi, la nostra presenza sfida la mancata promessa del sistema
delle Nazioni Unite di porre fine ai regimi neocoloniali che hanno
soggiogato i nostri popoli e creato obbrobriose istituzioni di schiavitù e
di servitù.
Dobbiamo continuare a lottare affinché la Giornata internazionale dei
popoli indigeni non resti un evento meramente simbolico.
Dobbiamo interpellare i governanti dei nostri paesi, i dirigenti delle
nazioni più potenti e gli alti funzionari degli organismi mondiali che
dettano le direttrici globali, per esigere un arresto nella marcia che
permetta di riflettere e di fermare questa voragine che ci trascina.
È tempo di sommare i nostri sforzi e saggezze per invertire fenomeni tanto
pressanti come la distruzione dell'ambiente, l'acutizzazione della povertà
e della fame, l'intolleranza, il razzismo e l'esclusione.

L'autrice è Premio Nobel per la pace e Ambasciatrice di Buona Volontà per
la Cultura della Pace presso l'UNESCO.
Traduzione di Guiomar Parada