R: (Fwd) Le altre Safiya: ogni giorno le africane sono lapidate i



Trovo di una ipocrisia maschile immane questa lettera lì sotto!!
Tuula h.
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From: Davide Bertok <davide.bertok at adriacom.it>
To: <dirittiglobali at peacelink.it>
Sent: Saturday, March 16, 2002 12:16 PM
Subject: (Fwd) Le altre Safiya: ogni giorno le africane sono lapidate i


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> Date forwarded: Sat, 16 Mar 2002 11:09:44 +0100
> Date sent:      Sat, 16 Mar 2002 11:06:28 +0100
> To:             news at peacelink.it
> From:           "Savt" <savtvda at netvallee.it> (by way of Carlo
> Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>)
> Subject:        Le altre Safiya: ogni giorno le africane sono
> lapidate in
>   Italia.
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>
> Le altre Safiya: ogni giorno le africane sono lapidate in Italia.
>
> In Italia vivono, clandestine e prostitute, migliaia di ragazze
> nigeriane, sfruttate da un racket  che le ha portate in Europa con
> false promesse e le ha ridotte in stato di vera e propria schiavitù.
>
> L incoscienza di clienti che nemmeno si rendono conto di questo e,
> quindi, contribuiscono a sfruttarle; il perbenismo di quanti ritengono
> che il problema può esser risolto solo rispedendole in Africa; il
> moralismo di quanti non sopportano neppure l idea di dover parlare dei
> problemi della prostituzione; l indifferenza di quanti vivono solo del
> loro egoismo; il razzismo sempre e comunque presente e perfino l
> imperfetto impegno civile di chi esprime solidarietà per Safiya che
> rischia di essere lapidata in Nigeria, ma non sa far nulla per le
> tante Safiya che vivono in Italia &. queste sono le pietre con le
> quali, ogni giorno, le africane sono lapidate in Italia.
>
>
>
> A tutte loro dedico un pensiero e queste righe. Amo una giovane
> africana, ma - in realtà - amo tutte le africane che vivono in Italia;
> credo che tutti dovrebbero amarne una, come padri, fratelli, amici,
> compagni, mariti o, più semplicemente, come esseri umani: queste
> ragazze hanno lasciato l Africa dove si muore di fame e di malattie;
> dove le loro famiglie sopravvivono negli stenti. Non lapidiamole e
> liberiamole dalla loro schiavitù.
>
>
> <mailto:claudio.magnabosco at tiscalinet.it>claudio.magnabosco@tiscali
> n
>   et.it
>
>
>
> In allegato la storia di una Safiya italiana.
>
> --------------------
>
> Alle spalle ho un matrimonio ed una convivenza finiti male; ho creduto
> in un solo amore "per sempre", ma -Ed ora un amore nuovo, io
> cinquantenne, lei poco più che ventenne, nigeriana e prostituta. Ci
> siamo conosciuti in una situazione molto particolare e questa ragazza,
> quasi analfabeta, clandestina, fiera ma schiava di una situazione per
> uscire dalla quale deve trovare il denaro per il proprio riscatto e
> qualcuno che le dia un rifugio sicuro, è entrata nel mio cuore, come
> se tutto il resto - compresi i miei due figli - l'avessi vissuto sì,
> mi appartenesse sì, ma riguardasse un'altra vita.  Nel darmi la sua
> mano per camminare insieme, la stringe forte con una sorta di
> vergogna
> quando i passanti ci guardano e commentano la mia non più verde età
> ed
> il colore della sua pelle, o quando bevendo qualcosa in un locale
> pubblico, una lacrima appare nei suoi occhi che guardano in che modo
> vivono gli altri giovani come lei, bianchi però, liberi però, felici
> però. Così mi sento suo padre, suo fratello, il suo fidanzato, il suo
> amico, un suo compagno di scuola e molte altre cose, tutte le altre
> cose che lei non ha avuto e non ha conosciuto, perché la sua vita non
> è stata quella di una giovane donna, ma quella di una dea predestinata
> al sacrificio del proprio corpo per sopravvivere e far sopravvivere la
> propria famiglia.
>
> Un anno fa è stata accoltellata, roba da poco in una situazione del
> genere, perché vivendo quella vita è stata esposta a tutto. La storia
> di molte sue connazionali è ben più drammatica, segnata da ogni
> genere
> di violenza e spesso anche dalla morte. Lei stessa l'ha di nuovo
> rischiata pochi giorni or sono quando due energumeni per rapinarla
> delle sue poche e piccole cose o per punirla del suo tentativo di
> cambiar vita, l'hanno massacrata di botte. Vorrei che chi ascolta
> questo mio appello provasse ad aiutare le tante sue connazionali che
> vivono una quotidianità nella quale il pane è incerto (i loro
> "guadagni" sono considerevoli, ma finiscono in mano a protettori e
> maman senza scrupoli) e il resto è attesa; e vorrei che, avvicinandosi
> a queste ragazze di colore che si vendono ai bordi delle strade, i
> clienti s'interrogassero sulle loro responsabilità in queste storie di
> fame e sfruttamento, di povertà e disperazione nascoste dietro ai
> gesti di tutte loro, perfino di quelle apparentemente più spudorate,
> perfino di quelle che non conoscono più il confine tra la bugia e la
> verità, ma conoscono solo la paura che impedisce loro di rivolgersi a
> quelle autorità ed a quei centri che potrebbero aiutarle.
>
> Potrei sposarla, offrirle una vita "normale", ma mi chiedo se non
> finisco col farle del male proprio perché l'amo e le parlo di una vita
> diversa che forse non potrò darle davvero, poiché i problemi sono
> gravi e le differenze tra noi sono molte; meglio sarebbe che neppure
> ne intravedesse la possibilità, perché la speranza può diventare
> sofferenza, mentre la rassegnazione è una medicina che rende la vita
> sulla strada, ai margini di un paese opulento, comunque più
> sopportabile della lenta morte per inedia in un lontano villaggio.
>
> Di certo aiutando questa ragazza aiuto me stesso, spezzo le mie
> catene: non si può conoscere la schiavitù altrui senza condividerla
> almeno un po' ed io mi sento, sono schiavo delle ingiustizie alle
> quali non so porre rimedio. Ma non sono forse un'ingiustizia anche la
> mia arroganza di ritenere che posso "aiutarla", perché - se non altro
> per una questione sociale - diversamente da lei io vivo in modo
> "regolare" (ma regolare per chi, per le convenzioni sociali, per i
> moralisti, per i benpensanti?) e la mia presunzione di "salvarla" che
> nasce da un malcelato senso di superiorità, quasi come se i piccoli
> segni che lei porta tatuati sul viso ed indicano la sua identità e la
> sua provenienza tribale, fossero una lettera scarlatta, il marchio di
> una condizione inferiore? E il mio desiderio di lei non ha, forse, le
> componenti di un razzismo rovesciato, visto che mi attraggano la sua
> bellezza, la sua giovane età e proprio il colore della sua pelle sulla
> quale vivo un'avventura ricca di mistero?
>
> Lei mi dà amore con semplicità, senza chiedermi nulla, né di essere
> più giovane, né di essere più bello o più ricco, ma semplicemente di
> essere presente e di continuare ad essere l'uomo capace di parlarle
> solo perché è un essere umano, di "amarla" solo perché lei è lei.
> Senza porle troppe domande, in parte perché forse si vergogna delle
> risposte che dovrebbe darmi, in parte perché ancora ha paura che la
> verità sia dolorosa e pericolosa. E' questo l'amore per sempre che
> cercavo? Avrò il coraggio di vivere con lei, di avere dei figli e
> presentarli ai due figli - "bianchi" - che ho già e che adoro?
>
> Ma che amore cerca, invece, questa giovane donna che alla mia
> proposta
> di vivere insieme e, quindi, anche di affrontare insieme i pericoli
> del suo sottrarsi al giro che controlla le ragazze come lei, non ha
> risposto di no, ma si è chiesta se sarà "per sempre" o se, invece, le
> offro soltanto una vacanza, una momentanea evasione dal suo inferno,
> se non sarò spietato nel liberarmi di lei quando la nostra storia si
> rivelasse, per mille ragioni, meno poetica e meno drammaticamente
> romantica di ora, rendendole insopportabile tornare a lavorare sulla
> strada, dopo aver toccato con mano la possibilità di vivere in modo
> diverso e migliore?
>
> Può esistere un amore "per sempre" se non si è liberi non solo di
> scegliersi, ma neppure di vivere? Non ho risposte, so soltanto che
> quando la sua mano scorre tra i miei capelli, non ho 50 anni, ma ho la
> sua stessa età - e sono nero anch'io.
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> Claudio Magnabosco - Aosta
> claudio.magnabosco at tiscalinet.it
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> ------- End of forwarded message -------
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