rassegna stampa - Congresso su OGM a Bologna: Relazione A.C.U.



Riceviamo dall'Associazione Consumatori Utenti e Vi giriamo un intervento
di presentazione dell'interessante convegno sugli OGM programmato alla
fiera "SANA" di Bologna il 9 settembre.
a cura di AltrAgricoltura Nord Est
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Dall'ACU MARCHE onlus Via Piave, 49/C 60124 Ancona (AN)



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CONVEGNO INTERNAZIONALE

BOLOGNA - PALAZZO DEI CONGRESSI - SANA  09 SETTEMBRE 2005



COESISTENZA, CONTAMINAZIONE E ZONE OGM-FREE:

E'A RISCHIO LA SCELTA DEI CONSUMATORI?

PANEL 1

Esperienze e prospettive in aree OGM-free e in aree di coesistenza

in differenti regioni del mondo



Sintesi dell'intervento di Gianni Cavinato

Segretario generale ACU-Associazione Consumatori Utenti, Italia



L'introduzione degli OGM è potuta avvenire a seguito della diffusione
mass-mediatica di un falso paradigma scientifico in base al quale questi
organismi sono stati presentati equivalenti, dal punto di vista biologico,
ai viventi di provenienza. Questo concetto è stato adottato da Autorità
scientifiche e amministrative in diversi paesi con il conseguente effetto
di  permettere, con molta facilità, l'introduzione in agricoltura degli OGM
e la diffusione sui mercati di tutto il mondo di materie prime
transgeniche, come soia, mais, colza, ecc. Considerate le caratteristiche
intrinseche delle attuali sementi OGM, e le modalità con le quali queste
sono state introdotte, possiamo affermare che l'agricoltura fondata sui
transgenici  si basa sulla combinazione di tecniche agronomiche e di
marketing che senza alcun dubbio si possono definire invasive.



Accanto a questo falso paradigma scientifico, sono state diffuse per anni
al grande pubblico informazioni parziali sulle caratteristiche introdotte
con gli OGM utilizzati in agricoltura. Ad esempio, si sono enfatizzati i
vantaggi per gli agricoltori, i consumatori e le popolazioni affamate dei
PVS. In verità le principali caratteristiche introdotte con gli OGM
coltivati riguardano la resistenza o tolleranza agli erbicidi, ad alcuni
insetti, agli antibiotici, mentre gli OGM con caratteristiche relative al
maggiore/migliore contenuto di nutrienti interessano ancora oggi una
produzione limitata.



A fronte di un'opinione pubblica decisamente contraria agli OGM, l'Unione
Europea, per circa 15 anni, ha tenuto un comportamento assai prudente ed
essenzialmente contrario all'introduzione degli OGM in agricoltura, ma con
il 2003 inizia una complessa ed articolata fase di ripensamento imposta
dagli accordi definiti in seno al WTO.



Tra le normative, e le decisioni introdotte dal 2003 a livello europeo, è
fondamentale sottolineare la Raccomandazione della Commissione del 23
luglio 2003, sulla coesistenza tra colture transgeniche, convenzionali e
biologiche, con la quale si sostiene che: "Non deve essere esclusa nessuna
forma di agricoltura e che la capacità di mantenere filiere di produzione
agricola separate costituisce un presupposto indispensabile per poter
offrire un'ampia scelta ai consumatori". Pertanto la sfida lanciata
dall'Unione Europea al resto del mondo è proprio quella di dimostrare la
possibilità di ottenere un mercato differenziato a garanzia di tutti i
soggetti coinvolti.



Ora, è d'obbligo chiedersi se questo obiettivo è realistico e soprattutto
se la sua puntuale applicazione non comporti invece costi elevati e
limitazioni alla libera concorrenza proprio a svantaggio di quei soggetti
che invece si vorrebbero tutelare maggiormente.



In Italia l'opposizione all'introduzione degli OGM in agricoltura continua
a coinvolgere attivamente organizzazioni ambientaliste e dei consumatori,
organizzazioni di agricoltori, grande distribuzione e industrie alimentari,
Amministrazioni regionali e locali,  partiti politici. Le contraddizioni
emerse in questo contesto hanno obbligato il Ministro delle politiche
agricole (e l'intero Governo e Parlamento) a promulgare, il 28 gennaio
2005, la Legge n. 5 che mira a prospettare la coesistenza secondo un
principio di prioritaria tutela delle colture convenzionali e biologiche in
virtù delle peculiarità proprie del territorio e delle produzioni italiane
(produzioni mediterranee).



Proprio in questi giorni il Comitato consultivo in materia di coesistenza
tra colture transgeniche, convenzionali e biologiche, previsto all'articolo
7 della Legge n. 5, presenta il proprio parere tecnico in merito alle
condizioni operative di coltivazione (come ad esempio la definizione delle
distanze di sicurezza/tolleranza) per le tre filiere. Tuttavia, già
all'inizio del mese di agosto 2005, la polemica è scaturita a seguito delle
prime indiscrezioni uscite dal Comitato stesso. Infatti sarebbero del tutto
inadeguate le distanze di sicurezza suggerite dal Comitato per assicurare
una separazione efficace, sul campo, delle tre filiere.



Un conflitto, tutt'altro che superato, vede protagoniste da una parte le
Amministrazioni regionali e dall'altra le Amministrazioni centrali, in
merito all'obbligo per le Regioni di "adottare con proprio provvedimento il
piano di coesistenza contenente le regole tecniche per realizzare la
coesistenza, prevedendo strumenti che garantiscano la collaborazione degli
Enti territoriali locali, sulla base dei principi di sussidiarietà,
differenziazione e adeguatezza" (art. 4, punto 1, Legge n. 5).

Considerato infatti che la maggioranza delle Regioni italiane ha adottato
in passato propri provvedimenti di divieto di coltivazione degli OGM,
appare ancora insormontabile, per un futuro prossimo, l'accettazione
politica e tecnica del principio della coesistenza, prevedendo così una
situazione confusa ed incerta che rischia concretamente di "terminare"
nelle aule dei Tribunali.



Del resto la situazione nel mercato è tutt'altro che sotto controllo.

Nel corso dell'VIII Conferenza nazionale delle Agenzie ambientali tenutasi
a Genova, lo scorso mese di luglio, è stata presentata una comunicazione
congiunta delle Agenzie dell'Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia,
Toscana, Piemonte, Veneto, Liguria e Bolzano, che testualmente afferma che
sono stati: "indagati complessivamente poco meno di 2000 campioni di
matrici alimentari (tra cui prodotti dell'agricoltura biologica ed alimenti
per la prima infanzia) provenienti dal circuito della grande distribuzione
ed anche piante di mais in campo (oltre 250 ettari in Emilia Romagna)
provenienti da sementi sospette. I risultati (oltre il 10% dei campioni
indagati contiene alimenti transgenici e circa il 21 % dei campi è
risultato contaminato da sementi modificate) fotografano uno spaccato di
realtà che lascia capire quanto ancora su questa materia occorra lavorare,
non solo sull'aspetto della tracciabilità e su quello delle garanzie ai
consumatori, ma anche relativamente ad una valutazione puntuale dei rischi
che l'ambiente corre in caso di ricacci o di generazione di ibridi tra
specie sessualmente compatibili".



Da queste considerazioni sembra quanto mai puntuale osservare che per i
consumatori non è sufficiente la garanzia dell'etichettatura differenziata
per i diversi prodotti provenienti dalle tre filiere (così come previsto
dai regolamenti UE), tanto più con un limite di tolleranza dello 0,9 % di
contaminazione da OGM negli alimenti convenzionali.  Del resto i costi
aggiuntivi, che inevitabilmente ricadono sui prezzi finali, necessari ad
organizzare, mantenere e controllare ogni specifica filiera produttiva
separata ed esente da contaminazione da OGM, a nostro parere, non
dovrebbero venire pagati proprio da quei consumatori che con le loro scelte
hanno premiato, negli ultimi trent'anni, le diverse forme di agricoltura
sostenibile, giacché le tecniche applicate in questi modelli produttivi
sono le uniche che sicuramente tutelano l'ambiente e la biodiversità ed il
loro impatto è decisamente meno dannoso per la salute umana.



E' auspicabile che i prodotti a minore impatto ambientale siano anche
vantaggiosi per la maggior parte dei consumatori. Al contrario  i costi
aggiuntivi  imputabili all'introduzione degli OGM in agricoltura (compresi
quelli assicurativi connessi ai rischi per la salute umana) dovrebbero
essere totalmente a carico delle imprese che ne detengono i brevetti. In
tale contesto dovrebbero essere introdotte, a livello internazionale,
europeo e nazionale, delle clausole sociali vincolanti e contestuali alle
concessioni delle autorizzazioni pubbliche rilasciate alle imprese
richiedenti.

Grazie.


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