I: MANUALE PER LA PROPAGANDA DI GUERRA



-----Messaggio Originale-----
Da: "Fulvio" <bassottovic at tiscalinet.it>
A: "Carlo Gubitosa" <c.gubitosa at peacelink.it>
Cc: <jugocoord at yahoogroups.com>
Data invio: domenica 30 settembre 2001 12.49
Oggetto: R: MANUALE PER LA PROPAGANDA DI GUERRA


> Apprezzabile analisi del fiancheggiamento mediatico, ma da integrare con
un
> esame della struttura oligarchica della proprietà dei mezzi
d'informazione,
> ormai concentrata in mezza dozzina di mani anglosassoni, con terminali
> periferici subalterni in altri paesi, e operante come corporations
> polivalenti in totale sinergia con il complesso economico-statale
> (multinazionali garantite da forti stati-nazione)capitalista, oggi nella
> "fase suprema" dell'imperialismo criminale e terrorista. Andrebbe messa in
> evidenza anche la concordata presenza-sorveglianza in tutti gli organi
> d'informazione maggiori di infiltrati-spie alle dipendenze di servizi
> segreti.
> Da rilevare invece la liturgica interpretazione che Gubitosa , mostrandosi
> anche lui vittima di intossicazione mediatica, da del ruolo di nemici
> dell'imperialismo come Saddam e Milosevic. Afferma che si tende a far
> dimenticare le collusioni che in passato, prima della demonizzazione, ci
> sarebbero stati tra questi soggetti e l'imperialismo che poi li ha
> attaccati. E' una falsità radicale sia per quanto riguarda Milosevic, sia
> per Saddam. Invece questa tesi vale perfettamente per Bin Laden, i cui
> adepti, peraltro, lavorano tuttoggi per interessi USA in Macedonia,
Kosovo,
> Cecenia, Algeria, Filippine, Indonesia, ecc. Cosa, questa sì, da far
> dimenticare. La tesi del collaborazionismo passato di personaggi come
Saddam
> e Milosevic viene astutamente e discretamente fatta propagare dalle stesse
> centrali della simultanea demonizzazione. Solo che per propagarla non si
fa
> prevalentemente ricorso ai grandi mezzi ufficiali allineati, ma a elementi
e
> mezzi del campo avverso, cioè della sinistra. Così a demonizzazione da
> destra si aggiunge quella di sinistra ed il cerchio è chiuso, senza
> possibilità di scampo per il nemico. Un nemico non di oggi, ma di sempre.
> Quando un organo, un giornalista o un partito di sinistra affermano che
> Milosevic o Saddam sono dei resistenti ed antimperialisti fasulli poichè
in
> passato - e magari, sotto sotto, anche adesso, mentre giudici e bombe si
> accaniscono a distruggerli - erano amiconi e complici dei loro nemici
> attuali, si mina alla base la fiducia e il sostegno che pacifismo,
sinistre,
> antimperialismo nel mondo potrebbero fornire alla causa della resistenza a
> USA e Nato. Si forma così il famigerato partito del nè-nè (nè con...nè
> con...), da me denunciato - direi con successo  notevole di adesioni -
tante
> volte durante l'aggressione al bastione anti-Nato ed antiliberista della
> Jugoslavia  e la parallela ambiguità di tante forze e personalità della
> sinistra detta antagonista che ha bloccato - fin dalle aggressioni fisiche
> delle tute bianche ai compagni che ad Aviano recavano la bandiera
jugoslava,
> e dallo spietato sabotaggio di giornalisti compagni -  una mobilitazione
> incondizionata e efficace contro la guerra, facendola invece annegare tra
i
> distinguo e la ripresa di intossicanti parole d'ordine dell'imperialismo.
> Ricordiamoci che qualcuno in alto proibì vergognosamente alle forze
> anti-guerra di invitare alle manifestazioni le comunità serbe  in Italia,
i
> concittadini e parenti di coloro che venivano massacrati dalla Nato!
> Curiosamente, o forse neanche tanto, si tratta delle stesse fonti
politiche,
> sociali e mediatiche che poi hanno clamorosamente toppato
> nell'interpretazione degli eventi jugoslavi del 5 ottobre 2000 (che la CIA
> ha potuto definire suo capolavoro), definiti sofrianamente e
panebiancamente
> "rivoluzione democratica" e attribuiti a una "Belgrado che ride",  per
> essere poi clamorosamente smentiti dalle rivelazioni e vanterie degli
stessi
> cospiratori al soldo della CIA. Sono impostazioni di amici del re di
Prussia
> e utili idioti che si perpetuano nel tempo e rappresentano una linea di
> ininterrotte mistificazioni, fatte passare per posizioni di sinistra e
> facenti invece leva sui più provinciali e ciechi moralismi
piccolo-borghesi.
> Dal momento che contro le più volgari criminalizzazioni del nemico da
parte
> delle centrali apertamente imperialiste siamo, almeno a sinistra,
> relativamente (ma non del tutto) vaccinati, ecco che si insinua, con lo
> stesso scopo delle invenzioni più scoperte, la diffamazione da sinistra di
> resistenti e patrioti fatti passare per complici del nemico mascherati
> tardivamente da antimperialisti. E' una linea perfida e disfattista, che
> drena energie a chi lotta mettendo sullo stesso piano aggrediti ed
> aggressori ("la violenza nei territori", "Arafat e la colomba Peres",
"gli
> estremisti palestinesi e gli spiragli di pace", "contro tutti i
terrorismi")
> e frantuma ininterrottamente il fronte della Resistenza . Il nè-nè rivolto
> allo scontro tra un carro armato che polverizza case e viventi e un
suicida
> imbottito di tritolo, immobilizza la risposta di massa e favorisce
> ovviamente il carro armato. E' una linea che arriva a invitare nel
> Movimento, del quale poi accetta tutte le ambiguità e tutti gli errori
come
> fossero verità inedite e rivelate, forze come il serbo Otpor, confessa e
> dimostrata organizzazione golpista creata dalla CIA, o spara una
> controcopertina, dopo la vicenda delle Torri, in cui sentenzia (e ordina)
> che "non possiamo più dire abbasso gli americani", mistificando e
> cancellando l'ovvietà che quella sacrosanta parola d'ordine è sempre stata
> indirizzata ai dirigenti politici, militari, economici USA e certamente
mai
> a Ramsey Clark, John Steinbeck, Humphrey Bogart, Scott Fitzgerald, la Beat
> Generation e via elencando grandi valori statunitensi. E, ancora una
volta,
> lavorando per il re di Prussia nel momento in cui in tutte le piazze del
> mondoi, compresa la Washington invasa dai compagni di Ramsey Clark, si
urla
> "Abbasso l'imperialismo USA" e "Yankee go home" e in tutto il mondo si
vede
> dispiegarsi, con il pretesto degli attentati (da chiunque molto
> misteriosamente - o neanche tanto - voluti), la minaccia terroristica
> israelo-statunitense. Bel lavoro davvero, in sintonia con i più profondi
> sentimenti delle masse (o "moltitudini" di evangelica e aclassista
> memoria?). Ma quando costoro verranno, dalla sinistra che non si fa
> turlupinare, chiamati a rispondere delle loro responsabilità? Fino a
quando
> gli verrà consentito di tagliare le gambe alle lotte antimperialiste?
Anche
> con le infantili e strumentali farneticazioni Negriane e Casariniane
> sull'Impero consolidato, frutto di pessime letture, da Tolkien a Guerre
> Stellari. Tutto questo, caro Gubitosa, oltre a essere imbecille, è
> collateralismo, più o meno consapevole.
> Un'ultima parola sulle "collusioni" di Saddam e Milosevic. Del primo si
dice
> che fu finanziato e armato dagli USA contro l'Iran. Falso. Le armi
irachene
> erano tutte sovietiche, francesi ed italiane, più qualcosa più
recentemente
> acquistato sui mercati. Mai Israele, che aveva già bombardato una centrale
> nucleare irachena, avrebbe acconsentito che gli USA armassero quello che
> rimane il loro nemico principale.  L'interesse imperialista era di
contenere
> entrambe le potenze regionali, rivali dell'egemonia terroristica
israeliana,
> provocando uno scontro che, come auspicò Kissinger, le dissanguasse
> entrambe. Non per nulla, se settori USA (quelli minoritari, non legati a
> Israele) appoggiarono diplomaticamente  e finanziariamente l'Iraq, altri,
> con Israele, equipaggiarono e armarono l'Iran, cui inviarono in piena
guerra
> piloti istruttori israeliani, quell'Iran di cui si avvalsero anche nella
> distruzione, con i contras, del Nicaragua. Fu Khomeini, a dispetto di
tutte
> le menzogne, ad attaccare l'Iraq (ne fui testimone personale nel 1979)
> servendosi anche della quinta colonna curda in Iraq, da molti decenni (con
> Mustafa Barzani) al servizio della CIA. Era L'Iraq di Saddam il massimo
> nemico dell'imperialismo-sionismo nella regione, in quanto arabo, laico,
> punto di riferimento per le masse oppresse arabe, con un modello sociale
> avanzato che avrebbe potuto diventare contagioso tra le monarchie feudali
> del Golfo. Soprattutto perchè proprio nel 1979, Saddam organizzò, in
> risposta alla resa araba di Camp David, il più vasto fronte anti-USA e
> anti-Israele e propalestinese mai visto nella regione. Si vada a vedere la
> stampa internazionale sul vertice anti-Sadat a Baghdad del 1979: il più
> grande schiaffo che il mondo arabo, dai tempi di Nasser e Bumedienne e
fino
> al tempò dell'Intifada e degli hezbollah, abbia mai dato a USA e Israele.
Si
> critichi Saddam per i gas contro i curdi o la repressione dei comunisti
(non
> dei curdi, inventata), che, peraltro, avevano abbandonato la coalizione di
> governo e obbedito a Brezhnev che si era schierato con Khomeini per pure
> ragioni di scacchiere, tradendo un amico  annoso come l'Iraq.
> Quanto a Milosevic, sul quale purtroppo persistono le calunnie anche di
> giornalisti eccellenti e coraggiosi come Tommaso di Francesco e di
compagni
> lucidi e lungimiranti come Piero Bernocchi, segno che tutti possiamo
> inciampare sulle mine disseminate dalla disinformazione, si citano a
> sinistra questi elementi di complicità col nemico: aver mestato con le
> banche USA e il FMI, aver accettato illimitate privatizzazioni. A cui si
> aggiunge il crimine del "nazionalismo". Su quest'ultimo, davvero risibile
se
> riferito a un uomo che ha visto strappare un arto dopo l'altro al corpo di
> un paese che ha tentato disperatamente di tenere unito, sovrano,
> multinazionale e multireligioso e che aveva dato fino alla guerra la
> prevalenza numerica negli organismi militari e nelle istituzioni tutte a
> elementi non serbi, il tempo ha già consolidato il giudizio. Quanto alle
> banche USA, la collusione sta nel fatto che un bancario come Milosevic, in
> età giovane, ha fatto uno stage presso banche negli Stati Uniti. Il
rapporto
> con il FMI, dopochè questo organismo USA aveva rastrellato i debiti di una
> Jugoslavia in gravissima crisi per le spinte secessioniste, i sabotaggi
> esterni ed interni, la crisi petrolifera, e aveva messo in atto i suoi
> ricatti per la sopravvivenza economica e sociale del paese, è terminato
nel
> 1992, dopochè l'accettazione delle condizioni capestro FMI da parte di un
> premier liberista come Markovic, nel 1989, aveva aggravato pesantemente le
> condizioni del paese. Milosevic in persona pose fine al processo di
> subordinazione al FMI e delle privatizzazioni selvagge e varò una legge di
> protezione sociale per cui le privatizzazioni non dovevano coinvolgere
> settori strategici se non per quote di minoranza (Telecom) e che, per ogni
> privatizzazione di industrie, alle maestranze fosse riservata una quota di
> maggioranza, non inferiore al 60%. Fu una delle "provocazioni" che
> accelerarono la guerra contro la Jugoslavia e la persecuzione di un
> Milosevic, la cui integrità, dignità e coerenza si sono imposte al mondo
con
> le sue apparizioni, pur represse e censurate, davanti al tribunale Nato
> dell'agente Del Ponte.
> Un'ultima cosa la sinistra utile idiota accetta delle frodi imperialiste:
il
> tesoro di Milosevic (non è rimasto altro, dopo le smentite ONU, FBI,
> Tribunale dell'Aja, investigatori vari, delle pulizie etniche ai danni
degli
> albanesi e la dimostrazione  di quelle vere ai danni dei serbi da parte di
> UCK-Nato-ONU). E' stato cercato affannosamente in Svizzera. L'ufficio del
> controllo bancario svizzero ha dichiarato ufficialmente che "dopo accurate
> ricerche, non sono risultati presenti in istituti finanziari svizzeri
fondi
> riconducibili a Milosevic o al suo entourage". Dopo questa buca, ci si è
> affannati ad attribuire un tesoro a Cipro, il cui governo ha risposto con
> indignazione contro queste "falsità" e non se ne è parlato più. Neanche le
> centinaia di testimoni raccattati dal quisling Djindjic per soddisfare la
> brama USA di liquidare l'"amico" Milosevic e che hanno desposto durante i
> tre mesi della detenzione illegale del presidente jugoslavo, hanno potuto
> portare la minima prova a sostegno delle accuse di "abuso di potere" e
> "corruzione". Il tesoro di Milosevic andrebbe cercato nei ponti di Novi
Sad
> ricostruiti, nei 10.000 alloggi per i senza tetto messi in piedi in un
anno,
> nella Zastava ricostruita al 70% in otto mesi (e ora spezzettata e venduta
> al migliore offerente), nel sostentamento a 1.200.000 profughi delle
pulizie
> etniche in Krajna, Bosnia, Kosovo, serbi, rom, ebrei, egiziani, koranci,
> albanesi perbene, nel cibo e nelle medicine acquistati di contrabbando
sotto
> l'embargo. Mentre, mancando "tesori" per loro, le ONG italiane e altre,
> presenti fino al numero di 900 nel redditizio bordello narcotrafficante
> kosovaro, qui hanno lasciato sgambettare nelle scuole qualche volontario
in
> cosiddette, patetiche "animazioni", o portato un pulmino, o fatto gli
> auguri.
> Chiudo aspettandomi di ascoltare tra poco anche collusioni col nemico
degli
> "amerikani" Arafat, o, meglio, Barghuti, o Ocalan. Vi sarà ancora la firma
> di coloro che hanno trattato la Cecenia come una rivolta democratica e
> indipendentista di guerriglieri della liberazione dai sanguinari
repressori
> russi e oggi devono leggere che Basajev e i suoi tagliagole, sequestratori
e
> trafficanti di droga sono stati armati, sostenuti, finanziati da Bin Laden
> per conto degli USA allo scopo di destabilizzare l'area del più importante
> oleodotto russo.  Di coloro che vedono nel minimo assembramento di gente -
> magari di plebi subornate e ingannate - da Belgrado ad Algeri, i segni di
> una rivoluzione democratica? In Algeria, caro Gubitosa, dove pochi sono
> stati, ma di cui molti parlano con enfasi perentoria, i kabili sono
> manovrati dalla Francia, i terroristi islamici da Bin Laden per conto
degli
> USA, nella guerra all'ultimo sangue - algerino - di queste due poitenze
per
> il petrolio, il gas e l'oro (che sta in Kabilia) algerini. Il che nulla
> toglie alle rivendicazioni sociali delle masse algerine, stufe di
> corruzione, clientelismi e, nella parte migliore della sinistra e
dell'FLN,
> delle svendite agli interessi stranieri.
> Lavorare e osservare senza schemi, respingendo a priori l'interpretazione
> imperialista, conservando la chiave della contraddizione principale,
> sgomberando il campo da moralistiche subalternità ai valori imperialistici
> (l'ipocrisia dei "diritti umani") dovrebbe essere la linea di un
informatore
> di sinistra. Una razza che sta peggio dei panda.
> Fulvio Grimaldi
>
>
> -----Messaggio Originale-----
> Da: "Carlo Gubitosa" <c.gubitosa at peacelink.it>
> A: <c.gubitosa at peacelink.it>
> Data invio: sabato 29 settembre 2001 16.15
> Oggetto: MANUALE PER LA PROPAGANDA DI GUERRA
>
>
> L'informazione in tempo di guerra.
>
> Ho provato a calarmi nei panni di un esperto militare per riassumere in
> alcuni punti chiave le strategie mediatiche utilizzate negli ultimi anni
> dalle nostre Forze Armate e dall'Alleanza Atlantica per legittimare i
> conflitti armati che hanno avuto come protagonista anche l'Italia. Il
> risultato e' un "manuale per la Propaganda di Guerra" che comprende un
> elenco impressionante di strategie e tecniche di manipolazione
> dell'informazione e delle coscienze, a cui il movimento per la Pace dovra'
> rispondere con altrettanta lucidita' ed efficacia per evitare di essere
> schiacciato dall'"informazione a senso unico" che e' gia' entrata in
azione
> ben prima dei pacifisti, come dimostra l'editoriale di Lucio Caracciolo su
> "Repubblica" del 26 settembre, un articolo che ho letto solamente dopo
aver
> realizzato questo scritto, ritrovando le tecniche da me descritte
applicate
> con sapiente maestria.
>
> Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa at peacelink.it>
>
> -------------------------------------
>
> Piccolo manuale per la Propaganda di Guerra.
>
> "La prima battaglia e' quella che si vince sul teleschermo"
> (Anonimo)
>
> Il punto fondamentale da cui partire e' la ricerca della "Giusta Causa",
un
> fatto reale ampiamente condannabile dal punto di vista etico e politico, a
> partire dal quale compiere azioni che di etico hanno ben poco. (Esempi di
> "Giuste Cause": Invasione del Kuwait, repressione della popolazione
> albanese del Kossovo, azioni terroristiche)
>
> Si passera' in seguito all'individuazione, personalizzazione e
> demonizzazione del "Nemico". Negare o nascondere ogni legame passato o
> presente, economico o politico con il nemico. Togliere ogni visibilita'
> mediatica alle domande scomode: Chi ha venduto le armi a Saddam ? Chi ha
> fatto affari con Milosevic e Bin Laden prima che si trasformassero nel
> "nuovo Hitler" e nel capo del nuovo "Impero del Male" ? Far sfogare sul
> nemico personalizzato l'odio e la rabbia creata ad arte nell'opinione
> pubblica dimenticandosi che fino a ieri il "nemico" era anche nostro
> partner di affari e che continua a gestire i suoi soldi tramite le nostre
> banche. Affrontare la questione del segreto bancario con molta
delicatezza.
> Anche se l'eliminazione dei paradisi fiscali e del segreto bancario sulle
> transazioni internazionali sarebbero decisive per "ostacolare" il
"nemico",
> il terrorismo, il narcotraffico e il commercio delle armi, queste
soluzioni
> non vanno assolutamente menzionate.
>
> Bisognera' poi prestare particolare attenzione alla ricerca di un
eufemismo
> per non impiegare mai l'uso della parola "guerra" (Operazione di Polizia
> Internazionale, Missione Umanitaria, Operazione antiterrorismo)
>
> Ricordarsi di presentare all'opinione pubblica una sola verita' al giorno.
> In ogni conferenza stampa Nato o nelle dichiarazioni pubbliche dei capi di
> Governo dei paesi in guerra va presentata una sola idea chiave che sara'
il
> titolo dei giornali del giorno successivo. Questo ha il compito di
> semplificare il lavoro dei portavoce che devono gestire una situazione
> molto complessa, piu' facile da descrivere se trasformata in una
> affermazione monodimensionale.
>
> In seguito alle prime reazioni si adottera' come risposta l'ostracismo e
> accuse di collaborazionismo con il nemico verso i giornalisti colpevoli di
> aver dato voce alle vittime dell'azione militare. Il teorema e': chi non
e'
> mio amico e' necessariamente amico del mio nemico. Quando i giornalisti
> presenti "sul campo" manifestano opinioni critiche o non allineate,
> precisare che nei paesi dove vengono realizzate queste trasmissioni vige
> una strettissima censura militare che rende quelle testimonianze prive di
> valore.
>
> Davanti ai crimini di guerra documentati, agli "effetti collaterali" e
alle
> responsabilita' dell'"Alleanza" negare l'evidenza. E' una tecnica
> efficacissima perche' ormai l'opinione pubblica e' abituata ad
affermazioni
> anche grossolanamente inesatte da parte delle autorita' militari e
> politiche e perche' comunque i giornali danno piu' risalto alle menzogne
> "amiche" che alle affermazioni del "nemico" indipendentemente dal fatto
che
> siano vere o meno. Quello che sembra solamente faccia tosta e sfrontatezza
> nella menzogna e' in realta' una spietata strategia di comunicazione
> ampiamente collaudata.
>
> Un altro punto chiave e' la spettacolarizzazione e trasfigurazione della
> guerra. Anni e anni di "lavoro culturale" realizzato a testa bassa dai
vari
> Stallone e Shwarzenegger hanno dato i loro frutti trasformando ogni azione
> militare in un pulito videogame. Inquadrare preferibilmente aerei, carri
> armati, alta tecnologia, soldati "amici" puliti e contenti e far vedere il
> meno possibile il volto del "nemico", che non va considerato nella sua
> umanita', evitare il piu' possibile riferimenti o inquadrature sulla
> popolazione civile.
>
> Sara' opportuno utilizzare come al solito un "pool" di giornalisti amici,
i
> soli ad essere abilitati ai "briefing" Nato, per dare l'impressione di un
> controllo democratico da parte della stampa dietro il quale si nasconde
una
> censura e una selezione preventiva dei soggetti abilitati a fare domande.
> Ad essi va affiancato il lavoro certosino degli "intellettuali" allineati
e
> degli editorialisti compiacenti, con particolare riguardo per Ernesto,
> Angelo, Lucio, Gianni, Paolo, Vittorio e altri che si sono gia' distinti
in
> passato per i servigi resi con le loro penne a beneficio della "Giusta
> Causa".
>
> Cercare a tutti i costi la polarizzazione delle posizioni senza lasciare
> spazio alle sfumature. E' molto piu' efficace ridurre la dialettica a un
> semplice "guerra si' - guerra no" per includere nel "guerra si'" anche le
> posizioni "guerra si' ma come intervento militare dei Caschi Blu ONU",
> "guerra si' ma senza impiego di armi radioattive", "guerra si' ma non dal
> cielo con bombardamenti a tappeto", "guerra si' ma senza violare le
> convenzioni di Ginevra scegliendo obiettivi civili come ponti o palazzi
> della televisione", "guerra si' ma non con bombe a grappolo che violano i
> trattati per la messa al bando delle mine". Ovviamente una volta cooptate
> queste posizioni nel semplice "Guerra si'", il fronte del "guerra no"
sara'
> messo forzatamente in minoranza.
>
> Se le reazioni dovessero persistere bisognera'adoperarsi per la
> ridicolizzazione e la banalizzazione delle posizioni espresse del
movimento
> pacifista. Utilizzare la tecnica "hai ragione ma e' meglio fare come dico
> io", ovvero "quello che dici e' un'utopia molto bella e auspicabile, che
io
> condivido, ma ora c'e' un'emergenza e va gestita con realismo e con i
piedi
> per terra". Nei dibattiti pubblici selezionare figure "deboli", con una
> scarsa preparazione teorica e politica, e mediaticamente poco efficaci per
> dare l'impressione di una totale assenza di proposte concrete da parte di
> chi critica l'intervento armato. Altre categorie utili in cui inquadrare i
> pacifisti sono le seguenti: figli dei fiori, "quelli del G8", Black Bloc,
> popolo di Seattle, ex-sessantottini, preti idealisti affetti da "buonismo"
> cronico, ex-comunisti o veterocomunisti, ragazzini che non hanno ancora
> capito la dura realta' della vita. Evitare assolutamente personaggi legati
> al mondo accademico, ai centri di ricerca sulla Pace, alle reti di
> formazione per la nonviolenza o a qualunque realta' in grado di
> contrapporre una solida base teorica alla teoria dell'intervento armato.
> Utilizzare la tecnica del "dov'erano": "dov'erano i pacifisti quando tizio
> faceva questo?", utilissima per dimostrare ad arte che il pacifismo e' una
> cosa che si rispolvera solo in caso di guerra e che non ha nessuna valenza
> nel campo della prevenzione e della risoluzione pacifica dei conflitti.
>
> Cercare per quanto possibile di utilizzare immagini con un forte impatto
> emotivo, in grado di far scattare i meccanismi mentali che regolano
> l'istinto, la rabbia e l'aggressivita', in modo da rendere cieca
l'opinione
> pubblica ad ogni discorso razionale, negato nei cuori e nelle coscienze da
> una emotivita' esasperata artificialmente attraverso il video. Anche se
non
> e' di nessuna utilita' dal punto di vista informativo, si consiglia di
> riproporre piu' volte al giorno sugli schermi televisivi la sequenza
> dell'aereo che si schianta sulle torri gemelle per mantenere vivo lo shock
> emotivo che puo' mantenere l'opinione pubblica saldamente dalla nostra
> parte.
>
> Un'altra tecnica efficace e' la negazione e l'occultamento delle
> alternative grazie ad un falso senso di informazione. Dare la maggior
> quantita' di informazione possibile, anche nel caso in cui non si tratti
di
> dati rilevanti, purche' favorevoli alla nostra posizione e all'intervento
> armato. Far perdere la visione d'insieme con una cronaca dettagliatissima
> di aspetti marginali. In questo modo e' possibile soffocare le proposte
> alternative alla guerra in un mare di informazioni, impossibili da gestire
> se non con una necessaria semplificazione che va a nostro vantaggio, in
> quanto la maggior quantita' di informazioni in circolazione spinge in
> direzione della guerra. In quest'ottica sara' favorita la produzione a
> ritmo serrato di una grande quantita' di notizie brevi, evitando il piu'
> possibile l'approfondimento, i dossier, le retrospettive storiche e il
> coinvolgimento di persone direttamente coinvolte nei problemi trattati, ai
> quali vanno preferiti gli "pseudo-esperti" che dall'alto della loro
> notorieta' o in virtu' di un titolo prestigioso sono pronti a riempire i
> palinsesti dei nostri programmi televisivi.
>
> Curare la gestione "umanitaria" dei profughi. L'inevitabile flusso di
> profughi generato da ogni azione militare va gestito con molta attenzione
> dal punto di vista mediatico, trasformando una massa umana costretta alla
> fuga da un attacco militare in una popolazione sottratta a un regime
> repressivo e finalmente approdata nella civilta' dove potra' ricevere
tutte
> le cure e le attenzioni necessarie, ovviamente fino allo spegnimento delle
> telecamere.
>
> Successivamente andra' curata l'enfatizzazione della vittoria e la
gestione
> della "mancata deposizione" del leader nemico. Saddam e' ancora li', e
> Milosevic e' stato cacciato dalle elezioni, non certo dalle nostre bombe.
> Poiche' probabilmente anche Bin Laden rimarra' in piedi sui cadaveri dei
> suoi seguaci e delle vittime civili della guerra, al termine dell'azione
> armata, enfatizzare il raggiungimento di altri obiettivi (che andranno
> individuati al momento) e affermare in ogni caso l'idea che "abbiamo
> vinto", "il nemico si e' arreso", "sono state accettate
incondizionatamente
> tutte le nostre condizioni".
>
> Non stancare e non impaurire l'opinione pubblica. Gestire in maniera
> efficace il rientro alla normalita' e la "chiusura della ferita". L'azione
> militare va chiusa nel piu' breve tempo possibile. Nel caso cio' non
> avvenga dare sempre meno rilevanza alle informazioni sugli sviluppi della
> guerra, relegandole in coda ai telegiornali o nelle ultime pagine dei
> quotidiani, in modo da non "tirare troppo la corda" rischiando il
> malcontento dell'opinione pubblica e l'adesione alle idee contrarie alla
> guerra. In nessun caso la popolazione dei nostri paesi deve sentirsi
> minacciata o avere l'impressione di trovarsi in uno stato di guerra o di
> forte militarizzazione, cosi' come non vanno messi assolutamente in
> discussione i nostri privilegi, il nostro benessere o il nostro stile di
> vita. La guerra deve essere sempre vissuta come una parentesi, anziche'
> come il normale svolgersi di eventi intercalati da periodi piu' o meno
> lunghi di "pacificazione" militare forzata. Questa tecnica e' gia' stata
> sperimentata con successo durante la guerra contro la Jugoslavia, quando a
> bombardamenti ancora in corso siamo riusciti a far dare come notizia di
> apertura dei telegiornali la vittoria dello scudetto da parte del Milan.
Al
> termine dell'intervento armato chiudere rapidamente ogni strascico
relativo
> agli eventi in corso, senza approfondire le conseguenze dell'azione
> militare sulle condizioni della popolazione civile e dei profughi,
> sull'equilibrio ambientale e sulla situazione politica internazionale.
>
> Tutte queste direttive vanno seguite scrupolosamente affinche' anche
questa
> guerra si trasformi in un eccezionale evento mediatico e in una grande
> prova di forza per la nostra civilta' e la nostra democrazia. Tutti gli
> operatori dell'informazione che proveranno a sottrarsi a questo progetto,
> attraverso la produzione di informazioni non allineate o l'utilizzo delle
> nuove tecnologie di comunicazione, verranno inesorabilmente marginalizzati
> e penalizzati nella loro attivita' lavorativa grazie al controllo
capillare
> delle forze politiche, responsabili dell'intervento militare, sui grandi
> gruppi dell'informazione, un controllo che in Italia e' favorito anche
> dall'altissimo livello di concentrazione della proprieta' nel settore
> dell'editoria, delle telecomunicazioni e del multimedia.
>
> --------------------------
>
> Questo articolo è liberamente distribuibile, pubblicabile e utilizzabile
su
> riviste e siti web. In caso di utilizzo di prega di contattare l'autore
> all'indirizzo di posta elettronica <c.gubitosa at peacelink.it>
>
> Come ricompensa per l'utilizzo di questo articolo è fortemente
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>
> Carlo Gubitosa - Via Giovinazzi 91 - 74100 Taranto.
>
> Carlo Gubitosa è un giornalista freelance che collabora con l'associazione
> di volontariato dell'informazione PeaceLink <www.peacelink.it>
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