Chiama l'Africa news 6/9/02



CHIAMA L'AFRICA NEWS 6 settembre 2002
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DAL VERTICE DI JOHANNESBURG LA RICETTA PER SFAMARE L'AFRICA : AI PIU'
MERITEVOLI GLI OGM "MADE IN USA"

Nel salone delle sedute plenarie del Convention Centre di Sandton il
segretario di stato americano è stato breve, chiaro e arrogante: ha detto
che "il presidente Bush e gli americani si sentono impegnati per lo
sviluppo sostenibile", e che la fame qui in Africa meridionale è frutto
della siccità ma anche di cattiva gestione economica: "In Zimbabwe, il
mancato rispetto dei diritti umani e della legalità ha esacerbato il
problema e spinto milioni di persone all'inedia". Primo scoppio di fischi
in sala. "Di fronte alla fame, parecchi governi in Africa meridionale hanno
impedito che arrivassero gli aiuti alimentari americani rifiutando il mais
geneticamente modificato, che noi mangiamo dal 1985". La contestazione
scoppia, compare qualche striscione, fischi, urla: dicono "vergogna", "le
persone e il pianeta, non il business". Continua Powell: "Johannesburg è un
passo importante sulla strada tra Doha e Monterrey verso il futuro": il
criterio guida degli aiuti allo sviluppo sarà il buon governo,
"l'assistenza [americana] andrà solo alle nazioni in via di sviluppo
governate saggiamente e correttamente, che investono in salute e istruzione
e incoraggiano la libera impresa". Powell conclude parlando di soldi: Bush
chiederà al Congresso di aumentare gli stanziamenti per gli aiuti di 5
miliardi di dollari all'anno per tre anni da aggiungere agli attuali 10
miliardi all'anno, investirà perfino in tecnologie per "mitigare" il
cambiamento del clima. Powell dice che "il commercio è il motore dello
sviluppo" e i governi dei paesi poveri devono occuparsi di attrarre
investimenti, annuncia tante "partnerships" [...] (da un articolo di Marina
Forti sul Manifesto del 5/8/02)

IL CONTINENTE DA MODIFICARE
(di Marco D'Eramo, Il Manifesto del 27/8/02)

Può l'Africa affamata permettersi il lusso di rifiutare cereali
geneticamente modificati? È una delle domande più scabrose cui deve
rispondere il vertice di Johannesburg, ed è uno dei dossier più spinosi che
si porta in cartella il segretario di stato americano Colin Powell,
soprattutto dopo che Zimbabwe, Mozambico e la settimana scorsa Zambia hanno
respinto gli aiuti alimentari offerti dagli Stati uniti che per tutta la
regione ammonteranno a fine anno a 500.000 tonnellate di cereali,
comprendenti varietà geneticamente modificate (invece Malawi, Swaziland e
Namibia li hanno accettati). Così ora migliaia di tonnellate di mais e di
grano giacciono nei silos del porto di Durban in Sudafrica. Della questione
si occupa anche l'Organizzazione mondiale della Sanità che da ieri tiene
una riunione regionale di tre giorni ad Harare, capitale dello Zimbabwe.
L'Africa australe sta subendo una delle sue peggiori carestie, perché da
due anni è colpita dalla siccità, i raccolti sono andati a ramengo, il
bestiame ha dovuto essere abbattuto, 13 milioni di persone sono in stato
d'inedia e 300.000 di loro moriranno di fame nei prossimi mesi.

Ora, gli statunitensi sostengono che l'Africa non può permettersi questo
lusso: non vada tanto per il sottile e salvi la vita di decine di migliaia
di persone. Tanto più che - affermano - il cibo geneticamente modificato
(Gm) non ha mai fatto male a nessuno, visto che negli Stati uniti sono anni
che se lo mangiano, sia direttamente, sia indirettamente, attraverso la
carne di bestiame allevato a mais Gm. Gli Stati uniti dimenticano che il
vero timore nei confronti degli organismi Gm (Ogm) non è per i danni alla
salute che può provocare la loro ingestione. [...]
Il fatto è che, a causa dell'opposizione mondiale agli Ogm, i farmers Usa
sono in difficoltà e la stessa azienda leader del settore, la Monsanto, è
in crisi profonda, nonostante la superficie coltivata a Gm si sia
trentuplicata in solo 5 anni, passando da 1,7 milioni di ettari nel 1996 a
52,6 milioni di ettari nel 2001. Infatti, scrive il Guardian, a luglio la
Monsanto voleva rastrellare sul mercato un miliardo di dollari, ma è
riuscita a raggranellarne solo poco più della metà, anche perché i
creditori sanno che sta per scadere il brevetto sul suo pesticida Roundup
che genera il 45% delle sue entrate. Se negli anni '50 era vero che gli
interessi della Gm erano gli interessi dell'America, oggi la stessa
sentenza continua a valere, solo che Gm significa non più General Motors ma
Geneticamente modificati.

Così, per scavalcare il rifiuto africano. Washington si è ridotta persino a
chiedere all'Unione europea (Ue) di intercedere presso questi paesi, e di
garantire loro che non è nocivo mangiare cereali Gm. Bruxelles ha risposto
giovedì scorso che non erano affari suoi, che la gatta se la pelasse
Washington e che, comunque, se gli Usa volevano mandare aiuti umanitari in
Africa, 1) facessero come gli europei e comprassero cereali nella regione,
in modo da stimolare l'agricoltura locale; 2) se proprio insistevano a
mandare il proprio mais, che lo spedissero in forma di farina, così non ci
sarebbe più rischio di contaminazione nell'ambiente: è questa la soluzione
che il Mozambico ha alla fine accettato, di tritare il mais prima di
distribuirlo; ma gli Stati uniti vi si oppongono sia perché è una soluzione
cara (macinare costa 25 $ a metro cubo), sia perché, se l'accettassero,
riconoscerebbero che questi cibi Gm presentano un problema vero. Ma venerdì
scorso l'Ue ha un po' ammorbidito la sua posizione, e si è detta pronta a
convincere i paesi africani che non sono dannose per la salute le cinque
varietà di cereali Gm ch'essa stessa permette.

Chi si oppone invece all'uso di cereali Gm in Africa invoca le seguenti
ragioni:

1) Non vuole che l'Africa sia considerata la pattumiera dei paesi ricchi.
Come prima - con la scusa dell'aiuto umanitario - le multinazionali
smaltivano nel Continente nero latte in polvere avariato, farine marce e
farmaci scaduti, così ora gli Stati uniti smaltiscono gli enormi surplus di
cereali Gm coltivati grazie agli immani sussidi pubblici (ogni anno Usa ed
Ue sovvenzionano le loro agricolture con 350 miliardi di dollari): il 60%
della produzione dei farmers americani è esportata, ma le esportazioni sono
diminuite dopo le polemiche di vari paesi contro gli Ogm. Secondo Vandana
Shiva, tra il 1999 e il 2000 i surplus di derrate Gm hanno costituito circa
il 30% delle 500.000 tonnellate di mais "donate" dalla Us Agency for
International Development alle agenzie umanitarie, tra cui il World Food
Program, grazie a contratti con le corporations dell'agrobusiness.

2) Se sementi Gm vengono rilasciate nella natura, possono contaminare le
sementi locali e così chiudere ai prodotti africani i mercati europei: il
bestiame africano nutrito con granaglie Gm non potrà più essere esportato
nei paesi che rifiutano cibo Gm. Questi cereali possono perciò spazzare via
una nicchia di mercato che permetterebbe ai contadini africani di
guadagnarsi da vivere.

3) Gli aiuti umanitari rendono i paesi dipendenti. Ogni tonnellata di
cereali ricevuta è una tonnellata di cereali che non sarà coltivata. Con lo
stesso metodo gli Stati uniti hanno smaltito eccedenze di riso ad Haiti
mandando in rovina migliaia di fattorie e l'Unione europea ha smaltito le
proprie eccedenze di latte nell'economia giamaicana provocando la
bancarotta degli allevatori locali.

4) Le sementi Gm provocano una doppia dipendenza. Poiché la quasi totalità
di essa è manipolata per resistere a uno specifico pesticida prodotto da
una specifica azienda, i coltivatori saranno poi costretti in tutte le
future generazioni di raccolti a usare quel pesticida. Per esempio i due
terzi di semi di soia Gm sono manipolati per resistere all'erbicida Roundup
della Monsanto.

Ultimo punto, decisivo, è che non vale la principale ragione invocata dai
fautori degli Ogm, e cioè che la biotecnologia può aumentare la produzione
e quindi far sparire lo spettro della fame. Il fatto è che la fame oggi
dilaga in un mondo di abbondanza [...], un mondo in cui i magazzini europei
e americani straboccano di derrate alimentari, di burro, latte, grano, vino
olio, ma in cui ogni giorno muoiono per fame 24.000 persone, tre quarti
delle quali sotto i cinque anni; più di 800 milioni di umani sono
cronicamente denutriti; 180 milioni di bambini sono sotto peso e 2 miliardi
di persone soffrono di malattie dovute a deficienze alimentari. Il fatto è
che in Malawi si muore di fame anche se nei mercati di Lilongwe abbondano
riso e mais. In fondo, per cinque anni di seguito l'India ha avuto
un'eccedenza record di cereali, di 59 milioni di tonnellate, eppure decine
di milioni di bambini indiani continuano a essere denutriti. Negli Stessi
stati uniti, che esportano il 60% della loro produzione agricola e che
hanno l'agricoltura più ricca e più efficiente del mondo, 26 milioni di
poveri devono ricorrere ai Food stamps, ai bollini alimentari distribuiti
dalla mutua, per riuscire a nutrirsi. La fame può decimare in un mondo
ricco e le ossa a fior di pelle costeggiano l'oscena obesità dei paesi
industrializzati. Vent'anni fa, scrive John Vidal del Guardian, il Ghana
esportava riso, oggi la sua risicoltura è crollata sotto le importazioni di
riso Usa o thailandese. I contadini pakistani hanno bruciato i loro
raccolti per disperazione perché a coltivare ci perdono. Circa il 20% del
cibo africano viene ora importato dai paesi ricchi, anche se potrebbe
facilmente crescere sul posto. L'editorialista John Kamu del Daily Nation
(Zimbabwe) cita un recente rapporto Oxfam, intitolato Rigged Rules and
Double Standards, secondo cui "128 milioni di persone potrebbero uscire
dalla povertà se le regole del commercio permettessero ad Africa, America
latina, Asia orientale e del sud-est di aumentare la propria parte del
commercio mondiale di appena l'1%. In Africa, quest'aumento generebbe un
introito di 100 miliardi di dollari, il quintuplo di quanto il continente
riceve in termini di aiuti e di ripianamento del debito. Con questo 1% ci
potremmo ricomprare il nostro cibo".

Sono verità così sacrosante da sembrare acqua calda. Nel frattempo tutta
l'altrettanto sacrosanta resistenza dei paesi dell'Africa australe contro i
cereali Gm rischia di essere un'altra di quelle battaglie di retroguardia
che - a differenza delle Termopili e di Roncisvalle - si rivelano inutili,
semplicemente perché il nemico era già in casa: infatti uno dei maggiori
produttori al mondo di cibi Gm è il Sudafrica: e si sa che la dispersione
delle sementi attraverso il vento e gli uccelli non è ostacolata dai posti
di confine delle frontiere umane.