[Nonviolenza] Telegrammi. 4913



TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4913 del primo agosto 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com, sito: https://lists.peacelink.it/nonviolenza/

Sommario di questo numero:
1. Lea Melandri: Non e' cronaca nera
2. Umberto De Giovannangeli: "Sdegno e dolore davanti ai corpi nel deserto, domani saranno dimenticati", parla padre Camillo Ripamonti
3. Umberto De Giovannangeli: "Migranti condannati a morte, ma per Piantedosi Tunisi rispetta i diritti umani", parla Silvia Stilli
4. Una minima notizia su Leonard Peltier
5. Una cosa utile per la pace: bloccare la fornitura di armi assassine, con l'azione diretta nonviolenta
6. Una proposta per le elezioni europee del 2024: una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo
7. Segnalazioni librarie
8. La "Carta" del Movimento Nonviolento
9. Per saperne di piu'

1. L'ORA. LEA MELANDRI: NON E' CRONACA NERA
[Dal sito di "Comune-info" riprendiamo e diffondiamo questo intervento del 29 luglio 2023]

Cologno Monzese, Rovereto, Pozzuoli: tre femminicidi nelle ultime ventiquattro ore ma per l'informazione nostrana la violenza maschile sulle donne passa sempre come casi di cronaca nera. Non una parola in piu', un piccolo cenno di stupore o di sgomento di fronte a uomini che uccidono donne con le quali hanno avuto rapporti intimi, non una domanda sull'annodamento perverso tra quello che abbiamo chiamato finora amore e un potere maschile di vita e di morte.
L'omertoso silenzio della politica istituzionale e quello dell'informazione e il persistente sessismo restano dominanti.
Non ci sono alternative: bisogna andare alla radice, a quella che io chiamo violenza d'origine - quella differenziazione che ha da sempre diviso e contrapposto maschio e femmina, identificando le donne con la maternita', l'uomo col pensiero e la storia. Un fenomeno che attraversa i secoli: il patriarcato assume forme diverse, ma si presenta sempre, al di la' del momento e del contesto storico. Il dominio maschile cerca sempre di riaffermarsi. Insomma il sessismo, per essere messo in discussione, va pensato come fenomeno di fondo.
Ma e' molto difficile mettere un argine al sessismo quando, a partire dalla classe politica, si chiude a qualsiasi ipotesi di cambiamento. Basti pensare, solo per fare qualche esempio, alla levata di scudi contro il disegno di legge Zan, osteggiato anche a colpi di fake news, che alla fine lo ha fatto naufragare.
Negli ultimi anni in Italia c'e' stato un ritorno in forza dei valori tradizionali: la famiglia, la maternita', la patria. Non ci stiamo interrogando sul perche' abbiano cosi' tanto consenso. Perche' nel senso comune esiste purtroppo la normalita' della gerarchia, del rapporto tra i sessi e della violenza. Tutto questo andrebbe affrontato a partire dalla scuola e dall'educazione. E proprio l'educazione deve tenere conto di quello che ereditiamo inconsciamente dal passato. Perche' quando parliamo di femminicidi parliamo di normalita'. Quando sentiamo dire "era un uomo mite", si', puo' essere; ma quando si rompe l'equilibrio di cio' che quell'uomo mite riteneva normale, esplode una violenza che appare sempre "inaspettata".

2. DOCUMENTAZIONE. UMBERTO DE GIOVANNANGELI: "SDEGNO E DOLORE DAVANTI AI CORPI NEL DESERTO, DOMANI SARANNO DIMENTICATI", PARLA PADRE CAMILLO RIPAMONTI
[Dal sito de "L'Unita'" riprendiamo e diffondiamo questa intervista del 29 luglio 2023]

Il suo e' un j'accuse possente: "Tutti hanno giustamente e prontamente denunciato l'azione della Russia di sottrarsi all'accordo sul grano come mossa "cinica, crudele e disumana", che avra' come conseguenza il rischio di affamare l'Africa e di far alzare notevolmente i prezzi dei cereali. Eppure la stessa lucidita' di giudizio non sembra aver caratterizzato l'UE e l'Italia in occasione della firma del memorandum con la Tunisia, che nella parte che riguarda i migranti di fatto consegna migliaia di uomini, donne e bambini a uno Stato terzo, senza nessuna garanzia sui diritti umani, anzi pur avendo evidenza del loro mancato rispetto all'interno del Paese. Una storia che ormai si ripete: dal memorandum con la Libia all'accordo con la Turchia, hanno avuto come effetto cinico, crudele e disumano di bloccare, rendere piu' pericolosi e spesso tragici i viaggi di decine di migliaia di persone. Non e' vera la giustificazione data per la realizzazione di tali accordi, cioe' l'azione dissuasiva e regolatoria dei flussi migratori. E' vero invece che quello che vediamo con chiarezza nel comportamento di altri Stati dovrebbe definire anche tali accordi per quello che in realta' sono: interessati, cinici e spesso disumani". A sostenerlo e' padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati.
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- Padre Ripamonti, le immagini dei civili, donne, uomini, bambini, morti di stenti nel deserto tra la Tunisia e la Libia chiamano in causa le responsabilita' dei governi e dell'Europa. L'Unita' ne ha fatto una mission editoriale.
- E' meritorio non chiudere gli occhi o relegare ai margini dell'informazione tragedie umanitarie di questa portata e ricorrenza. Di fronte a queste immagini c'e' solo sdegno che riguarda anche i governi europei. Non vedo altri termini piu' idonei nel valutare scelte come quella compiuta dall'Unione Europea di dar vita a un memorandum come quello con la Tunisia, addirittura preso a modello da replicare in altri possibili accordi in Africa. Accordi che non vengono minimamente vincolati al rispetto dei diritti umani. Queste immagini strazianti dimostrano tragicamente che i diritti umani vengono calpestati, negati, e che la centralita' della persona non e' garantita, anche se a parole si dice che questi diritti sono garantiti. Nulla di piu' falso. Per tornare a quelle immagini agghiaccianti: si tratta di persone di origine sub-sahariana espulse dalle autorita' tunisine. Abbandonati senza acqua, cibo o riparo a temperature che superano i 50 gradi, hanno camminato per chilometri prima di soccombere per lo stremo. Ennesima tragedia dovuta all'accordo di esternalizzazione firmato dall'Unione Europea con la Tunisia. Si susseguono le immagini di uomini, donne, bambini abbandonati nel deserto. Prima una mamma abbracciata alla figlia di sei anni, poi un padre stretto al figlio. Salvare vite umane e' un imperativo inderogabile degli Stati. Le politiche di chiusura dei confini non possono essere considerate politiche di gestione dei flussi migratori perche' in questi anni sono state strumenti di morte per troppi esseri umani. Sdegno, dolore e anche un'amara consapevolezza...
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- Quale, padre Ripamonti?
- Abbiamo gia' visto in passato che certe immagini colpiscono al momento ma non rimangono indelebili nella nostra memoria e non ci spingono a un cambio di orizzonte e di prospettiva. Anzi, l'Unione Europea facendo i propri interessi cerca di bloccare le persone in Paesi terzi che non rispettano i diritti umani.
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- L'Europa-fortezza, l'Europa che esclude. L'Europa mossa da un'ossessione che si fa politica: esternalizzare le frontiere.
- La conferenza che c'e' stata domenica scorsa a Roma ha messo in evidenza che la questione migratoria e' questione molto piu' complessa. Pero' poi alla fine quello che risulta essere immediato e necessario, una sorta di imperativo categorico, e' bloccare le persone. Al di la' di prese di posizione in cui si afferma che i processi sono lunghi, che s'investira' anche sulle cause dei fenomeni, alla fine ci si concentra sull'esternalizzazione dei confini che poi e' quello che interessa davvero. Non fare arrivare le persone in Europa. Resta questo il vero obiettivo dell'Unione Europea. Si dice: non farle arrivare in modo illegale affidandole ai trafficanti, ma in realta' quello che s'intende e' non farle arrivare comunque, cercando in qualche modo di regolamentare invece i flussi legati al lavoro. Bloccare alcune persone e farne arrivare delle altre, selezionandole.
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- Decine di rapporti Onu e delle piu' importanti associazioni che monitorano il rispetto dei diritti umani, centinaia di testimonianze di sopravvissuti, non hanno smosso il ministro dell'Interno Piantedosi dalla sua convinzione, ribadita in una recentissima intervista, che la Tunisia rispetta i diritti umani.
- Alla prova dei fatti abbiamo visto che queste persone muoiono perche' respinte ai confini desertici tra Tunisia e Libia. Queste immagini agghiaccianti contraddicono questa assunzione a parole del rispetto dei diritti umani. Ma sapevamo gia' prima di queste immagini che la Tunisia aveva respinto centinaia se non migliaia di migranti verso la Libia, nel deserto, lasciandoli in balia di se stessi. Lo stesso era successo con la Libia. Si firmano accordi, li si reiterano nel tempo, senza esigere immediatamente garanzie sui diritti, e nei mesi e anni successivi si ha evidenza continua di questo mancato rispetto dei diritti umani. Questo e' accaduto con la Libia, questo sta accadendo ora con la Tunisia. Il perseverare e' diabolico, verrebbe da dire. Cosi' come e' gia' successo con la Turchia di Erdogan e con la Libia delle milizie, l'UE, per cercare di contenere gli arrivi sulle coste italiane e d'Europa, finanzia un regime che ha cancellato le garanzie democratiche al proprio interno. E lo fa senza porre alcuna concreta condizionalita' sul rispetto dei diritti umani fondamentali, come dimostrano i recenti fatti che hanno visto accadere nel Paese una vera e propria caccia allo straniero nei confronti dei migranti sub-sahariani, e deportare illegalmente ai confini con la Libia e con l'Algeria centinaia di persone in transito verso l'Europa, causando la morte di molte di loro, incluse donne e bambini, e violando quel diritto internazionale che lo stesso Memorandum richiama.
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- Resta al fondo l'idea, la visione dei migranti come minaccia e non come ricchezza per le nostre societa'.
- Per tanto tempo i migranti sono stati strumentalizzati a fini politici per ottenere dei vantaggi elettorali. In questo momento siamo in una situazione in cui emerge la necessita' concreta a livello europeo della presenza di migranti che vadano a rinfoltire le fila per il lavoro. Pero' non si vuole contraddire quello che si e' detto fino a ieri sui migranti. Quindi si crea questo cortocircuito in cui i migranti sarebbero utili a noi pero' non quelli che arrivano in modo irregolare. Ma sotto sotto si nasconde questa visione del migrante non nella sua dignita', come persona, si puo' farlo arrivare solo se e' simile a noi, se ci puo' essere utile. Questo uso strumentale delle persone e' del tutto inaccettabile.
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- Che fare allora?
- Bisogna assolutamente uscire da questa prospettiva e considerare i migranti come persone, come risorse per le nostre societa', non soltanto in una accezione utilitaristica, per il lavoro che potrebbero svolgere, ma per la ricchezza della loro appartenenza culturale, appartenenza religiosa, che puo' arricchire le nostre societa'. Dobbiamo cambiare la prospettiva. Non prendere quelli che vogliamo, come vogliamo, quasi fossimo in una sorta di grande supermercato umano planetario, ma pensare a un futuro condiviso, nel quale queste persone si siedono al tavolo con noi nelle nostre societa' e immaginano con noi il futuro.
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- In un suo bel libro, lei ha messo un accento allarmato sulla "globalizzazione dell'indifferenza".
- Dieci anni fa, in occasione del suo primo viaggio a Lampedusa, papa Francesco uso' questa espressione, la "globalizzazione dell'indifferenza". A distanza di dieci anni, non possiamo che raccogliere i frutti, purtroppo tristi, amari, dolorosi, di questa indifferenza. Siamo ancora a piangere delle persone morte nel deserto, respinte brutalmente, perche' non si vuole riconoscerle come esseri umani. Se questa non e' "globalizzazione dell'indifferenza", allora ditemi di cosa si tratta.
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- Si insiste sul concetto di sicurezza, quasi sempre in termini "securitari", e quasi mai sui concetti di legalita' e inclusione. Perche', padre Ripamonti?
- Credo perche' nel corso degli anni abbiamo vincolato il discorso migratorio a un discorso politico funzionale al consenso elettorale. Bisognava identificare un nemico, fomentare nelle persone la paura e l'odio verso questo nemico, il migrante. Un bersaglio di comodo per quella politica che sull'odio e la paura cercava voti. Io identifico chi e' il nemico. E il nemico e' il migrante, magari islamico e alimento la paura verso questa persona. E cosi' costruisco retoricamente il mio discorso politico per finalita' elettorali intorno a questo nemico. Uscire da questo discorso diventa sempre piu' difficile. Sono piu' di venti-trent'anni che si alimenta questa narrazione distorta, tanto da essere entrata nell'immaginario collettivo. Bisognerebbe smontare dal punto di vista culturale questa costruzione e riprendere il discorso da una visione del migrante come una persona che viene da un altro luogo e porta delle novita' rispetto al contesto nel quale andra' a collocarsi, e questa novita' puo' essere di giovamento anche per le nostre societa'. La diversita' va intesa come ricchezza, come fondamento dell'inclusione. L'umanitarismo e' la nostra ancora di salvezza.

3. DOCUMENTAZIONE. UMBERTO DE GIOVANNANGELI: "MIGRANTI CONDANNATI A MORTE, MA PER PIANTEDOSI TUNISI RISPETTA I DIRITTI UMANI", PARLA SILVIA STILLI
[Dal sito de "L'Unita'" riprendiamo e diffondiamo questa intervista del 27 luglio 2023]

- Silvia Stilli, da Presidente dell'Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarieta' internazionale (AOI), che rappresenta piu' di 500 organizzazioni non governative, interne e internazionali, quale giudizio da' della Conferenza di Roma sulle migrazioni?
- La premier Meloni ha parlato di "orgoglio nazionale" per la sua riuscita. La conferenza internazionale di Roma su migrazioni e sviluppo, fortemente voluta dalla premier Meloni, ha avuto secondo me un unico merito, tutto nel titolo: come le ong da tempo chiedono e non da sole, ha collegato il tema migratorio a quello dell'aiuto per lo sviluppo. Qui mi fermo. Perche' le criticita' di quel pomeriggio alla Farnesina sono tante.
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- Quali?
- La Conferenza e' seguita alla firma del Memorandum UE-Tunisia della settimana precedente. A Tunisi la Presidente della Commissione Europea Von der Leyen ha invitato Giorgia Meloni e il presidente olandese, dimissionario, Mark Rutte, ma non c'erano Francia e Germania, Paesi assai interessati dalle conseguenze dei flussi migratori. Gli stessi che non erano presenti a Roma domenica scorsa. Si continua a far finta che i migranti raggiungano l'Italia per restare: la stragrande maggioranza di loro non l'ha scelta come meta ultima, ma per guadagnare un ingresso in Europa. Il summit di Roma e' stato disertato da Khalifa Haftar, ex ufficiale dell'esercito di Gheddafi, leader libico che controlla la Cirenaica, penisola da cui partono un grande numero di imbarcazioni della morte in mano ai Signori della tratta di esseri umani. Il mantra del Governo Meloni e' l'esternalizzazione delle frontiere verso l'Africa per bloccare i flussi migratori. E adesso, dopo Tunisi e Roma, e' chiaro che e' priorita' assoluta anche nelle relazioni internazionali di Bruxelles con l'Africa. Almeno e' esplicito e chiaro. E nel nome dell'esternalizzazione delle frontiere per bloccare la gente che fugge per mare si puo' anche tollerare la violazione dei diritti umani in alcuni Paesi partner. Tutto questo va bene al gruppo di Visegrad, ma davvero cosa diranno Francia e Germania?
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- La presidente del Consiglio ha esaltato il Memorandum d'Intesa Europa-Tunisia come un "modello" da perseguire.
- In vista della Conferenza di Roma e a seguito del Memorandum UE-Tunisia sono stati pubblicati alcuni appelli da parte di reti di Ong e organizzazioni impegnate per la tutela dei diritti umani europee, egiziane e tunisine: ARCI, AOI, Amnesty Italia, Egypte Wide for Human Rights, Tunisian Forum for Social Economic Rights, per citarne alcune. A risponderci, indirettamente, dopo la Conferenza e' stato il ministro Piantedosi con una intervista a La Stampa nella quale ha sostenuto convintamente che la Tunisia rispetta i diritti umani! Il 16 luglio la firma del memorandum UE-Tunisia si e' conclusa con un risultato non esaltante per l'UE, che di fatto non ha ottenuto l'impegno del Presidente Kais Saied per una zona SAR nella vicinanza delle coste libiche. Il respingimento di migranti irregolari verso la Tunisia prevede nell'accordo solo il rimpatrio da parte del governo di Saied di cittadini tunisini. In sintesi, e' stato fatto un grande favore al Presidente tunisino, assurto a prioritario interlocutore dell'Europa nel Nord Africa. L'Europa non ha chiesto a Saied una risposta sulle ragioni della deportazione di centinaia di persone provenienti dai Paesi africani al confine con Libia ed Algeria, condannate a morte pressoche' certa, tra cui molte donne e minori. Il Parlamento europeo, purtroppo ormai in scadenza e da settembre in piena campagna elettorale, deve pretendere la restituzione di Tunisi e Roma dalla Von der Leyen e aprire un confronto. Il dissidente tunisino Omar Fassatoui, politologo ed esperto dei diritti umani di fatto esule in Francia, ricorda che le Nazioni Unite hanno condannato come xenofobe le posizioni espresse da Saïed nella difesa delle violenze razziste della popolazione tunisina verso i migranti. Lo ripeto, stiamo parlando, come prioritari interlocutori dell'UE, di Paesi tutt'altro che democratici, cioe' di Egitto, Tunisia e Libia.
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- Altro must governativo, riproposto nella Conferenza di Roma, e' il cosiddetto "Piano Mattei" per l'Africa.
- Nella Conferenza di Roma il motto "Aiutiamoli a casa loro" si e' concretizzato nella scelta di una cooperazione bilaterale governativa che elargisce fondi alle classi dirigenti africane senza vincolo di impegno a predefinire priorita' specifiche. Non e' un tipo di aiuto che rafforza lo sviluppo delle comunita', garantisce l'ownership democratica, evita la corruzione e qualifica l'efficacia di programmi e progetti verso la sostenibilita' ambientale, economica e sociale. Al centro c'e' l'esternalizzazione delle frontiere europee oltre il Nord Africa, nell'enfatizzazione del ruolo della cooperazione tra le forze di polizia per bloccare i flussi cosiddetti irregolari. L'Africa post pandemia e a seguito della piu' recente crisi del grano dovuta al conflitto russo-ucraino e' ulteriormente indebitata, affamata e impoverita. E' insanguinata da terrorismo e conflitti. Ha bisogno di essere autosufficiente in tempi non memorabili: serve subito la cancellazione del debito internazionale, vincolata a politiche e misure urgenti per l'educazione, le emergenze sociali e sanitarie, l'empowerment delle donne e il sostegno allo sviluppo economico comunitario, quest'ultimo vero baluardo contro il land grabbing (l'"accaparramento di terre" ndr) e i conflitti. L'Africa ha bisogno di un gettito finanziario che le permetta di istituire Banche di Sviluppo locali in grado di garantire investimenti per la sostenibilita'. L'aiuto internazionale deve coinvolgere la societa' civile nella costruzione delle politiche per lo sviluppo; i programmi devono avere obiettivi strategici e non essere interventi spot; la cooperazione scientifica e tecnologica e' centrale. Il destino dell'Africa non puo' essere ancora una volta disegnato da interessi di altri che arricchiscono classi dirigenti nazionali corrotte.

4. REPETITA IUVANT. UNA MINIMA NOTIZIA SU LEONARD PELTIER

Leonard Peltier nasce a Grand Forks, nel North Dakota, il 12 settembre 1944.
Nell'infanzia, nell'adolescenza e nella prima giovinezza subisce pressoche' tutte le vessazioni, tutte le umiliazioni, tutti i traumi e l'emarginazione che il potere razzista bianco infligge ai nativi americani. Nella sua autobiografia questo processo di brutale alienazione ed inferiorizzazione e' descritto in pagine profonde e commoventi.
Nei primi anni Settanta incontra l'American Indian Movement (Aim), fondato nel 1968 proprio per difendere i diritti e restituire coscienza della propria dignita' ai nativi americani; e con l'impegno nell'Aim riscopre l'orgoglio di essere indiano - la propria identita', il valore della propria cultura, e quindi la lotta per la riconquista dei diritti del proprio popolo e di tutti i popoli oppressi.
Partecipa nel 1972 al "Sentiero dei trattati infranti", la carovana di migliaia di indiani che attraversa gli Stati Uniti e si conclude a Washington con la presentazione delle rivendicazioni contenute nel documento detto dei "Venti punti" che il governo Nixon non degna di considerazione, e con l'occupazione del Bureau of Indian Affairs.
Dopo l'occupazione nel 1973 da parte dell'Aim di Wounded Knee (il luogo del massacro del 1890 assurto a simbolo della memoria del genocidio delle popolazioni native commesso dal potere razzista e colonialista bianco)  nella riserva di Pine Ridge - in cui Wounded Knee si trova - si scatena la repressione: i nativi tradizionalisti ed i militanti dell'Aim unitisi a loro nel rivendicare l'identita', la dignita' e i diritti degli indiani, vengono perseguitati e massacrati dagli squadroni della morte del corrotto presidente del consiglio tribale Dick Wilson: uno stillicidio di assassinii in cui i sicari della polizia privata di Wilson (i famigerati "Goons") sono favoreggiati dall'Fbi che ha deciso di perseguitare l'Aim ed eliminarne i militanti con qualunque mezzo.
Nel 1975 per difendersi dalle continue aggressioni dei Goons di Wilson, alcuni residenti tradizionalisti chiedono l'aiuto dell'Aim, un cui gruppo di militanti viene ospitato nel ranch della famiglia Jumping Bull in cui organizza un campo di spiritualita'.
Proprio in quel lasso di tempo Dick Wilson sta anche trattando in segreto la cessione di una consistente parte del territorio della riserva alle compagnie minerarie.
Il 26 giugno 1975 avviene l'"incidente a Oglala", ovvero la sparatoria scatenata dall'Fbi che si conclude con la morte di due agenti dell'Fbi, Jack Coler e Ronald Williams, e di un giovane militante dell'Aim, Joe Stuntz, e la successiva fuga dei militanti dell'Aim superstiti guidati da Leonard Peltier che riescono ad eludere l'accerchiamento da parte dell'Fbi e degli squadroni della morte di Wilson.
Mentre nessuna inchiesta viene aperta sulla morte della giovane vittima indiana della sparatoria, cosi' come nessuna adeguata inchiesta era stata aperta sulle morti degli altri nativi assassinati nei mesi e negli anni precedenti da parte dei Goons, l'Fbi scatena una vasta e accanita caccia all'uomo per vendicare la morte dei suoi due agenti: in un primo momento vengono imputati dell'uccisione dei due agenti quattro persone: Jimmy Eagle, Dino Butler, Leonard Peltier e Bob Robideau.
Dino Butler e Bob Robideau vengono arrestati non molto tempo dopo, processati a Rapid City ed assolti perche' viene loro riconosciuta la legittima difesa.
A quel punto l'Fbi decide di rinunciare a perseguire Jimmy Eagle e di concentrare le accuse su Leonard Peltier, che nel frattempo e' riuscito a riparare in Canada; li' viene arrestato ed estradato negli Usa sulla base di due affidavit di una "testimone" che lo accusano menzogneramente del duplice omicidio; la cosiddetta "testimone" successivamente rivelera' di essere stata costretta dall'Fbi a dichiarare e sottoscrivere quelle flagranti falsita'.
Peltier viene processato non a Rapid City come i suoi compagni gia' assolti per legittima difesa ma a Fargo, da una giuria di soli bianchi, in un contesto razzista fomentato dall'Fbi.
Viene condannato a due ergastoli nonostante sia ormai evidente che le testimonianze contro di lui erano false, estorte ai testimoni dall'Fbi con gravi minacce, e nonostante che le cosiddette prove contro di lui fossero altrettanto false.
Successivamente infatti, grazie al Freedom of Information Act, fu possibile accedere a documenti che l'Fbi aveva tenuto nascosti e scoprire che non era affatto il cosiddetto "fucile di Peltier" ad aver ucciso i due agenti.
In carcere, si organizza un tentativo di ucciderlo, che viene sventato in modo rocambolesco; ma anche se riesce a salvarsi la vita Leonard Peltier viene sottoposto a un regime particolarmente vessatorio e le sue condizioni di salute ben presto si aggravano.
Tuttavia anche dal carcere, anche in condizioni di particolare durezza, Leonard Peltier riesce a svolgere un'intensa attivita' di testimonianza, di sensibilizzazione, di militanza, finanche di beneficenza; un'attivita' non solo di riflessione e d'impegno morale, sociale e politico, ma anche artistica e letteraria; nel corso degli anni diventa sempre piu' un punto di riferimento in tutto il mondo, come lo fu Nelson Mandela negli anni di prigionia nelle carceri del regime dell'apartheid.
La sua liberazione viene chiesta da illustri personalita', ma e' costantemente negata da parte di chi ha il potere di concederla. Analogamente la richiesta di un nuovo pronunciamento giudiziario e' sempre respinta, cosi' come gli vengono negate tutte le altre guarentigie riconosciute a tutti i detenuti.
Nel 1983 e poi in seconda edizione nel 1991 viene pubblicato il libro di Peter Matthiessen che fa piena luce sulla persecuzione subita da Leonard Peltier.
Nel 1999 viene pubblicata l'autobiografia di Leonard Peltier (presto tradotta anche in francese, italiano, spagnolo e tedesco).
Ma nei primi anni Duemila il processo per la tragica morte di un'altra militante del'Aim, Anna Mae Aquash, viene strumentalizzato dall'Fbi per orchestrare una nuova squallida e grottesca campagna diffamatoria e persecutoria nei confronti di Leonard Peltier. E nel 2009 un agente speciale che aveva avuto un ruolo fondamentale nella "guerra sporca" dell'Fbi contro l'Aim, Joseph Trimbach, da' alle stampe un libro che e' una vera e propria "summa" delle accuse contro Leonard Peltier.
Tuttavia e' ormai chiarissimo che Peltier e' innocente, e la prova definitiva dell'innocenza la da' proprio il libro di Trimbach: in quest'opera il cui scopo dichiarato e' dimostrare che l'Aim e' nient'altro che un'organizzazione criminale e terroristica, e che Leonard Peltier e' nient'altro che un efferato assassino, l'autore non solo non presenta alcuna vera prova contro Peltier, ma di fatto conferma cosi' che prove contro Peltier non ci sono.
Ma gli anni continuano a passare e la solidarieta' con Leonard Peltier non riesce ad ottenerne la liberazione. Occlusa proditoriamente la via giudiziaria, resta solo la grazia presidenziale, ma quando alcuni presidenti statunitensi lasciano intendere di essere disposti a prendere in considerazione un atto di clemenza che restituirebbe la liberta' a Leonard Peltier la reazione dell'Fbi e' minacciosa. Clinton prima e Obama poi rinunciano. Pavidita' dinanzi alla capacita' di intimidazione anche nei confronti della Casa bianca da parte dell'Fbi?
E giungiamo ad oggi: Leonard Peltier, che e' gia' affetto da gravi patologie, alcuni mesi fa e' stato anche malato di covid: nuovamente chiediamo al presidente degli Stati Uniti che sia liberato e riceva cure adeguate. Non muoia in carcere un uomo innocente, non muoia in carcere un eroico lottatore per i diritti umani di tutti gli esseri umani e per la difesa del mondo vivente.
Leonard Peltier deve essere liberato non solo perche' e' anziano e malato, ma perche' e' innocente.
Una bibliografia essenziale:
- Edda Scozza, Il coraggio d'essere indiano. Leonard Peltier prigioniero degli Stati Uniti, Erre Emme, Pomezia (Roma) 1996 (ora Roberto Massari Editore, Bolsena Vt).
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
- Jim Messerschmidt, The Trial of Leonard Peltier, South End Press, Cambridge, MA, 1983, 1989, 2002 (disponibile in edizione digitale nel sito dell'"International Leonard Peltier Defense Committee": www.whoisleonardpeltier.info)-
- Bruce E. Johansen, Encyclopedia of the American Indian Movement, Greenwood, Santa Barbara - Denver - Oxford, 2013 e piu' volte ristampata.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, Agents of Repression: The FBI's Secret Wars Against the Black Panther Party and the American Indian Movement, South End Press, Boulder, Colorado, 1988, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Ward Churchill e Jim Vander Wall, The COINTELPRO Papers: Documents from the FBI's Secret Wars Against Dissent in the United States, South End Press, Boulder, Colorado, 1990, 2002, Black Classic Press, Baltimore 2022.
- Joseph H. Trimbach e John M. Trimbach, American Indian Mafia. An FBI Agent's True Story About Wounded Knee, Leonard Peltier, and the American Indian Movement (AIM), Outskirts Press, Denver 2009.
- Roxanne Dunbar-Ortiz, An Indigenous Peoples' History of the United States, Beacon Press, Boston 2014.
- Dick Bancroft e Laura Waterman Wittstock, We Are Still Here. A photographic history of the American Indian Movement, Minnesota Historical Society Press, 2013.
- Michael Koch e Michael Schiffmann, Ein leben fur Freiheit. Leonard Peltier und der indianische Widerstand, TraumFaenger Verlag, Hohenthann 2016.

5. REPETITA IUVANT. UNA COSA UTILE PER LA PACE: BLOCCARE LA FORNITURA DI ARMI ASSASSINE, CON L'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

Ovviamente apprezzando e sostenendo le molte iniziative gia' in corso (e soprattutto quelle che concretamente recano aiuti umanitari e soccorrono, accolgono e assistono tutte le vittime e tutte le persone che dalla guerra fuggono e alla guerra si oppongono), vorremmo aggiungere una cosa da fare che ci sembra utile piu' di ogni altra per contribuire da qui, in Italia, a far cessare le stragi in Ucraina: bloccare la fornitura di armi assassine.
E per bloccare la fornitura di armi assassine occorre bloccare con specifiche e adeguate azioni dirette nonviolente le fabbriche di armi, i depositi di armi, i trasporti di armi, i centri decisionali e le strutture tecniche che le forniture di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Fornire armi assassine dove e' in corso una guerra significa partecipare a quella guerra, cosa esplicitamente vietata dall'articolo 11 della Costituzione della Repubblica italiana.
Non vi e' infatti alcun dubbio che fornire armi assassine dove una guerra e' in corso e dove quindi esse vengono usate per uccidere degli esseri umani (e tutte le armi sono usate sempre e solo per uccidere) significa partecipare alla guerra e alle stragi di cui essa consiste, e il citato articolo 11 della Costituzione e' chiarissimo e inequivocabile al riguardo, aprendosi con queste precise parole: "L'Italia ripudia la guerra".
Pertanto, un governo italiano che decide di fornire armi assassine a un paese in guerra e' ipso facto in contrasto con la Costituzione cui ha giurato fedelta', ed e' quindi un governo fuorilegge, criminale, golpista. E chiunque in Italia cooperasse all'invio di armi assassine, o l'invio di armi assassine consentisse, sarebbe parimenti criminale.
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E' quindi diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi all'invio di armi assassine dove una guerra e' in corso.
Cosi' come e' diritto e dovere di ogni cittadino italiano opporsi a un governo golpista e a chiunque coopera alla commissione di stragi.
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Come e' possibile contrastare questo crimine?
Come e' possibile fare qualcosa di concreto per salvare le vite di coloro che la guerra - che quelle armi assassine alimentano - uccide?
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi le fabbriche, i depositi, i trasporti di armi.
E' possibile con l'azione diretta nonviolenta che blocchi i centri decisionali e le strutture tecniche che quell'invio di armi assassine organizzano ed eseguono.
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Naturalmente occorre:
a) individuare tutti i luoghi da bloccare ed organizzare adeguatamente il blocco della scellerata attivita' finalizzata all'invio di armi assassine ovvero all'uccisione di esseri umani;
b) formare adeguatamente le persone di volonta' buona disponibili a partecipare a tali azioni dirette nonviolente.
La nonviolenza infatti richiede una specifica accurata preparazione e una completa conoscenza e consapevolezza del significato e delle conseguenze delle proprie azioni, che essendo non simboliche ma concrete espongono chi le esegue alle ovvie rappresaglie da parte dei poteri la cui azione criminale si vuole impedire.
La nonviolenza infatti, nel suo impegno per salvare tutte le vite, richiede una rigorosa coerenza tra i mezzi e i fini, una piena coscienza delle personali sofferenze cui si puo' andare incontro, una nitida disponibilita' ad accettare di subire torti e persecuzioni senza reagire, a subire violenza senza opporre violenza.
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A oltre un anno dall'inizio della guerra in Ucraina scatenata dall'invasione militare per volonta' del folle e criminale autocrate russo, e' ormai chiaro ad ogni persona che tutti i governi attivamente coinvolti nella guerra, che la guerra e le stragi hanno alimentato e tuttora alimentano e che hanno impedito fin qui ogni tregua ed ogni trattativa di pace, non intendono affatto porre fine alle stragi, non intendono affatto salvare le vite umane che ogni giorno la guerra distrugge, ma anzi cooperano alla prosecuzione, all'intensificazione e all'estensione delle uccisioni di esseri umani, ed accrescono il pericolo che la guerra si faccia mondiale e nucleare e possa distruggere l'intera umana famiglia.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per contrastare questo abominevole massacro e il pericolo dell'apocalisse atomica.
Occorre quindi che siano i popoli ad insorgere nonviolentemente per imporre ai governi la cessazione della guerra.
Hic et nunc solo l'azione diretta nonviolenta puo' concretamente contribuire a fermare le stragi e ad imporre ai governi di cessare il fuoco e avviare trattative di pace.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

6. REPETITA IUVANT. UNA PROPOSTA PER LE ELEZIONI EUROPEE DEL 2024: UNA LISTA NONVIOLENTA PER LA PACE E CONTRO IL RAZZISMO

Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
La politica dell'Unione Europea e' oggi caratterizzata da due orrori.
Il primo: la persecuzione dei migranti: col sostegno alle dittature che li imprigionano in condizioni disumane; con l'appalto ai poteri mafiosi in regime di monopolio della mobilita' per chi e' in fuga da guerre, dittature, fame e miseria; con la reclusione nei lager sia nei paesi di transito che in Europa; con la strage degli innocenti nel Mediterraneo; con lo schiavismo e l'apartheid in Europa. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
Il secondo: il sostegno alla prosecuzione della guerra in Ucraina che ogni giorno provoca altre stragi: con l'incessante fornitura di armi si alimenta la guerra e s'impedisce l'avvio di trattative di pace, e si contribuisce cosi' sia alla prosecuzione dello sterminio della popolazione ucraina vittima della guerra, sia all'escalation verso una guerra atomica che puo' mettere fine all'intera umanita'. Tutti i governi dei paesi dell'Unione Europea, e con essi i vertici delle istituzioni politiche europee, sono complici in questo flagrante crimine contro l'umanita'.
I vertici dell'Unione Europea si sono peraltro ormai completamente prostituiti alla Nato, l'organizzazione terrorista e stragista che per conto del governo razzista e imperialista degli Stati Uniti d'America opera, dalla fine della Guerra fredda e con sempre maggiore intensita' ed accelerazione, per destabilizzare, asservire o distruggere non solo singole parti del continente europeo ma l'Europa intera. Abolire la Nato e' palesemente l'urgenza delle urgenze per dare all'Europa un futuro di pace.
Il Parlamento Europeo potrebbe e dovrebbe operare per la pace e in difesa dei diritti umani di tutti gli esseri umani e per la salvaguardia della biosfera, ma attualmente e' anch'esso complice della furia razzista e della furia bellica che si e' incistata nei governi dei paesi europei e nei vertici di tutte le istituzioni politiche europee.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
E l'Italia rischia di essere rappresentata unicamente da partiti fascisti, razzisti e bellicisti.
Esplicitamente fascista, razzista, bellicista ed ecocida e' tutta l'area governativa italiana.
Razzista si e' dimostrato il partito grillino, che durante la prima esperienza di governo ha condiviso e sostenuto la scellerata politica di brutale persecuzione dei migranti da parte del capo leghista che di quel governo era vicepresidente, ministro e magna pars.
Tragicamente bellicista e' il Pd (e quindi di fatto anche coloro che ad esso subalterni con esso si alleano e che pertanto al di la' del velame dei vaniloquenti proclami portano voti al partito della guerra in cambio di qualche scranno e prebenda).
Questa la triste e trista situazione.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Che fare, quindi?
Io credo che occorra costruire una lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo.
Nonviolenta: che cioe' faccia della scelta della nonviolenza la discriminante fondamentale. La nonviolenza essendo l'unica lotta nitida e intransigente, concreta e coerente, contro tutte le violenze e le oppressioni; la nonviolenza essendo il fondamentale strumento teorico e pratico a disposizione della lotta del movimento delle oppresse e degli oppressi per la liberazione dell'umanita' e la salvaguardia dell'intero mondo vivente.
Per la pace: e quindi per il disarmo integrale e l'integrale smilitarizzazione dei conflitti, dei territori, delle societa', delle culture.
Contro il razzismo: e quindi per il pieno riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti gli esseri umani, poiche' siamo una sola famiglia umana in un unico mondo vivente.
E dire lista nonviolenta per la pace e contro il razzismo significa dire una lista femminista ed ecologista, socialista e libertaria, delle classi sociali sfruttate e rapinate, delle oppresse e degli oppressi.
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Tra meno di un anno, nel giugno 2024, si vota per rinnovare il Parlamento Europeo.
Se vogliamo aprire una riflessione comune e autentica, democratica e partecipata, fra tutte le persone e le esperienze disposte a riconoscersi in una prospettiva nonviolenta, femminista, ecologista, socialista e libertaria, per portare nel Parlamento Europeo la voce delle oppresse e degli oppressi e la lotta per la pace, l'affermazione dei diritti umani di tutti gli esseri umani e la difesa della biosfera, il momento e' adesso.
Prenda la parola ogni persona ed ogni esperienza interessata.
Si promuovano ovunque possibile incontri di riflessione.

7. SEGNALAZIONI LIBRARIE

Letture
- Marco Colombo, I beni confiscati alle mafie, Rcs, Milano 2023, pp. 160, euro 5,99.
- Pasquale Menditto, Il rapimento di Abu Omar, Rcs, Milano 2023, pp. 156, euro 5,99.
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Riedizioni
- Kent Haruf, La strada di casa, Enne Enne, Milano 2020, Rcs, Milano 2023, pp. 198, euro 8,90 (in supplemento al "Corriere della sera").
- Edogawa Ranpo, La strana storia del'isola Panorama, Marsilio, Venezia 2019, Gedi, Torino 2023, pp. 190, euro 8,90 (in supplemento al quotidiano "La Repubblica").

8. DOCUMENTI. LA "CARTA" DEL MOVIMENTO NONVIOLENTO

Il Movimento Nonviolento lavora per l'esclusione della violenza individuale e di gruppo in ogni settore della vita sociale, a livello locale, nazionale e internazionale, e per il superamento dell'apparato di potere che trae alimento dallo spirito di violenza. Per questa via il movimento persegue lo scopo della creazione di una comunita' mondiale senza classi che promuova il libero sviluppo di ciascuno in armonia con il bene di tutti.
Le fondamentali direttrici d'azione del movimento nonviolento sono:
1. l'opposizione integrale alla guerra;
2. la lotta contro lo sfruttamento economico e le ingiustizie sociali, l'oppressione politica ed ogni forma di autoritarismo, di privilegio e di nazionalismo, le discriminazioni legate alla razza, alla provenienza geografica, al sesso e alla religione;
3. lo sviluppo della vita associata nel rispetto di ogni singola cultura, e la creazione di organismi di democrazia dal basso per la diretta e responsabile gestione da parte di tutti del potere, inteso come servizio comunitario;
4. la salvaguardia dei valori di cultura e dell'ambiente naturale, che sono patrimonio prezioso per il presente e per il futuro, e la cui distruzione e contaminazione sono un'altra delle forme di violenza dell'uomo.
Il movimento opera con il solo metodo nonviolento, che implica il rifiuto dell'uccisione e della lesione fisica, dell'odio e della menzogna, dell'impedimento del dialogo e della liberta' di informazione e di critica.
Gli essenziali strumenti di lotta nonviolenta sono: l'esempio, l'educazione, la persuasione, la propaganda, la protesta, lo sciopero, la noncollaborazione, il boicottaggio, la disobbedienza civile, la formazione di organi di governo paralleli.

9. PER SAPERNE DI PIU'

Indichiamo i siti del Movimento Nonviolento: www.nonviolenti.org e www.azionenonviolenta.it ; per contatti: azionenonviolenta at sis.it
Tutti i fascicoli de "La nonviolenza e' in cammino" dal dicembre 2004 possono essere consultati nella rete telematica alla pagina web: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/

TELEGRAMMI DELLA NONVIOLENZA IN CAMMINO
Numero 4913 del primo agosto 2023
Telegrammi quotidiani della nonviolenza in cammino proposti dal "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo a tutte le persone amiche della nonviolenza (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com , sito: http://lists.peacelink.it/nonviolenza/
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