[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 212



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 212 del 31 luglio 2023

In questo numero:
1. Ricordando Marianita De Ambrogio, a due anni dalla scomparsa
2. Poche parole contro la guerra
3. Ancora un appello per la liberazione di Leonard Peltier
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Raccolta fondi per aiutare la Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" a fare fronte ai danni subìti a causa dell'alluvione del 16 e 17 maggio 2023
6. Monica Lanfranco: Perche' dobbiamo temere la nuova religione dell'identita' di genere
7. Giuliana Sgrena: Tunisia, la svolta xenofoba. Dal modello solidale ai pogrom contro i migranti
8. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
9. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
10. Alcuni riferimenti utili
11. Tre tesi
12. Ripetiamo ancora una volta...
13. Valentina Parisi: Wislawa Szymborska, fatui accoppiamenti di realta' inconciliabili, su precari cartoncini

1. MEMORIA. RICORDANDO MARIANITA DE AMBROGIO, A DUE ANNI DALLA SCOMPARSA

Due anni fa ci lasciava Marianita de Ambrogio, storica militante per la pace e la solidarieta' internazionale con i popoli oppressi, luminosa figura delle "donne in nero".
La ricordiamo con gratitudine che non si estingue.

2. HIC ET NUNC. POCHE PAROLE CONTRO LA GUERRA

Tutti coloro che sono a favore della guerra ci facciano un favore: tacciano infine, ed ascoltino il silenzio straziante e abissale delle persone che la guerra ha estinto.
Tutti coloro che sono a favore della guerra ci facciano un favore: tacciano infine, e meditino sul fatto che la guerra sempre e solo consiste dell'uccisione di esseri umani.
Tutti coloro che sono a favore della guerra ci facciano un favore: tacciano infine, e tornino all'umana pieta', all'umana decenza, all'umano sentire e consistere.
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Ogni vittima ha il volto di Abele.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Insorgere occorre contro tutte le uccisioni.

3. REPETITA IUVANT. ANCORA UN APPELLO PER LA LIBERAZIONE DI LEONARD PELTIER

Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni e' in prigione, condannato a vita per un crimine che non ha commesso.
Che non abbia commesso il crimine per cui e' stato condannato e' da molti anni cosa notoria.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "testimonianze" contro di lui erano del tutto false.
E' stato incontrovertibilmente dimostrato che le cosiddette "prove" contro di lui erano del tutto false.
Lo stesso pubblico ministero che lo fece condannare ha successivamente chiesto la sua liberazione.
E la sua liberazione hanno chiesto milioni di persone, tra cui personalita' come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, associazioni umanitarie come Amnesty International, istituzioni come il Parlamento Europeo, la commissione giuridica ad hoc dell'Onu.
Ma Leonard Peltier e' ancora detenuto in un carcere di massima sicurezza, anche se il mondo intero sa che e' un innocente perseguitato, sa che e' un eroe dell'umanita'.
Dal carcere Leonard Peltier ha continuato a lottare per il suo popolo, per l'umanita' intera, per la Madre Terra: con la testimonianza, con la poesia, con la pittura, con opere di bene.
Ora e' vecchio e gravemente malato. Il 12 settembre compira' 79 anni.
E' assurdo che sia ancora in carcere.
E' orribile che sia ancora in carcere.
E' uno scandalo e una vergogna per l'intera umanita' che sia ancora in carcere.
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Ancora una volta chiediamo ad ogni persona di volonta' buona, ad ogni esperienza d'impegno per il bene comune, ad ogni umano istituto che voglia essere fedele al compito di difendere la vita, la dignita' e i diritti degli esseri umani, di far sentire la propria voce, di chiedere ancora una volta che Leonard Peltier sia liberato.
Chiediamo ad ogni persona senziente e pensante, ad ogni esperienza della societa' civile, ad ogni istituzione democratica, di esprimere pubblicamente la richiesta che sia liberato Leonard Peltier.
Chiediamo di scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedere che conceda finalmente la grazia presidenziale che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
Messaggi a tal fine possono essere inviati attraverso la pagina ad hoc del sito della Casa Bianca: www.whitehouse.gov/contact/
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Per una informazione essenziale sulla figura e la vicenda di Leonard Peltier segnaliamo ancora una volta due testi la cui lettura e' indispensabile:
- Peter Matthiessen, In the Spirit of Crazy Horse, 1980, Penguin Books, New York 1992 e successive ristampe; in edizione italiana: Peter Matthiessen, Nello spirito di Cavallo Pazzo, Frassinelli, Milano 1994.
- Leonard Peltier (con la collaborazione di Harvey Arden), Prison writings. My life is my sun dance, St. Martin's Griffin, New York 1999; in edizione italiana: Leonard Peltier, La mia danza del sole. Scritti dalla prigione, Fazi, Roma 2005.
Nella rete telematica e' disponibile in italiano una sintetica esposizione della vicenda di Leonard Peltier con il titolo "Alcune parole per Leonard Peltier".

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. APPELLI. RACCOLTA FONDI PER AIUTARE LA BIBLIOTECA LIBERTARIA "ARMANDO BORGHI" A FARE FRONTE AI DANNI SUBITI A CAUSA DELL'ALLUVIONE DEL 16 E 17 MAGGIO 2023
[Dalla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (e-mail: bibliotecaborghi1916 at gmail.com) riceviamo e diffondiamo con viva solidarieta']

Le inondazioni che il 16 e 17 maggio 2023 hanno colpito molte localita' dell'Emilia Romagna, compresa Castel Bolognese, hanno provocato enormi danni alla Biblioteca Libertaria "Armando Borghi" (in sigla: BLAB).
In questo momento particolarmente difficile della sua vita la BLAB fa appello a tutti coloro che apprezzano la sua attivita'.
Per far fronte ai danni subìti e ripartire serviranno molto lavoro e molti soldi.
Se volete aiutarci a superare questo momento di notevole difficolta', potete inviare un contributo economico fin da ora.
Anche somme modeste possono servire.
Con il vostro aiuto, tutti insieme, ce la possiamo fare.
Per inviare le sottoscrizioni si puo' effettuare un bonifico al conto corrente bancario della BLAB, presso CREDIT AGRICOLE - Agenzia di Castel Bolognese. Il codice IBAN, intestato a Biblioteca Libertaria Armando Borghi - Soc. Coop. e': IT16 C 06230 67530 000030040805

6. RIFLESSIONE. MONICA LANFRANCO: PERCHE' DOBBIAMO TEMERE LA NUOVA RELIGIONE DELL'IDENTITA' DI GENERE
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Micromega"]

In questi giorni Paola Concia si e' espressa molto criticamente su Twitter e in un'intervista su "Il Foglio" contro l'utilizzo di termini neutri per parlare delle donne e dei loro diritti. Cio' che indica e' un problema reale e diffuso in tutto il mondo e che sta indebolendo l'ancora lunga marcia politica del femminismo.
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Il 30 dicembre del 2021 fa scrissi su Micromega una sorta di bilancio di fine anno, provando a ragionare di argomenti politici spinosi sui quali lavorare come attiviste, nel dopo covid. Dopo aver letto l'intervista di qualche giorno fa sul Foglio a Paola Concia, attivista femminista, lesbica ed ex parlamentare nel Pd dal 2008 al 2013, mi ha colpito come, senza esserci parlate, Concia abbia toccato in modo analogo alcuni di quegli stessi temi.
Scrivevo allora: "Comincio con chi insiste a modificare la parola femminismo, come se da sola, priva di suffisso, o al singolare, o senza specifiche aggiuntive fosse incompleta e inadeguata. Perche' non si parla cosi' spesso di socialismi, comunismi, liberalismi, ma e' solo il femminismo che viene nominato plurale? Posto che ovviamente si e' libere di pluralizzare a piacere, domando e mi domando: come mai la visione femminista da sola appaia, per talune, obsoleta, e da qualche tempo vi si anteponga la parola trans, o si trovi necessario aggiungere intersezionale? Ho il dubbio (e spero di sbagliare), che in noi femministe, in quanto donne (persino le piu' salde e avvertite), scatti un atavico meccanismo di oblativita' compulsiva, che nel caso del termine transfemminismo intenda modificare, non sono certa se in modo davvero inclusivo quanto piuttosto deviante, un percorso politico ancora molto lungo e bisognoso di focalizzazione. Restando sempre sulle parole (che nel 1955 Carlo Levi definiva "pietre", con immagine quanto mai fondativa per chi fa cultura e politica) vorrei fare un cenno al casus belli provocato dall'improvviso disagio nel pronunciare il sostantivo donna (al suo posto sarebbe piu' corretto, si dice in alcuni ambienti per non offendere, usare la locuzione persona con le mestruazioni, gia' adottata sulle confezioni di assorbenti in Inghilterra) e alla difficolta' a nominare il femminile, una pratica che la maestra Lidia Menapace diceva di primaria importanza politica perche' "essere nominate significa esistere". In alcuni ambienti femministi la soluzione trovata per la scrittura sarebbe quella di usare il segno grafico schwa. Peccato: avevamo da pochissimo iniziato a sessuare il linguaggio, a nominarlo questo femminile cosi' scomodo, a prezzo di fatiche immani sia nelle redazioni giornalistiche cosi' come nella scuola e nelle conversazioni pubbliche, ed ecco che al neutro maschile patriarcale che cancellava le donne si sostituisce una nuova forma di obsolescenza, ma questa volta con la benedizione di alcune femministe e di parte del movimento omosessuale. Come e' possibile che l'inclusione e la lotta contro la discriminazione risulti essere strumento di rimozione delle donne e della differenza sessuale da parte di pezzi del movimento femminista? E come e' successo che mettere al centro del dibattito politico la prima differenza umana, quella sessuale, attira odio e persino persecuzioni, come nel caso della scrittrice J.K. Rowling?".
A due anni di distanza, oggi, Concia affronta un nuovo casus belli: questa volta si tratta di un manifesto dei Radicali italiani che invita a firmare a favore di una legge per l'aborto libero, (vecchio cavallo di battaglia dei radicali negli anni '70) che questo volta diventa legge per tutt*, e, nel nome della "transinclusivita'" si suggerisce che nell'articolo 17 comma 2 della attuale legge 194 la parola "donna" venga sostituita con il termine "persona gestante". "Lo schema mentale e' sempre quello", dice Concia nell'intervista, "eliminare la donna. La rivista Lancet, quasi due anni fa, defini' le donne corpi con vagina. Ma non ricordo che qualcuno abbia mai descritto l'uomo corpo con scroto".
Concia non vive in Italia, e in Europa la situazione del conflitto nel mondo femminista a proposito del cosiddetto linguaggio inclusivo, che si trascina dietro anche temi come la gpa e la liberta' di prostituirsi e' pesante: dell'Inghilterra si e' detto, e grazie ai webinar organizzati da qualche mese dal movimento WDI (Women's Declaration International) c'e' allarme e grande attenzione a quello che sta avvenendo, soprattutto in alcune universita', dove docenti e studiose femministe che criticano la sostituzione della categoria del sesso con l'identita' di genere vengono censurate e spesso e' loro impedito di partecipare a incontri e dibattiti, in Francia, Germania, Belgio, per non parlare della Spagna e, fuori dai confini Europei, negli Usa e in Canada.
Vale la pena di leggere la Dichiarazione dei diritti delle donne basati sul sesso e di riflettere sul mantra dell'inclusione cosi' come si sta delineando. Se, tornando al senso profondo delle parole e al loro mettere al mondo il mondo, ci soffermiamo sul verbo includere e sulla sua radice, troviamo questo: chiudere dentro. Non dubito che molte delle amiche e compagne di strada che in ottima fede vogliono spezzare le catene dell'oppressione, del pregiudizio e degli stereotipi sessisti abbiano a cuore la liberta' e la liberazione dagli orribili vincoli dentro i quali la cultura patriarcale opprime donne e uomini. Ma il sempre piu' pericoloso (e non certo nuovo) meccanismo di cancellazione delle donne con la presunta inclusivita' di segni e simboli che estromettono il femminile del mondo dal linguaggio (e quindi dalla realta') dovrebbe farci paura allo stesso modo in cui temiamo le destre radicali e i fondamentalismi religiosi che avanzano nel mondo, spesso grazie anche al relativismo culturale caro ad una parte della sinistra. Il femminismo, con il suo sguardo critico fondamentale, da sempre apre, illumina, sconvolge gli equilibri e rimodula in modo nonviolento visioni e pratiche collettive: mai dovrebbe rinchiudere e abdicare al suo compito politico, ovvero quello di porre la differenza sessuale come lente centrale di osservazione del mondo. Oggi il rischio e' quello di autocancellare in forma simbolica, e quindi anche concreta, l'esistenza politica di oltre la meta' del mondo.

7. L'ORA. GIULIANA SGRENA: TUNISIA, LA SVOLTA XENOFOBA. DAL MODELLO SOLIDALE AI POGROM CONTRO I MIGRANTI
[Dal quotidiano "Il manifesto" del 15 luglio 2023 riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo dal titolo "Tunisia, la svolta xenofoba. Dal modello solidale ai pogrom contro i migranti" e il sommario "Nord Africa. Nel 2011 accolse a braccia aperte 140mila libici in fuga dalla guerra civile. Ora per la crisi economica il presidente-gendarme Saied si arma del razzismo sostenuto da Meloni e Ue"]

La Tunisia non e' nuova all'emergenza profughi, ma ben diversa e' l'accoglienza. Nel marzo del 2011 colonne interminabili di uomini (soprattutto maschi) in fuga dalla Libia dopo l'inizio degli scontri che misero fine al regime di Gheddafi attraversarono la frontiera con la Tunisia a Ras Jdir. Non erano profughi nel senso classico, non fuggivano da una guerra conclamata e nemmeno dalla fame, ma da scontri e saccheggi che avevano messo a rischio la loro vita e soprattutto il posto di lavoro. Proprio un lavoro e ben retribuito questi profughi erano andati a cercare in un paese piu' ricco del loro. Gia' nei primi giorni si calcolavano in circa 140mila gli arrivi mentre altre decine di migliaia si accalcavano alla frontiera.
L'ondata di profughi si riversava su una Tunisia fragile e debole che affrontava un'incerta transizione dopo la cacciata di Ben Ali'. Eppure, dopo il primo momento di sorpresa, la reazione dei tunisini era stata straordinaria, avevano avuto uno slancio di solidarieta' e generosita' commovente. Lungo la strada mentre ci avvicinavamo al confine, si notava l'arrivo di tunisini con beni di prima necessita', soprattutto i panettieri con i loro furgoncini carichi di baguette. Naturalmente si sono subito attivate anche le agenzie internazionali oltre alle istituzioni tunisine, l'esercito aiutava a garantire il coordinamento e lo stoccaggio delle merci.
Oltre ai tunisini che tornavano a casa, i profughi erano egiziani, indiani, vietnamiti, turchi, cinesi, nepalesi, thailandesi, bengalesi, ghanesi e sudanesi, soprattutto. A ridosso del confine c'erano anche etiopi ed eritrei che temevano, per il colore della pelle, di essere scambiati per mercenari assoldati da Gheddafi.
Una grande differenza rispetto ai profughi di oggi e' che coloro che fuggivano dalla Libia volevano ritornare nei loro paesi di origine e chiedevano ai rispettivi governi di inviare navi e aerei per il rimpatrio. Quindi, in gran parte, non erano profughi ma "transitanti", cosi' li definiva Samir Abdemoumen, del ministero della sanita' tunisino, che si appellava alla comunita' internazionale perche' fornisse i mezzi per il rimpatrio. E questo era anche l'appello di tutti gli operatori del campo allestito a Chocha, dove si ammassavano le merci per i futuri arrivi. A Chocha sarebbero poi arrivati anche libici in cerca di asilo politico.
Naturalmente la transitorieta' dei profughi non rassicurava la Tunisia visto che la situazione in Libia stava precipitando e aveva anche provocato l'interruzione dell'arrivo di merci libiche vendute nell'immenso suq di Ben Guendane e della benzina commerciata in taniche lungo la strada. Intanto l'aeroporto di Djerba e il porto di Zarzis erano diventati bivacchi per gli espatriati dalla Libia in attesa di tornare a casa. Non solo.
In quei giorni di mare calmo, sembrava una tavola blu, sulla spiaggia di Ogla, che dal porto di Zarzis si estende per chilometri, un gruppo di giovani scrutava l'orizzonte e soprattutto aspettava che si spostasse una nave da guerra tunisina. Era cominciata allora la partenza dei barconi per l'Italia, che avveniva alla luce del sole, di mattina o di sera, in un posto nemmeno tanto isolato, davanti a un gruppo di villette. Bastava versare mille dollari, lasciare un numero di cellulare e aspettare la chiamata per la traversata verso Lampedusa.
All'inizio erano tunisini che preferivano non affrontare l'incertezza del dopo Ben Alì, mentre altri trovavano il loro riscatto nello zelo con cui accoglievano i profughi. Poi si sono aggiunti anche profughi provenienti dalla Libia che invece di aspettare il rimpatrio tentavano la traversata. Coloro che arrivavano dalla Libia in genere avevano soldi, se non erano stati derubati dai poliziotti libici.
Cosa e' cambiato da allora per alimentare nei tunisini, non in tutti per la verita', l'ostilita' verso i profughi che arrivano dall'Africa subsahariana? Non il colore della pelle, non l'origine, forse l'incertezza per il futuro che pero' c'era anche nel 2011, ma allora si lottava per una Tunisia democratica. Certo, la delusione per una rivoluzione che non ha portato i risultati sperati, la pesante crisi economica, che alimenta inevitabilmente la guerra tra poveri, ma soprattutto il ritorno di un regime autoritario e dittatoriale.
La xenofobia non nasce dal basso, viene inculcata dal presidente della Repubblica Kais Saied che alimenta i suoi fallimenti assumendo tutti i poteri e creando nemici esterni, popoli del sud che fuggono dalla guerra, fame e poverta' e cercano un futuro in Europa. Paradossalmente e' proprio questo atteggiamento di gendarme dell'Africa che fa di Saied un interlocutore privilegiato della premier Meloni e dell'Ue, che con soldi e armi mirano a una nuova colonizzazione del continente africano.
E il pressing su Saied, perche' blocchi i migranti, continua domenica con la nuova visita a Tunisi di Giorgia Meloni con Ursula von der Leyen e Mark Rutte. Del resto il governo italiano puo' vantare di avere in comune con il premier tunisino lo spettro della "sostituzione etnica".

8. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

9. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

10. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

11. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

12. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

13. MAESTRE. VALENTINA PARISI: WISLAWA SZYMBORSKA, FATUI ACCOPPIAMENTI DI REALTA' INCONCILIABILI, SU PRECARI CARTONCINI
[Dal sito della Libreria delle donne di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Il manifesto" del 16 luglio 2023]

A dispetto della loro piu' che ventennale relazione, Wislawa Szymborska non volle mai andare a convivere con il suo compagno, lo scrittore Kornel Filipowicz, sostenendo che il ticchettio simultaneo di due macchine da scrivere in due stanze diverse del medesimo appartamento avrebbe creato un effetto ridicolo, oltre che insopportabile. Nulla valse a farle cambiare idea, nemmeno la consapevolezza che quell'odioso, nevrotico baccano sarebbe stato ogni tanto attenuato dal serico fruscio di un paio di forbici: dotata di un estro artistico non comune, la poetessa polacca era infatti una infaticabile creatrice di collage, ironici e talvolta spiazzanti, realizzati ad personam per i suoi amici.
Apparentemente ideate per sopperire alla penuria, negli anni Sessanta, di cartoline postali accettabili sotto il profilo estetico, quelle composizioni irriverenti costituivano in realta' un vero e proprio termometro delle simpatie personali dell'autrice: l'invio per posta dei collage era riservato esclusivamente ai conoscenti provvisti di senso dell'umorismo in grado di apprezzarne la stralunata logica; agli altri toccavano invece semplici biglietti prestampati. Tuttavia, i fortunati eletti non dovevano essere pochi, a giudicare da quanto scrive il segretario ingaggiato all'indomani del premio Nobel, Michal Ruszynek, che nel volume di memorie Nulla di ordinario, pubblicato da Adelphi nel 2019, ricorda come a novembre, nell'imminenza delle feste di fine anno, Szymborska si rifiutasse categoricamente di ricevere ospiti, perche' doveva (cosi' dichiarava) "fare l'artista". D'altronde, ammettere visitatori nel suo appartamento non sarebbe stato semplice: l'intero pavimento era ingombro di ritagli di vecchi giornali e riviste; Szymborska "ci passava sopra come una cicogna, li accoppiava, scoppiava a ridere e li incollava sui cartoncini".
A illuminare questo aspetto poco noto della creativita' della poetessa, nata a Kornik nel 1923 e scomparsa a Cracovia nel 2012, provvede ora la mostra Wislawa Szymborska - La gioia di scrivere (a cura di Sergio Maifredi e con la consulenza di Andrea Ceccherelli e Luigi Marinelli) visibile al Museo d'Arte Contemporanea di Villa Croce a Genova fino al 3 settembre. Un progetto ambizioso che, alternando tracce visive e memorabilia, archivalia a testimonianze inedite, si propone di esplorare le frange piu' collaterali dell'opera di Szymborska, ormai divulgata e tradotta pressoche' nella sua interezza.
In questa ottica, particolarmente rilevanti appaiono i suoi divertissement letterari, ovvero anzitutto limericks improvvisati in viaggio (sull'esempio dell'amico di gioventu', il poeta Maciej Slomczynski) e, per l'appunto, i wyklejanki o "ritaglini" - cosi' aveva soprannominato Szymborska i suoi collage. Sono inopinate, fatue estensioni della sua produzione poetica "seria", quegli episodici sconfinamenti nel regno del nonsense, dove la lingua prende imperiosamente il comando e "le rime trascinano l'autore verso l'abisso» (come ammetteva Szymborska con la consueta ironia).
Basati per lo piu' sulla giustapposizione di un'immagine spesso leziosa e demodee attinta alla collezione di cartoline d'anteguerra della poetessa e di una didascalia fulminante, i collage esposti in mostra (ben 85, ora sparpagliati per le varie sale, ora occasionalmente riprodotti in gigantografie) sembrano dunque ricreare l'incontro casuale "di una macchina per cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio" tanto caro al Comte de Lautreamont e, in genere, alla poetica surrealista. Al contempo pero' il carattere "individuale" dei "ritaglini" suggerisce che questi momentanei accoppiamenti di realta' inconciliabili sulla superficie precaria del cartoncino nascondano allusioni comprensibili soltanto ai destinatari che, magari, riconoscevano nei collage ricevuti per posta una qualche incauta osservazione sfuggita loro in presenza della poetessa. Cosi' queste composizioni appese in cornici invariabilmente identiche, quasi a mimare la loro appartenenza a una collezione ideale, possono essere anche lette come frammenti di dialoghi interrotti o schermaglie a distanza tra Szymborska e i protagonisti della vita intellettuale polacca - tra i corrispondenti piu' bersagliati da "ritaglini" figurano il critico Edward Balcerzan e il poeta Jarek Mikolajewski; e c'e', inoltre, un omaggio verbovisivo trasmesso dalla poetessa all'amato Woody Allen.
Altrove, il collage, mischiando alto e basso, sublime e dozzinale, condensa una immagine straniante, che verra' poi ripresa in un componimento poetico. E' il caso del brutale gorilla che afferma "la scimmia e' una canna pensante", in cui i curatori dell'esposizione hanno individuato un legame con la chiusa della poesia Disattenzione: "Il savoir-vivre cosmico, / benche' taccia sul nostro conto, / tuttavia esige qualcosa da noi: / un po' di attenzione, qualche frase di Pascal / e una partecipazione stupita a questo gioco / con regole ignote".
L'esposizione genovese procede infatti su due binari paralleli: da un lato cerca di dimostrare come questi divertissement apparentemente frivoli non siano in contraddizione con l'opera maggiore della poetessa; d'altra parte utilizza proprio questa ripetuta immersione della Szymborska "artista" nell'immaginario kitsch di rotocalchi e cartoline per spiegare (e assecondare) l'appropriazione che della sua figura, ancor prima che dei suoi testi, e' stata fatta da varie voci dei media italiani. Un esito davvero imprevisto, considerando la propensione quasi speculativa di molte poesie di Szymborska, nonche' la sua leggendaria ritrosia.
Fa parte dell'allestimento un florilegio di citazioni, riprodotto a parete, da Jovanotti, Roberto Vecchioni e Roberto Saviano, che hanno usato versi della poetessa cracoviana, ora trasformata in (improbabile) icona pop; d'altra parte, pero', altre sale sembrano rivolgersi a un visitatore animato da robusti appetiti filologici, capace di apprezzare le varianti testuali di alcune celebri poesie, nonche' di godere della lettura di alcuni inediti degli anni Sessanta (non proprio travolgenti, a dir la verita'), emersi di recente dalle carte dell'ex marito di Szymborska Adam Wlodek.
Altrettanto raffinata e' la ricostruzione degli "esordi" dell'autrice in Italia, prima all'interno dell'antologia di poesia polacca curata da Carlo Verdiani nel 1961 per l'editore Silva e poi, grazie a Vanni Scheiwiller, con la plaquette La fiera dei miracoli, uscita nel 1993 e accompagnata da delicati disegni a matita di Alina Kalczynska, autrice anche di vari libri d'artista.
Di tutti gli elementi in mostra - dalla veste dattiloscritta degli inediti a quella tipografica dei volumi a stampa - a prevalere visivamente e' senz'altro la grafica imprevedibile, coloratissima e strampalata dei collage, con sorridenti donnine che scavalcano d'un balzo la Torre di Pisa, la medesima torre trapiantata nel deserto, oppure i monoliti di Stonehenge tramutati in puzzle e accompagnati dall'imperativo: "Componili da te". D'altronde, a detta di Ruszynek, l'appartamento stesso di Szymborska a Cracovia sembrava progettato secondo i principi contrastivi che regolavano i suoi "ritaglini": l'eleganza dei mobili era bruscamente contrastata da oggetti come un maialino rosa con la coda a manovella, e di fronte al quadro monumentale di Maria Jarema, pittrice di culto dell'avanguardia cracoviana, nonche' prima moglie di Kornel Filipowicz, era appesa "una forchetta con i denti fantasiosamente intrecciati, trovata in un mercato delle pulci a Breslavia". Assai azzeccata appare dunque la scelta dei curatori di piazzare all'ingresso della mostra una macchina per scrivere Predom degli anni Ottanta - proprio quell'oggetto insieme amato e odiato che i collage dovevano momentaneamente zittire.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 212 del 31 luglio 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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