[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 118



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 118 del 28 aprile 2023

In questo numero:
1. Un libro su Tolstoj di Bruna Bianchi due volte prezioso
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. "Action Network": Sign to demand President Biden free Native activist Leonard Peltier
6. "Move On": The Time for Justice is Now! Ask President Biden to Grant Clemency to Leonard Peltier!
7. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
8. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
9. Alcuni riferimenti utili
10. Tre tesi
11. Ripetiamo ancora una volta...
12. Pietro Kuciukian: Elizabeth e Jakob Kuenzler

1. L'ORA. UN LIBRO SU TOLSTOJ DI BRUNA BIANCHI DUE VOLTE PREZIOSO

Bruna Bianchi, "Non resistere al male con il male". Obiezione di coscienza e pacifismo nel pensiero di Tolstoj, Biblion Edizioni, Milano 2023, pp. 262, euro 25.
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E' doppiamente prezioso questo libro in cui Bruna Bianchi (benemerita studiosa sia dell'orrore della guerra che del pensiero pacifista e femminista, gia' docente di Storia delle donne e questioni di genere e di Storia del pensiero politico e sociale contemporaneo all'Universita' Ca' Foscari di Venezia, condirettrice della rivista telematica "DEP. Deportate, esuli, profughe. Studi sulla memoria femminile", socia onoraria di Wilpf-Italia) ha raccolto e ampliato in un discorso organico alcuni suoi profondi e illuminanti saggi - redatti nel corso di decenni di studi - sull'opera e l'azione nonviolenta di Tolstoj, corredandoli di documenti che non solo arricchiscono il testo ma sono essi stessi quasi un libro nel libro.
L'illustre autrice, dopo un'introduzione su cui ritorneremo a conclusione di questa breve segnalazione, nel primo capitolo analizza la riflessione tolstoiana sull'obiezione di coscienza. Nel secondo, muovendo dal carteggio di Tolstoj con Ernest Howard Crosby, tematizza il concetto tolstoiano della "non-resistenza al male con il male" (e' la formulazione tolstoiana della proposta teorica e pratica che successivamente Gandhi chiamera' "nonviolenza"). Il terzo capitolo esamina il cruciale tema tolstoiano del lavoro, del rapporto con la Madre Terra e della condivisione fra tutte e tutti di tutto il bene e di tutti i beni. Il quarto capitolo, su "Jane Addams lettrice di Tolstoj", offre l'occasione per un adeguato ricordo della grande militante femminista, pacifista e nonviolenta americana. Nel quinto capitolo su "Tolstoj e la radicalizzazione del pacifismo (1914-1928)" si ricostruiscono acuni filoni dela ricezione della proposta nonviolenta tolstoiana ed il passaggio di personalita' e movimenti da un pacifismo generico alla scelta nitida e intransigente della nonviolenza a fronte della grande tragedia della prima guerra mondiale.
I documenti riportati alle pp. 195-253 recano - a riscontro e a sostegno di alcune analisi sviluppate nei capitoli che precedono - alcuni scritti e alcune lettere di Tolstoj e un saggio di Jane Addams.
E tutto cio' basterebbe a fare di questo libro un assai pregevole contributo non solo agli studi tolstoiani e a quelli sul pacifismo e sulla nonviolenza, ma anche alla piu' generale - e fondamentale - riflessione morale e politica sulla storia contemporanea e sui compiti di ogni persona di volonta' buona.
Ma a rendere due volte preziosa quest'opera e' il ragionamento svolto nell'introduzione, che con specifico riferimento alla guerra in Ucraina evidenzia come la resistenza popolare nonviolenta, la difesa popolare nonviolenta, l'azione diretta nonviolenta, sia la vera alternativa a tutte le guerre e a tutte le oppressioni, e convoca quindi l'umanita' alla scelta della nonviolenza per fermare la guerra e le stragi di cui essa consiste, per contrastare ogni dittatura, per impedire la distruzione dell'umana famiglia e dell'intero mondo vivente.

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. DOCUMENTAZIONE. "ACTION NETWORK": SIGN TO DEMAND PRESIDENT BIDEN FREE NATIVE ACTIVIST LEONARD PELTIER
[Dal sito actionnetwork.org riprendiamo e diffondiamo]

We recently marked the 50th anniversary of the occupation at Wounded Knee in 1973.
After the occupation, the FBI continued harassing members of the American Indian Movement (AIM) and people at the Pine Ridge Indian Reservation for years - including when a massive shootout in 1975 ended with three people dead: a young Native man and two FBI agents.
AIM activist Leonard Peltier was there that day, and was arrested despite a complete lack of evidence connecting him to the FBI agents' deaths.
Leonard Peltier is still serving time in a maximum security prison 48 years later.
Peltier continues to maintain his innocence - and there's a lot of evidence to back him up. We now know that the FBI coerced witnesses and threatened their families to get false statements, all of which the witnesses later recanted. The FBI also withheld key evidence showing that the bullets that killed the FBI officers did not come from Peltier's gun. And during the trial, one of the jurors even admitted to prejudice against Peltier for being Native.
A former FBI agent familiar with his case has written to President Biden asking to release Peltier. A former federal prosecutor who oversaw Peltier's post-trial sentencing and appeals also wrote to Biden asking for clemency, saying: "I have realized that the prosecution and continued incarceration of Mr. Peltier was and is unjust. We were not able to prove that Mr. Peltier personally committed any offense on the Pine Ridge Reservation."
This misconduct and constitutional violations have stolen years from Peltier's life. At 78 years old, he is the longest-serving political prisoner in the U.S. He suffers from many health issues including diabetes and kidney disease, and his condition has worsened since getting COVID last year in prison.
The only way Leonard Peltier can get his freedom restored is through public pressure on President Biden. Fortunately, we're not alone in this fight.
UN experts, U.S. Congressmembers, Amnesty International, the Democratic National Committee's Native American Caucus, the National Caucus of Native American State Legislators, the National Congress of American Indians, human rights leaders (such as Nelson Mandela, Coretta Scott King, and the Dalai Lama), and many others are calling for Peltier to be released.
Peltier should be able to live out the rest of his life in dignity, with his family on his ancestral homelands.
Now, together with a broad coalition of organizations representing millions of people across the country, we're asking you to join the fight. Please sign the petition to President Biden and demand the release of Leonard Peltier from prison now.
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Full petition text:
President Biden,
You are Leonard Peltier's last and best hope for freedom. The longest-serving political prisoner in the U.S., Peltier is now 78 years old and in deteriorating health. Years were stolen from his life due to FBI misconduct, including coercing and threatening witnesses to make false statements (which were all later recanted), and withholding key evidence showing that the bullets that killed the FBI officers did not come from Peltier's gun. During the trial, one of the jurors even admitted to prejudice against Peltier for being Native.
As you know, a former FBI agent familiar with his case has written to you asking you to release Peltier. A former federal prosecutor who oversaw Peltier's post-trial sentencing and appeals also wrote to you asking for clemency, saying: "I have realized that the prosecution and continued incarceration of Mr. Peltier was and is unjust. We were not able to prove that Mr. Peltier personally committed any offense on the Pine Ridge Reservation."
Please commute Peltier's sentence and grant him clemency immediately so he can live out the rest of his life with his family on his ancestral homelands.
He wants to be reunited with his family and to hug his grand-children. Only you can commute the remainder of his sentence on compassionate grounds. Only you can ensure he gets to live out the rest of his life with dignity. Please do the right thing and release Peltier from federal prison immediately.

6. DOCUMENTAZIONE. "MOVE ON": THE TIME FOR JUSTICE IS NOW! ASK PRESIDENT BIDEN TO GRANT CLEMECY TO LEONARD PELTIER!
[Dal sito sign.moveon.org riprendiamo e diffondiamo]

Dear President Biden:
We write to you today in support of Leonard Peltier's petition for executive clemency and urge you to expeditiously commute the remainder of his sentence.
Leonard Peltier is a 78-year-old enrolled citizen of the Turtle Mountain Band of Chippewa Indians (ND). He has been imprisoned for 47 years, making him the longest-serving political prisoner in the United States. Nothing is more emblematic of the mistreatment of American Indians and the uneven hand of the criminal justice system than the handling of his case by the federal government. Leonard Peltier has galvanized generations of Indigenous activists and grassroots movements, yet he remains in confinement. Leonard is a symbol of Indigenous pride and we once again form a collective voice, asking yet another President to grant Leonard Peltier his freedom.
Why is this important?
Mr. Peltier is elderly and in failing health and we fear he will not ever make it back to his homelands at Turtle Mountain. We also fear you will miss the opportunity to free a man whose continued incarceration represents to Native America the worst of a federal law enforcement system who for decades carried out acts of racism and injustice throughout Indian Country.
Leonard Peltier is serving a sentence for aiding and abetting in a case where his co-defendants were found not guilty on self-defense grounds. For this, he is serving a longer sentence than most principals in murder convictions.
Mr. Peltier's conviction has been widely recognized as the result of a flawed prosecution that included blatant constitutional violations, prosecutorial misconduct, and a juror's early-trial admission of racism against Native Americans. Underscoring this, James Reynolds, the United States Attorney whose office handled the prosecution and appeal of the case, wrote to you on July 9, 2021, in support of clemency for Mr. Peltier, critically admitting his own office's prosecutorial errors and conceding they were unable to prove that Mr. Peltier personally committed any offense on the Pine Ridge Reservation that day. Mr. Reynolds' letter, referring to all of these factors, included the following statement: "Leonard Peltier's conviction and continued incarceration is a testament to a time and a system of justice that no longer has a place in our society."
Our letter joins those from national and international human rights organizations, leading voices on criminal justice issues, religious leaders, dignitaries from around the world, and numerous current and former members of Congress. Notably, in 1993, Sen. Daniel K. Inouye (D-HI), then the Chairman of the United States Senate Committee on Indian Affairs, endorsed clemency for Mr. Peltier and stated, "As long as the FBI misconduct issues in this case are left unresolved, it will be difficult for Native Americans to trust that the U.S. judicial system will accord them with the same justice it accords to other citizens."
Remarkably, twenty-nine years later, in January of 2022, the current Chairman of the U.S. Senate Committee on Indian Affairs, Sen. Brian Schatz (D-HI) also wrote to you urging the commutation of Mr. Peltier's sentence saying, "I strongly support your administration's work to pursue a fair and constitutionally sound justice system. In keeping with those principles, I urge you to commute Mr. Peltier's sentence."
This is now about justice. We urge you to grant clemency to Leonard Peltier by commuting the remainder of his sentence. Thank you for your consideration of our urgent request.
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Also:
- Call the White House: (202) 456-1111
- Email the White House: https://www.whitehouse.gov/contact/
Message: Request the President Biden grant clemency to Leonard Peltier and commute the remainder of his sentence.

7. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

8. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

9. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

10. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

11. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

12. TESTIMONI. PIETRO KUCIUKIAN: ELIZABETH E JAKOB KUENZLER
[Dal sito it.gariwo.net riprendiamo e diffondiamo]

Elizabeth Kuenzler con grande rischio personale, aiuto' insieme al marito Jakob Kuenzler un grande numero di armeni, assistendo malati e feriti.
Jakob Kuenzler (1871-1949) con grande rischio personale, aiuto' insieme alla moglie Elizabeth Kuenzler un grande numero di armeni, assistendo malati e feriti.
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La figura dell'Ambasciatore degli Stati Uniti Henry Morgenthau e' legata anche all'opera dei coniugi Kuenzler che prima ad Urfa e poi in Libano dopo la fine della guerra e dello sterminio degli armeni hanno salvato migliaia di orfani, grazie, tra gli altri, al sostegno economico della "American Near East Relief", le cui risorse venivano in gran parte da donazioni private.
Jakob Kuenzler nasce a Hundwill, un paesino della Svizzera l'8 marzo del 1871. Chiamato Kobi da giovane, risiede in un povero villaggio di poche anime e lavora come falegname nel cantone Appenzell. Nel 1893 si trasferisce a Basilea in qualita' di inserviente presso una casa religiosa. Viene assunto dall'ospedale di Basilea nel 1894 come infermiere dove rimane per cinque anni, divenendo praticante medico chirurgo. A Basilea conosce un grande umanista, il pastore protestante Johannes Lepsius che dirige una piccola fabbrica di tappeti con alcuni lavoranti armeni. Lepsius, fondatore della Missione Orientale Tedesca, dopo i massacri hamidiani del 1894-1896 viaggia continuamente nei paesi armeni dell'impero ottomano per aiutare i sopravvissuti allo sterminio.
Nel 1895, credendo nelle attitudini umaniste di Kuenzler, Lepsius lo invita a recarsi a Urfa, l'antica Edessa, con l'incarico di assistente medico presso l'ospedale della Missione Orientale Tedesca. In qualita' di primario medico chirurgo Kuenzler continuera' la sua opera dal 1899 al 1922. Nel 1905 Jakob Kuenzler sposa Elizabeth Bender, figlia di un missionario cristiano e nipote di una principessa abissina dì Etiopia, di carattere deciso, volitiva e coraggiosa. Entrambi impareranno le lingue locali: armeno, turco, curdo e arabo. Dedicheranno le loro cure ai malati e ai feriti sia cristiani che musulmani senza fare alcuna differenza. Nel 1910 nasce la loro figlia Ida che diverra' poi anch'essa medico e subentrera' nella direzione dell'orfanotrofio di Ghazir dopo la morte del padre Jakob.
Durante la prima guerra mondiale, i coniugi Kuenzler si occuparono da soli dell'ospedale di Urfa fino al 1922 e furono testimoni oculari dei massacri degli armeni organizzati dal generale Fakhry Bey e dell'episodio dell'eroica resistenza di Urfa (29 settembre - 23 ottobre 1915), che si concluse con la distruzione e lo sterminio dei membri della comunita' armena locale. Nello stesso periodo anche la missionaria danese Karen Jeppe si trovava ad Urfa dove ha salvato molti armeni nascondendoli nei sotterranei della sua abitazione. Dopo l'armistizio del 1918 e la sconfitta delle Potenze Centrali, alleate all'Impero Ottomano, le sofferenze per i cristiani non finirono. All'epoca la sfida piu' grande fu quella di salvare piu' di 140.000 orfani: armeni, assiri, siriaci, caldei, greci, curdi dispersi in tutta l'Anatolia.
I coniugi Kuenzler, con grande rischio personale - chi salvava gli armeni era passibile di morte - aiutarono un grande numero di armeni, assistendo malati e feriti e, dopo la decimazione degli adulti, moltissimi orfani. Jakob Kuenzler racconto' la sua esperienza nel libro-memoriale Im Lande des Blutes und der Traenen (Nella terra del sangue e delle lacrime) che pubblico' nel 1921 e che divenne uno dei documenti piu' importanti sulle atrocita' commesse a Urfa il cui quartiere armeno fu bombardato dai cannoni tedeschi per piu' di un mese. Fiaccata la resistenza armena iniziarono i massacri e le deportazioni della popolazione rimasta. Elizabeth Kuenzler, chiamata Chanoum Effendi, girava per le strade di Urfa a raccogliere orfani e profughi armeni e li portava al sicuro in un edificio sequestrato agli armeni e assegnato a delle donne turche sue amiche alle quali pagava un salario mensile. In quel periodo anche Karen Jeppe raccoglie gli orfani armeni sbandati che vagano senza meta nei campi e nei viottoli della citta': bambini piccoli affetti da colera, con i capi brulicanti di pidocchi, con ferite mangiate dai vermi, addomi rigonfi e occhi spenti che avrebbero dato vita alla diaspora armena nel mondo. I maschi piu' grandi, dai cinque anni in avanti, erano gia' stati eliminati.
Sono stato ad Urfa, oggi chiamata Sanliurfa, durante uno dei miei viaggi in motocicletta alla scoperta delle ultime vestigia degli armeni e ho visto la chiesa armena dove nel 1885, durante i massacri hamidiani, sono stati bruciati vivi 2000 armeni: l'interno era ancora annerito. Ho saputo qualche anno dopo che e' stata trasformata in moschea. Cosi', all'epoca, ricorda Jakob Kuenzler, chiamato Yacoub Effendi dai locali: "Dei funzionari turchi sono arrivati a Urfa, avevano fretta di completare lo sterminio del popolo armeno e avevano ricevuto l'ordine del governo per farlo. Hanno iniziato ad uccidere tutti i prigionieri dicendo: perche' dovremmo mantenerli piu' a lungo?". I coniugi Kuenzler assistettero anche ai massacri dei battaglioni operai armeni, gli "amele taburi" ormai ridotti a scheletri. Finita la guerra, perduti gli ultimi territori abitati dagli armeni in Turchia, dopo il massacro di Marash il governo turco decreto' la chiusura della missione tedesca e i Kuenzler nel 1922 organizzarono il trasporto di 8000 orfani armeni raccolti da vari paesi e citta': Kharput, Malatia, Mardin, Dyarbekir. Fu un esodo biblico, una vera e propria migrazione con carri, muli, cavalli, asini che duro' giorni e giorni. Carovane lunghissime arrivarono ad Aleppo, allora sotto mandato francese. Da Aleppo i coniugi Kuenzler riuscirono a trasferire i loro protetti a Beirut, poi a Ghazir in Libano. Jakob Kuenzler fondo' e diresse l'orfanotrofio di Ghazir finanziato dalla "Associazione Svizzera di aiuto agli armeni" dal 1923 al 1931, aiutato anche dagli americani della "Near East Relief Society". Agli orfani si insegnava la lingua araba e la pratica di mestieri utili alla sopravvivenza. Un grande tappeto tessuto dalle orfane armene di Ghazir fu donato al presidente degli Usa che lo appese nella Casa Bianca.
Instancabile nella sua opera umanitaria "Papa' Kuenzler" fondo' anche un insediamento per le vedove armene del genocidio e un sanatorio per i malati di tubercolosi a Azounieh, sempre in Libano. Durante uno dei miei viaggi in medio oriente a Ghazir mi hanno indicato un vecchio monastero dove presumibilmente si trovava l'orfanotrofio. Ho poi cercato invano la tomba di Jakob e Elizabeth Kuenzler: le persone da me contattate in loco non sapevano nulla dei coniugi Kuenzler. Ho scoperto solo al mio ritorno in Italia e in seguito a ricerche che erano stati sepolti, uno vicino all'altro, nel cimitero protestante di Beirut. Per la loro instancabile opera di aiuto e soccorso, Jakob ed Elisabeth Kuenzler vennero chiamati affettuosamente "Papa' e Mamma Kuenzler", per il resto della loro vita e anche nella memoria degli armeni fino ad oggi. Jakob Kuenzler scrisse le sue memorie riflettendo sulle sue esperienze a Urfa e sul suo servizio umanitario di un quarto di secolo, durante un suo breve ritiro in Svizzera dal 1919 al 1920 e le pubblico', nonostante l'opposizione della sua famiglia, preoccupata per la sua sicurezza. Jakob Kuenzler si spense a Ghazir in Libano il 15 gennaio 1949 e l'ufficio funebre si tenne nella chiesa presbiteriana angloamericana di Beirut. Una grande folla si raccolse, discorsi in armeno, arabo, tedesco, inglese e francese. Accenti di gratitudine in tutte le lingue per un uomo che visse modestamente dedicandosi interamente per tutte le comunita' etniche che curo' e protesse. Al suo fianco la moglie Elizabeth che lo ha sostenuto con spirito di abnegazione e con un grande amore verso gli orfani. Fu sepolto nel cimitero evangelico francese di Beirut.
Nel 1940 Ida, la figlia dei Kuenzler, divenuta direttrice dell'orfanotrofio di Ghazir sposo' il druso Najib Alamuddin, il futuro direttore della compagnia aerea MEA. Ida Kuenzler Alamuddin scrisse un libro sulla vita del padre: "Papa Kuenzler and the Armenians" edito da Heineman a Londra nel 1970.
L'impegno umanitario verso gli armeni della famiglia Kuenzler continua fino ad oggi con l'opera di Amal Alamuddin, di origine libanese, moglie di George Clooney, avvocatessa, esperta nel campo del Diritto Penale Internazionale, consigliera dell'Onu per la crisi siriana e libanese. Negli ultimi anni si e' dedicata alla difesa dei diritti umani delle minoranze oppresse dai regimi autoritari.
Amal Alamuddin, di padre druso e madre sunnita, ha difeso gli interessi degli armeni nel processo presso la Corte Europea dei Diritti Umani a Strasburgo, intentato contro il negazionista turco Dogu Perincek, un attivista politico ultranazionalista membro del Comitato Talaat Pasha. Ha anche assistito Nadia Murad, la ragazza yazida premio Nobel, con la quale ha fondato un'associazione umanitaria in aiuto delle ragazze stuprate dai fanatici del Califfato. Amal e' figlia di un cugino del padre di Najib Alamuddin.
Bibliografia: Ida Alamuddin, Papa Kuenzler and the Armenians, Heinemann, London 1970.
Biografia a cura del Console onorario della Repubblica d'Armenia in Italia e co-fondatore di Gariwo Pietro Kuciukian.
Giardini che onorano Elizabeth e Jakob Kuenzler: Elizabeth e Jakob Kunzler sono onorati nel Giardino di Agrigento.

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 118 del 28 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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