[Nonviolenza] Donna, vita, liberta'. 115



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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 115 del 25 aprile 2023

In questo numero:
1. E' l'ora dell'azione diretta nonviolenta
2. Cosa possiamo (e dobbiamo) realmente fare contro la guerra in corso in Europa?
3. Giobbe Santabarbara: Breve una lettera alle persone amiche - e ad altre ancora - per chiedere loro una cosa
4. Amnesty International: Urge clemency for native american activist
5. Scriviamo all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere che cessino persecuzioni ed uccisioni
6. Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane
7. Alcuni riferimenti utili
8. Tre tesi
9. Ripetiamo ancora una volta...
10. Anna Louie Sussman: Senza i maschi. Il nuovo femminismo sudcoreano
11. Nina Lakhani: Biden urged to free Indigenous activist Leonard Peltier after decades in prison

1. HIC ET NUNC. E' L'ORA DELL'AZIONE DIRETTA NONVIOLENTA

La guerra non verra' fermata
se i popoli non insorgeranno nonviolentemente
per porre fine a tutte le uccisioni

se non inizieremo a realizzare
azioni dirette nonviolente
che la macchina bellica contrastino
che con l'esempio chiamino a opporsi alle stragi
con l'obiezione di coscienza
con la diserzione dagli eserciti
con il blocco delle fabbriche d'armi
con l'assedio delle caserme
con il rifiuto di obbedire a governi assassini

e' l'ora della nonviolenza poiche' solo
la nonviolenza puo' costringere i governi
a cessare di uccidere

e' l'ora della nonviolenza poiche' solo
la nonviolenza puo' imporre la pace
che salva le vite

e' l'ora dell'azione diretta nonviolenta
ogni giorno di attesa aumentano le persone uccise

2. REPETITA IUVANT. COSA POSSIAMO (E DOBBIAMO) REALMENTE FARE CONTRO LA GUERRA IN CORSO IN EUROPA?

Certo, continuare a soccorrere, accogliere, assistere tutte le vittime.
Certo, continuare a recare aiuti umanitari a tutte le vittime.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia di chi la guerra ha scatenato.
Certo, continuare a denunciare la criminale follia dei governi che, invece di adoperarsi per far cessare la guerra e le stragi di cui essa consiste, alimentano l'una e quindi le altre.
Certo, continuare a denunciare il pericolo estremo e immediato che la guerra divenga mondiale e nucleare e distrugga l'intera umana famiglia riducendo a un deserto l'intero mondo vivente.
Certo, continuare a denunciare che la guerra sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani,  sempre e solo uccide gli esseri umani.
Certo, continuare ad esortare chi nella guerra e' attivamente coinvolto a cessare di uccidere, a deporre le armi, a disertare gli eserciti, a obiettare a comandi scellerati, a rifiutarsi di diventare un assassino.
Certo, continuare a ricordare che salvare le vite e' il primo dovere di tutti gli esseri umani e di tutti gli umani istituti.
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Tutto cio' e' buono e giusto, ma non basta.
Occorre fare anche altre cose che solo noi qui in Europa occidentale possiamo e dobbiamo fare.
E le cose che possiamo e dobbiamo fare sono queste:
1. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale contrastare anche qui la macchina bellica, l'industria armiera, i mercanti di morte, la follia militarista, i governanti stragisti: paralizzare i poteri assassini occorre.
2. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di mettere il veto ad ogni iniziativa della Nato, l'organizzazione terrorista e stragista di cui i nostri paesi tragicamente fanno parte: paralizzare immediatamente i criminali della Nato occorre, e successivamente procedere allo scioglimento della scellerata organizzazione.
3. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di cessare di armare ed alimentare la guerra e sostenere invece l'impegno per l'immediato cessate il fuoco ed immediate trattative di pace.
4. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei di restituire all'Onu la funzione e il potere di abolire il flagello della guerra.
5. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei la pace, il disarmo, la smilitarizzazione.
6. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica della sicurezza comune dell'umanita' intera fondata sulla Difesa popolare nonviolenta, sui Corpi civili di pace, sulle concrete pratiche che inverino l'affermazione del diritto alla vita, alla dignita' e alla solidarieta' di tutti i popoli e di tutte le persone.
7. Con l'azione diretta nonviolenta fino allo sciopero generale imporre ai governi europei una politica comune di attiva difesa dell'intero mondo vivente prima che la catastrofe ambientale in corso sia irreversibile.
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E' questa la nostra opinione fin dall'inizio della tragedia in corso.
Ci sembra che senza queste azioni nonviolente la guerra, le stragi e le devastazioni non saranno fermate.
Troppi esseri umani sono gia' stati uccisi per la criminale follia dei governanti.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi per la salvezza comune dell'umanita' intera.
Sia massima universalmente condivisa la regola aurea che afferma: agisci nei confronti delle altre persone cosi' come vorresti che le altre persone agissero verso di te.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

3. REPETITA IUVANT. GIOBBE SANTABARBARA: BREVE UNA LETTERA ALLE PERSONE AMICHE - E AD ALTRE ANCORA - PER CHIEDERE LORO UNA COSA

Dico subito la cosa che vorrei chiedere a tutte e tutti voi: un nuovo o rinnovato impegno per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
Sono un vecchio militante che ricorda vividamente - ero allora assai giovane - l'occupazione di Alcatraz sul finire degli anni Sessanta, il "Sentiero dei trattati infranti" culminato nell'occupazione del Bureau of Indian Affairs nel 1972, e soprattutto l'occupazione e l'assedio di Wounded Knee del 1973. E' da allora che anch'io sento il dovere di sostenere la lotta delle popolazioni native nordamericane contro il genocidio, l'etnocidio e l'ecocidio di cui sono vittima (e con loro l'umanita' intera e l'intero mondo vivente) da parte del potere razzista, stragista, rapinatore e devastatore bianco. Lungo oltre mezzo secolo non ho saputo fare granche', se non impegnarmi qui in Italia in iniziative che credo siano state almeno coerenti con quella lotta, nella convinzione che tutto si tiene, che tutto e' collegato, o per dirla con una luminosa espressione Lakota: "Mitakuye Oyasin".
Sono stato un lettore di "Akwesasne Notes", la bella, indimenticabile rivista che negli anni '70-'90 fu primario strumento d'informazione su quelle lotte, su quelle esperienze di pensiero e azione. E credo sia stato attraverso "Akwesasne Notes" che conobbi la vicenda di Leonard Peltier. Successivamente, come molte altre persone, lessi il libro di Edda Scozza, quello di Peter Matthiessen e la sua autobiografia.
Da un paio d'anni il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo si sta particolarmente impegnando nella mobilitazione nonviolenta internazionale per la liberazione di Leonard Peltier, ed io con esso.
Leonard Peltier e' detenuto innocente ormai da 47 anni, e la sua salute e' gravemente deteriorata. Dal carcere ha continuato a lottare con gli strumenti della testimonianza e della parola, della poesia e dell'arte, per i diritti dei popoli oppressi, per i diritti umani di tutti gli esseri umani, per la Madre Terra.
Come e' noto la sua liberazione e' stata chiesta nel corso degli anni da personalita' illustri come Nelson Mandela e madre Teresa di Calcutta, come papa Francesco e il Dalai Lama, da istituzioni come il Parlamento Europeo, da associazioni umanitarie come Amnesty International, da milioni (si', milioni) di persone di tutto il mondo.
E come e' altrettanto noto la sua liberazione dipende unicamente dalla concessione della grazia presidenziale da parte del Presidente degli Stati Uniti d'America, a cui quotidianamente pervengono richieste a tal fine (tra le piu' recenti: quella della Commissione giuridica ad hoc dell'Onu; quella unanime del Comitato nazionale del Partito Democratico degli Stati Uniti - il partito cui lo stesso Presidente Biden appartiene).
Dalla provincia italiana non si puo' fare molto, ma quel poco che si puo' fare va fatto.
Cosa chiedo dunque in concreto alle persone amiche - ed alle altre ancora - cui indirizzo questa lettera? Tre cose.
La prima, far conoscere la vicenda di Leonard Peltier e diffondere l'appello per la sua liberazione.
La seconda, scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America per chiedergli di concedere la grazia che restituisca la liberta' a Leonard Peltier.
La terza, scrivere a Leonard Peltier e al comitato internazionale che lo sostiene, l'International Leonard Peltier Defense Committee, per esprimere loro il proprio sostegno.
Tutto qui.
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Per scrivere al Presidente degli Stati Uniti d'America: nel sito della Casa Bianca aprire la pagina attraverso cui inviare lettere: https://www.whitehouse.gov/contact/
Per scrivere a Leonard Peltier l'indirizzo e': Leonard Peltier, #89637-132, USP Coleman I, P.O. Box 1033, Coleman, FL 33521; trattandosi di un carcere di massima sicurezza possono essere inviate solo lettere postali, e nessun oggetto.
Per scrivere all'International Leonard Peltier Defense Committee: e-mail: contact at whoisleonardpeltier.info
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Grazie per l'attenzione, e un cordiale saluto da
Giobbe Santabarbara

4. INIZIATIVE. AMNESTY INTERNATIONAL: URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
[Dal sito www.amnesty.org riprendiamo e diffondiamo questo appello del 3 aprile 2023]

3 April 2023
URGENT ACTION
URGE CLEMENCY FOR NATIVE AMERICAN ACTIVIST
Native American activist Leonard Peltier has been imprisoned in the USA for over 46 years, some of which was spent in solitary confinement, serving two life sentences for murder despite concerns over the fairness of his trial. He has always maintained his innocence. Now 78 years old, he contracted COVID-19 in 2022 and suffers from several chronic health ailments, including one that is potentially fatal. Not eligible for parole again until 2024, his lawyers submitted a new petition for clemency in 2021. President Biden must grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
TAKE ACTION: WRITE AN APPEAL IN YOUR OWN WORDS OR USE THIS MODEL LETTER
President Joseph Biden
The White House
1600 Pennsylvania Ave NW
Washington, DC 20500
USA
White House Comment line: (202) 456-1111
Webform*: https://www.whitehouse.gov/contact/
* A US-based address is needed for the White House webform.
International action takers, please use AI USA's address when filling out:
Amnesty International USA
311 West 43rd St. 7th Floor,
New York, NY 10036 USA
Dear President Biden,
Leonard Peltier is a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. In 1975, during a confrontation involving AIM members, two FBI agents were killed. Leonard Peltier was convicted of their murders but has always denied killing the agents.
There are serious concerns about the fairness of proceedings leading to his trial and conviction, including for example the prosecution's withholding of evidence that might have assisted Leonard Peltier's defence.
In light of these concerns, the former US Attorney who supervised the prosecution team post-trial, James Reynolds, has since called for clemency.
Leonard Peltier is now 78 years old, has spent more than 46 years in US prisons, and has been repeatedly denied parole. There are serious concerns about Leonard Peltier's deteriorating health, including potential re-exposure to COVID-19. His lawyers submitted a new petition for clemency in 2021.
I urge you to grant Leonard Peltier clemency on humanitarian grounds and as a matter of justice.
Yours sincerely,
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ADDITIONAL INFORMATION
Leonard Peltier, an Anishinaabe-Lakota Native American, was a member of the American Indian Movement (AIM), which promotes Native American rights. On 26 June 1975, during a confrontation involving AIM members on the Pine Ridge Indian reservation in South Dakota, FBI agents Ronald Williams and Jack Coler were shot dead. Leonard Peltier was convicted of their murders in 1977 and sentenced to two consecutive life sentences. Leonard Peltier has always denied killing the agents.
A key alleged eyewitness to the shootings was Myrtle Poor Bear, a Lakota Native woman who lived at Pine Ridge. Based on her statement that she saw Leonard Peltier kill both FBI agents, Leonard Peltier was extradited from Canada, where he had fled following the shootings. However, Myrtle Poor Bear later retracted her testimony. Although not called as a prosecution witness at trial, the trial judge refused to allow Leonard Peltier's attorneys to call Myrtle Poor Bear as a defense witness on the grounds that her testimony "could be highly prejudicial to the government". In 2000, Myrtle Poor Bear issued a public statement to say that her original testimony was a result of months of threats and harassment from FBI agents.
In 1980 documents were released to Leonard Peltier's lawyers as a result of a lawsuit under the Freedom of Information Act. The documents contained ballistics evidence which might have assisted Leonard Peltier's case, but which had been withheld by the prosecution at trial. However, in 1986, the U.S. Court of Appeal for the Eighth Circuit denied Leonard Peltier a retrial, stating that: "We recognize that there is some evidence in this record of improper conduct on the part of some FBI agents, but we are reluctant to impute even further improprieties to them."
The U.S. Parole Commission has always denied parole to Leonard Peltier on the grounds that he did not accept criminal responsibility for the murders of the two FBI agents. This is even though, after one such hearing, the Commission acknowledged that, "the prosecution has conceded the lack of any direct evidence that you personally participated in the executions of two FBI agents". Leonard Peltier would not be eligible for another parole hearing until 2024. Furthermore, James H. Reynolds, the US Attorney whose office handled the criminal case prosecution and appeal of Leonard Peltier, wrote that he supported clemency "in the best interest of Justice in considering the totality of all matters involved."
Leonard Peltier suffers from a variety of ailments, including kidney disease, Type 2 diabetes, high blood pressure, a heart condition, a degenerative joint disease, and constant shortness of breath and dizziness. A stroke in 1986 left him virtually blind in one eye. In January 2016, doctors diagnosed him with a life-threatening condition: a large and potentially fatal abdominal aortic aneurysm that could rupture at any time and would result in his death. He currently uses a walker due to limited mobility and contracted COVID-19 in 2022. He continues to be at risk of re-infection while in detention.
In 2015, several Nobel Peace Prize winners—including Archbishop Desmond Tutu—called for Leonard Peltier's release. The Standing Rock Sioux Tribe and the National Congress of American Indians have also called for his release. Leonard Peltier's attorney applied for clemency to President Biden in July 2021. President Biden committed to granting clemency on a rolling basis during his administration.
However, as of February 2023, no decision has been made on his application. He has previously sought clemency, most recently from President Obama in 2016, but his petition has been denied each time.
Due to the numerous issues at trial, the exhaustion of all his legal avenues for appeal, the amount of time he has already served, his continued maintenance of innocence along with his chronic health issues, Amnesty International supports calls for clemency for Leonard Peltier.
PREFERRED LANGUAGE TO ADDRESS TARGET: English
You can also write in your own language.
PLEASE TAKE ACTION AS SOON AS POSSIBLE UNTIL: 29 May 2023
Please check with the Amnesty office in your country if you wish to send appeals after the deadline.
NAME AND PRONOUN: Leonard Peltier - He/Him
LINK TO PREVIOUS UA: https://www.amnesty.org/en/documents/amr51/5208/2022/en/

5. REPETITA IUVANT. SCRIVIAMO ALL'AMBASCIATA DELL'IRAN IN ITALIA PER CHIEDERE CHE CESSINO PERSECUZIONI ED UCCISIONI

Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo di scrivere all'ambasciata dell'Iran in Italia per chiedere al governo di quel paese che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
Gli indirizzi di posta elettronica cui inviare le lettere sono i seguenti: iranemb.rom at mfa.gov.ir, iranconsulate.rom at mfa.gov.ir, rom.media at mfa.gov.ir
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Vi proponiamo un possibile testo essenziale:
Egregio ambasciatore,
le chiediamo di trasmettere al governo del suo Paese questa nostra richiesta che cessino le persecuzioni e le uccisioni.
E' dovere di ogni persona, di ogni societa', di ogni ordinamento giuridico rispettare la vita, la dignita' e i diritti di tutte le donne e di tutti gli uomini.
Tutti gli esseri umani sono eguali in dignita' e diritti, tutti gli esseri umani hanno diritto alla vita e alla liberta'.
Siamo solidali con le donne iraniane - e con gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Distinti saluti,
Nome e cognome, luogo e data, recapito di chi scrive.
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Carissime e carissimi, gentilissime e gentilissimi,
vi proponiamo anche di far circolare questa proposta.
Adoperiamoci affinche' tante persone, tante associazioni, tante istituzioni di tutto il mondo chiedano al governo iraniano che cessino persecuzioni e uccisioni.
Sosteniamo le donne iraniane - e gli uomini che si sono posti al loro ascolto e alla loro sequela - nell'impegno nonviolento per i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Grazie di cuore per quanto vorrete fare.

6. REPETITA IUVANT. SOSTENIAMO IL COORDINAMENTO ITALIANO DI SOSTEGNO ALLE DONNE AFGHANE

Sosteniamo il Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane (CISDA).
Per contatti: e-mail: cisdaonlus at gmail.com, sito: www.cisda.it

7. PER SAPERE E PER AGIRE. ALCUNI RIFERIMENTI UTILI

Segnaliamo il sito della "Casa delle donne" di Milano: www.casadonnemilano.it
Segnaliamo il sito della "Casa internazionale delle donne" di Roma: www.casainternazionaledelledonne.org
Segnaliamo il sito delle "Donne in rete contro la violenza": www.direcontrolaviolenza.it
Segnaliamo il sito de "Il paese delle donne on line": www.womenews.net
Segnaliamo il sito della "Libreria delle donne di Milano": www.libreriadelledonne.it
Segnaliamo il sito della "Libera universita' delle donne" di Milano: www.universitadelledonne.it
Segnaliamo il sito di "Noi donne": www.noidonne.org
Segnaliamo il sito di "Non una di meno": www.nonunadimeno.wordpress.com

8. REPETITA IUVANT. TRE TESI

La guerra e il fascismo sono la stessa cosa. Solo la lotta di liberazione delle donne puo' difendere e liberare l'umanita'.
Salvare le vite e' il primo dovere.
Solo la nonviolenza puo' salvare l'umanita' dalla catastrofe.

9. REPETITA IUVANT. RIPETIAMO ANCORA UNA VOLTA...

... ripetiamo ancora una volta che occorre un'insurrezione nonviolenta delle coscienze e delle intelligenze per contrastare gli orrori piu' atroci ed infami che abbiamo di fronte, per affermare la legalita' che salva le vite, per richiamare ogni persona ed ogni umano istituto ai doveri inerenti all'umanita'.
Occorre opporsi al maschilismo, e nulla e' piu' importante, piu' necessario, piu' urgente che opporsi al maschilismo - all'ideologia, alle prassi, al sistema di potere, alla violenza strutturale e dispiegata del maschilismo: poiche' la prima radice di ogni altra violenza e oppressione e' la dominazione maschilista e patriarcale che spezza l'umanita' in due e nega piena dignita' e uguaglianza di diritti a meta' del genere umano e cosi' disumanizza l'umanita' intera; e solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale si puo' sconfiggere la violenza che opprime, dilania, denega l'umanita'; solo abolendo la dominazione maschilista e patriarcale l'umanita' puo' essere libera e solidale.
Occorre opporsi al razzismo, alla schiavitu', all'apartheid. Occorre far cessare la strage degli innocenti nel Mediterraneo ed annientare le mafie schiaviste dei trafficanti di esseri umani; semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani in fuga da fame e guerre, da devastazioni e dittature, il diritto di giungere in salvo nel nostro paese e nel nostro continente in modo legale e sicuro. Occorre abolire la schiavitu' in Italia semplicemente riconoscendo a tutti gli esseri umani che in Italia si trovano tutti i diritti sociali, civili e politici, compreso il diritto di voto: la democrazia si regge sul principio "una persona, un voto"; un paese in cui un decimo degli effettivi abitanti e' privato di fondamentali diritti non e' piu' una democrazia. Occorre abrogare tutte le disposizioni razziste ed incostituzionali che scellerati e dementi governi razzisti hanno nel corso degli anni imposto nel nostro paese: si torni al rispetto della legalita' costituzionale, si torni al rispetto del diritto internazionale, si torni al rispetto dei diritti umani di tutti gli esseri umani. Occorre formare tutti i pubblici ufficiali e in modo particolare tutti gli appartenenti alle forze dell'ordine alla conoscenza e all'uso delle risorse della nonviolenza: poiche' compito delle forze dell'ordine e' proteggere la vita e i diritti di tutti gli esseri umani, la conoscenza della nonviolenza e' la piu' importante risorsa di cui hanno bisogno.
Occorre opporsi a tutte le uccisioni, a tutte le stragi, a tutte le guerre. Occorre cessare di produrre e vendere armi a tutti i regimi e i poteri assassini; abolire la produzione, il commercio, la disponibilita' di armi e' il primo necessario passo per salvare le vite e per costruire la pace, la giustizia, la civile convivenza, la salvezza comune dell'umanita' intera. Occorre abolire tutte le organizzazioni armate il cui fine e' uccidere. Occorre cessare immediatamente di dissipare scelleratamente ingentissime risorse pubbliche a fini di morte, ed utilizzarle invece per proteggere e promuovere la vita e il benessere dell'umanita' e dell'intero mondo vivente.
Occorre opporsi alla distruzione di quest'unico mondo vivente che e' la sola casa comune dell'umanita' intera, di cui siamo insieme parte e custodi. Non potremo salvare noi stessi se non rispetteremo e proteggeremo anche tutti gli altri esseri viventi, se non rispetteremo e proteggeremo ogni singolo ecosistema e l'intera biosfera.
Opporsi al male facendo il bene.
Opporsi alla violenza con la scelta nitida e intransigente della nonviolenza.
Oppresse e oppressi di tutti i paesi, unitevi nella lotta per la comune liberazione e la salvezza del'umanita' intera.
Salvare le vite e' il primo dovere.

10. MONDO. ANNA LOUIE SUSSMAN: SENZA I MASCHI. IL NUOVO FEMMINISMO SUDCOREANO
[Dal sito della "Libreria delle donne" di Milano riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo originariamente apparso su "Internazionale" il 14 aprile 2023]

Youngmi ha avuto un'infanzia difficile. E' un'infermiera di 25 anni nata in una famiglia povera a Daegu, una delle citta' piu' conservatrici della Corea del Sud. La madre se ne ando' di casa per scappare dai maltrattamenti del marito, lasciando Youngmi e la sorella, ancora piccole, con lui e la nonna paterna. A otto anni la sorella comincio' a perdere i capelli per lo stress. Crescendo, Youngmi era sempre depressa, spaventata dal futuro. Nella societa' coreana - dove dalle donne ci si aspetta deferenza verso la figura paterna e il rispetto di rigidi standard di bellezza - si sentiva una vittima, ossessionata dai torti che il padre le faceva e obbligata a curare il suo aspetto per piacere agli uomini. Anche se da apprendista infermiera non guadagnava molto, ogni stagione si rifaceva il guardaroba, spendendo soldi in abiti di scarsa qualita'. Si truccava religiosamente. "Non potevo uscire senza trucco. Mi vergognavo", dice. "Sentivo la pressione di dover essere bella e desiderabile, fisicamente o sessualmente". Nel 2018, scorrendo i post su Twitter, Youngmi vide il filmato di una protesta per le strade di Seoul. In un paese in cui i casi di femminicidio, revenge porn e violenza nelle relazioni di coppia sono molto frequenti, una serie di reati sessuali con telecamere nascoste, commessi quasi tutti da uomini, erano stati sanzionati con semplici multe e sospensioni della pena, o addirittura archiviati: senza fare nulla. Solo una donna di venticinque anni, che aveva scattato di nascosto una foto a un modello nudo in una scuola d'arte e l'aveva postata su internet, era stata condannata a dieci mesi di carcere e a seguire una terapia per gli autori di violenza sessuale. Le proteste su Twitter erano una reazione a questa sfacciata ipocrisia. Youngmi rimase colpita da tutta quella solidarieta', ma c'era una cosa che la lasciava perplessa: molte manifestanti si erano rasate la testa davanti alla telecamera. Seguendo altri account femministi su Twitter, Youngmi capi' che si trattava di un modo per non adeguarsi alle aspettative estetiche imposte alle donne, le stesse che hanno portato il paese in testa alle classifiche mondiali per il consumo di prodotti di bellezza e il ricorso alla chirurgia plastica. Cominciava a rendersi conto che "per gli uomini non e' cosi': non sentono la pressione di rifarsi il guardaroba ogni stagione o di truccarsi".
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L'autonomia prima di tutto
Qualche tempo dopo, si e' rasata anche lei la testa e ha smesso di truccarsi, unendosi al movimento "Sfuggiamo al corsetto", di cui facevano parte molte giovani sudcoreane. Diventato popolare nel 2018, il movimento era animato da ragazze che rifiutavano pubblicamente gli standard di bellezza, e per questo portavano i capelli corti e non si truccavano (Youngmi era in buona compagnia: in un sondaggio del 2019, il 24% delle donne tra i venti e i trent'anni diceva di aver ridotto la spesa in prodotti di bellezza; molte dichiaravano di non sentirne piu' l'esigenza).
Da lì Youngmi e' approdata al 4B, un movimento in grande crescita. Il nome 4B e' l'abbreviazione di quattro parole che in coreano cominciano tutte per bi, cioe' "no": il primo no, bihon, e' il rifiuto del matrimonio eterosessuale; bichulsan e' il rifiuto della maternita'; biyeonae e' il no al corteggiamento e bisekseu no ai rapporti eterosessuali. Il 4B e' sia una presa di posizione ideologica sia uno stile di vita, e molte donne con cui ho parlato estendono il no a quasi tutti gli uomini, prendendo le distanze anche dagli amici. Attraverso le chat aperte di KakaoTalk (l'app di messaggistica piu' diffusa in Corea del Sud), Youngmi e' entrata in contatto con altre femministe di Daegu, dove viveva con la madre quando frequentava la scuola per infermieri, e ha cominciato a incontrarle ("E' facilissimo riconoscersi con i capelli corti", dice). Ha smesso di vedere le amiche delle medie e delle superiori, che parlavano sempre di trucchi, vestiti e ragazzi. A novembre, quando ci vediamo in un caffe' di Seoul, dove abita da due anni, Youngmi e' senza trucco e indossa jeans larghi con una felpa bianca. I capelli le sono ricresciuti e li tiene legati in una coda di cavallo, perche' si e' stancata delle domande dei colleghi sui capelli corti, ma li nasconde sotto un cappellino da baseball bianco. Il femminismo, mi dice, l'ha aiutata a capire che il problema e' il patriarcato, non lei, e che "le cose brutte che ti succedono nella vita non sono colpa tua". Per Youngmi e tante altre che condividono gli stessi principi, il 4B, o "praticare il bihon", e' l'unico modo per vivere in autonomia. Ai loro occhi, gli uomini sudcoreani sono irrecuperabili e la cultura del paese e' irrimediabilmente patriarcale, spesso perfino misogina. Secondo uno studio del 2016 del ministero per la parita' di genere e la famiglia, nel 41,5% delle coppie ci sono stati episodi violenti, una percentuale molto piu' alta della media mondiale, pari al 30%. Le sostenitrici del 4B sperano di cambiare la societa' - attraverso le manifestazioni e l'attivismo online, e offrendo un modello di vita alternativo alle altre donne - ma non stanno cercando di cambiare gli uomini, che considerano i loro oppressori. E' troppo presto per dire se il movimento riuscira' a sopravvivere e a prosperare. Certo e' che le sue idee e le sue azioni hanno gia' avuto un impatto sui dibattiti online, sulla politica e, soprattutto, sulla vita delle donne sudcoreane. "Praticare il bihon significa eliminare i rischi legati al matrimonio o alle relazioni eterosessuali", mi spiega Yeowon, un'impiegata di ventisei anni, sulla terrazza di un bar di Busan, una citta' sulla costa meridionale. Parliamo davanti a caffe' e pasticcini; ci sono anche la fidanzata di Yeowon e un'altra amica: tutte e tre portano pantaloni neri larghi, felpa nera e capelli corti. I rischi a cui allude Yeowon possono sembrare familiari - sacrificare la carriera per badare ai figli e alla casa, oltre alla violenza fisica - ma in Corea, dice, il matrimonio rappresenta una minaccia esistenziale. Un tempo Minji, un'attivista del 4B di Daegu, voleva sposarsi, "perche', insomma, tutti vogliono sposarsi". Sapendo quello che sa oggi, pero' - per esempio che la violenza domestica e' cosi' comune - ha cambiato idea. Minji ha 27 anni, probabilmente e' eterosessuale e in passato le sono piaciuti dei ragazzi, ma "volevano che li trattassi come dei re". Oggi non si fa problemi a boicottare gli uomini della sua generazione, che a suo dire sono poco meglio di suo padre, egoista e violento. Anche molte ragazze estranee al movimento confermano che non potrebbero frequentare o sposare un uomo coreano. Sooyeon, un'insegnante di poco piu' di trent'anni, racconta: "Quando parlo con i miei amici maschi penso sempre 'Forse non trovero' mai un uomo coreano'... molti, anche quelli della mia generazione, si aspettano che la moglie mantenga un ruolo profondamente tradizionale". Quasi a conferma delle sue parole, un recente sondaggio di un'agenzia matrimoniale mostra che le donne preferiscono non sposarsi per via della divisione dei lavori domestici, mentre per gli uomini il deterrente e' il "femminismo".
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Rapporti guastati
Non e' chiaro quanto il 4B sia diffuso o popolare, perche' in parte raccoglie adesioni online e nel corso degli anni e' cambiato. Nato tra il 2015 e il 2016, da semplice stile di vita contrario al matrimonio si e' trasformato in un boicottaggio degli uomini e del lavoro riproduttivo in generale. Secondo un articolo le attiviste sarebbero 50mila, altri ridimensionano la cifra a meno di cinquemila. La storia delle origini del 4B e' altrettanto incerta, anche se e' possibile delinearne i contorni. Dopo anni di crisi finanziarie in cui i giovani avevano dovuto fare i conti con l'aumento del costo degli alloggi e con una concorrenza serrata per l'ingresso nelle universita' e nel mondo del lavoro, i rapporti tra uomini e donne si sono guastati. Dal 2013 il tasso d'iscrizione all'universita' delle donne coreane ha superato quello degli uomini; oggi quasi tre quarti delle ragazze sono iscritte a corsi d'istruzione superiore, mentre tra i ragazzi non si arriva ai due terzi. In passato ci si aspettava che le donne smettessero di lavorare dopo il matrimonio o la maternita'. Oggi i giovani considerano le loro coetanee delle concorrenti per posti di lavoro che continuano a diminuire (diversi studiosi con cui ho parlato spiegano che la Corea e' etnicamente omogenea, percio' il genere e' la principale linea di frattura della societa'). Nei forum online e sui social network, molti uomini arrabbiati hanno cominciato a chiamare le laureate kimchinyeo o "donne kimchi", per indicare lo "stereotipo della coreana egoista, vanitosa, ossessionata da se' stessa mentre sfrutta il partner", ha scritto la studiosa femminista Euisol Jeong nella sua tesi di dottorato sul "femminismo troll". Tra il 2014 e il 2015 in Corea del Sud si era formata una comunita' violentemente misogina e antifemminista, chiamata Ilbe. Chi ne faceva parte sosteneva che le donne stavano pretendendo altri diritti e privilegi quando gia' avevano l'esenzione dal servizio militare obbligatorio. Agli occhi della comunita' Ilbe, l'intera popolazione femminile era opportunista e superficiale. In rete molte coreane avevano reagito con metodi tipicamente misogini come il trolling (interventi provocatori sui social network), la presa in giro e il linguaggio offensivo. Megalia, uno dei piu' importanti siti femministi all'epoca, aveva coniato il termine hannamchung, "insetto maschio coreano", per rappresentare l'uomo sudcoreano come "brutto, sessista e fissato con il sesso a pagamento", scrive Jeong. Nel 2016 un giovane massacro' a coltellate una ragazza in un bagno pubblico di Seoul, confessando successivamente alla polizia di averla uccisa perche' le donne lo avevano sempre ignorato. Nonostante questa dichiarazione, la polizia si rifiuto' di considerare l'omicidio un crimine d'odio. Infuriate, le donne si sfogarono in massa sui forum e sulle chat femministe. Questa ondata di femminismo digitale attiro' persone di ogni estrazione, anche ragazze come Minji e Youngmi, segnando una differenza dal femminismo coreano tradizionale, confinato quasi sempre nelle universita', nelle associazioni finanziate dallo stato e in altri spazi di nicchia. Nel dicembre 2016, mentre il tasso di fecondita' in Corea del Sud si aggirava intorno a 1,2 nascite per donna (oggi e' 0,78, il piu' basso del mondo), il governo pubblicava una "Mappa nazionale delle nascite" che mostrava il numero di donne in eta' riproduttiva in ogni municipalita', spiegando cosa ci si aspettava da loro (nel marzo 2022 il presidente Yoon Suk-yeol ha vinto le elezioni dando al femminismo la colpa per il basso tasso di nascite, con la promessa di abolire il ministero per la parita' di genere e la famiglia). Le donne si indignarono, osservando che il governo le stava trattando come "capi di bestiame"; su Twitter un'utente pubblico' una falsa mappa che mostrava la distribuzione degli uomini coreani con disfunzioni sessuali. La risposta di molte di queste "femministe digitali" fu boicottare il lavoro riproduttivo chiesto dallo stato, concludendo che il modo piu' sicuro di evitare la gravidanza era evitare gli uomini. Attraverso questi gruppi online si diffuse lo slogan del 4B, che poi sarebbe diventato un movimento. Le rappresaglie e le minacce subite rafforzano la convinzione, all'interno del 4B, che la Corea del Sud sia ancora un luogo in cui le donne devono avere paura. Dopo aver partecipato a una manifestazione femminista, Yeowon ha visto la sua foto pubblicata su un sito Ilbe ed e' stata molestata e minacciata su internet per settimane. Non le interessa frequentare altre donne, ma crede nel lesbismo politico. Youngmi dice che degli uomini hanno provato ad aggredirla fisicamente per la strada tre o quattro volte. Ricorda anche che una sera lei e alcune amiche, tutte con i capelli corti, stavano cenando in un ristorante giapponese a Daegu: per tutta la serata, il gestore e i suoi amici hanno simulato conati di vomito e rivolto gestacci verso il loro tavolo. Quando incontro Minji in un bar nei pressi della stazione centrale, mi confida di essere preoccupata che qualcuno posti una sua foto online perche' porta i capelli corti e sta parlando apertamente di femminismo. "Lo sciopero delle nascite sta uccidendo la Corea del Sud", scrive sul New York Times Hawon Jung, autrice di Flowers of fire (Fiori di fuoco), sul movimento metoo in Corea del Sud. Secondo un sondaggio del 2022, il 65% delle donne sudcoreane, contro il 48% degli uomini, non vuole figli e rifiuta il matrimonio e le pressioni annesse. Per tre anni consecutivi il paese ha registrato il piu' basso tasso di fecondita' al mondo e il numero dei morti ha superato quello delle nascite dieci anni prima del previsto. "Circa meta' delle citta', delle contee e dei distretti del paese rischia di sparire a causa dello spopolamento; asili nido e scuole dell'infanzia si trasformano in case di cura per anziani, le cliniche ostetriche chiudono e aprono pompe funebri". Per Chung Hyunback, ministra della parita' di genere e della famiglia del precedente governo di Seoul intervistata da Jung, la colpa e' "della cultura patriarcale". Altre donne che intervisto mi chiedono di usare degli pseudonimi per motivi di sicurezza. Rinunciare alle relazioni a lungo termine con gli uomini ha anche altre conseguenze. La Corea del Sud ha il piu' grande divario retributivo di genere del mondo ricco: le donne guadagnano il 34,6% in meno degli uomini, e subiscono ancora discriminazioni sul lavoro, cosa di cui il movimento e' consapevole. Un Tweet del 2018, piu' volte condiviso, incoraggiava le donne del 4B a risparmiare i soldi che di solito spendevano in vestiti per sostenere uno stile di vita indipendente ed evitare di diventare "nonne senza un centesimo in tasca e il guardaroba pieno". Le donne del 4B "lavorano duramente perche' sanno che non ci sara' un uomo o un marito a mantenerle", dice Jeong, la studiosa che ha scritto la tesi di dottorato sul femminismo troll, sottolineando che ci sono attiviste che fanno due o tre lavori contemporaneamente. Youngmi e la fidanzata vivono a circa un'ora di metropolitana dal centro di Seoul, nella zona sud, dove gli affitti sono piu' abbordabili. Yeowon mi spiega che il suo piccolo monolocale, il massimo che puo' permettersi al momento, e' in un quartiere poco sicuro vicino a un mercato dove spesso gli uomini ubriachi si ritrovano dopo la chiusura dei bar. La sua compagna, che lavora nel settore informatico, recentemente si e' trasferita perche' nell'ultimo appartamento c'erano gli scarafaggi. Youngmi e le sue amiche hanno creato una mappa delle aziende a Daegu a conduzione femminile per assicurarsi che i loro soldi vadano a sostegno di altre donne. "L'economia e' un tema molto importante per noi", dicono. Altri gruppi legati al movimento organizzano eventi con esperti per insegnare alle donne a risparmiare e a investire. Alcune iscritte a una comunita' online chiamata With (acronimo di women in the hell, donne all'inferno, dove l'inferno e' la Corea) si concentrano solo sull'economia: postano offerte di lavoro, indicazioni su quali banche offrono i tassi d'interesse migliori e altri consigli finanziari. Han, un'insegnante di matematica che ha aperto un servizio di tutoraggio a Daegu, e' convinta che piu' le donne diventeranno forti economicamente, piu' crescera' la loro forza politica, e che per realizzare questo processo servira' una ventina d'anni. L'interesse per la finanza e' dettato dall'urgenza di mantenersi, ma anche dalla prospettiva a lungo termine d'indebolire il patriarcato diffondendo i principi del 4B. "Quando le donne saranno piu' influenti economicamente, allora forse i partiti le ascolteranno", osserva Han. "Ma, fino a quel momento, la mia sensazione e' che le donne continueranno a essere sfruttate; i loro corpi saranno usati per la riproduzione".
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Divisioni interne
A minacciare il futuro del movimento 4B non sono solo le reazioni politiche negative e le difficolta' economiche. Come ogni movimento sociale, il 4B ha le sue spaccature interne: le donne possono essere amiche degli uomini? O di altre donne che vogliono continuare a frequentare gli uomini? Il lesbismo e' necessario per costruire un mondo senza uomini, oppure e' un elemento che privatizza le relazioni, distrugge la solidarieta' femminista e sessualizza le donne? Ad alcune militanti, inoltre, non piace che il movimento si focalizzi sulle donne cisgender escludendo le trans. Molti gruppi online chiedono a chi vuole farne parte d'identificarsi con una foto che attesti il sesso. Minji mi spiega che una delle comunita' femministe di cui fa parte le ha chiesto d'inviare un video del suo pomo d'Adamo per verificare che non era nata maschio. Ma, al di la' dalla loro posizione su questi temi, per le attiviste 4B che ho incontrato divergenze simili influiscono poco sull'impegno personale a vivere separate dagli uomini. In un movimento nato dalla rabbia, cosa succede quando questa svanisce o quando altre preoccupazioni diventano prioritarie? Yeowon definisce le sue amiche "femministe selettive": non si truccano quando devono incontrarsi ma non sono ancora pronte a rinunciare ai vantaggi che derivano dall'essere attraenti in senso convenzionale. "Non riescono a rinunciare al potere della femminilita'", riflette. "Ci sono femministe che dicono: 'Io sono una femminista, odio gli uomini ma voglio anche essere, insomma... appetibile'". Yeowon e le sue amiche mi descrivono dei video pubblicati su YouTube da donne ex bihon che raccontano di aver visto la luce e di essere tornate eterosessuali. Per il momento, e' certo che il messaggio del 4B, a prescindere da come venga praticato o da quanto le sue sostenitrici lo sentano loro, ha dato un rifugio alle donne sudcoreane. Taekyung, ventiquattro anni, sta facendo un master in letteratura tedesca all'università di Ewha, un ateneo per ragazze con un solido movimento femminista e un rispettato dipartimento di studi di genere. In una bellissima giornata d'autunno mi porta orgogliosa in giro per il campus, che risale alla fine dell'Ottocento, e mi mostra il negozio di souvenir e la zona dove le studenti socializzano e a volte si riposano. Cerca di evitare gli uomini fin dalle superiori: una volta, lavorando a una ricerca sull'Ilbe, ha visto dei siti web dove alcuni uomini avevano postato le foto di loro familiari nude e discutevano di come evitate condanne in caso di stupro. Dopo il liceo e' andata all'universita' delle donne di Sungshun. Non crede alle etichette sull'orientamento sessuale e non le interessa frequentare altre donne, ma crede nel lesbismo politico come un modo per vivere separata dagli uomini, insistendo su "politico" piu' che su "lesbismo". "Nel lesbismo politico posso essere semplicemente una persona, un essere umano. Mi sento in un posto sicuro", mi dice mentre beviamo un latte di patate dolci nella caffetteria del campus. La cosa piu' importante, per lei, e' l'assenza degli uomini. "Quando dico 'posto sicuro', intendo sempre un posto per le donne".

11. DOCUMENTAZIONE. NINA LAKHANI: BIDEN URGED TO FREE INDIGENOUS ACTIVIST LEONARD PELTIER AFTER DECADES In PRISON
[Dal sito del "Guardian" riprendiamo e diffondiamo il seguente articolo del 18 aprile 2023 dal titolo "Biden urged to free Indigenous activist Leonard Peltier after decades in prison" e il sommario "Amnesty urges president to grant clemency to Peltier, convicted of killing two FBI agents in trial rife with due process violations"]

Amnesty International has launched a new campaign calling on Joe Biden to grant clemency for Leonard Peltier, the Indigenous rights activist whose health is deteriorating after almost five decades in maximum security prison for crimes he has always denied.
The international human rights group is urging Biden to release Peltier on humanitarian grounds - exactly 46 years after he was convicted for killing two FBI agents in a trial rife with irregularities and due process violations including evidence that the agency coerced witnesses and withheld and falsified evidence.
"No one should be locked up, let alone for over 40 years, when there are serious concerns about the fairness of their trial. President Biden should right this historic wrong and grant Leonard Peltier clemency," said Zeke Johnson, Amnesty International US national director of campaigns.
Peltier, an enrolled member of the Turtle Mountain Chippewa tribe and of Lakota and Dakota descent, was convicted of murdering FBI agents Jack Coler and Ronald Williams during a shootout on the Pine Ridge reservation in South Dakota in June 1975.
Peltier was a leader of the American Indian Movement (AIM), an Indigenous civil rights movement founded in Minneapolis that was infiltrated and repressed by the FBI.
Now 78, Peltier is currently held in a maximum security prison in Coleman, Florida, where his health and mobility have significantly deteriorated since contracting Covid-19.
Amnesty International, who had observers at the original trial, is among a long list of advocates to call for Peltier's release since his conviction in 1977 - including a group of UN arbitrary detention experts and the US attorney James Reynolds, whose team led the prosecution and appeal of Peltier's case.
Earlier this year, former agent Coleen Rowley became the first FBI insider to call for clemency, after claiming that the agency's stubborn opposition to Peltier's release was driven by vindictiveness. The agency has continuously campaigned and protested against his parole and clemency.
Peltier is not eligible for parole again until 2024; the most recent petition for clemency was submitted by his legal team in 2021, but remains unresolved.
In an exclusive interview with the Guardian conducted via email in February, Peltier said: "Being free to me means being able to breathe freely away from the many dangers I live under in maximum custody prison. Being free would mean I could walk over a mile straight. It would mean being able to hug my grandchildren and great-grandchildren."

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DONNA, VITA, LIBERTA'
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A sostegno della lotta nonviolenta delle donne per la vita, la dignita' e i diritti di tutti gli esseri umani
a cura del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo
Supplemento a "La nonviolenza e' in cammino" (anno XXIV)
Direttore responsabile: Peppe Sini. Redazione: strada S. Barbara 9/E, 01100 Viterbo, tel. 0761353532, e-mail: centropacevt at gmail.com
Numero 115 del 25 aprile 2023
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Il "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani e la difesa della biosfera" di Viterbo e' una struttura nonviolenta attiva dagli anni '70 del secolo scorso che ha sostenuto, promosso e coordinato varie campagne per il bene comune, locali, nazionali ed internazionali. E' la struttura nonviolenta che oltre trent'anni fa ha coordinato per l'Italia la piu' ampia campagna di solidarieta' con Nelson Mandela, allora detenuto nelle prigioni del regime razzista sudafricano. Nel 1987 ha promosso il primo convegno nazionale di studi dedicato a Primo Levi. Dal 2000 pubblica il notiziario telematico quotidiano "La nonviolenza e' in cammino". Dal 2021 e' particolarmente impegnata nella campagna per la liberazione di Leonard Peltier, l'illustre attivista nativo americano difensore dei diritti umani di tutti gli esseri umani e dell'intero mondo vivente, da 47 anni prigioniero innocente.
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