[cultura] Don Milani e il suo impegno educativo per la pace, a cento anni dalla nascita



Il 27 maggio si celebra il centenario della nascita di Lorenzo Milani, il priore di Barbiana, noto al grande pubblico per la famosa “Lettera a una professoressa” del 1967, che rappresenterà un punto di riferimento fondamentale per la critica del ‘68 alla scuola classista e per il metodo pedagogico della scuola popolare, che avrà infinite imitazioni. Eppure, è destino comune a molti personaggi, dirompenti nel proprio tempo, di essere trasformati in innocui “santini” nella narrazione pubblica successiva, come per esempio è successo a Martin Luther King negli USA: in Italia è accaduto proprio a don Milani, di cui, pur avendo oggi innumerevoli scuole a lui dedicate, è andata persa la radicalità trasformativa del suo insegnamento. La cui potenza e attualità emergono in tutta la loro evidenza anche da altre due lettere, forse meno note ai più: quella ai cappellani militari della Toscana e la successiva ai giudici del suo processo per apologia di reato.

Tra i “meccanismi del disimpegno morale” analizzati dallo psicologo Albert Bandura hanno un ruolo rilevante e diffuso – in particolare nella partecipazione alle guerre e ai crimini che ne derivano – quelli che depotenziano la responsabilità individuale, attraverso lo spostamento di responsabilità su qualcun altro, occultando o minimizzando il proprio ruolo (è la linea di difesa dei gerarchi nazisti a Norimberga o di Eichmann a Gerusalemme) e la diluizione della responsabilità su più soggetti agenti, perché “lo hanno fatto tutti” (è il meccanismo di discolpa nella cosiddetta violenza di branco). Ecco, le lettere ai cappellani militari e ai giudici – pubblicate con il titolo unitario de “L’obbedienza non è più una virtù” – elaborate da don Lorenzo Milani insieme ai ragazzi di Barbiana, due anni prima della Lettera a una professoressa, rappresentano invece i principi della formazione all’impegno morale contro la guerra. Validi sempre e universalmente perché fondati sulla coscienza individuale.

La scuola di don Lorenzo ha precisamente lo scopo di formare cittadini consapevoli e responsabili, ossia “sovrani”, attraverso l’elaborazione collettiva del pensiero che si manifesta anche attraverso gli esercizi della lettura, per esempio giornaliera dei quotidiani, e della scrittura, per esempio nelle lettere. “La scuola è diversa dall’aula di tribunale – scriverà ai giudici – Per voi magistrati vale solo ciò che è legge stabilita. La scuola invece siede tra passato e futuro e deve averli presenti entrambi. E’ l’arte delicata di condurre i ragazzi sul filo del rasoio: da un lato formare in loro il senso della legalità, dall’altro la volontà di leggi migliori cioè il senso politico”. E nel far questo i testi di lettura a Barbiana sono la Costituzione, i dialoghi socratici, i Vangeli, l’autobiografia di Gandhi, le lettere tra Claude Eatherly – uno dei piloti di Hiroshima – e il filosofo Günther Anders, le Lettere di Bertrand Russell ai potenti della terra… i fondamenti del pensiero nonviolento e pacifista.

Pasquale Pugliese

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