27 febbraio - Il Friuli Venezia Giulia alza la voce per i Diritti (300)



Pordenone, Udine, Gorizia, Trieste

Il Friuli Venezia Giulia alza la voce per i Diritti

27 febbraio - Giornata di mobilitazione in favore dei diritti sociali

 

 

Pordenone

 

La protesta in nome dei diritti in Friuli Venezia Giulia parte da Pordenone con un treno dei desideri che chiede “diritti sociali per tutti”. Con la critica della violazione dei diritti, dall’ampio e variegato universo del Sociale si alza forte la richiesta di nuove basi su cui fondare e di nuove vie su cui avviare il rilancio della convivenza sociale e dell’economia. Sabato 27 febbraio centinaia di persone che condividono la vita del Terzo settore del Fvg percorreranno in treno la regione e invitano tutti i cittadini che lo desiderano ad incontrarsi con loro per discutere di questi temi davanti alle stazioni ferroviarie dei quattro capoluoghi di provincia. Gli appuntamenti sono a Pordenone alle 10.30, a Udine alle 11, a Gorizia alle 11.30 ed infine a Trieste alle 13.15.

Sabato 27 febbraio infatti le organizzazioni che aderiscono alla campagna nazionale “I diritti alzano la voce” partiranno in treno da Pordenone alle 11.17 e, dopo aver attraversato idealmente in treno tutto il Friuli Venezia Giulia, giungeranno alla stazione centrale di Trieste alle 13.04 per consegnare il “Manifesto” nazionale e il corrispondente documento regionale. Prima dell’arrivo del treno dei diritti  presso le stazioni ferroviarie dei quattro capoluoghi di provincia si terranno dei brevi incontri con la popolazione e con gli operatori della stampa locale.

Aderiscono alla manifestazione di sabato Cnca Fvg, Legacoopsociali Fvg, Federsolidarietà Fvg, MoVI Fvg, Auser Fvg, Coremi Fvg – Coordinamento Regionale Tutela Minori, Libera Trieste, Anteas Fvg, Arci, Conferenza Regionale Volontariato e Giustizia, Beati i costruttori di pace – Friuli Venezia Giulia, Comitato Primo Marzo – gruppo di Pordenone, Comitato Primo Marzo – gruppo di Udine, Consorzio Leonardo, CeVI – Centro Volontariato Internazionale di Udine, Consorzio Interland Trieste, Aracon cooperativa sociale onlus, Aracon gruppo polivalente, Comunità di San Martino al Campo, La Quercia soc. coop. sociale, Associazione di volontariato Il Noce, Il Piccolo Principe soc. coop. sociale, Centro studi sociali Luigi Scrosoppi, Comunità Arcobaleno onlus, Comunità di Rinascita, La Zeje soc. coop. sociale, Mhandy soc. coop. sociale, Querciambiente soc. coop. sociale, Itaca Società cooperativa sociale onlus, Icaro – volontariato Carcerario di Udine, Centro Volontari Cooperazione allo Sviluppo (CVCS Gorizia), Associazione La Tela.

 

La situazione culturale e politica dell’Italia induce a chiedere con forza più welfare, più servizi sociali, più investimenti sui diritti fondamentali della persona. Ciò vale in modo del tutto particolare per la regione Friuli Venezia Giulia che in passato è stata all’avanguardia per ciò che concerne le innovative legislazioni sui servizi socio sanitari, sul volontariato, sulla solidarietà sociale, sulla cooperazione internazionale, sulla pace e i diritti umani, sull’integrazione degli immigrati, sulla tutela dei cittadini. Ebbene, tutto questo sistema viene progressivamente, ma inesorabilmente smantellato.

 

Vengono calpestati il diritto degli immigrati a partecipare alla vita della società, quello di tutti i cittadini a essere tutelati di fronte alla Pubblica amministrazione regionale, quello dei minori ad essere tutelati al di fuori delle logiche dettate dagli schieramenti partitici.

La Finanziaria approvata dal Consiglio Regionale del Friuli Venezia Giulia per il 2009 ha infatti cancellato in pochi quasi invisibili codicilli anni di lavoro per la coesione sociale, spazzando via con un tratto di penna senza sostituirli con nulla la legge 5/2005 sulle politiche regionali di integrazione degli immigrati, l’istituto del Difensore Civico regionale e connotando politicamente quello altrettanto importante del Tutore Pubblico dei Minori.

 

Viene calpestato il fondamentale diritto di ogni residente a ricevere assistenza dai servizi sociali pubblici.

La Finanziaria 2010, legge che dovrebbe determinare gli orientamenti economici al servizio della persona umana, va più in là di quella che l’ha preceduta arrivando a modificare la Legge Regionale 6/2006 in modo da escludere dai servizi di assistenza sociale di tutti coloro che non sono cittadini comunitari o sono comunitari ma risiedono da meno di 36 mesi nella regione FVG dai servizi sociali. La norma è in palese contrasto con il dettato costituzionale che prevede l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge ma anche con la stessa legge quadro sull’immigrazione, la cosiddetta Bossi-Fini.

 

Sono minacciati i diritti alla salute e alla tutela dei soggetti più deboli.

La proposta di riforma del sistema sanitario regionale, attualmente in discussione, non coinvolge infatti un impegno per la promozione della salute e per la prevenzione: temi così importanti sembrano essere trattati quasi esclusivamente dal punto di vista dei costi e dei risparmi aziendali. Si prospetta addirittura la possibilità di vietare l’accesso degli immigrati irregolari agli ambulatori pubblici, violazione di uno dei più elementari diritti umani che già ha suscitato l’indignazione delle associazioni mediche di categoria.

La ristrutturazione dei grandi ospedali con la conseguente concentrazione in pochi centri di enormi risorse porterà a indebolire se non a cancellare l’esperienza di integrazione tra servizi e territorio che altre regioni hanno in passato ammirato e imitato.

 

E’ violato il diritto costituzionale all’accoglienza dei richiedenti asilo politico.

Già la presenza di uno dei più grandi Centri di identificazione e espulsione a Gradisca d’Isonzo ricorda a tutti l’iniquità di una legge nazionale che consente la carcerazione di fatto di chi si trova anche in situazione di semplice irregolarità amministrativa (Cie). Ma la contigua struttura del Centro di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) costringe anche a pensare ai disagi dei richiedenti asilo: chi non ha ancora ottenuto il riconoscimento del proprio status o ha sporto ricorso, dopo sei mesi di permanenza viene espulso dalla struttura senza alcuna ulteriore assistenza se non quella fornita esclusivamente dal volontariato sociale.

 

Vengono messi in discussione i diritti dei popoli a uno sviluppo economico equo e solidale.

Fortemente ridimensionati sono infatti anche la cooperazione allo sviluppo e il partenariato internazionale, oggetto di una pionieristica Legge Regionale datata 2001: accanto alla cancellazione dell’esperienza dei “tavoli tematici”, che aveva consentito negli anni precedenti singolari forme di raccordo tra le diverse realtà del settore, c’è da riscontrare la riduzione di quasi il 90% dei contributi destinati alla solidarietà con i Paesi del Sud del mondo a fronte dell’incentivazione di forme di cooperazione collegate agli interessi finanziari delle imprese del Fvg soprattutto nelle aree dei Balcani e dell’America Meridionale.

 

E’ posto in discussione anche il diritto a un trattamento consono alla dignità di ogni persona umana.

La situazione delle carceri nella regione è sempre più drammatica, alcune di esse sono caratterizzate da strutture fatiscenti e grave carenza di personale: il tasso di suicidi e tentativi di suicidio è tra i più alti in Italia. Manca ancora un piano organico di sostegno a iniziative in grado di favorire l’esecuzione di pene alternative in strutture finalizzate alla riabilitazione e al reinserimento nella società civile delle persone che sono state condannate.

In questa situazione c’è il rischio che anche il volontariato e l’associazionismo possano essere strumentalizzati e considerati la soluzione a tutti questi e tanti altri problemi: occorre evitare in ogni modo il ritorno a una beneficenza pietistica che alimenta l’assistenzialismo e cancella una lunga storia di seria collaborazione progettuale tra servizi e realtà della società civile, nel rispetto dei ruoli complementari.

 

In pericolo, come nel resto d’Italia, è il diritto all’occupazione e a un lavoro sicuro.

Si ha l’impressione che anche nella delicata situazione geopolitica di un Friuli Venezia Giulia mai come adesso centro della nuova Europa non ci sia attenzione alle questioni sociali, in particolare al mondo del lavoro: non sono stati individuati freni alle delocalizzazioni; sono stati previsti incentivi alle imprese che rimangono sul territorio ma nessuno ai redditi dei lavoratori; gli ammortizzatori per i cassintegrati sono insufficienti così come sono regolamenti capestro quelli collegati ai lavori socialmente utili; ci sono ben pochi investimenti su una formazione finalizzata al miglioramento dei livelli operativi e alla ricerca di nuovi settori sui quali investire in futuro; non c’è promozione della sicurezza sul lavoro e della tutela dell’ambiente in una regione che ha già pagato un altissimo prezzo alle malattia derivate dall’amianto.

Anche la cooperazione sociale viene colpita da consistenti tagli a finanziamenti già insufficienti, mentre rimangono per lo più inattuate le norme per permettere l’inserimento delle persone svantaggiate e disabili escluse dal mercato del lavoro. Tutto ciò accade in un periodo in cui vive grandi difficoltà anche l’area del commercio, priva di agevolazioni fiscali, esposta senza adeguati accordi di collaborazione alla concorrenza internazionale, impedita a calmierare i prezzi dei generi di prima necessità. Si aggiunga la già avviata privatizzazione dell’acqua e si ha un’idea generale dei problemi che le fasce più deboli della popolazione dovranno affrontare in un futuro molto prossimo.

Un’ultima parola ai giovani della Regione e al loro costituzionale diritto all’istruzione. In attesa della nuova legge regionale non si può che guardare con preoccupazione alle scarse prospettive di lavoro e di realizzazione per le nuove generazioni. Anche gli investimenti sui settori della formazione scolastica e sull’assistenza alle fasce maggiormente in difficoltà suscitano poche speranze: sembrano riportare l’orologio della storia alla distinzione tra formazione professionale e umanistica, alla ricostruzione di una vera e propria divisione di classe che ha le sue radici nella prima infanzia e si approfondisce con lo scorrere del tempo.

 

Fabio Della Pietra

Ufficio Stampa

Cooperativa sociale Itaca

Pordenone

www.itaca.coopsoc.it

Prot. 300

Allegato Rimosso