le droghe, il carcere, il controllo - segnalazione editoriale



cecco bellosi
Segnalazione editoriale


Cecco Bellosi

Piccoli gulag

Sentieri e insidie delle comunità terapeutiche


pp 176 euro 14,00


Dal libro:

"Il carcere è luogo delle privazioni e del controllo. La comunità è luogo del controllo e delle privazioni. Entrambi territori dell¹imposizione, non sono però la stessa cosa. La galera costringe all¹ozio forzato, la comunità al suo contrario: il lavoro forzato, anche nei confronti di se stessi. Il carcere è così fuori dal tempo da essere maledettamente attuale; la comunità è talmente ripiegata sul qui e ora da legare le proprie radici vischiose a un passato remoto."

"Le comunità rappresentano un punto di ibrido incontro tra etica religiosa e spirito del socialismo reale. L¹etica religiosa si esprime nell¹assoluto della regola, lo spirito rieducativo nelle frementi ansie di adeguamento alla norma, attraverso percorsi di riabilitazione sociale. Le comunità terapeutiche sono in generale un formicaio frenetico, nelle ore dedicate al lavoro ma anche in quelle di non lavoro. Fluisce un attivismo sconosciuto alle prigioni: questo non significa che vi scorra attività. Sedute di psicoterapia, preghiere, corsi di formazione o di ginnastica, riflessioni guidate, momenti ricreativi riempiono le persone di informazioni e convinzioni senza, di contro, ascoltare nulla. Si svolge un condizionamento operante che, nelle intenzioni, dovrebbe poi proseguire all¹esterno, come una sveglia capace di mantenere a lungo la carica."

"A parte la divisa, che cosa differenzia un operatore di comunità da un agente di custodia? Il secondo è un carceriere del corpo, il primo lo è dell¹anima: a volte, di tutti e due."



Dall'introduzione di Susanna Ronconi:

Le storie professionali di Cecco sono così dentro la sua vita individuale, la sua "tecnica" della relazione è così dentro la sua esperienza del vivere, dentro il suo sguardo mai conformista, sempre posizionato dalla parte di chi non ha diritti, ironico, partecipe eppure leggero, da darci il senso forte di una libertà: la libertà ­ nonostante e oltre un contesto nemico e duro ­ di praticare la propria differenza, di non doversi alleare né con il prete né con il medico, di non doversi arrendere alla spartizione del corpo del tossico tra paradigma della malattia e paradigma della morale. La libertà di vedere il volto dell¹altro, di non scarnificarlo, di non negarlo, nemmeno con la scusa della guarigione dal dolore. La libertà di trovare nelle pieghe di ogni esistenza, anche la più dura e la più disperata, la parola della ribellione, della soggettività, dell¹individualità irripetibile. La libertà di affermare con le proprie pratiche che ribellione, soggettività e individualità non vanno "curate", "guarite", piegate. 
Chi parla di rispetto per la persona ­ e lo fanno tutti, nel lavoro sociale, ma davvero tutti, anche gli aguzzini ­ senza riconoscere il suo diritto alla ribellione, non fa che recitare una giaculatoria vuota, mendace. 
E chi non ricorda la propria, di ribellione ­ o peggio, non ne ha mai conosciuto la felicità inebriante insieme allo smarrimento e ai prezzi da pagare ­ non sa lavorare per quella degli altri. 


Dalla Prefazione di Sergio Segio:

Quasi nessuno di quanti fanno il mestiere di Cecco è culturalmente e umanamente egualmente capace di negare ogni distanza tra sé e l'altro, tra l¹operatore e l'"utente" come i racconti in queste pagine dimostrano. In un mondo di "professionisti della solidarietà" spesso ripiegato e rinchiuso su se stesso, con figure di riferimento mai soggette a ricambio, a elezione e verifica o sia pure solo a sollecitazione critica, che si relazionano sempre e solo ex cathedra, quella di Cecco è una preziosa testimonianza.



Cecco Bellosi (Isola Comacina, 1948), da quindici anni si occupa di persone con problemi di dipendenza da sostanze stupefacenti. Attualmente è il coordinatore di comunità e case alloggio per uomini e donne malati di Aids. Nel 1991 è stato tra i soci fondatori della Lila (la Lega italiana per la lotta all¹Aids). Ha collaborato all'Annuario sociale e al Rapporto sui diritti globali 2003 (Edizioni Ediesse).


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