Proposta di Iniziativa per le carceri, sabato 18



 
 
Invio, qui sotto, il testo di una iniziativa che intendiamo  organizzare per questo sabato, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario che si terrà in varie città presso le Corti d'Appello ( Ancona; Bari ; Bologna; Brescia; Cagliari, Caltanissetta; Campobasso; Catania; Catanzaro; Firenze, Genova; L'aquila; Lecce; Messina; Milano, Napoli; Palermo; Perugia; Potenza; Reggio CalabriaRoma; Salerno; Torino; Trento; Trieste, Venezia).
L'invito è duplice:
- ad aderire comunque al testo (rispondendo il prima possibile a questa mail)
- ad autoorganizzare quest'iniziativa laddove possibile (distribuendo questo testo, con le adesioni che saranno raccolte e comunicate, fotocopie con il testo dell'articolo 27 della Costituzione e, se possibile, anche i testi delle leggi inattuate qui citate); anche in questo caso, cortesemente, comunicate urgentemente, sempre in risposta a questa mail, dove si prevede di riuscire a effettuare l'iniziativa e chi la promuove o partecipa.
Per chi pensa di poter partecipare a Milano, l'appuntamento è davanti al palazzo di Giustizia alle ore 9,30, con un foglio in mano con su scritto "articolo 27" per rendersi riconoscibili (in ogni caso lo faccia sapere, sempre a questa mail).
 
I tempi e le forze sono quelli che sono ma, come sempre, procediamo con il pessimismo della ragione e l'ottimismo della volontà. In questo caso, appunto, è richiesta molta buona volontà, poiché l'iniziativa è semplice, si può realizzare anche in poche persone, anche singolarmente, senza organizzazioni, ma il tempo è pochissimo.
Un saluto
Sergio Segio
 
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Inauguriamo una nuova stagione: restituire legalità, dignità e diritti al sistema penitenziario
 
Sabato saremo presenti all’inaugurazione dell’anno giudiziario, davanti al Palazzo di Giustizia. Di sicuro a Milano, ma l’invito è ad autoorganizzare la medesima cosa anche in molte altre città.

Terremo in mano una copia della Costituzione italiana, sottolineandone il dimenticato articolo 27.

Assieme, avremo copia:

-         del “nuovo” Regolamento penitenziario, entrato in vigore il 6 settembre 2000 e sostanzialmente inattuato

-         della legge che consente la scarcerazione delle detenute madri e dei bambini in carcere, in vigore dal marzo 2001 e sostanzialmente inattuata

-         della legge cd. “Smuraglia” per favorire il lavoro per i detenuti, approvata nel giugno 2000 e che non è stata rifinanziata dalla Legge Finanziaria 2003

-         della legge cd. “Simeone-Saraceni”, che consente la sospensione della pena, approvata nel 1998 e sostanzialmente non applicata a coloro che si trovano in carcere

-         della legge che consente la scarcerazione degli ammalati di AIDS e di altre gravi patologie, approvata nel 1999 e sostanzialmente inapplicata, come dimostrano i numerosi casi di morte dietro le sbarre (da ultimo quello di Claudio Menna, il 13 gennaio nel carcere di Rebibbia)

-         delle legge che, in esecuzione della complessiva riforma sanitaria del 1998, dovrebbe garantire il passaggio delle competenze al servizio sanitario nazionale e una maggiore tutela della salute in carcere e, di proroga in proroga, sembra ormai accantonata; nel compenso i fondi per la sanità in carcere sono stati decurtati del 20% nell’ultima Finanziaria, che si aggiunge al taglio del 40% negli anni precedenti;

-         della stessa legge cd. “Gozzini”, che consente anche l’accesso alle misure alternative, approvata nel 1986 e progressivamente svuotata e resa inerte

 

Insomma, terremo in mano copia delle tante e troppe leggi che dovrebbero garantire pene giuste e carceri civili e sono rimaste sulla carta.

Una carta costata anni di fatiche, di lotte, di lavori parlamentari, di sensibilizzazione culturale, di mobilitazione sociale, di dibattito sui giornali e tra la pubblica opinione.

I diritti dei detenuti sono rimasti scritti solo sulla carta. Una carta straccia.

In compenso, la mancanza e negazione di quei diritti è scritta sulla loro pelle. Martoriata dalla disperazione dell’autolesionismo, dei suicidi, delle malattie non curate, delle morti evitabili.

Il sistema penitenziario oggi è illegale: non rispetta le leggi approvate dal parlamento, rese inapplicabili dalla mancanza di risorse e strutture, dall’eccesso di discrezionalità e talvolta, come nel caso del nuovo Regolamento, dalla dichiarata avversione dello stesso ministro di Giustizia.

Agli stessi operatori penitenziari è impedito di svolgere con dignità e diritto il proprio lavoro. Perché anche loro sono vittime dell’inadempienza, delle risorse non stanziate, delle piante organiche non attuate, delle promesse non mantenute. Basti al riguardo la cifra più scandalosa: vi sono in servizio 588 educatori sui 1.376 previsti dalla pianta organica. Lo stesso vale per gli assistenti sociali, gli psicologi, il personale amministrativo, quello infermieristico, gli agenti.

Sabato, all’inaugurazione dell’anno giudiziario, coglieremo l’occasione per ricordare tutto ciò alle autorità, alle figure istituzionali e agli esponenti politici presenti alla cerimonia. Per chiedere loro, con rispetto ma anche con fermezza, che si smettano il gioco dei rimandi, delle dilazioni, delle vuote contrapposizioni, dei pastrocchi giuridici e degli “indultini”. Per chiedere che ogni parlamentare si assuma, in coscienza e libertà, la responsabilità di dire sì oppure no alle sollecitazioni del Papa e del Presidente Ciampi. Di dire sì oppure no a un carcere più umano e meno affollato.

Di dire sì oppure no all’indulto. Un indulto senza diminutivi, senza esclusioni e senza trucchi. Un indulto che sia premessa e precondizione di un percorso più ampio e più lungo, per riformare il sistema penale e penitenziario, nel segno di maggiore efficienza e di una giustizia più giusta.

Ma sabato saremo lì anche per dire che troppo spesso la legge è dura e inflessibile per i poveri e gli esclusi, ma elastica e distratta per i più forti e potenti.

Per questo, l’indulto non ci basta. Altro che diminutivi. L’indulto, pieno e vero, va accompagnato da misure concrete, da un piccolo “piano Marshall” per sostenere il reinserimento sociale e lavorativo di quanti escono dal carcere, nonché migliori condizioni di vita per quanti non possono uscirne e migliori condizioni di lavoro per tutti gli operatori. Questa è la vera garanzia di sicurezza per la collettività e di prevenzione della recidiva. Questo è il dettato dell’articolo 27 della Costituzione. Un articolo troppo spesso dimenticato e anch’esso sostanzialmente inattuato.

C’è un prima e un dopo l’auspicato indulto su cui vogliamo egualmente richiamare l’attenzione. Su questo prima e dopo, sulle leggi già esistenti da applicare e su un nuovo pacchetto di misure concrete (condizioni di vita e di lavoro all’interno, formazione, salute, organici, difensore civico, misure alternative, affettività) nelle prossime settimane elaboreremo precise proposte su cui rinnovare alleanze e iniziative comuni tra associazioni, volontariato, cooperazione sociale, operatori penitenziari e sindacati.