Intervento di Nichi Vendola al dibattito parlamentare sul terremoto in Molise



Signor Presidente, signor ministro, dovremmo tornare a discutere ancora
della tragedia che ha devastato uno spicchio di Molise e un pezzettino
di Capitanata, perché non possiamo cavarcela con un dibattito rapido in
un'aula mezza vuota e perché la tragedia di San Giuliano parla
complessivamente di storia, di geografia, di modello di sviluppo, di
cultura e di scelte politiche concrete.
San Giuliano per noi diventa la nuova tappa di un lungo calvario che
racconta della storia complessa e complessiva del nostro paese e del
nostro Mezzogiorno. Dopo Sarno, dopo Soverato dovremmo ricordarci di
San Giuliano. Vorrei dire che vi è quasi un carattere selettivo in
queste tragedie ed in questo dolore indicibile che svelano pezzi
sconosciuti d'Italia e che raccontano cose su cui dovremmo interrogarci
di più quando costruiamo l'agenda della politica.

Signor ministro, la prima urgenza che sento di segnalarle è la
seguente. La nostra attenzione rischia di finire nel recinto
dell'epicentro e di durare lo spazio dell'emozione che rimbalza
attraverso il circuito mediatico. Lei sa che i comuni coinvolti da
questo evento sismico sono 22 nella provincia di Campobasso ed 8 nella
provincia di Foggia e che vi è stato un esodo forzato di intere
comunità. Il dramma degli sfollati è inenarrabile, è il dramma dello
sradicamento, soprattutto per i più anziani, e sarà tra qualche giorno
il dramma delle cattive condizioni meteorologiche, che già oggi hanno
cominciato ad inquietare quei territori.

Allora, vorremmo che, spenti i riflettori, non si spegnesse
l'attenzione della politica e che la macchina che deve governare
l'emergenza e il soccorso oltre che il lungo progetto della
ricostruzione abbia come propria area di estensione tutto il territorio
colpito dal sisma. Questa è la prima urgenza che le segnalo. Signori
del Governo, in questi giorni siamo stati lì, abbiamo potuto vedere
concretamente e apprezzare la macchina dei soccorsi, e il lavoro dei
volontari e tra questi, mi permetto di dirglielo sommessamente,
l'impegno di tutti ragazzi del Social forum molisano che ho incontrato
ogni giorno, ventiquattro ore al giorno, con i loro furgoni a portare
acqua, pane e latte da una tendopoli all'altra. Abbiamo potuto capire
anche quanto strumentali fossero talune polemiche costruite sui
giornali. Mi riferisco a polemiche di cartapesta come quella
particolarmente sgradevole sul povero sindaco di San Giuliano. Si
costruiva una polemica mentre il sindaco scavava cercando i suoi due
figlioli.


Signor ministro, avremmo gradito nella sua relazione, pure così ricca
di dettagli, qualche notizia in più relativamente alle mappe sismiche
di questi territori. Vorremmo sapere se tali mappe siano state
aggiornate e dove siano. Inoltre, vorremmo sapere, qualora fossero
state aggiornate e comprendessero i comuni toccati dall'evento sismico,
per quale ragione esse fossero note alle autorità locali. Questo mi
pare un punto importante, un chiarimento doveroso.

Altrettanto importante è aprire un discorso, fuori dal ring della
polemica politica più immediata, sulla cabina di regia della protezione
civile: una cabina vuota, senza regista. Vede, signor ministro,
l'eroismo di coloro che lavorano nella protezione civile, come
l'eroismo dei vigili del fuoco e dei volontari, non ci deve depistare
dal bisogno di mettere in discussione i rischi legati ad una vacanza di
governo di una delle istituzioni più importanti di un paese che ha le
caratteristiche geomorfologiche dell'Italia, un paese fragile ed a
rischio.

Ancora, faremo il dibattito sull'edilizia scolastica? Quella mamma, la
mamma di Luigi, la mamma di tutti i bimbi della comunità di San
Giuliano, ha posto, con una lucidità non scalfita dal dolore, il
problema dell'edilizia scolastica. L'edilizia scolastica nel
Mezzogiorno d'Italia è la scena di una sconfitta dello Stato. Se
dovessimo discutere sugli indici reali di agibilità delle scuole nel
sud faremmo una discussione molto angosciata. Credo che dovremmo farla,
perché quando passeremo alla discussione della legge finanziaria, delle
scelte di politica di bilancio, bisognerà misurare quanto riusciamo a
mantenere le nostre promesse, quelle che facciamo nella solennità e
nella commozione dei funerali di Stato.

Ho sentito dalla più alta carica della Repubblica dire parole di
autocritica, sincere, penso: "Noi adulti non abbiamo provveduto alla
sicurezza ed alla protezione dei più piccoli". Vi è da riflettere su
tali parole. Esse ci aiutano a non degenerare nella polemica politica
più meschina, quella che cerca i ritagli di responsabilità del
contingente, quella che vive nello spazio effimero del teatrino di
Palazzo e riempie uno spigolo torbido della giornata giornalistica.


Tuttavia, l'espressione "noi adulti" non è precisa. L'espressione
precisa è "le classi dirigenti complessive di questo paese". Mi
riferisco alla responsabilità di chi pensa che l'opera pubblica
di "messa in sicurezza" del nostro territorio sia soltanto argomento
per i dibattiti domenicali o per qualche seminario culturale, di chi
non riesce a fare una radiografia precisa dello stato delle nostre
città, delle nostre coste, delle nostre alture, dei nostri fiumi.

Si dice troppo facilmente: "calamità naturale". Vi è naturalmente un
elemento di fatalità nel dispiegamento della morte e della distruzione,
quando vi è un evento come il terremoto; tuttavia
l'espressione "calamità naturale" tante volte è deviante perché la
verità è che la maggior parte degli effetti di morte e di devastazione
appartengono ad altro genere di calamità: le calamità artificiali.
Attengono alle responsabilità di chi ha vissuto il territorio come
un'area di mercificazione e di saccheggio; di chi ha costruito sulle
falde e sulla sabbia; di chi ha costruito risparmiando sui materiali di
costruzione; di chi ha bucato le alture; di chi ha disboscato; di chi
ha inquinato i fiumi!

Allora vi è il bisogno di affrontare il dibattito sulla ricostruzione e
quello sul "malpaese", in primo luogo perché ricostruzione significhi,
fuori da qualsivoglia manipolazione, rifondazione delle identità
ferite, di quel patrimonio prezioso di comuni piccoli come presepi, che
sono lì arroccati nel Sub Appennino Dauno; inoltre perché il nostro
futuro possa essere non sempre e solo "governo dell'emergenza" bensì
interventi di prevenzione e di risanamento di un territorio così
fragile e così esposto a rischi e danni. Sono quei danni che provocano
dolori come quelli che abbiamo visto in via Giovanni XXIII a San
Giuliano di Puglia e che non vorremmo vedere mai più.

Nichi Vendola - intervento camera dei deputati 4 novembre 2002