LEGGE 266/91



Giorgio Groppo
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PROPOSTE DI MODIFICA LEGGE 266/91





La Legge 266/91 ( Legge - Quadro del Volontariato ) fortemente voluta dalle
Associazioni di Volontariato è stata un punto di riferimento importante
nella regolazione dei rapporti tra il variegato mondo del Volontariato e le
pubbliche amministrazioni .


Considerando però i Decreti e le Leggi che le sono succedute -  in
particolar modo il D. Lgs. 460/97 ( Riordino della disciplina tributaria
degli enti non commerciali e delle organizzazioni non lucrative di utilità
Sociale  e la nuova Legge Costituzionale n. 3 ( Legge sul Federalismo ) che
trasferisce nuove competenze alle Regioni anche in materia di volontariato
e Terzo Settore , si rende necessaria  una nuova Legge Quadro che
disciplini meglio il Volontariato , accogliendo il dettato delle leggi che
le sono succedute e quelle particolari situazioni di fatto , poste in
essere nel corso di applicazione della L. 266/91 in questi ultimi dieci
anni , senza stravolgerne il contenuto .



Legge di riforma o Testo unificato del Terzo Settore


La linea del Governo ( formalmente presentata dal Ministro Maroni alla
Commissione Affari Sociali della Camera il 17 Luglio 2001 nell'audizione in
cui ha illustrato alla Commissione le " Linee programmatiche del Governo in
tema di politiche sociali " ) sembra quella di accogliere la richiesta
della Compagnia delle Opere e del Forum del Terzo Settore sulla necessità
di procedere alla stesura di un Testo di Legge Unico per tutto il Terzo
Settore che ci trova decisamente contrari considerandolo pericoloso in
quanto metterebbe in discussione lo stesso volontariato e il principio
cardine della gratuità contenuto nell'art. 2 della Legge 266/91 , e
propendiamo sulla riforma separata delle tre leggi del volontariato , della
cooperazione sociale e dell'associazionismo di promozione sociale .



Art. 2 - Attività di Volontariato



a) Gratuità


Il tema della gratuità è uno degli elementi di maggiore discussione nel
dibattito in corso sulla modifica della Legge 266/91 , in particolare a
proposito del rimborso spese e del lavoro subordinato .

Il 1° comma dell'art. 2 della Legge 266/91 afferma che " per attività di
volontariato deve intendersi quella prestata in modo personale, spontaneo e
gratuito, tramite l'organizzazione di cui il volontariato fa parte, senza
fini di lucro anche indiretto ed esclusivamente per fini di solidarietà "
mentre il 2° comma stabilisce che " l'attività del volontario non può
essere retribuita in alcun modo nemmeno dal beneficiario . Al volontario
possono essere soltanto rimborsate dall'organizzazione di appartenenza le
spese effettivamente sostenute per l'attività prestata, entro i limiti
prestabiliti dalle organizzazioni stesse " . Inoltre ( 3° comma ) " la
qualità di volontario è incompatibile con qualsiasi forma di lavoro
subordinato o autonomo e con ogni altro rapporto di contenuto patrimoniale
con l'organizzazione di cui fa parte " .

Tale principio deve - a nostro parere - restare immutato e non possiamo
avvalorare l'ipotesi proveniente da più parti , di certificare un rimborso
spese mensile , in quanto si camufferebbe il rimborso spese con un
appannaggio mensile . Il 2° comma già riconosce il rimborso spese
preventivamente autorizzato dalla propria organizzazione di volontariato e
modificare tale principio sarebbe del tutto inopportuno in quanto lederebbe
il principio della gratuità , e costituirebbe il primo passo per accrescere
tale contributo sino a sfiorare il vero e proprio stipendio .
E' vero che esiste il problema della rendicontazione , specialmente per le
Associazioni più piccole , ma anche in questo caso sarebbero comunque
facilmente quantificabili le spese non documentabili effettuate dagli
associati presso la struttura propria ( abitazione e/o ufficio ) come ad
esempio l'invio di fax , fotocopie e/o telefonate , procedendo ad una
rendicontazione non fiscale ma legata ad un preciso incarico associativo .

Così come gli associati delle organizzazioni di volontariato non possono
essere dipendenti delle stesse in quanto si lederebbe sempre il principio
cardine della gratuità della propria prestazione .

Riteniamo che " la stella polare " debba essere il dettato dell'art. 3
della Carta dei Valori del Volontariato nata dalla collaborazione della
Fivol e dwel Gruppo Abele , là dove afferma che " Il volontariato è azione
gratuita . La gratuità è elemento distintivo dell'agire volontario e lo
rende originale rispetto ad altre componenti del terzo settore e ad altre
forme di impegno civile . Ciò comporta assenza di guadagno economico,
libertà da ogni forma di potere e rinuncia a vantaggi diretti e indiretti "
.




Art. 3 - Organizzazioni di Volontariato



a) Democraticità e voto per Delega


Da più parti si dibatte sul fatto che , se i soci delle Organizzazioni di
volontariato strutturate a livello nazionale , possano votare il bilancio e
le cariche associative della sede Nazionale attraverso il voto per delega
attraverso i delegati eletti nelle  assemblee delle strutture intermedie ,
specialmente in seguito alla pubblicazione del D.Lgs. 460/97 .

Il principio di democraticità è disciplinato dal 3° comma dell'art. 3 della
Legge 266/91 che testualmente recita " Negli accordi degli aderenti,
nell'atto costitutivo e nello statuto, oltre a quanto previsto dal codice
civile per le diverse forme giuridiche che l'organizzazione assume, devono
essere espressamente previsti l'assenza di fini di lucro, la democraticità
della struttura, l'elettività e la gratuità delle cariche associative
nonché la gratuità delle prestazioni fornite dagli aderenti, i criteri di
ammissione e di esclusione  di questi ultimi, i loro obblighi e diritti.
Devono essere altresì stabiliti l'obbligo di formazione del bilancio, nel
quale devono risultare i beni, i contributi o i lasciti ricevuti, nonché le
modalità di approvazione dello stesso da parte dell'assemblea degli
aderenti ,"

Prescrive quindi l'elettività delle cariche associative ma non è chiarito
se le cariche associative e il bilancio devono essere votati direttamente
dagli iscritti (  secondo il principio "una testa per un voto " ) o
attraverso i delegati eletti nelle Assemblee .

Il D. Lgs. 460/97 ( decreto Legislativo 4 Dicembre 1997 n. 460 " Riordino
della disciplina tributaria degli enti non commerciali e delle
organizzazioni non lucrative di utilità Sociale " n.d.r  ) : in particolar
modo il comma 4-quinquies/e che sostituisce il comma 4 dell'art. 111     (
del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del
Presidente della Repubblica 22 Dicembre 1986 n. 917  n.d.r. ) afferma che "
l'eleggibilità libera degli organi amministrativi, principio del voto
singolo di cui all'art. 2532, secondo comma, del codice civile, sovranità
dell'assemblea dei soci, associati o partecipanti e i criteri di loro
ammissione ed esclusione, criteri ed idonee forme di pubblicità delle
convocazioni assembleari, delle relative deliberazioni, dei bilanci o
rendiconti ".

E' bene precisare che il D. Lgs. 460/97 è diviso in due sezioni , la
Sezione I ( art. 5 ) è dedicata " all'attività svolta dagli enti di tipo
associativo " e la Sezione II ( art. 10 ) riferito alle Organizzazioni non
lucrative di utilità sociale ( ONLUS ) .
Detto articolo ( ovviamente ) non richiama più il principio di " una testa,
un voto " ma all'art. 10 comma 11//h si afferma unicamente la     "
disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative
volte a garantire l'effettività del rapporto medesimo, escludendo
espressamente la temporaneità della partecipazione alla vita associativa e
prevedendo per gli associati o partecipanti maggiori d'età il diritto di
voto per l'approvazione e le modificazioni dello statuto e dei regolamenti
e per la nomina degli organi direttivi dell'Associazione " non escludendo
quindi il voto per delega .

Si noti che nella Sezione I ( comma 4-quinques/c ) del Decreto 460/97 si
parla di Enti di tipo associativo, mentre nella Sezione II di detto decreto
all'art. 10 e nella Legge 266/91 ( ed in particolare negli articoli cardine
art. 2 e 3 ) si parla di Organizzazioni di Volontariato e non di
Associazioni,  identificando nelle Organizzazioni quelle attività di
volontariato più complesse .

Secondo la nostra interpretazione , l'art. 3 della Legge 266/91  non
prevede la tipologia della struttura della Organizzazione e non esclude  il
voto per delega e la struttura piramidale com'è formata la maggior parte
delle maggiori Organizzazioni ( Sezione di Base , Sede Provinciale,
Regionale e Nazionale ) , in quanto i principi di democrazia richiesti
dall'art. 3 sono regolarmente rispettati dallo Statuto perchè - tra l'altro
- l'associato di base concorre all'elezione degli organi direttivi e dei
bilanci dell'Associazione Nazionale attraverso i propri rappresentanti,
eletti democraticamente , e gli organi ed i bilanci ai vari livelli (
Sezione di Base ed organi intermedi idem ) .

Le Sezioni di base - come le strutture intermedie e le Sedi Nazionali delle
Organizzazioni di Volontariato  con il relativo statuto -  hanno avuto
l'approvazione delle Regioni con l'iscrizione nei Registri delle
Organizzazioni di volontariato istituiti dalle Regioni .

A tale riguardo l'art. 6 / 3° comma della Legge 266/91 afferma che "hanno
diritto ad essere iscritte nei registri , le organizzazioni di volontariato
che abbiano i requisiti di cui all'art. 3 e che alleghino alla richiesta
copia dell'atto costitutivo e dello statuto o degli accordi degli aderenti"
e quindi l'iscrizione al Registro implica la corrispondenza dello Statuto e
dell'Associazione all'art. 3 della Legge 266/91 .

Mentre l'art. 3 della Legge 383/2000 ( Disciplina delle associazioni di
promozione sociale ) al comma 1/f afferma che le norme dell'ordinamento
interno possono essere derogate su autorizzazione del Ministero della
Solidarietà Sociale ( ora Welfare ) sentito l'Osservatorio Nazionale delle
Associazioni di Promozione Sociale , l'art. 3 della Legge 266/91 non fa
alcun accenno in tal senso .

E' quindi opportuno che il progetto di riforma della nuova Legge Quadro sul
Volontariato regolarizzi - per le Organizzazioni strutturate a livello
nazionale - la possibilità di votare il bilancio e gli organi direttivi
nazionali attraverso i delegati votati dalla base attraverso gli organi
intermedi , in quanto sarebbe impensabile     ( ad esempio per l'Avis ) che
si convochi un'Assemblea di 800.000 iscritti .



Art. 15 - Fondi Speciali presso le Regioni



a)  Centri di Servizio


Premessa

I decreti ministeriali, le circolari e gli atti, i numerosi interventi del
Legislatore sulla Legge 266/91 ed in particolare sull'art. 15 di detta
Legge, i conseguenti ricorsi al Tar così come le sentenze della Corte
Costituzionale, impongono un nuovo intervento del Legislatore al fine di
modificare la Legge quadro sul Volontariato : vogliamo porre alcune
riflessioni che siano di stimolo per un ripensamento delle funzioni dei
Centri di Servizio, al fine di diventare realmente un servizio utile alle
Organizzazioni di volontariato alle quali sono stati destinati e per le
quali il legislatore li ha previsti.


a/1 - Costituzione Centri di Servizio
(art. 15 / 1° comma Legge 266/91 e art. 3 del D.M. 8 Ottobre 1997)


Il primo comma dell'art. 3 del D.M. 8 Ottobre 1997 afferma che "Gli enti,
le organizzazioni di volontariato di cui all'art. 3 delle Legge n. 266 del
1991, in numero di almeno cinque, gli enti e le casse di cui all'art. 1
comma 1, del presente decreto e le federazioni di volontariato di cui
all'art. 12, comma 1, della legge stessa, possono richiedere al comitato di
gestione la costituzione di un centro di servizio di cui all'art. 15 della
legge citata con istanza sottoscritta dai legali rappresentanti dei
richiedenti allegando lo statuto e il programma di
attività dell'istituendo dentro di servizio nonché l'indicazione di chi
assume la responsabilità amministrativa del centro, il quale sottoscrive
l'istanza".

Non vogliamo addentrarci negli aspetti dei commi successivi, ponendo
all'attenzione di chi legge, alcune osservazioni.

Innanzitutto il Legislatore non ha ritenuto di limitare l'estensione
operativa, oltre ovviamente l'area del territorio regionale, demandando ai
Comitati di Gestione dei Fondi Regionali il compito "di provvedere ad
individuare ed a rendere pubblici i criteri per l'istituzione di uno o più
centri di servizio nella regione" (art. 2 comma 6/a del D.M. 8 Ottobre
1997) per cui i Centri di Servizio che attualmente sono costituiti nelle
regioni operano non funzionalmente su tutto il territorio regionale ,
mentre in alcune regioni operano con struttura provinciale .

A nostro avviso, la nuova Legge Quadro sul Volontariato deve
necessariamente individuarli su base Provinciale con Sedi Zonali, per
essere realmente vicini alle Associazioni che operano sul territorio e
diventare realmente servizio tempestivo e quindi efficace per tutto il
volontariato, in collaborazione con le Istituzioni, gli Enti Locali e le
Fondazioni bancarie che operano sul territorio provinciale.

Il Legislatore ha previsto nel primo comma del citato art. 3 del D.M. che
possono richiedere la costituzione di un Centro di Servizio "(Š) le
organizzazioni di volontariato in numero di almeno cinque (Š)" che si
ritengono del tutto insufficienti, in quanto cinque Organizzazioni di
Volontariato - con le caratteristiche di cui all'art. 3 della Legge 266/91
- sono realmente in grado di gestire un Centro di Servizio?

Verrebbe allora da chiederci se il Legislatore con la Legge 266/91 abbia
voluto normare il rapporto tra le Organizzazioni di Volontariato cosiddette
di 2° livello (dotate cioè di struttura provinciale con sedi locali) con lo
stato e non tutto il volontariato: noi riteniamo che la domanda per
l'istituzione di un Centro di Servizio dovrebbe essere richiesta da almeno
cinque "Coordinamenti Provinciali " ovvero da cinquanta Organizzazioni di
Volontariato presenti sul territorio costituite da almeno dieci anni e
iscritte nel Registro Regionale del Volontariato almeno da dieci , per dare
serietà al progetto e garantire poi la capacita effettiva di sostenere e
gestire - con l'esperienza acquisita negli anni - un Centro di Servizi per
il Volontariato .

Un'alternativa a quest'ultimo punto - con lo scopo di evitare la creazione
di cordate nate esclusivamente per concorrere all'assegnazione dei Centri
di Servizio - sarebbe quella di concedere alle Consulte Provinciali del
Volontariato regolarmente costituite sul territorio ( come organi
permanenti dell'Amministrazione Provinciale ) di concorrere al  bando per
la costituzione di un Centro di Servizio in quanto - seppure organi
dell'Amministrazione Provinciale ( e quindi non Associazione di
Associazioni )  q quindi non Associazione di Associazioni - rappresentano
al loro interno tutto il volontariato che lavora sul territorio .

In Provincia di Cuneo ( forse prima in Italia ) è stata costituita
dall'Amministrazione Provinciale -  la Consulta Provinciale del
Volontariato  come "organo permanente dell'Amministrazione Provinciale "
dove il Presidente è per statuto il Presidente della Provincia o suo
Assessore Delegato , mentre il Vice Presidente ( così come l'Ufficio di
Presidenza )  è regolarmente eletto dall'Assemblea Generale formata da
tutte le Associazioni di Volontariato presenti sul territorio provinciale .


Sarebbe necessario favorirne la costituzione in ogni Provincia ed in ogni
Regione .

Su questo punto ( art. 3 D.M. 8 Ottobre 1997 ) ci attendiamo che il
Legislatore faccia chiarezza, anche perché nel dettato del Decreto citato
parla di Organizzazioni e non di Associazioni di Volontariato.

Achille Ardigò nel suo ultimo saggio "Volontariati & Globalizzazione" a
riguardo della Legge 266/91 afferma che "il Legislatore con tale legge non
ha riconosciuto né tantomeno voluto riconoscere tutto il volontariato: ha
lasciato implicitamente fuori dal riconoscimento, e quindi dai controlli
dello stato, tutte le forme di solidarietà praticate da persone, famiglie e
gruppi, che nel sovvenire persone in stato di bisogno, vogliono contare
sulle sole proprie forze e risorse e su quelle di altri privati. Non a caso
Mons. Nervo - che ha seguito da vicino la formazione di tale legge -
osserva che essa dovrebbe essere meglio chiamata <Legge - quadro che regola
i rapporti delle associazioni di
volontariato con le istituzioni pubbliche>".

Infine, richiedendo alle Organizzazioni di Volontariato che vogliono
concorrere al bando per la costituzione di un Centro di Servizio, copia
dello statuto (dando per implicito che le Organizzazioni di Volontariato e
gli Enti che vi aderiscono di costituirsi in Associazione di Associazioni
con relativi organi statutari), si ritiene superfluo che la domanda debba
essere sottoscritta da tutti i legali rappresentanti delle Organizzazioni
(che sono Soci a tutti gli effetti dell'Associazione di Associazioni) e da
chi assume la responsabilità amministrativa dell'istituendo centro, mentre
sarebbe sufficiente che la domanda fosse sottoscritta dal Presidente della
costituita Associazione di Associazioni il quale, statutariamente, ne ha la
legale rappresentanza.


a/2 - Compiti dei Centri di Servizio
(art. 15 / 1°comma Legge 266/91 e art. 4 del D.M. 8 Ottobre 1997)


Come si è detto i Centri di Servizio (primo comma dell'art. 15 Legge
266/91) sono "a disposizione delle Organizzazioni di Volontariato e da
queste gestiti,con la funzione di sostenerne e qualificarne l'attività" e
l'art. 4 del D.M. dell'8 Ottobre 1997 ne individua i compiti in particolare
approntando strumenti e iniziative per la crescita della cultura della
solidarietà, la promozione di nuove iniziative di volontariato e il
rafforzamento di quelle esistenti, consulenza e assistenza qualificata,
formazione e qualificazione degli aderenti ad organizzazioni di
volontariato e informazioni e documentazione sulle attività di volontariato
locale e nazionale.

Come si evince dalla lettura di tale dettato normativo, il legislatore non
ha approfondito le finalità dell'erogazione dei fondi, in quanto il citato
art. 4 è alquanto generico, lasciando di fatto ai Comitati di Gestione dei
Fondi Regionali per il Volontariato il compito decisionale di interpretarne
il contenuto normativo e quindi di erogare i fondi ai Centri di Servizio in
base non alla Legge, ma alla loro interpretazione della Legge.

Esempio lampante è dettato dal fatto che secondo la loro interpretazione i
Centri di Servizio non possono erogare alle Organizzazioni di Volontariato
fondi destinati a sostenere progetti, ma unicamente per attività di
consulenza e formazione.

Tale interpretazione non ci trova d'accordo in quanto per attività di
volontariato riteniamo doverci riferire alla sua accezione più ampia del
termine.

Se il Legislatore ha destinato infatti i fondi per sostenere e qualificare
l'attività delle organizzazioni di volontariato, è bene riflettere a fondo
sul significato di attività.

Lo Zingarelli Minore definisce l'attività come "l'insieme di azioni proprie
di un individuo o di una categoria di individui, tese alla realizzazione di
uno scopo" per cui l'interpretazione che ne danno i Comitati di Gestione
dei fondi regionali è - a nostro parere - alquanto restrittiva e parziale,
ed in contrasto con il dettato dell'art. 15 Legge 266/91, in quanto -
attualmente - si limitano a qualificarne l'attività (formazione,
consulenza, informazione) senza sostenerne l'attività con la concessione di
fondi indispensabili per raggiungere lo scopo
sociale della propria attività (finanziamento dei progetti).

Il Ministro della Solidarietà Sociale On. Livia Turco il 22 Dicembre 2000
diffondeva una Circolare ai Comitati di Gestione dei Fondi ex art. 15 Legge
266/91 ed ai Centri di Servizio nella quale confermava la legittimità
dell'interpretazione estensiva della norma, di sostenere cioè i progetti di
intervento delle Associazioni e delle Organizzazioni di Volontariato.

Non sfuggirà certo a chi legge che in tale circolare il Ministro Turco
associava per la prima volta alle Organizzazioni di Volontariato previste
dalla Legge, le Associazioni di Volontariato, mai citate dalla Legge e dai
D.M. interpretativi che ne sono seguiti e ci aspettiamo in seguito dal
Legislatore una definizione chiara dei due tipi di volontariato per cui non
riteniamo di soffermarci ora.

In tale circolare si consiglia ai Centri di Servizio di valutare
l'opportunità di dar corso ad iniziative della specie, sviluppando la più
ampia concertazione possibile, nell'esistente quadro di programmazione
sociale e di intervento della Regione e Provincia Autonoma nel cui
territorio è insediato nonché di quello degli altri Enti Locali e delle
Fondazioni bancarie territorialmente presenti, delineando le condizioni per
l'effettuazione degli interventi di sostegno in questione da individuare in
assenza di specifiche norme in base ad un'interpretazione sistematica dei
principi generali del diritto amministrativo e degli esistenti testi
normativi in materia.

"A questo proposito, sembra di estrema rilevanza precisare, in primo luogo,
che in via di principio i trasferimenti dei fondi originati dalla Legge
266/1991ai Centri di servizio dovranno essere destinati, sempre e in ogni
caso, principalmente a finanziare gli interventi di assistenza, consulenza
e formazione rivolti alle Associazioni ed alle Organizzazioni di
volontariato; attività, queste, di cui si tiene a ribadire l'importanza e
la priorità. Eventuali disponibilità finanziarie provenienti dalla Legge
266/1991 che siano considerate dal Centro stesso come non necessarie ad
assicurare lo svolgimento dei predetti compiti di
assistenza, consulenza e formazione potranno essere quindi destinabili,
sulla base della valutazione di ciascun Centro di servizio, anche ad altre
operazioni di sostegno delle Associazioni e delle Organizzazioni di
volontariato della propria zona, e quindi potranno essere in particolare
impiegate per sostenere progetti riguardanti la realizzazione di interventi
di volontariato, che si concretizzino in attività di sviluppo del sistema
del volontariato, promosse da dette
Associazioni ed Organizzazioni di volontariato, ancorché ovunque sviluppate " .

Tale circolare veniva disattesa dai Comitati di Gestione in quanto -
affermavano - che una circolare non poteva derogare al dettato di una
Legge, affermazione che non ci ritrova d'accordo in quanto detta circolare
non derogava la Legge 266/91 ma, come in premessa della circolare stessa,
ne interpretava il dettato normativo, e con il parere positivo a riguardo
dei fondi erogati per lo sviluppo di progetti, si garantiva la piena
applicazione del dettato normativo dell'art. 15 Legge 266/91 ed in
particolare dell'art. 4 del D.M. 8 Ottobre 1997 nel sostenere l'attività e
non solo nel qualificare l'attività stessa delle Organizzazioni di
Volontariato.

Ciò di cui hanno bisogno, più di tutto, le Organizzazioni di Volontariato,
sono i finanziamenti per la realizzazione dei progetti, perché solo questi
- non i fondi per la qualificazione dell'attività - consentono di adempiere
agli scopi sociali.

Un esempio fra tutti ma estremamente significativo: se una organizzazione
di volontariato che opera nell'Area Socio Assistenziale e Sanitaria (come
un'associazione per la raccolta del sangue) ha l'urgenza di sostituire una
autoemoteca acquistata in passato grazie ai fondi erogati da fondazioni
bancarie ante Legge 266/91 e ovviamente non ha disponibilità di denaro, la
mancata sostituzione della stessa implica il limitare (o il cessare)
l'attività di detta Organizzazione di Volontariato, per l'impossibilità di
poter usufruire delle strutture e delle attrezzature indispensabili per il
raggiungimento dello scopo sociale.

E dette Organizzazioni di Volontariato come potranno rivolgersi alle
Fondazioni Bancarie per la richiesta di contributi quando queste versano ai
Comitati di Gestione dei Fondi Regionali una pluralità di miliardi che
vengono destinati da questi ultimi ai Centri di Servizio finalizzati
unicamente per la consulenza e la formazione ?.

Senza scendere nel merito di come questi fondi vengono utilizzati dai
Centri di Servizio per la consulenza e la formazione (ma sarebbe necessario
soffermarsi facendo una riflessione seria, pacata e soprattutto
costruttiva), se il Legislatore non farà chiarezza su questo punto che a
noi pare di estrema importanza (se cioè i fondi possano essere utilizzati
per finanziare i progetti), i Centri di Servizio non potranno mai diventare
strumento veramente utile per il sostentamento e lo sviluppo delle attività
di volontariato.


b) - Composizione del Comitati di Gestione del Fondo Regionale per il
volontariato


Il 3° comma dell'art. 15 veniva recepito dal 2° comma dell'art. 3 del D.M.
8 Ottobre 1997  il quale prevede che il Comitato di Gestione sia composto
tra gli altri , da quattro rappresentanti delle organizzazioni di
volontariato - iscritte nei registri regionale - maggiormente presenti sul
territorio regionale .

Riteniamo che i quattro rappresentanti siano del tutto insufficienti in
quanto la maggioranza dei componenti del Comitato di Gestione debba essere
espressione del volontariato ( o almeno la quota sia pari ai restanti
componenti espressi dalle Fondazioni Bancarie e dagli Enti Locali ).

Attualmente i quattro rappresentanti delle Organizzazioni di Volontariato
all'interno del Comitato di Gestione sono demandati  all'Assessore
Regionale competente e quindi la nomina è politica , mentre sarebbe
significativo che la designazione  dei quattro rappresentanti fosse
demandato alla Consulta Regionale del Volontariato o in subordine da un
rappresentante nominato da ogni Consulta Provinciale del Volontariato ( ove
costituita ) o dalle Amministrazioni Provinciali .


c) - Fondazioni Bancarie


Sarebbe necessario che la nuova Legge Quadro sul Volontariato prescriva che
all'interno dei Consigli di Amministrazione e dei Comitati di Gestione
delle Fondazioni Bancarie , siano designati alcuni componenti - espressione
delle Organizzazioni di Volontariato - nominati dalle Consulte Provinciali
del Volontariato , o in sua assenza dal coinvolgimento nella designazione -
da parte di dette Fondazioni o dagli Enti Locali secondo il dettato del
proprio Statuto -  di almeno  tre Coordinamenti Provinciali presenti sul
territorio .

Attualmente alcuni statuti delle Fondazioni bancarie prevedono tra i suoi
componenti dei rappresentanti del volontariato , ma il più delle volte
vengono designate persone espressione del mondo politico e mascherate come
esponenti del mondo del volontariato .


Art. 12 - Osservatorio Nazionale per il Volontariato


E' parere unanime che l'Osservatorio nazionale non rappresenti tutto il
volontariato ma solo le Organizzazioni di Volontariato strutturate a
livello Nazionale . Tuttavia crediamo - a differenza di altri contributi
espressi tra cui quello della Fivol - nell'importanza di tale organismo il
quale debba quindi essere mantenuto e rafforzato .

Considerando però il fatto che con il referendum dell'Ottobre 2001 è stata
pubblicata la Legge Costituzionale n. 3 ( G.U. del 24/10/2001 ) la quale
modifica il titolo V della Costituzione , sarebbe necessario creare gli
Osservatori Regionali del Volontariato ( ovvero Consulte o Consigli
Regionali del Volontariato ) divenendo organi propositivi ,  di
consultazione e di stimolo delle Regioni  in riferimento alla propria
potestà legislativa delegata ad esse in materia di Volontariato dalla Legge
Costituzionale citata .


Giorgio Groppo
Presidente Provinciale Avis Cuneo
Vice Presidente Consulta Provinciale del Volontariato


GIORGIO GROPPO
38 anni, libero professionista.

Impegnato fin da ragazzo nel volontariato e nell'associazionismo cattolico.

Dopo l'esperienza giovanile in Gioventù Aclista è stato per due mandati
consecutivi componente della Direzione Nazionale dell'Associazione
Cooperatori Paolini contribuendo alla stesura del nuovo Statuto
dell'Associazione che veniva approvato ad experimentum dal Governo Generale
della Società San Paolo nell'anno 1996.
Avisino da vent'anni, attualmente è Presidente Provinciale dell'Avis di
Cuneo e componente
dell'Esecutivo Regionale.

Ha collaborato con l'Amministrazione Provinciale di Cuneo nella creazione
della Consulta
Provinciale del Volontariato (organo permanente dell'Amministrazione
Provinciale) costituita nel dicembre del 2000, della quale è stato eletto
Vice Presidente.

É Assessore comunale a Sommaria Bosco con deleghe al Volontariato e alle
Politiche Giovanili e presiede in qualità di Assessore, la Consulta
Comunale del Volontariato.