Aria non salubre fino a 1700 metri dalla cokeria Ilva di Taranto



COMUNICATO STAMPA


Fate un cerchio con un raggio di 1700 metri attorno alla cokeria di
Taranto e scoprirete che non c'è soluzione.

Anche l'adozione di migliori tecnologie disponibili non è in grado di
assicurare nel raggio di 1700 metri da una cokeria un valore
concentrazione di benzo(a)pirene inferiore a 1 nanogrammo a metro cubo.

In quel grande cerchio rientra il quartiere Tamburi e una parte della
città di Taranto.

In quel grande cerchio troppo alti sono i rischi per la salute.

Molto chiari sono i risultati degli studi riportati in Atmospheric
Environment 43 (2009) 2070–2079. Lo studio è stato condotto da Diane
Ciaparra (Corus Research, Development and Technology, UK), Eric Aries
(Corus Research, Development and Technology, UK), Marie-Jo Booth (Corus
Research, Development and Technology, UK), David R. Anderson (Corus
Research, Development and Technology, UK), Susana Marta Almeida (ISQ,
Portogallo), Stuart Harrad (Division of Environmental Health & Risk
Management, Public Health Building, School of Geography, Earth &
Environmental Sciences, University of Birmingham, UK).

Alleghiamo a questo messaggio un file contenente una ricerca degli stessi
autori che dimostra l'incompatibilità della cokeria con il quartiere
Tamburi. Il file è di 62 pagine e a pagina 44 si può leggere che una
cokeria con 10 anni di vita mediamente non è in grado di ridurre
l'inquinamento da benzo(a)pirene in un raggio che va dai 1200 ai 1700
metri.

Pertanto il 26 luglio non vi è alcuna speranza che possano risolvere
questo problema a Roma.

I dati che alleghiamo sono attendibili in quanto frutto delle ricerche più
avanzate e recenti di esperti in campo siderurgico e scienziati.

La cokeria Ilva è a 300 metri dal quartiere Tamburi di Taranto. E fino a
1700 metri non vi può essere aria salubre. Continuare così significa far
respirare ai bambini un quantitativo annuo di benzo(a)pirene equivalente a
quello di circa mille sigarette.
Questo è il nodo cruciale che nessun tavolo tecnico, politico o sindacale
potrà schivare e tanto meno risolvere né a Roma, né a Bari, né a Taranto.

Non è un caso che da anni nel quartiere Tamburi il benzo(a)pirene non
scenda sotto 1 nanogrammo a metro cubo. Il problema è strutturale ed è
legato alla distanza. L'acciaieria ha un difetto "di nascita" che consiste
nell'aver costruito lo stabilimento più grande d'Europa troppo vicino alla
città e nell'aver scelto di collocare l'impianto più pericoloso dello
stabilimento - la cokeria - proprio a ridosso delle case. E' una scelta
compiuta cinquanta anni fa quando vi era molta ignoranza e tanti genitori
fumavano addirittura davanti ai bambini. Oggi una persona non può fumare
davanti a un bambino, è severamente vietato, però una cokeria può fumare.
E' paradossale, e questo accade a Taranto.

Il piano di risanamento della qualità dell'aria proposto dalla Regione
(che prevede un taglio del 10% della produzione in caso di vento che spiri
verso la città) è assolutamente inadeguato e inefficace.Infatti si è visto
che anche con tagli del 40% della produzione la concentrazione del
benzo(a)pirene si è attestata a 1,3 ng/m3.

Se fosse stato possibile risolvere il problema dell'inquinamento della
cokeria con questi sistemi, lo avrebbero fatto a Genova. Lì la
magistratura ha dovuto sequestrare e fermare la cokeria.

Da allora la quota produttiva di Genova è stata trasferita a Taranto.
Taranto è diventata in tal modo una città super-inquinata. I cittadini
vivono e si ammalano in una bolla di emissioni inquinanti che non ha pari
in Italia, la città è un accumulo di veleni altrove rifiutati e trasferiti
grazie all'inerzia e alla complicità di chi poteva impedire un tale
scempio.

Le problematiche sanitarie e di inquinamento non differiscono da Nord a
Sud e chiediamo che non vi sia difformità nella tutela della salute fra
Genova e Taranto.

Invochiamo il principio di uguaglianza e di pari dignità sancito
dall'articolo 3 della Costituzione. Il diritto inalienabile alla salute
(art.32 della Costituzione) deve essere parimenti applicato a Taranto come
a Genova.

In nome della Costituzione e del diritto alla salute è ora di dire basta a
questo sviluppo malato che non ha futuro e che si è già inceppato da tempo
(buona parte dell'Ilva è già ferma da ora per mancanza di commesse).

La svolta ecologica salverà i lavoratori da una chiusura annunciata da un
mercato difficile e competitivo in cui Cina e India metteranno Taranto
fuori dal mercato molto presto.

La svolta ecologica va attuata e non subita, va auspicata e non temuta, in
quanto aprirà ai lavoratori dell'Ilva la possibilità di essere
protagonisti delle bonifiche. Non un solo posto di lavoro deve essere
perso. Taranto avrà bisogno di tutti i lavoratori dell'Ilva nella
ciclopica impresa del disinquinamento. Lavorare per disinquinare e far
ripartire un nuovo sviluppo con la "green economy" è il vero obiettivo per
cui a Roma si dovrà lavorare tutti insieme, anche con la presenza e le
proposte del movimento ambientalista.


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