Abbattere le diossine con le nuove tecnologie è possibile: perché allora minacciare licenziamenti?



     Perché morire d'acciaio, quando altrove si convive, e bene con
                               l'acciaio?



Quando le cose diventano serie, dopo anni di denunce e di amare,
inascoltate constatazioni, non ci vuole molto a capire chi è seriamente
interessato al futuro di questa città e dei suoi cittadini e chi, per
ignoranza, ottusità o, nulla può escludersi, colpevole connivenza, getta
il fumo dell'allarmismo occupazionale a discredito e offesa degli altri.
E' il caso delle gravi accuse mosse al dott. Assennato dell'ARPA Puglia
da parte di chi si fa portavoce dell'ennesimo ricatto occupazionale per
screditare il lavoro di titolati professionisti e ignorare le stesse
aspirazioni di tutta la cittadinanza.

In una corposa relazione, l'ARPA, valutando tutte le variabili di
emissioni e le caratteristiche degli impianti di produzione, giunge alla
conclusione che per determinate attività, la concomitanza con le aree
residenziali, anche prevedendo tutti i sistemi di abbattimento ad oggi
conosciuti, risulta incompatibile per gli effetti nocivi che comporta
alle persone ed alle cose.
Da lì, sulla falsariga di illustri casi di città che hanno messo in
primo piano la salute dei cittadini e l'immagine del loro territorio
(che non sono chiacchiere ma si traducono in pochi anni in benessere e
sviluppo), nella relazione, si prospetta il ridimensionamento di tali
settori.
Da qui a parlare di licenziamenti, chiusura dello stabilimento,
fallimento dell'economia urbana, il passo è lungo quanto il metro
dell'ignoranza e del populismo.

Questa situazione permette al contrario all'azienda siderurgica di
“prendere tempo” non rispettando  pienamente gli impegni sottoscritti. 
A tal proposito se da un lato l'abbassamento dei livelli di diossine e
furani avvenuto contestualmente all'applicazione del procedimento
dell'urea da parte dell'Ilva di Taranto, ci pare un passo in avanti, la
stessa sperimentazione risulta ancora essere per noi insoddisfacente. 

Si è dovuto attendere tutti questi anni e le analisi dell'Arpa Puglia
perché si cominci a sperimentare la riduzione delle emissioni
devastanti? 

In ogni caso l'accordo di programma e il rilascio dell'AIA vertono su
fatti concreti e tecniche di gestione e abbattimento che dovrebbero
essere sperimentate e attuative. Gli impegni presi dall'azienda vanno
comunque mantenuti e integrati ai fini del rilascio dell'Autorizzazione
che, lo ricordiamo, fa riferimento a precisi regolamenti europei, il
rispetto dei quali è dovuto e comporta in caso contrario pesanti
sanzioni che ricadrebbero sulle “tasche degli italiani”.

Resta il fatto evidente che secondo l'ultimo rapporto redatto e
pubblicato dall'ARPA Puglia, anche dopo l'applicazione di un’aggiunta di
urea al materiale alimentato alle due linee, “le concentrazioni
rimangono tuttavia più alte rispetto ai valori conseguibili dopo
l’adozione delle BAT, e  adottati quali valori limite alle emissioni di
PCDD/F in altri paesi europei e nella stessa Italia”. 
Questi dati dunque mostrano un quadro decisamente negativo: una
situazione ambientale che suscita  forti preoccupazioni.

Ed allora ribadiamo anche questa volta che è necessario abbattere
l'impatto ambientale non solo attraverso l'applicazione del procedimento
dell'urea ma anche mediante l'impiego di altre tecnologie oltre le note
BAT. 
Un esempio è rappresentato da metodi innovativi a basso impatto
ambientale per l’industria siderurgica. Si tratta di sistemi per la
produzione di ghisa e il trattamento dei gas di scarto della
sinterizzazione che consentono di ridurre del 90% rispetto ai metodi
tradizionali le emissioni di sostanze inquinanti.
La tecnologia in questione Meros - Maximized Emission Reduction of
Sintering - il più moderno sistema per abbattere le emissioni nel
settore - è stata adottata e applicata nello stabilimento di Linz,
Austria: Il sistema consente di ridurre di oltre il 90% le emissioni di
polveri, metalli pesanti, composti organici e SO2.
Nello stabilimento di Pohang, città portuale della Corea del Sud,
l'impianto Finex brevettato da una nota società europea non solo fa
risparmiare energia, riducendo l'inquinamento ma diminuisce anche i
costi di produzione di circa il 15% rispetto ad un altoforno
tradizionale. Notevole anche l'impatto ambientale: Finex genera il 90%
in meno di sostanze nocive e l'inquinamento dell'acqua è sceso del 98%.
Questo ci fa capire oggi che produrre acciaio con costi ambientali
ridotti è una realtà oramai consolidata non solo nei paesi occidentali
ma persino in altre realtà che spesso etichettiamo come “arretrate” ma
che nella capacità di essere lungimiranti, competitive e al passo coi
tempi hanno riconosciuto la strategia vincente dello sviluppo.

La strada verso il recupero di un rapporto corretto con la grande
industria, da noi più volte sottolineata e tecnicamente sostenuta
dall'ARPA, deve passare per l'installazione di sistemi per il
campionamento continuo dei macro e micro inquinanti e per il
monitoraggio 24 ore su 24 delle fonti di emissione. A fronte di costi
ridottissimi, si doteranno gli organi di controllo di un sistema di
verifica dell'affidabilità delle strategie adottate, superando per
sempre il sistema di stime, proclami, allarmismi e accuse reciproche,
che contrappone il profitto all'interesse della collettività.
Spesso gli ambientalisti sono tacciati come cittadini "del no", come
coloro che negano sempre ogni proposta di "progresso e sviluppo" in nome
di un famigerato ostruzionismo ad oltranza che vorrebbe congelare tutto.
Prendersi cura del proprio futuro e di quello della città in cui si vive
vuol dire anche saper dire no a proposte che dietro il paravento dello
sviluppo affossano ancora di più il territorio, ma significa anche
produrre tante proposte concrete e scientifiche per migliorare in una
prospettiva di medio termine.
Negare l'evidenza di un'economia dipendente dalle multinazionali, da una
classe imprenditoriale straniera che brucia il territorio in nome del
profitto e conserva una situazione occupazionale fatta di precariato,
subappalti e mortalità diffusa, questo è il vero no che ammazza lo
sviluppo. Un solo no che per decenni ci ha reso sudditi e che per la
serietà e professionalità di cittadini volenterosi e di tecnici onesti,
forti di leggi europee più partecipative e trasparenti, forse, sarà
superato e diventerà si alla salute e all'amore per la propria terra.


Firmano per il Comitato per Taranto:

Michele Carone
Alessandro Marescotti
Luigi Oliva
Antonietta Podda

Comitato per Taranto 
e-mail: comitatopertaranto at yahoo.it 
http://comitatopertaranto.blogspot.com
http://www.tarantosociale.org

Non dubitare che un gruppo di cittadini impegnati e consapevoli possa
cambiare il mondo: in effetti è solo così che è sempre andata, 
Margaret Mead