L'inno ai diversamente abili



Sono la mamma di un dicianovenne non deambulante che per muoversi utilizza una sedia a rotelle. La patologia di mio figlio è stata evidente sin dalla nascita e, sin da subito, è iniziata per noi la battaglia per i suoi diritti. Risparmio il resoconto delle difficoltà che abbiamo affrontato e che lui ancora affronta ma, purtoppo, non molto è cambiato nel corso degli anni, tranne una cosa. Quando nacque, mio figlio, in tutti gli adempimenti burocratici era definito "handicappato", molto meglio, si dirà, di quando si usava "menomato". Dopo un pò si decise di cambiare e si passò a "portatatore di handicap". Il termine, però, non era ancora abbastanza politicamente corretto e si pensò di utilizzare "disabile". La fantasia degli uomini è cosa meravigliosa e, in occasione delle celebrazioni del 2003, anno europeo del disabile, cominciò a girare una nuova versione: DIVERSAMENTE ABILE.Parole sempre più edulcorate, consolatorie e rassicuranti per chi le usa, inutile e a volte comico esercizio linguistico per le persone a cui si riferiscono. Augurandoci una lunga vita, siamo molto curiosi di cosa ci si potrà inventare ancora, ma sarebbe più opportuno che il legislatore si occupasse di applicare, migliorare e finanziare le leggi vigenti piuttosto di preoccupparsi di ingrossare i dizionari. Il Governo italiano ha disatteso tutti gli impegni assunti con le persone disabili, perchè questo sono, nel 2003. Le difficoltà delle famiglie, degli uomini e le donne disabili sono aumentate e così la fantasia dei politici: la Regione Puglia, aggiungendo un comma alla l.r. n° 24 dell'1/12/03, che istituiva la giornata del diversamente abile, ha adottato il 9 febbraio scorso, udite udite, L'INNO AI DIVERSAMENTE ABILI. Sapevo che la condizione di mio figlio, e di tanti altri, non permette di prendere un autobus, di andare in spiaggia, allo stadio, al cinema, a passeggio, al museo, in discoteca, di frequentare la scuola che più gli piace, di curarsi nella sua regione... Lo lodiamo sempre per la sua serenità e la sua pazienza e non ci aspettavamo che per tutto ciò qualche consigliere regionale potesse pensare di dedicargli un "inno". A quando un monumento? Su La Repubblica di qualche giorno fa il signor Bruno Marchi scriveva a proposito una civilissima lettera che così concludeva:"...un'ultima cortesia, chiunque canterà quell'inno non lo faccia anche a mio nome". Ebbene non lo faccia nemmeno a nome di mio figlio, grazie. Elena Modio