Comunicato stampa sul rischio rigassificatore a Taranto



Comunicato stampa

Romano Prodi ha scritto agli ambientalisti di Brindisi: "Riguardo agli impianti di rigassificazione non ho mai parlato né di Brindisi né di Taranto. Mi sono limitato a dirvi che sono impianti assolutamente sicuri, puliti e che non comportano alcuna reazione chimica". (16 novembre 2005)
Sono parole indirizzate anche a noi di Taranto.

L'ITER DEL PROGETTO
Ma la marcia indietro di Prodi su Taranto non ci rassicura più di tanto. Infatti l'iter procedurale per il rigassificatore di Taranto sta andando avanti inesorabilmente. La Gas Natural ha acqusito i nullaosta e le autorizzazioni tecniche. Dopo di che la questione approderà sui tavoli politici e in particolare giungerà probabilmente entro un mese al consiglio comunale di Taranto che si dovrà esprimere sul rigassificatore.

LA SICUREZZA
Diciamo subito: c'è un equivoco da chiarire. Che il rigassificatore sia un impianto ad alto rischio non lo dicono gli ambientalisti ma la direttiva Seveso sugli incidenti industriali rilevanti. Non è quindi veritiero ciò che ha dichiarato Romano Prodi quando dice che i rigassificatori "sono impianti assolutamente sicuri". Se rientra nella direttiva Seveso vuol dire che non sono "assolutamente sicuri".

LA SEVESO 1
La Seveso è una direttiva europea che in Italia è stata recepita con il DPR 175 del 1988. Essa ha imposto il censimento degli stabilimenti a rischio, con l'identificazione delle sostanze pericolose. Tra questi impianti sono contamplati anche i rigassificatori che rientrano quindi negli impianti in cui si svolgono "attività a rischio di incidente rilevante". Con la legge 137/97 (articolo 1 comma 1) è stato inoltre introdotto l'obbligo di informazione della popolazione sulle misure di sicurezza da adottare in caso di incidente. Incombe sui sindaci il dovere di renderle note alla popolazione.

LA SEVESO 2
Con la "Seveso 2" (ossia il decreto legislativo 334 del 1999 che recepisce la direttiva comunitaria 96/82/CE) gli obblighi per le aziende a rischio di incidente rilevante sono diventati ancora più stringenti. La Seveso 2 prevede: - l'esistenza in ogni stabilimento a rischio di un piano di prevenzione e di un piano di emergenza; - la cooperazione tra i gestori per limitare l'effetto domino (ossia le possibili "reazioni a concatena" fra impianti a rischio di incidente rilevante);
- il controllo dell'urbanizzazione attorno ai siti a rischio;
- l'informazione degli abitanti delle zone limitrofe;
- l'esistenza di un'autorità preposta all'ispezione dei siti a rischio.
Va notato che la Seveso 2 introduce il concetto di "effetto domino" che è importantissimo. Perché anche ammesso (e non concesso) che il rigassificatore sia sicuro al 100% "dall'interno", non è detto che sia con ciò immune dall'essere coinvolto "dall'esterno" in eventi catastrofici. Se viene posto infatti nelle vicinanze di uno dei dieci impianti tarantini ad alto rischio e se si propagasse una catastrofica reazione a catena che coinvolgesse il rigassificatore dall'esterno, allora tutte le rassicurazioni tecniche "intrinseche" rischierebbero di saltare. La sicurezza "intrinseca" degli impianti conta poco se la catastrofe viene innescata dall'esterno, ossia da un altro impianto ad alto rischio.

LA SEVESO 3
Recentemente è stata recepita anche la direttiva europea "Seveso 3" (la 2003/105/CE) sugli Incidenti Rilevanti. Essa prevede la consultazione della popolazione interessata relativamente ai piani di emergenza esterni e rafforza il diritto dei cittadini interessati all’informazione sulle misure di sicurezza. La Seveso 3 introduce misure di ulteriore rigore e cautela considerando ad esempio nuove categorie di elementi vulnerabili quali le vie di trasporto.

GLI SCIVOLONI DI PRODI
Prodi ha ragione quando dice che i rigassificatori sono "impianti puliti": infatti il metano non è tossico. Ma fa un altro scivolone quando, al fine di rassicurare ulteriormente, aggiunge che "non comportano alcuna reazione chimica". E' vero, ma non vuol dire niente: anche un deposito di dinamite non comporta alcuna reazione chimica. Eppure è enormemente pericoloso se viene collocato vicino ad un centro abitato o ad impianti industriali ad alto rischio. Un ex Presidente della Commissione Europea, che dovrebbe essere il primo a far conoscere e a valorizzare le direttive europee in tema di rischio industriale, non dovrebbe provare a tranquillizzarci con affermazioni così banali. Per il rigassificatore si può parlare di "sicurezza intrinseca", di "alto livello di sicurezza" ma non di "sicurezza assoluta".

PARERI TECNICI E SCELTE POLITICHE
Quanto poi al fatto che la Gas Natural ha acquisito i nullaosta e le autorizzazioni degli organi tecnici, occorre aggiungere che la politica non si può trincerare dietro questi pareri. La questione non è solo di natura tecnica ma è di natura democratica: sono le popolazioni a dover conoscere il rischio e ad accettarlo o meno. E' dovere dei rappresentanti politici consultare la popolazione per questioni che comportano la sicurezza del territorio e la vita stessa di migliaia di persone. Gli organi tecnici analizzano il rischio, non lo eliminano. Sta alla politica valutarne l'accettabilità. La sostanza non è quindi tecnica, ma è politica perché nessun tecnico potrà mai sostituirsi ai cittadini nel dire a quale rischio devono essere sottoposti. Ed è la politica che deve - con gli elementi di conoscenza raccolti - avviare una fase di consultazione democratica. Ad esempio anche le centrali nucleari avevano ricevuto i nullaosta e le autorizzazioni degli organi tecnici, ma hanno ottenuto il rifiuto della popolazione che ha ritenuto troppo alto il rischio da dover correre. Certamente per il rigassificatore il discorso è molto diverso rispetto alle centrali nucleari, non vi è di mezzo la radioattività e il lascito di scorie che rimangono attive per migliaia di anni. I rigassificatori possono essere costruiti, ma a debita distanza dai centri abitati e dagli impianti industriali ad alto rischio. L'elenco delle controindicazioni relative al rigassificatore è molto lungo e toccherebbe anche la compatibilità con l'attività portuale, ad esempio, a cui verrebbe ridotta la funzionalità dato che le navi gasiere bloccano il traffico marittimo in una fascia di navigazione molto ampia. E l'elenco dei benefici occupazionali è così esiguo da rendere ridicolo ogni ragionamento su un impianto che dà 40 posti di lavoro a malapena.

IL NODO ENERGETICO
Ma la gente comune si chiede se - ponendo ostacoli al rigassificatore - alla fine si rimerrà al lume di candela. Occorre fare una corretta opera di informazione e dire chiaramente che l'Italia non è più una nazione strangolata dal bisogno di energia. Di metano in Italia ne arriva e ne arriverà tantissimo - anche senza i rigassificatori - tramite il corridoio turco e la grande riserva algerina, ossia attraverso i gasdotti esistenti, in costruzione o in via di potenziamento. Tanto che ciò "potrebbe capovolgere il ruolo dell'Italia nell'arco di un quadriennio: da importatore a esportatore di elittricità", come ha scritto Emanuele Scarci, giornalista economico del Sole 24 Ore (14 novembre 2005).

IL RISCHIO ATTENTATI
Infine nessuno a fino ad ora preso in considerazione il rischio di un attentato kamikaze o di un dirottamento di una nave gasiera, sullo stile dell'11 settembre, ma rivolto contro la base navale o il centro abitato o la zona industriale.

IL CASO DELLA GAZ POEM
Pochi sanno ciò che avvenne al largo di Hong Kong nel novembre del 2002 quando la nave gasiera Gaz Poem, che trasportava 20 mila tonnellate di metano, prese fuoco. Sui notiziari di allora si poteva leggere: "La nave potrebbe saltare in aria con conseguenze allarmanti. Il vento finora ha tenuto le fiamme lontane dal serbatoio della metaniera, che è ancorata a 38 chilometri dalle coste di Hong Kong. L'equipaggio, 34 persone, ha abbandonato la nave domenica mattina, dopo che l'incendio è esploso nella sala macchine. A causa della violenza del rogo e del rischio di una esplosione, per tutta la giornata di ieri i vigili del fuoco non sono riusciti a avvicinarsi alla nave" (Giornale di Brescia del 26 novembre 2002). La foto dell'incendio sulla Gaz Poem è reperibile su Internet qui: http://navegaciones.com/Petroleros/gaz%20poem.jpg

BOMBE AL METANO
Mezza tonnellata di metano può generare punte di sovrappressione di 0,9 kg/cmq su un raggio di 200 m, e di 0,42 kg/cmq a 300 m. Sono sufficienti 0,35 kg/cmq per sbriciolare gli edifici di mattoni. Per tale potenza, il metano è il gas esposivo delle bombe FAE (Fuel Air Explosive). Come si legge sul manuale "La guerra moderna" (di Luttwak e Koel ed. Rizzoli), esse hanno effetti che "potrebbero essere paragonati a quelli di un ordigno nucleare di piccola potenza". Basta mezza tonnellata. Se passiamo dalla mezza tonnellata di metano di cui sopra alle 140 mila tonnellate di metano liquefatto delle grandi navi gasiere che potrebbero attraccare a Taranto lo scenario si fa apocalittico.

COME UNA BOMBA ATOMICA
L'esplosione di 140 mila tonnellate di metano avrebbe un effetto paragonabile ad una bomba atomica. Nonostante sia una fonte energetica "pulita", l'esplosione di una tale quantità di metano spazzerebbe via Taranto e manderebbe i frantumi i vetri di tutte le case fino a Brindisi. Certo questo è uno scenario remoto, il gas metano liquefatto viene sottoposto a misure di sicurezza senz'altro eccezionali. Ma la sola ipotesi di un incidente rilevante ad una nave metaniera porterebbe richiederebbe un piano di evacuazione che non è mai stato realmente progettato a Taranto, come ben ci insegna l'esperienza della mancata comunicazione alla cittadinanza delle informazioni sul rischio nucleare connesso ai sottomarini atomici e sui piani di emergenza.

E I PIANI DI EVACUAZIONE?
Oggi i tarantini non sono informati del piano di emergenza nucleare e dei piani di emergenza relativi ai dieci impianti ad alto rischio locali rientranti nella direttiva Seveso: la legge rimane lettera morta. Prima allora che il Consiglio Comunale di Taranto si esprima sul rigassificatore vogliamo conoscere tutti i piani di emergenza, compreso quelli di evacuazione. Vogliamo sapere perché fino ad ora i cittadini di Taranto non li hanno potuti avere fra le mani, come è loro diritto.
Prima di accollarci un altro rischio pensiamo di mettere in sicurezza la città.

SITUAZIONE FUORI CONTROLLO
Oggi la situazione è fuori controllo: la direttiva Seveso di fatto non è applicata. Come non sono applicate tante leggi che dovrebbero garantire informazione, salute e sicurezza ai cittadini. A Taranto viviamo un deficit di democrazia perché ci viene sottratta la conoscenza stessa dei rischi quotidiani. Ci viene negata cioè la base stessa del controllo democratico e della cittadinanza attiva. Ma noi non vogliamo essere trattati come una massa di pecoroni e di ignoranti da imbonire. Pertanto il consiglio comunale di Taranto deve consultare i cittadini prima di prendere qualsiasi decisione. Altrimenti diremo in piazza chiaro e tondo il nostro NO: non potete decidere sulla nostra sicurezza e sul nostro futuro sulle nostre teste.


Alessandro Marescotti
presidente di PeaceLink

Altre informazioni sul rigassificatore sono qui: www.tarantosociale.org