padre Kizito e PeaceLink: conferenza su pace, consulente Nato e Africa Peace Point



Articolo pubblicato il 23 marzo 2003 sul Corriere del Giorno



Lo afferma padre Kizito missionario in Kenya
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«Si poteva evitare la guerra in Iraq»
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di Anna Caiati

Padre Renato Kizito Sesana, missionario comboniano, è tornato a Taranto,
per parlare della "sua" Africa e dei progetti che qui realizza, ma anche
di guerra e soprattutto di pace nel mondo.
In un incontro promosso dall'associazione Peacelink, nella libreria "Gilgamesh"
in via Oberdan, padre Kizito ha raccontato degli impegni dell'associazione
Amani, da lui presieduta. L'associazione, che in italiano significa pace,
ha un grande obiettivo che non è solo quello di aiutare i poveri di Nairobi
in Kenya (dai bambini abbandonati per strada agli emarginati che vivono
in bidonville), ma anche di riconciliare tutte quelle genti che fuggono
da Paesi in guerra come Burundi, Congo, Sudan e Ruanda. Qui tra i profughi
arrivati illegalmente, privi di documenti, ci sono persone impegnate per
la pace che cercano di riunire i popoli fuggiti. In un'apposita scuola vengono
promosse idee di pace e di riconciliazione con lezioni bibliche, ma anche
di comunicazione e corsi di teatro.
Il missionario comboniano ha conosciuto tante guerre, è stato in Kenya,
ma anche in Somalia, e non nasconde di provare profondo dolore per la recente
guerra in Iraq. «Chi come me ha provato - racconta quasi senza tradire emozione
- cosa si prova a trovarsi sotto le bombe mentre va a portare aiuti umanitari
o si è trovato a dover avere una scorta armata per andare a celebrare una
messa in un villaggio, sa quanto la guerra sia difficile e quanto dolore
causi nella gente comune. Questa guerra in Iraq è una sconfitta per tutti,
ma è anche una lezione perché ci fa capire che dobbiamo intensificare l'educazione
alla pace».
Padre Kizito è un fiume di ricordi e sentimenti e ricorda che «l'Europa
esce da un secolo in cui ha vissuto due guerre mondiali e provato dolori
enormi e forse - dice - tutti noi europei abbiamo imparato qualcosa. Lo
testimoniano le dimostrazioni per la pace di questi giorni. Non dobbiamo
però fermarci qui».
«Questa guerra poteva essere evitata - afferma convinto - Si poteva continuare
con l'imposizione degli osservatori dell'Onu e con ogni tipo di monitoraggio
in Iraq. Si poteva pensare anche ad altre alternative, ma è anche vero che
bisogna essere molto cauti in situazioni del genere perchè ogni interferenza
esterna può essere alla lunga negativa. Potrebbe non risolvere, ma solo
nascondere un problema».
«In Sudan per esempio - racconta - in questo momento accade l'opposto di
quanto succede in Iraq. Gli americani ed il mondo occidentale tentano di
portare la pace per sedare una guerra civile lunga di decenni (iniziata
nel 1955, non si è ancora conclusa, n.d.r.) la pace viene qui imposta con
la promessa di grandi aiuti economici. Una pace così rischia però di durare
poco, di diventare seme per una guerra che potrebbe essere ancora più violenta,
perchè è una pace che non risolve i problemi in quanto non è cresciuta nell'animo
della gente. Sia in Sudan che in Iraq credo che gli americani stiano usando
un po' l'arroganza del potere dei soldi e delle armi. Invece di interessarsi
di più verso chi ha bisogno ci si muove verso quegli stati dove ci sono
risorse utili come petrolio o acqua».
«Questa guerra - conclude il missionario comboniano - mi sembra potenzialmente
più pericolosa. Nel mondo islamico il conflitto è visto come un'avversione
tra mussulmani e cristiani. Questo potrebbe portare a conseguenze molto
gravi, c'è il rischio di aumentare l'acredine dove è già presente».
Nel corso dell'incontro è stata inoltre presentata ed annunciata un'iniziativa
dal portavoce di Peacelink, Alessandro Marescotti. All'associazione tarantina,
qualche tempo fa, un consulente della Nato ha chiesto un risarcimento di
50.000 euro per un documento mandato in rete sul sito di Peacelink. Se il
Tribunale dovesse decidere in favore dell'associazione tarantina la somma
sarà donata per i progetti di padre Kizito. Serviranno in particolare ad
ampliare e ad intensificare l'attività di Africa peace point a Nairobi dove
c'è la scuola per la pace, ad ingrandire la Shalom House dove si tengono
master per laureandi italiani interessati a capire l'Africa vissuta dagli
africani e ad uno scambio culturale tra Paesi diversi.