"Arsenale in casa di no global"



Il 4 giugno 02 un quotidiano molto letto a Taranto titolava in prima pagina:
"Arsenale in casa di no global".
L'articolo (non firmato) riportava "sconcertante il mini arsenale rinvenuto
<...> sono state trovate un centinaio di pallottole di vario calibro ed una
bomba a mano da esercitazione priva di polvere da sparo."
  La notizia è tale da sorprendere. Si sarebbe dunque sottovalutata la
pericolosità di quella sede tarantina che, com'è noto, comprendeva insieme
con i Cobas un collettivo femminista, un collettivo antiglobalizzazione e un
refernte di Indymedia finché da quest'ultimo, verso la fine del 2001, le tre
strutture non decidevano di dissociarsi.
  Le notizie successive chiariscono che invece di proiettili si trattava di
bossoli, cioè di spoglie di cartucce. L'indagato è stato in passato un
militare e ha partecipato a "operazioni di pace" in giro per il mondo, dalle
quali chiunque può riportare indietro senza problemi cimeli militari.
  Sorgono spontanee delle domande: quanta rilevanza probatoria avrebbe
allora il rinvenimento di una tesi di laurea sulla storia dell'anarchismo,
di una raccolta stampa sui fatti di Genova o di un qualsiasi manuale di
autodifesa legale? Quanto può l'uso superficiale della libertà di informare
ledere la nostra libertà di cittadini e lettori di essere informati?
  Questa vicenda, per la sua portata che va ben oltre i destini degli
interessati (destini meritevoli, comunque, dell'ovvio rispetto), siccome
configura sempre più chiaramente la possibilità di una contrazione di
libertà con margini di arbitrio indefiniti, ha bisogno di una informazione
cauta e attenta, che dia a noi lettori non delle emozioni ad ogni costo ma
la possibilità di conoscere e di riflettere adeguatamente.

Attac Taranto



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