Commercio di armi: lettera aperta di cittadini impegnati nella società civile



Appello ai parlamentari perché difendano la legge 185/90

Esportazione di armi: blocchiamo l'accordo fra l'on. Previti (F.I.) e l'on. Minniti (D.S.)

La lobby delle armi vuole una legislazione più favorevole all'export bellico e la sta ottenendo: manca solo la ratifica nelle aule parlamentari. E' proprio il caso di cominciare così questo intervento, giusto per far capire di cosa stiamo parlando. In soli otto giorni (dal 22 al 30 gennaio 2002) le commissioni Esteri e Difesa hanno - con un colpo di mano e in gran segreto - approvato un disegno di legge che toglie al Parlamento buona parte dei suoi poteri di controllo sul traffico delle armi. Per ottenere tale risultato è stato previsto di neutralizzare la parte qualificante della legge 185/90, ossia la legge che ha fino ad ora avuto il merito di consentire un sostanziale controllo parlamentare sull'esportazione e il commercio delle armi. Attenzione: vogliono neutralizzare una legge era stata varata per evitare che le armi italiane finissero nelle mani di dittatori, governi criminali, organizzazioni mafiose, gruppi terroristici, nazioni in guerra. La legge 185/90 faceva tesoro delle indagini della magistratura e poneva rigorosi controlli sull'utente finale del sistema d'armi venduto, evitando le "triangolazioni" che avevano reso tristemente noto nel mondo il "made in Italy" bellico prima del 1990. La legge 185/90 fu conquista legislativa voluta dalle associazioni della società civile (gruppi missionari, religiosi, pacifisti) che sono sempre state in prima linea contro tutti i traffici di morte e i torbidi retroscena che essi nascondono (vendita di navi italiane a Saddam Hussein e Gheddafi, armamento dei Talebani con i micidiali lanciamissile Stinger da parte delle passate amministrazioni Usa). La legge 185/90 non piaceva però ai mercanti di armi perché poneva delle "ragioni etiche" al di sopra delle ragioni del profitto. Da tempo i mercanti di armi chiedevano più libertà di commercio e la fine delle norme "etiche" giudicate troppo restrittive. L'attacco alla legge 185/90 è stato lanciato pochi giorni fa dall'on. Previti il quale ha presentato un disegno di legge per "facilitare" l'esportazione di armi. L'on. Previti, oltre che essere alla ribalta della cronaca giudiziaria per questioni su cui la Magistratura dovrà pronunciarsi, è stato anche membro del consiglio di amministrazione di una fabbrica di armi, l'Alenia.
Che ha fatto l'opposizione di fronte a questa manovra dell'on. Previti?
Anziché avvertire e ascoltare il parere delle organizzazioni missionarie e delle associazioni umanitarie che furono promotrici della legge 185/90, l'opposizione ha in larga parte condiviso il disegno di legge presentato dall'on. Previti. Addirittura l'on. Minniti (DS) lo ha definito di "grande rilievo" e lo ha considerato uno "straordinario passo in avanti" (le parole virgolettate sono tratte dai resoconti parlamentari); continuando, l'on. Minniti è arrivato ad esprimere "apprezzamento per gli alti contenuti del disegno di legge" presentato dall'on. Previti; ne ha addirittura rivendicato la paternità di contenuti in quanto essi, come sostiene l'on. Minniti, costituiscono il coronamento di accordi già da lui sottoscritti in sede europea in qualità di sottosegretario del governo D'Alema. L'unico appunto che l'on. Minniti fa al governo Berlusconi è quello di non aver acquistato gli aerei europei militari da trasporto, i costosissimi A400M. Il richiamo alla ratifica di accordi europei viene fatto non per migliorare la legislazione italiana ma per peggiorarla, annebbiando il controllo dei parlamentari, dei giornalisti e dell'opinione pubblica sui traffici di armi. Le uniche voci contrarie erano - all'atto finale del voto in commissione - assenti: l'on. Dejana (di Rifondazione) era partita per Porto Alegre, l'on. Cima (dei Verdi) era assente per motivi non noti. Noi firmatari, impegnati nella società civile tarantina e sostenitori di una democrazia che renda partecipi i cittadini, chiediamo che questo inqualificabile colpo di mano, compiuto in commissione, venga bloccato in aula: i parlamentari difendano il ruolo di controllo di Camera e Senato su una materia così delicata e moralmente "scomoda" come quella del commercio delle armi. Se ciò non accedesse vorremmo almeno avere delucidazioni su questa commedia della politica che vede andare a braccetto nelle commissioni parlamentari chi poi litiga nei salotti televisivi del Costanzo Show. Vogliamo capire dove finisce la propaganda e dove comincia la verità. Una politica di Palazzo che fosse sorda e cieca alle obiezioni dei cittadini non farebbe che confermare le ragioni dello "sfogo" di Nanni Moretti verso i dirigenti dell'Ulivo; ma quello "sfogo" - si badi bene - ha evidenziato un profondo malessere che non può essere circoscritto solo ad un fatto interno all'Ulivo; esiste uno scollamento che riguarda la dialettica complessiva fra il ceto politico e la società civile nel suo insieme quando quest'ultima non viene ascoltata e interpellata nelle scelte politiche di fondo. Nessuno dei parlamentari coinvolti in questa incresciosa storia ha infatti interpellato la società civile, nè per chiedere un parere, nè per sollecitare un dissenso. E' la triste fotografia di un ceto politico separato e opaco, di una burocràzia, come l'ha definita Nanni Moretti. Noi tuttavia, che non anneghiamo la speranza nel rancore, continiamo ad avere fiducia nella partecipazione democratica e invitiamo i parlamentari locali a dare un segnale pubblico di attenzione, nell'estrema speranza che un guizzo di orgoglio e di dignità restituisca ai signori onorevoli del Parlamento quell'onore che oggi rischia di essere smarrito.

Taranto 7/2/2002

Leo Corvace
don Mimimo Damasi
padre Pierluigi Felotti
Loredana Flore
Gianni Liviano
Alessandro Marescotti
Angelo Quibrino
Giandomenico Tacente
Marina Venezia